Livio, Ab urbe condita: Libro 10, 16-34, pag 4

Livio, Ab urbe condita: Libro 10, 16-34

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 10, 16-34
gloriari Fabium rebus in Etruria gestis; uelle et P Decium gloriari; et forsitan, quem ille obrutum ignem reliquerit, ita ut totiens nouum ex improuiso incendium daret, eum se exstincturum

Postremo se collegae honores praemiaque concessurum uerecundia aetatis eius maiestatisque; cum periculum, cum dimicatio proposita sit, neque cedere sua sponte neque cessurum

Et si nihil aliud ex eo certamine tulerit, illud certe laturum ut quod populi sit populus iubeat potius quam patres gratificentur

Iouem optimum maximum deosque immortales se precari, ut ita sortem aequam sibi cum collega dent si eandem virtutem felicitatemque in bello administrando daturi sint
Fabio vantava imprese compiute in Etruria: anche Publio Decio voleva avere la possibilità di gloriarsene; e forse avrebbe spento lui il fuoco che quell'altro aveva lasciato acceso sotto la cenere, e che tante volte sarebbe potuto divampare, all'improvviso, in un nuovo incendio

Per concludere, avrebbe lasciato al collega premi e riconoscimenti per il rispetto dovuto all'età e alla dignità della persona: quando però si fosse trattato di andare incontro al pericolo o di gettarsi nella mischia, non si sarebbe tirato indietro di sua volontà, né lo avrebbe fatto in séguito

E se non avesse ottenuto nient'altro da quel confronto, avrebbe almeno ricavato questo: e cioè che fosse il popolo a ordinare ciò che spettava al popolo di decidere, piuttosto che a concederlo, come un loro favore, fossero i patrizi

Pregava Giove Ottimo Massimo e gli dèi immortali di concedergli col sorteggio opportunità pari a quelle del collega, ma che insieme gli concedessero lo stesso valor militare e la stessa buona stella nella conduzione delle operazioni
Certe et id natura aequum et exemplo utile esse et ad famam populi Romani pertinere, eos consules esse quorum utrolibet duce bellum Etruscum geri recte possit

Fabius nihil aliud precatus populum Romanum quam ut, priusquam intro uocarentur ad suffragium tribus, Ap Claudi praetoris allatas ex Etruria litteras audirent, comitio abiit

Nec minore populi consensu quam senatus provincia Etruria extra sortem Fabio decreta est

[25] Concursus inde ad consulem factus omnium ferme iuniorum et pro se quisque nomina dabant; tanta cupido erat sub eo duce stipendia faciendi

Qua circumfusus turba 'quattuor milia' inquit, 'peditum et sescentos equites dumtaxat scribere in animo est; hodierno et crastino die qui nomina dederitis mecum ducam

Maiori mihi curae est ut omnes locupletes reducam quam ut multis rem geram militi bus
Era certo naturale ed esemplare e in sintonia con la fama del popolo romano che i consoli avessero una personalità tale da permetter loro di condurre con esiti positivi la campagna in Etruria, a chiunque dei due toccasse il comando in capo

Fabio, rivolta al popolo un'unica preghiera prima che le tribù venissero chiamate al voto - e cioè di ascoltare i rapporti inviati dall'Etruria dal pretore Appio Claudio -, lasciò l'assemblea

Il comando delle operazioni venne affidato a Fabio senza sorteggio, con un consenso del popolo non inferiore a quello del senato

[25] Tutti i giovani si presentarono di corsa al console, arruolandosi ciascuno di sua spontanea volontà, tanto grande era il desiderio di prestare servizio militare agli ordini di quel generale

Circondato da questa massa di giovani, Fabio disse: Ho intenzione di arruolare soltanto 4000 fanti e 600 cavalieri; porterò con me quanti daranno i loro nomi tra oggi e domani

A me preme più riportarvi in patria ricchi dal primo all'ultimo, piuttosto che fare la guerra con molti soldati
' profectus apto exercitu et eo plus fiduciae ac spei gerente quod non desiderata multitudo erat, ad oppidum Aharnam, unde haud procul hostes erant, ad castra Appi praetoris pergit

Paucis citra milibus lignatores ei cum praesidio occurrunt; qui ut lictores praegredi uiderunt Fabiumque esse consulem accepere, laeti atque alacres dis populoque Romano grates agunt quod eum sibi imperatorem misissent

Circumfusi deinde cum consulem salutarent, quaerit Fabius quo pergerent, respondentibusque lignatum se ire, 'ain tandem

' inquit, 'num castra vallata non habetis'

ad hoc cum succlamatum esset duplici quidem vallo et fossa et tamen in ingenti metu esse, 'habetis igitur' inquit, 'adfatim lignorum; redite et vellite vallum'
Partito con un esercito adatto alle esigenze del momento e formato da uomini che erano tanto più fiduciosi e sicuri per il fatto che non era stata richiesta una grande quantità di uomini, si diresse in fretta al campo del pretore Appio, nei pressi della città di Aarna, che non distava molto dalle posizioni nemiche

A poche miglia da quel punto si imbatté in alcuni soldati usciti per far legna con una scorta armata; quando questi si videro venire incontro i littori e vennero a sapere che il console era Fabio, ne furono felicissimi e ringraziarono gli dèi e il popolo romano per aver mandato loro quel comandante

Mentre poi si accalcavano intorno al console per salutarlo, Fabio chiese loro dove fossero diretti e, sentendo che andavano a raccogliere legna, disse loro: E allora

Il vostro campo non è forse circondato da una palizzata

Quelli risposero all'unisono che il campo era sì circondato da una doppia palizzata e da una doppia trincea, ma che ciò non ostante vivevano nel terrore; Fabio disse: Dunque legna ne avete a iosa: tornatevene indietro e abbattete la palizzata

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Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 51 - 55
Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 51 - 55

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 51 - 55

Redeunt in castra terroremque ibi uellentes uallum et iis qui in castris remanserant militibus et ipsi Appio fecerunt; tum pro se quisque alii aliis dicere consulis se Q Fabi facere iussu

Postero inde die castra mota et Appius praetor Romam dimissus

Inde nusquam statiua Romanis fuere

Negabat utile esse uno loco sedere exercitum; itineribus ac mutatione locorum mobiliorem ac salubriorem esse; fiebant autem itinera quanta fieri sinebat hiemps hauddum exacta
Quelli rientrarono all'accampamento e si misero ad abbattere la palizzata, suscitando sgomento tra gli uomini rimasti nel campo e Appio stesso, fino a quando, passandosi parola l'uno con l'altro, fecero sapere di agire su ordine del console Quinto Fabio

Il giorno dopo il campo venne spostato e il pretore Appio fu rispedito a Roma

Da quel momento i Romani non posero un campo stabile da nessuna parte

l'idea di Fabio era che a nessun esercito giovasse lo star fermo, e che anzi le marce e i cambiamenti di zona facessero acquistare in mobilità e in salute; le marce, tuttavia, duravano quanto lo permetteva l'inverno non ancora concluso
Vere inde primo relicta secunda legione ad Clusium, quod Camars olim appellabant, praepositoque castris L Scipione pro praetore Romam ipse ad consultandum de bello rediit, siue ipse sponte sua, quia bellum ei maius in conspectu erat quam quantum esse famae crediderat siue senatus consulto accitus; nam in utrumque auctores sunt

Ab Ap Claudio praetore retractum quidam uideri uolunt, cum in senatu et apud populum, id quod per litteras adsidue fecerat, terrorem belli Etrusci augeret: non suffecturum ducem unum nec exercitum unum aduersus quattuor populos; periculum esse, siue iuncti unum premant siue diuersi gerant bellum, ne ad omnia simul obire unus non possit
All'inizio della primavera Fabio lasciò la seconda legione a Chiusi - un tempo chiamata Camars - e, affidato l'accampamento a Lucio Scipione coi gradi di propretore, rientrò a Roma per tenervi un consiglio di guerra; questo sia che vi si fosse recato di sua spontanea volontà dopo aver constatato di persona che la guerra era più delicata di quanto non lasciassero intuire le notizie arrivate dal fronte, sia che fosse stato convocato da un decreto del senato: le fonti riferiscono entrambe le versioni dei fatti

Secondo alcune a farlo convocare sarebbe stato il pretore Appio Claudio, che di fronte al senato e al popolo esagerò la gravità del conflitto in Etruria, come per altro aveva sempre fatto nelle sue relazioni dal fronte: sosteneva che per tener testa a quattro popoli non sarebbero bastati un unico generale e un unico esercito; sia che essi avessero fatto pressione con le forze congiunte, sia che avessero gestito la guerra separatamente, c'era il rischio che un unico comandante non riuscisse a far fronte contemporaneamente a tutti

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Livio, Ab urbe condita: Libro 25; 21-30
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 25; 21-30

Duas se ibi legiones Romanas reliquisse et minus quinque milia peditum equitumque cum Fabio venisse

Sibi placere P Decium consulem primo quoque tempore in Etruriam ad collegam proficisci, L Volumnio Samnium provinciam dari; si consul malit in suam provinciam ire, Volumnium in Etruriam ad consulem cum exercitu iusto consulari proficisci

Cum magnam partem moueret oratio praetoris, P Decium censuisse ferunt, ut omnia integra ac libera Q Fabio seruarentur, donec uel ipse, si per commodum rei publicae posset, Romam venisset uel aliquem ex legatis misisset, a quo disceret senatus quantum in Etruria belli esset quantisque administrandum copiis et quot per duces esset
Egli aveva lasciato laggiù due legioni romane, e agli ordini di Fabio erano arrivati meno di 5000 tra fanti e cavalieri

La sua idea era che il console Publio Decio raggiungesse quanto prima il collega in Etruria, e che le operazioni nel Sannio venissero affidate a Lucio Volumnio; se il console preferiva recarsi sul fronte assegnatogli, allora era meglio che Volumnio partisse per l'Etruria e raggiungesse il console con una regolare formazione consolare

A quanto pare, mentre il discorso del pretore aveva convinto la maggior parte degli uomini, Publio Decio propose invece di lasciare piena libertà operativa e strategica a Fabio, fino al giorno in cui si fosse presentato di persona a Roma (qualora fosse stato in grado di farlo senza danneggiare il paese), oppure avesse inviato uno dei suoi luogotenenti, tramite il quale il senato avrebbe potuto rendersi conto dell'effettiva gravità della guerra in Etruria e di quanti uomini e quanti comandanti fossero necessari per condurla
[26] Fabius, ut Romam rediit, et in senatu et productus ad populum mediam orationem habuit, ut nec augere nec minuere uideretur belli famam magisque in altero adsumendo duce aliorum indulgere timori quam suo aut rei publicae periculo consulere: ceterum si sibi adiutorem belli sociumque imperii darent, quonam modo se obliuisci P Deci consulis per tot collegia experti posse

neminem omnium secum coniungi malle; et copiarum satis sibi cum P Decio et nunquam nimium hostium fore

Sin collega quid aliud malit, at sibi L Volumnium darent adiutorem
[26] Non appena Fabio arrivò a Roma, tanto in senato quanto di fronte al popolo in assemblea non si sbilanciò nei discorsi che tenne, in maniera da dare l'impressione di non ingrandire né diminuire le proporzioni del conflitto e, nel caso in cui avesse associato al comando un altro generale, di farlo più per assecondare le paure altrui che evitare a se stesso e al paese una situazione di pericolo; e poi, se davvero volevano assegnargli un aiuto per la guerra e un compagno da associare al comando, come avrebbe potuto dimenticare il console Publio Decio, che aveva sperimentato come collega in tante magistrature condotte insieme

Di tutti non c'era nessuno che preferisse avere a fianco: con Decio le truppe sarebbero state sufficienti e i nemici non sarebbero mai stati troppi

Se però il collega aveva altre preferenze, gli assegnassero allora come collaboratore Lucio Volumnio

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 16 - 20

Omnium rerum arbitrium et a populo et a senatu et ab ipso collega Fabio permissum est; et cum P Decius se in Samnium uel in Etruriam proficisci paratum esse ostendisset, tanta laetitia ac gratulatio fuit ut praeciperetur victoria animis triumphusque non bellum decretum consulibus uideretur

Inuenio apud quosdam extemplo consulatu inito profectos in Etruriam Fabium Deciumque sine ulla mentione sortis provinciarum certaminumque inter collegas quae exposui

Sunt , quibus ne haec quidem exponere satis fuerit, adiecerint et Appi criminationes de Fabio absente ad populum et pertinaciam aduersus praesentem consulem praetoris contentionemque aliam inter collegas tendente Decio ut suae quisque provinciae sortem tueretur
Tanto il popolo quanto il senato e lo stesso collega lasciarono ogni decisione finale a Fabio: e poiché Decio si era detto pronto a partire sia per il Sannio sia per l'Etruria, la gioia e il compiacimento generale furono tali, che già la gente pregustava la gioia della vittoria, e si aveva l'impressione che ai consoli non fosse stata affidata la guerra ma decretato il trionfo

In alcuni autori ho trovato che Fabio e Decio partirono alla volta dell'Etruria sùbito dopo essere entrati in carica, senza però alcun accenno al sorteggio delle zone di operazione e ai dissapori tra i colleghi di cui ho già parlato

Altri invece non soltanto riferiscono di questi scontri verbali, ma parlano anche di accuse mosse da Appio di fronte al popolo contro la persona di Fabio (che al momento era assente), e di una tenace ostilità da parte del pretore verso il console quando questi rientrò a Roma, e di altri contrasti tra i colleghi, dovuti al fatto che Decio pretendeva che ciascuno rispettasse gli esiti del sorteggio nell'assegnazione delle campagne
Constare res incipit ex eo tempore quo profecti ambo consules ad bellum sunt

Ceterum antequam consules in Etruriam pervenirent, Senones Galli multitudine ingenti ad Clusium uenerunt legionem Romanam castraque oppugnaturi

Scipio, qui castris praeerat, loco adiuuandam paucitatem suorum militum ratus, in collem, qui inter urbem et castra erat, aciem erexit; sed, ut in re subita, parum explorato itinere ad iugum perrexit, quod hostes ceperant parte alia adgressi

Ita caesa ab tergo legio atque in medio, cum hostis undique urgeret, circumuenta
Le versioni cominciano a coincidere dal momento in cui entrambi i consoli si trovano al fronte

Ma prima che i consoli arrivassero in Etruria, nei pressi di Chiusi comparve una massa di Galli Senoni, le cui intenzioni erano di attaccare l'esercito e l'accampamento romani

Scipione, che aveva il comando del campo, volendo sopperire all'inferiorità numerica con il favore della posizione, fece salire l'esercito su un'altura che si trovava tra la città e l'accampamento; ma dato che nella fretta non aveva potuto fare controllare il percorso, raggiunse una cima che era già stata occupata dal nemico, salito dalla parte opposta

Così la legione, schiacciata da ogni parte dai nemici, fu presa alle spalle e sopraffatta

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 44; 01 - 20

Deletam quoque ibi legionem, ita ut nuntius non superesset, quidam auctores sunt, nec ante ad consules, qui iam haud procul a Clusio aberant, famam eius cladis perlatam quam in conspectu fuere Gallorum equites, pectoribus equorum suspensa gestantes capita et lanceis infixa ouantesque moris sui carmine

- sunt qui Umbros fuisse non Gallos tradant, nec tantum cladis acceptum et circumuentis pabulatoribus cum L Manlio Torquato legato Scipionem propraetorem subsidium e castris tulisse victoresque Umbros redintegrato proelio uictos esse captiuosque eis ac praedam ademptam
Alcuni autori sostengono che quel contingente fu completamente annientato, al punto che non rimase in vita un solo soldato in grado di riferire la notizia della disfatta, e che i consoli, essendo ormai nei pressi di Chiusi, non ricevettero alcuna informazione su quel disastro fino al momento in cui non videro coi propri occhi i cavalieri dei Galli che portavano le teste dei romani uccisi appese al petto dei cavalli e conficcate sulle lance, e si esibivano nei loro caratteristici canti di trionfo

Stando ad altri autori, i nemici sarebbero stati Umbri e non Galli, e la sconfitta avrebbe avuto altre proporzioni: a rimanere circondato sarebbe stato un reparto di soldati addetti al foraggiamento agli ordini del luogotenente Lucio Manlio Torquato, e il propretore Scipione sarebbe intervenuto con rinforzi dall'accampamento, e dopo aver riequilibrato le sorti della battaglia avrebbe piegato gli Umbri già vincitori, togliendo di nuovo dalle loro mani i prigionieri e il bottino

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