Livio, Ab urbe condita: Libro 10, 16-34, pag 5

Livio, Ab urbe condita: Libro 10, 16-34

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 10, 16-34
Similius vero est a Gallo hoste quam Vmbro eam cladem acceptam, quod cum saepe alias tum eo anno Gallici tumultus praecipuus terror ciuitatem tenuit

- itaque praeterquam quod ambo consules profecti ad bellum erant cum quattuor legionibus et magno equitatu Romano Campanisque mille equitibus delectis, ad id bellum missis, et sociorum nominisque Latini maiore exercitu quam Romano, alii duo exercitus haud procul urbe Etruriae oppositi, unus in Falisco, alter in Vaticano agro

Cn Fuluius et L Postumius Megellus, propraetores ambo, statiua in eis locis habere iussi

[27] Consules ad hostes transgresso Appennino in agrum Sentinatem peruenerunt; ibi quattuor milium ferme intervallo castra posita
Tuttavia è più aderente alla verità dei fatti che a infliggere questa disfatta ai Romani siano stati i Galli e non gli Umbri, perché - come già successo molte altre volte in passato - anche quell'anno Roma venne invasa da un'ondata di panico dovuto alla minaccia gallica

Così, mentre entrambi i consoli erano già partiti alla volta del fronte con quattro legioni, un massiccio contingente di cavalleria romana, 1000 cavalieri campani forniti per quel conflitto, e un esercito di alleati e di Latini numericamente superiore a quello romano, non lontano da Roma altri due eserciti vennero collocati di fronte all'Etruria, uno nel territorio dei Falisci, l'altro nell'agro Vaticano

I propretori Gneo Fulvio e Lucio Postumio ricevettero la disposizione di accamparsi stabilmente in quelle zone

[27] Valicato l'Appennino, i consoli raggiunsero i nemici nel territorio di Sentino, e si accamparono a circa quattro miglia da loro
Inter hostes deinde consultationes habitae atque ita conuenit ne unis castris miscerentur omnes neue in aciem descenderet simul; Samnitibus Galli, Etruscis Vmbri adiecti

Dies indicta pugnae; Samniti Gallisque delegata pugna; inter ipsum certamen Etrusci Vmbrique iussi castra Romana oppugnare

Haec consilia turbarunt transfugae Clusini tres clam nocte ad Fabium consulem transgressi, qui editis hostium consiliis dimissi cum donis, ut subinde ut quaeque res noua decreta esset exploratum perferrent

Consules Fuluio ut ex Falisco, Postumio ut ex Vaticano exercitum ad Clusium admoueant summaque ui fines hostium depopulentur, scribunt

Huius populationis fama Etruscos ex agro Sentinate ad suos fines tuendos mouit
Tra i nemici ci furono quindi riunioni, nelle quali venne deciso di non mescolarsi in un unico accampamento e di non dare battaglia tutti insieme; i Galli vennero aggregati ai Sanniti, gli Umbri agli Etruschi

Fu stabilita la data della battaglia, e lo scontro fu affidato ai Sanniti e ai Galli; gli Etruschi e gli Umbri ebbero invece l'ordine di attaccare l'accampamento romano nel corso della battaglia

Questi piani li mandarono a monte tre disertori di Chiusi, i quali di notte si presentarono in segreto al cospetto del console Fabio e lo informarono dei progetti messi a punto dal nemico; dopo averli ricompensati, Fabio li congedò, rimanendo d'accordo con loro che si sarebbero informati accuratamente su ogni nuova iniziativa e sarebbero poi venuti a riferirgli

I consoli inviarono una lettera rispettivamente a Fulvio e a Postumio: le disposizioni erano di abbandonare la zona di Faleri e l'agro Vaticano, e di portare i loro eserciti a Chiusi, mettendo a ferro e fuoco con la massima violenza il territorio nemico

La notizia di queste incursioni costrinse gli Etruschi a lasciare la zona di Sentino per andare a proteggere il proprio paese
Instare inde consules, ut absentibus iis pugnaretur

Per biduum lacessiere proelio hostem; biduo nihil dignum dictu actum; pauci utrimque cecidere, magisque inritati sunt ad iustum certamen animi quam ad discrimen summa rerum adducta

Tertio die descensum in campum omnibus copiis est

Cum instructae acies starent, cerua fugiens lupum e montibus exacta per campos inter duas acies decurrit; inde diuersae ferae, cerua ad Gallos, lupus ad Romanos cursum deflexit

Lupo data inter ordines uia; ceruam Galli confixere

Tum ex antesignanis Romanus miles 'illac fuga' inquit 'et caedes uertit, ubi sacram Dianae feram iacentem uidetis; hinc victor Martius lupus, integer et intactus, gentis nos Martiae et conditoris nostri admonuit
Fu allora che i consoli cercarono in ogni modo di arrivare allo scontro, sfruttando la loro assenza

Per due giorni istigarono i nemici a venire alle armi, ma in quell'arco di tempo non si registrarono operazioni degne di nota; da entrambe le parti ci furono poche perdite, e gli animi dei combattenti furono spinti ad affrontare una battaglia campale, senza però che si arrivasse mai allo scontro decisivo

Il terzo giorno i due eserciti scesero in campo dispiegando tutte le forze in loro possesso

Mentre erano schierati in ordine di battaglia, dalle alture scese di corsa una cerva inseguita da un lupo, andando ad attraversare nella sua fuga il pianoro che si apriva tra i due opposti schieramenti; di lì i due animali rivolsero la loro corsa in direzioni opposte, la cerva verso i Galli, il lupo verso i Romani

Il lupo ebbe via libera tra le file, mentre la cerva venne trafitta dai Galli

Allora un soldato romano dell'avanguardia disse: La fuga e il massacro sono avvenuti là dove ora vedete a terra l'animale sacro a Diana; da questa parte il lupo vincitore caro a Marte, sano e salvo, ci ha richiamato alla memoria la nostra discendenza da Marte e il nostro fondatore

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 51 - 55
Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 51 - 55

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 51 - 55

'dextro cornu Galli, sinistro Samnites constiterunt

Aduersus Samnites Q Fabius primam ac tertiam legionem pro dextro cornu, aduersus Gallos pro sinistro Decius quintam et sextam instruxit; secunda et quarta cum L Volumnio proconsule in Samnio gerebant bellum

Primo concursu adeo aequis viribus gesta res est ut, si adfuissent Etrusci et Vmbri aut in acie aut in castris, quocumque se inclinassent, accipienda clades fuerit

[28] Ceterum quamquam communis adhuc Mars belli erat necdum discrimen fortuna fecerat qua datura vires esset, haudquaquam similis pugna in dextro laeuoque cornu erat
I Galli andarono ad occupare l'ala destra, i Sanniti la sinistra

Di fronte ai Sanniti, all'ala destra romana, Quinto Fabio schierò la prima e la terza legione, mentre contro i Galli alla sinistra Decio schierò la quinta e la sesta; la seconda e la quarta, agli ordini del proconsole Lucio Volumnio, erano utilizzate nella spedizione contro il Sannio

Al primo scontro l'equilibrio tra le forse opposte fu tale, che se solo fossero intervenuti gli Etruschi e gli Umbri rivolgendo le proprie truppe in una qualunque delle direzioni - o verso l'accampamento o sul campo di battaglia -, per i Romani la disfatta sarebbe stata inevitabile

[28] D'altra parte, pur essendo incerto l'esito dello scontro, e non ostante la fortuna non avesse ancora fatto capire verso quale delle due parti avrebbe inclinato la sua bilancia, tuttavia all'ala destra e all'ala sinistra il combattimento non aveva affatto la stessa intensità
Romani apud Fabium arcebant magis quam inferebant pugnam extrahebaturque in quam maxime serum diei certamen, quia ita persuasum erat duci et Samnites et Gallos primo impetu feroces esse, quos sustinere satis sit; longiore certamine sensim residere Samnitium animos, Gallorum quidem etiam corpora intolerantissima laboris atque aestus fluere, primaque eorum proelia plus quam uirorum, postrema minus quam feminarum esse

In id tempus igitur, quo vinci solebat hostis, quam integerrimas vires militi seruabat

Ferocior Decius et aetate et uigore animi, quantumcumque virium habuit certamine primo effudit
Dalla parte di Fabio i Romani difendevano più che attaccare, e lo scontro si stava trascinando fino alle ultime luci del giorno, perché il console era fermamente convinto che i Sanniti e i Galli erano irruenti al primo urto, ma che poi era sufficiente resistervi: se la battaglia si protraeva, a poco a poco l'ardore dei Sanniti veniva meno, e il fisico dei Galli, incapaci più di ogni altro popolo di sopportare fatica e calura, perdeva vigore col passare delle ore, e mentre all'inizio dello scontro erano qualcosa più che degli uomini, alla fine risultavano essere meno che donne

Per questo egli cercava di conservare intatte quanto più a lungo possibile le energie dei suoi, fino a quando il nemico cominciava a dare segni di cedimento

Decio, più irruente per l'età che per temperamento, impiegò sùbito nel primo scontro tutte le forze che aveva

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 25; 21-30
Livio, Ab urbe condita: Libro 25; 21-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 25; 21-30

Et quia lentior uidebatur pedestris pugna, equitatum in pugnam concitat et ipse fortissimae iuuenum turmae immixtus orat proceres iuuentutis, in hostem ut secum impetum faciant: duplicem illorum gloriam fore, si ab laeuo cornu et ab equite victoria incipiat

Bis auertere Gallicum equitatum; iterum longius euectos et iam inter media peditum agmina proelium cientes nouum pugnae conterruit genus; essedis carrisque superstans armatus hostis ingenti sonitu equorum rotarumque aduenit et insolitos eius tumultus Romanorum conterruit equos

Ita victorem equitatum uelut lymphaticus pauor dissipat; sternit inde ruentes equos uirosque improuida fuga
E poiché l'azione della fanteria gli sembrava eccessivamente statica, buttò nella mischia la cavalleria, e mescolatosi lui stesso a quella schiera di giovani valorosi incitò il fiore della gioventù a lanciarsi con lui all'assalto del nemico: la loro gloria sarebbe stata doppia, se i primi segni della vittoria fossero arrivati dall'ala sinistra e dalla cavalleria

Per due volte costrinsero la cavalleria gallica a indietreggiare; la seconda si spinsero più avanti, mentre stavano già combattendo in mezzo alle schiere di fanti, e rimasero sconcertati da un tipo di battaglia mai vista prima: arrivarono nemici armati in piedi su cocchi e carri, con un grande frastuono di ruote e cavalli che terrorizzò i cavalli dei Romani non abituati a quel rumore

Così la cavalleria romana, che aveva già la vittoria in pugno, venne dispersa dal panico, con cavalli e uomini che rovinavano a terra in una fuga precipitosa
Turbata hinc etiam signa legionum multique impetu equorum ac uehiculorum raptorum per agmen obtriti antesignani; et insecuta, simul territos hostes uidit, Gallica acies nullum spatium respirandi recipiendique se dedit

vociferari Decius quo fugerent quamue in fuga spem haberent; obsistere cedentibus ac reuocare fusos; deinde, ut nulla ui perculsos sustinere poterat, patrem P Decium nomine compellans, 'quid ultra moror' inquit 'familiare fatum

datum hoc nostro generi est ut luendis periculis publicis piacula simus

Iam ego mecum hostium legiones mactandas Telluri ac Dis Manibus dabo
Pertanto anche le linee della fanteria risentirono dello sbandamento, e molti uomini delle prime linee vennero travolti dall'impeto dei cavalli e dei carri lanciati in mezzo alle file; non appena la fanteria dei Galli comprese che i nemici erano in preda al panico, si fece sotto senza lasciar loro il tempo di riprendere fiato e di rimettersi in sesto

Decio chiedeva urlando dove stessero fuggendo e che cosa sperassero nella fuga: si parava di fronte ai fuggitivi e richiamava quelli già dispersi; poi, rendendosi conto di non essere in grado di mantenere uniti i suoi uomini ormai allo sbando, invocando per nome il padre Publio Decio, disse: Perché ritardo il destino della mia famiglia

questa la sorte data alla nostra stirpe, di esser vittime espiatorie nei pericoli dello Stato

Ora offrirò con me le legioni nemiche in sacrificio alla Terra e agli dèi Mani

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 16 - 20
Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 16 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 16 - 20

' haec locutus M Liuium pontificem, quem descendens in aciem digredi uetuerat ab se, praeire iussit verba quibus se legionesque hostium pro exercitu populi Romani Qviritium deuoueret

Deuotus inde eadem precatione eodemque habitu quo pater P Decius ad Veserim bello Latino se iusserat deuoueri, cum secundum sollemnes precationes adiecisset prae se agere sese formidinem ac fugam caedemque ac cruorem, caelestium inferorum iras, contacturum funebribus diris signa tela arma hostium, locumque eundem suae pestis ac Gallorum ac Samnitium fore, -- haec exsecratus in se hostesque, qua confertissimam cernebat Gallorum aciem, concitat equum inferensque se ipse infestis telis est interfectus

[29] Vix humanae inde opis uideri pugna potuit
Pronunciate queste parole, ordinò al pontefice Marco Livio, al quale aveva ingiunto di non allontarsi da lui mentre scendevano in campo, di recitargli la formula con cui offrire in sacrificio se stesso e le legioni nemiche per l'esercito del popolo romano dei Qviriti

Si consacrò in voto recitando la stessa preghiera, indossando lo stesso abbigliamento con cui presso il fiume Veseri si era consacrato il padre Publio Decio durante la guerra contro i Latini, e avendo aggiunto alla formula di rito la propria intenzione di gettare di fronte a sé la paura, la fuga, il massacro, il sangue, il risentimento degli dèi celesti e di quelli infernali, e quella di funestare con imprecazioni di morte le insegne, le armi e le difese dei nemici, e aggiungendo ancora che lo stesso luogo avrebbe unito la sua rovina e quella di Galli e Sanniti - lanciate dunque tutte queste maledizioni sulla propria persona e sui nemici, spronò il cavallo là dove vedeva che le schiere dei Galli erano più compatte, e trovò la morte offrendo il proprio corpo alle frecce nemiche

[29] Da quel momento in poi sembrò che la battaglia non dipendesse troppo da forze umane
Romani duce amisso, quae res terrori alias esse solet, sistere fugam ac nouam de integro uelle instaurare pugnam; Galli et maxime globus circumstans consulis corpus uelut alienata mente uana in cassum iactare tela; torpere quidam et nec pugnae meminisse nec fugae

At ex parte altera pontifex Liuius, cui lictores Decius tradiderat iusseratque pro praetore esse, vociferari uicisse Romanos defunctos consulis fato; Gallos Samnitesque Telluris Matris ac Deorum Manium esse; rapere ad se ac uocare Decium deuotam secum aciem furiarumque ac formidinis plena omnia ad hostes esse

Superveniunt deinde his restituentibus pugnam L Cornelius Scipio et C Marcius, cum subsidiis ex nouissima acie iussu Q Fabi consulis ad praesidium collegae missi
I Romani, perso il proprio comandante - ciò che di solito in altri casi crea scompiglio -, riuscirono a bloccare la fuga e cercarono di riequilibrare le sorti della battaglia; i Galli, in particolar modo quella parte di essi che stava intorno al cadavere del console, tiravano frecce a caso e fuori bersaglio, come avessero perso l'uso della ragione; alcuni erano come paralizzati e non riuscivano a concentrarsi né sul combattimento né sulla fuga

Dalla parte opposta il pontefice Livio, cui Decio aveva affidato i littori dandogli disposizione di sostituirlo nel comando, urlava che i Romani avevano vinto, perché con la morte del console si erano liberati del debito nei confronti degli dèi: i Galli e i Sanniti appartenevano ormai alla madre Terra e agli dèi Mani, Decio trascinava con sé richiamandolo l'esercito che aveva votato in sacrificio con la propria persona, e i nemici erano in preda al panico e alle furie

Poi, mentre già quelli stavano riequilibrando la battaglia, dalle retrovie arrivarono con rinforzi Lucio Cornelio Scipione e Gaio Marcio, inviati dal console Quinto Fabio in aiuto al collega

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 44; 01 - 20
Livio, Ab urbe condita: Libro 44; 01 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 44; 01 - 20

Ibi auditur P Deci euentus, ingens hortamen ad omnia pro re publica audenda

Itaque cum Galli structis ante se scutis conferti starent nec facilis pede conlato uideretur pugna, iussu legatorum collecta humi pila, quae strata inter duas acies iacebant, atque in testudinem hostium coniecta; quibus plerisque in scuta uerutisque raris in corpora ipsa fixis sternitur cuneus ita ut magna pars integris corporibus attoniti conciderent

Haec in sinistro cornu Romanorum fortuna uariauerat
Lì essi appresero la fine di Publio Decio, che era un grande incitamento a osare qualunque tipo di azione in nome dello Stato

Poi, visto che i Galli serravano i ranghi tenendo gli scudi attaccati al corpo per proteggersi, e il corpo a corpo non sembrava facilmente praticabile, i luogotenenti ordinarono di raccogliere le aste che si trovavano al suolo in mezzo ai due schieramenti, e di scagliarle contro la formazione a testuggine dei nemici; la maggior parte delle aste andarono a conficcarsi negli scudi e solo poche punte trafissero la carne, ma la formazione nemica perdette compattezza, perché molti, pur non avendo ricevuto un graffio, stramazzarono a terra storditi

All'ala sinistra romana furono queste le alterne vicende che si verificarono

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 08 - 10
Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 08 - 10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 08 - 10

Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 31 - 35
Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 31 - 35

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 31 - 35

Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 21-30

Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 16 - 45

Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40

Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 46-60

Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 11 - 14

Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 39 - 47