Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 39 - 47

Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 39 - 47

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02; 39 - 47
[39] Imperatores ad id bellum de omnium populorum sententia lecti Attius Tullius et Cn Marcius, exsul Romanus, in quo aliquanto plus spei repositum

Quam spem nequaquam fefellit, ut facile appareret ducibus ualidiorem quam exercitu rem Romanam esse

Circeios profectus primum colonos inde Romanos expulit liberamque eam urbem Volscis tradidit; Satricum, Longulam, Poluscam, Coriolos, novella haec Romanis oppida ademit; inde Lavinium recepit; inde in Latinam viam transversis tramitibus transgressus, tunc deinceps Corbionem, Veteliam, Trebium, Labicos, Pedum cepit
39 All'unanimità tutti i popoli scelsero quali comandanti in capo per quella guerra Azio Tullio e Gneo Marzio, l'esule romano, nel quale riponevano ancora maggiori speranze

Ed egli non le deluse, dimostrando chiaramente che il punto di forza di Roma non erano tanto le sue truppe quanto i suoi generali

Il primo bersaglio fu Circei: ne cacciò i coloni romani e restituì la città, ora libera, ai Volsci; quindi conquistò Satrico, Longula, Polusca, Corioli, Mugilla, tutte città recentemente sottomesse dai Romani; poi riprese Lavinio e di lì, raggiungendo la via Latina tramite delle scorciatoie, catturò una dopo l'altra Corbione, Vetelia, Trebio, Labico, Pedo
Postremum ad urbem a Pedo ducit, et ad fossas Cluilias quinque ab urbe milia passuum castris positis, populatur inde agrum Romanum, custodibus inter populatores missis qui patriciorum agros intactos servarent, sive infensus plebi magis, sive ut discordia inde inter patres plebemque oreretur

Quae profecto orta esset-adeo tribuni iam ferocem per se plebem criminando in primores civitatis instigabant-; sed externus timor, maximum concordiae vinculum, quamvis suspectos infensosque inter se iungebat animos

Id modo non conveniebat quod senatus consulesque nusquam alibi spem quam in armis ponebant, plebes omnia quam bellum malebat

Sp Nautius iam et Sex Furius consules erant
Infine da Pedo marciò su Roma e si accampò presso le fosse Cluilie, a cinque miglia dalla città; facendo base in questo punto, devastò l'agro romano nei dintorni, preoccupandosi di inviare coi guastatori anche degli uomini incaricati di salvaguardare le proprietà terriere dei patrizi; due le ragioni di questa mossa: dimostrare che la sua rabbia era maggiormente diretta contro la plebe, e fare in modo di creare un nuovo urto tra le due classi

E così sarebbe stato: infatti i tribuni, con le loro invettive, stavano facendo di tutto per istigare la plebe, già di per sé infuriata, contro i patrizi; solo la paura del nemico, massimo vincolo di concordia nonostante la diffidenza reciproca, riusciva a tenere uniti gli animi di tutti

Su una questione non erano d'accordo: il senato e i consoli non vedevano altre speranze che nelle armi, mentre la plebe avrebbe scelto qualsiasi altra cosa piuttosto che la guerra

I consoli in carica erano Spurio Nauzio e Sesto Furio
Eos recensentes legiones, praesidia per muros aliaque in quibus stationes vigiliasque esse placverat loca distribuentes, multitudo ingens pacem poscentium primum seditioso clamore conterrvit, deinde uocare senatum, referre de legatis ad Cn Marcium mittendis coegit

Acceperunt relationem patres, postquam apparvit labare plebis animos; missique de pace ad Marcium oratores atrox responsum rettulerunt: si Volscis ager redderetur, posse agi de pace: si praeda belli per otium frui velint, memorem se et civium iniuriae et hospitum beneficii adnisurum, ut appareat exsilio sibi inritatos, non fractos animos esse

Iterum deinde iidem missi non recipiuntur in castra
Mentre stavano passando in rassegna le legioni e piazzando delle guarnigioni sulle mura e nei punti in cui avevano stabilito di collocare dei posti di guardia e delle sentinelle, una folla di dimostranti favorevoli alla pace, in un primo tempo li spaventò con grida di rivolta e quindi li costrinse a convocare il senato perché inviasse degli ambasciatori a Gneo Marzio

I senatori accolsero la proposta quando si accorsero che il morale della plebe stava precipitando e mandarono a Marzio degli inviati per trattare la pace; la risposta che riportarono fu terribile: se il territorio dei Volsci veniva restituito, in quel caso si poteva parlare di pace; ma se volevano la pace solo per godersi il bottino di guerra, allora lui, Marzio, memore dell'ingiustizia subita in patria e del'ospitalità offertagli in terra straniera, avrebbe dimostrato che l'esilio aveva raddoppiato, e non infiacchito, le sue energie

Gli inviati fecero un secondo tentativo ma non furono nemmeno ammessi all'interno dell'accampamento

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Livio, Ab urbe condita: Libro 33; 26 - 49
Livio, Ab urbe condita: Libro 33; 26 - 49

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 33; 26 - 49

Sacerdotes quoque suis insignibus velatos isse supplices ad castra hostium traditum est; nihilo magis quam legatos flexisse animum

[40] Tum matronae ad Veturiam matrem Coriolani Volumniamque uxorem frequentes coeunt

Id publicum consilium an muliebris timor fuerit, parum invenio: pervicere certe, ut et Veturia, magno natu mulier, et Volumnia duos parvos ex Marcio ferens filios secum in castra hostium irent et, quoniam armis viri defendere urbem non possent, mulieres precibus lacrimisque defenderent
Pare che addirittura i sacerdoti, con tutti i loro paramenti, si presentarono supplici all'accampamento nemico ma che, come già gli ambasciatori, non riuscirono a far cambiare idea a Marzio

40 Allora le donne sposate andarono in massa a trovare Veturia e Volumnia, rispettivamente madre e moglie di Coriolano

Non mi è stato possibile ricostruire se ci fu un preciso ordine ufficiale o semplicemente la paura delle donne; in ogni modo convinsero l'anziana Veturia e Volumnia, con al suo séguito i due bambini avuti da Marzio, ad accompagnarle nell'accampamento nemico: se Roma non la si poteva difendere con le armi degli uomini, allora l'avrebbero difesa le donne con le loro lacrime e le loro suppliche
Ubi ad castra ventum est nuntiatumque Coriolano est adesse ingens mulierum agmen, ut qui nec publica maiestate in legatis nec in sacerdotibus tanta offusa oculis animoque religione motus esset, multo obstinatior adversus lacrimas muliebres erat; dein familiarium quidam qui insignem maestitia inter ceteras cognoverat Veturiam, inter nurum nepotesque stantem, 'nisi me frustrantur' inquit, 'oculi, mater tibi coniunxque et liberi adsunt'

Coriolanus prope ut amens consternatus ab sede sua cum ferret matri obviae complexum, mulier in iram ex precibus versa 'sine, priusquam complexum accipio, sciam' inquit, 'ad hostem an ad filium venerim, captiua materne in castris tuis sim

In hoc me longa vita et infelix senecta traxit ut exsulem te deinde hostem viderem
Quando arrivarono all'accampamento e venne annunciata a Coriolano la presenza di una massiccia schiera di donne, egli, irremovibile di fronte alla maestà dei rappresentanti dello Stato nonché di fronte all'aspetto venerando dei sacerdoti - che tanto può sugli occhi e sullo spirito -, in un primo tempo si mostrò ancora più ostinato nei confronti delle lacrime di quelle donne; poi, uno dei suoi amici più intimi, riconosciuta Veturia che spiccava tra le altre per mestizia ed era in piedi tra la nuora e i nipotini, gli disse: Se la vista non m'inganna, quelli là sono tua madre, tua moglie e i tuoi bambini

Coriolano saltò giù come una furia dal suo sedile e corse incontro alla madre per abbracciarla; lei però, passata dalle suppliche alla collera, gli disse: Fermo lì, prima di abbracciarmi: voglio sapere se qui ci troviamo da un nemico o da un figlio e se nel tuo accampamento devo considerarmi una prigioniera o una madre

Ecco fino a che punto mi hanno trascinato questa mia lunga vita e questa infelice vecchiaia: son costretta a vederti in esilio e addirittura nostro nemico

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Livio, Ab urbe condita: Libro 29; 28 - 31
Livio, Ab urbe condita: Libro 29; 28 - 31

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 29; 28 - 31

Potuisti populari hanc terram quae te genuit atque aluit

Non tibi, quamvis infesto animo et minaci perveneras, ingredienti fines ira cecidit

Non, cum in conspectu Roma fuit, succurrit: intra illa moenia domus ac penates mei sunt, mater coniunx liberique

Ergo ego nisi peperissem, Roma non oppugnaretur; nisi filium haberem, libera in libera patria mortua essem

Sed ego mihi miserius nihil iam pati nec tibi turpius usquam possum, nec ut sum miserrima, diu futura sum: de his videris, quos, si pergis, aut immatura mors aut longa servitus manet'

Uxor deinde ac liberi amplexi, fletusque ob omni turba mulierum ortus et comploratio sui patriaeque fregere tandem virum

Complexus inde suos dimittit: ipse retro ab urbe castra movit
Come hai potuto devastare questa terra che ti ha generato e nutrito

Anche se eri partito con animo ostile e minaccioso, possibile non ti si sia sbollita la rabbia una volta superati i confini

Possibile che con Roma davanti agli occhi non ti sia venuto in mente di pensare Dentro quelle mura c'è tutto quello che mi appartiene, casa, penati, madre, moglie, figli

Allora, se io non ti avessi messo al mondo, Roma adesso non sarebbe assediata; se non avessi avuto figli, sarei morta libera in una libera patria

D'altra parte, oramai non mi attende più nulla che possa peggiorare la mia miseria e il tuo disonore: se ho toccato il fondo della disgrazia non ho più molto tempo per rimanerci; è a loro che devi pensare: se ti ostini in questa direzione, gli toccherà o una morte immatura o una lunga servitù

Allora la moglie e i figli lo abbracciarono e il pianto levatosi da tutte le donne e i loro lamenti per la patria e se stesse alla fine piegarono l'irremovibilità di Marzio

Abbracciò la sua famiglia rimandandola a casa
Abductis deinde legionibus ex agro Romano, invidia rei oppressum perisse tradunt, alii alio leto

Apud Fabium, longe antiquissimum auctorem, usque ad senectutem vixisse eundem invenio; refert certe hanc saepe eum exacta aetate usurpasse vocem multo miserius seni exsilium esse

Non inviderunt laude sua mulieribus viri Romani-adeo sine obtrectatione gloriae alienae vivebatur-; monumento quoque quod esset, templum Fortunae muliebri aedificatum dedicatumque est

Rediere deinde Volsci adiunctis Aequis in agrum Romanum; sed Aequi Attium Tullium haud ultra tulere ducem

Hinc ex certamine Volsci Aequine imperatorem coniuncto exercitui darent, seditio, deinde atrox proelium ortum

Ibi fortuna populi Romani duos hostium exercitus haud minus pernicioso quam pertinaci certamine confecit
Tolse l'accampamento da sotto le mura, evacuò l'agro romano delle sue truppe e pare rimase ucciso proprio in quella zona, vittima dell'odio che si era procurato

Non c'è accordo sulle cause della morte: presso Fabio, di gran lunga la fonte più antica, ho trovato che morì di vecchiaia; in ogni modo, egli riferisce che quando ormai era un vecchio, Coriolano ripeteva spessissimo che l'esilio è ancora più duro se si è avanti con gli anni

Gli uomini romani non invidiarono le donne per il loro nobile gesto (tanto lontani si era allora dal vivere nell'invidia della gloria altrui); anzi, a ricordo dell'episodio, fu costruito e consacrato un tempio alla Fortuna delle donne

In séguito i Volsci, alleatisi con gli Equi, invasero di nuovo l'agro romano, ma gli Equi non accettarono più Tullo Azio come comandante in capo

La questione - a chi cioè affidare il comando dei due eserciti uniti - creò prima un aperto contrasto per poi finire in un bagno di sangue

In quel caso la buona stella del popolo romano annientò due eserciti nemici in una battaglia non meno rovinosa che accanita

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Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 16-30
Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 16-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 16-30

Consules T Sicinius et C Aquilius

Sicinio Volsci, Aquilio Hernici-nam ii quoque in armis erant-provincia evenit

Eo anno Hernici devicti: cum Volscis aequo Marte discessum est

[41] Sp Cassius deinde et Proculus Verginius consules facti

Cum Hernicis foedus ictum; agri partes duae ademptae

Inde dimidium Latinis, dimidium plebi divisurus consul Cassius erat

Adiciebat hic muneri agri aliquantum, quem publicum possideri a privatis criminabatur

Id multos quidem patrum, ipsos possessores, periculo rerum suarum terrebat; sed et publica patribus sollicitudo inerat largitione consulem periculosas libertati opes struere
Consoli Tito Sicinio e Caio Aquilio

A Sicinio toccarono i Volsci, ad Aquilio gli Ernici, scesi anche loro in campo

Quell'anno gli Ernici furono sconfitti; la guerra coi Volsci, dopo alterne fortune, si risolse in un nulla di fatto

41 I consoli successivi furono Spurio Cassio e Proculo Verginio

Fu stipulato un trattato con gli Ernici in base al quale Roma si annetteva i due terzi del loro territorio

Il console Cassio era dell'avviso di darne metà ai Latini e metà ai plebei

E a questa donazione voleva aggiungere parte della terra che teoricamente risultava essere di demanio pubblico e che invece, secondo la sua accusa, era detenuta abusivamente da privati

Questa proposta terrorizzava molti senatori che, essendo essi stessi i proprietari, si vedevano minacciati nelle proprie sostanze; ma i senatori, visto il ruolo da essi ricoperto in ambito pubblico, temevano che con quella donazione il console potesse acquistare un'influenza pericolosa per la libertà
Tum primum lex agraria promulgata est, nunquam deinde usque ad hanc memoriam sine maximis motibus rerum agitata

Consul alter largitioni resistebat auctoribus patribus nec omni plebe adversante, quae primo coeperat fastidire munus volgatum ~a civibus isse in socios~; saepe deinde et Verginium consulem in contionibus velut vaticinantem audiebat pestilens collegae munus esse; agros illos servitutem iis qui acceperint laturos; regno viam fieri

Quid ita enim adsumi socios et nomen Latinum, quid attinvisset Hernicis, paulo ante hostibus, capti agri partem tertiam reddi, nisi ut hae gentes pro Coriolano duce Cassium habeant

Popularis iam esse dissuasor et intercessor legis agrariae coeperat
Allora, per la prima volta, fu promulgata una legge agraria: da quella data fino ai giorni nostri non c'è stata volta che il ritorno sulla stessa questione non abbia causato gravi disordini politici

L'altro console si opponeva alla donazione e aveva dalla sua parte i senatori senza nel contempo trovarsi di fronte l'ostilità di tutta la plebe, la quale aveva sùbito mostrato di non gradire che la donazione fosse stata estesa dai cittadini ai semplici alleati; e in più sentiva spesso che il console Verginio denunciava pubblicamente la perniciosità della elargizione proposta dal collega, sostenendo che quella terra avrebbe ridotto in schiavitù chiunque ne avesse beneficiato e avrebbe rappresentato una strada diretta verso la monarchia

Che ragioni c'erano di includere nella spartizione gli alleati e il popolo latino; a che pro rendere agli Ernici, fino a ieri nemici, un terzo della terra conquistata, se non perché quelle genti al posto di Coriolano avessero Cassio

Da quel momento, lui che era stato l'oppositore della legge agraria, cominciò a diventare popolare

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Uterque deinde consul, ut certatim, plebi indulgere

Verginius dicere passurum se adsignari agros, dum ne cui nisi civi Romano adsignentur: Cassius, quia in agraria largitione ambitiosus in socios eoque civibus vilior erat, ut alio munere sibi reconciliaret civium animos, iubere pro Siculo frumento pecuniam acceptam retribui populo

Id vero haud secus quam praesentem mercedem regni aspernata plebes; adeo propter suspicionem insitam regni, velut abundarent omnia, munera eius [in animis hominum] respuebantur

Quem ubi primum magistratu abiit damnatum necatumque constat

Sunt qui patrem auctorem eius supplicii ferant: eum cognita domi causa verberasse ac necasse peculiumque filii Cereri consecravisse; signum inde factum esse et inscriptum, 'ex Cassia familia datum'
In séguito, tra i due consoli, si assistette quasi a una gara di attenzioni verso la plebe

Verginio si diceva pronto ad accettare la donazione a patto che interessasse soltanto i cittadini romani; Cassio, poiché con la promessa di donazione agraria si era reso popolare presso gli alleati, conquistandosi però lantipatia dei suoi concittadini, per riconciliarsene i favori con un altro dono, ordinò di rimborsare al popolo il denaro pagato per il frumento siciliano

Ma la plebe respinse sdegnosamente l'offerta giudicandola un tentativo di comprarsi in contanti il potere monarchico; e per questo sospetto istintivo voltavano sprezzanti le spalle ai suoi doni, come se avessero tutto in eccesso

A fine mandato - è un fatto su cui non ci sono dubbi -, fu condannato a morte e ucciso

Alcuni sostengono che l'esecutore materiale della sentenza fu suo padre: istitvita la causa a domicilio, lo avrebbe fatto frustare a morte e ne avrebbe consacrato i beni a Cerere; poi avrebbe fatto scolpire una statua con questa iscrizione: Dono della famiglia Cassia

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