Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 21-30, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 21-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 23; 21-30
Qui ut pedestres naualesque copias traiecit, castris communitis nauibusque subductis et uallo circumdatis cum equitibus delectis ipse, quantum maxime accelerare poterat, per dubios infestosque populos iuxta intentus ad Hasdrubalem peruenit

Cum decreta senatus mandataque exposuisset atque edoctus fuisset ipse in uicem quemadmodum tractandum bellum in Hispania foret, retro in sua castra rediit, nulla re quam celeritate tutior, quod undique abierat antequam consentirent

Hasdrubal priusquam moueret castra pecunias imperat populis omnibus suae dicionis, satis gnarus Hannibalem transitus quosdam pretio mercatum nec auxilia Gallica aliter quam conducta habuisse

inopem tantum iter ingressum uix penetraturum ad Alpes fuisse
Costui, tragittate le forze di terra e di mare, fortificati gli accampamenti, tratte in sacco le navi difendendole con una trincea, giunse ad Asdrubale con una schiera scelta di cavalieri, affrettandosi il più possibile, ma nello stesso tempo usando la massima circospezione nel passare attraverso popolazioni o di dubbia fede o apertamente ostili

Come Imilcone ebbe esposto ad Asdrubale le decisioni del senato e l'incarico avuto, fu a sua volta informato in qual modo dovesse essere condotta la guerra in Spagna; riprese la via verso il suo accampamento, non da altro difeso nel suo ritorno che dalla sua stessa celerità, poiché da ciascuna delle tappe della sua marcia egli era partito prima che le popolazioni avessero preso degli accordi

Asdrubale, prima di muovere il campo, impose ai popoli della sua giurisdizione il pagamento dei tributi, ben sapendo che Annibale aveva comprato col denaro il diritto di passaggio per certi territori e che non aveva ottenuto aiuti dai Galli se non per mercede

Se privo di denari egli avesse intrapreso un così lungo viaggio, a stento sarebbe potuto passare di là dalle Alpi
Pecuniis igitur raptim exactis ad Hiberum descendit

Decreta Carthaginiensium et Hasdrubalis iter ubi ad Romanos sunt perlata, omnibus omissis rebus ambo duces iunctis copiis ire obuiam coeptis atque obsistere parant, rati, si Hannibali, uix per se ipsi tolerando Italiae hosti, Hasdrubal dux atque Hispaniensis exercitus esset iunctus, illum finem Romani imperii fore

His anxii curis ad Hiberum contrahunt copias et transito amne, cum diu consultassent utrum castra castris conferrent an satis haberent sociis Carthaginiensium oppugnandis morari ab itinere proposito hostem, urbem a propinquo flumine Hiberam appellatam, opulentissimam ea tempestate regionis eius, oppugnare parant
pertanto Asdrubale, raccolto rapidamente il denaro, discese all'Ebro

Quando i Romani furono informati delle deliberazioni dei Cartaginesi e del viaggio di Asdrubale, lasciata da parte ogni altra impresa, i due Scipioni, congiunte le loro forze, si prepararono ad opporsi ed a contrastare i piani di Asdrubale, pensando che, se ad Annibale, un nemico cui già di per sé solo l'Italia a stento poteva far fronte, si fossero uniti Asdrubale e l'esercito di Spagna, quella sarebbe stata la fine del dominio di Roma

Angosciati da queste preoccupazioni, gli Scipioni concentrarono le loro forze presso il fiume Ebro, poi, passato il fiume, si consultarono a lungo se fosse il caso di opporre i loro accampamenti a quelli di Asdrubale, oppure se a loro bastasse soltanto assalire qualche popolazione alleata dei Cartaginesi, in modo da distogliere il nemico dal progettato cammino; si prepararono, infine, a dare l'assalto ad una città chiamata Ibera, dal nome del vicino fiume, in quel tempo la più ricca di quella regione
Quod ubi sensit Hasdrubal, pro ope ferenda sociis pergit ire ipse ad urbem deditam nuper in fidem Romanorum oppugnandam

Ita iam coepta obsidio omissa ab Romanis est et in ipsum Hasdrubalem uersum bellum

(29) Quinque milium interuallo castra distantia habuere paucos dies nec sine leuibus proeliis nec ut in aciem exirent: tandem uno eodemque die uelut ex composito utrimque signum pugnae propositum est atque omnibus copiis in campum descensum

Triplex stetit Romana acies; uelitum pars inter antesignanos locata, pars post signa accepta; equites cornua cinxere

Hasdrubal mediam aciem Hispanis firmat; in cornibus, dextro Poenos locat, laeuo Afros mercenariorumque auxilia; equitum Numidas Poenorum peditibus, ceteros Afris, pro cornibus apponit
Allorché Asdrubale si accorse di ciò, invece di recare aiuto agli alleati, si diresse egli stesso ad assediare una città che da poco si arresa ai Romani

Così i Romani abbandonarono l'assedio già cominciato e volsero la guerra contro Asdrubale

29 I Romani per pochi giorni tennero gli accampamenti distanti cinque miglia da quelli cartaginesi, non senza scaramucce, ma anche senza l'intenzione di scendere a battaglia campale; infine, come se si fossero accordati, da una parte e dall'altra fu dato il segnale di battaglia e tutte le forze scesero in campo

Lo schieramento romano era su tre linee: parte dei veliti era collocata fra i principi e i triari che recavano le insegne; la cavalleria era disposta in cerchio alle ali

Asdrubale rafforzò la linea mediana con gli Spagnoli; al lato destro collocò i Cartaginesi, al sinistro gli Africani e gli ausiliari mercenari; dei cavalieri poi, quelli Numidi dispose a fianco dei fanti cartaginesi, gli altri pose presso gli Africani come a formarne le ali

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Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 16-20
Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 16-20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 06, 16-20

Nec omnes Numidae in dextro locati cornu sed quibus desultorum in modum binos trahentibus equos inter acerrimam saepe pugnam in recentem equum ex fesso armatis transultare mos erat; tanta uelocitas ipsis tamque docile equorum genus est

Cum hoc modo instructi starent, imperatorum utriusque partis haud ferme dispares spes erant; nam ne multum quidem aut numero aut genere militum hi aut illi praestabant; militibus longe dispar animus erat

Romanis enim, quamquam procul a patria pugnarent, facile persuaserant duces pro Italia atque urbe Romana eos pugnare; itaque, uelut quibus reditus in patriam (in) eo discrimine pugnae uerteretur, obstinauerant animis uincere aut mori

Minus pertinaces uiros habebat altera acies; nam maxima pars Hispani erant, qui uinci in Hispania quam uictores in Italiam trahi malebant
I Numidi non erano tutti collocati nell'ala destra, ma vi erano anche quelli che conducevano due cavalli e che spesso, come cavallerizzi, nel maggior fervore della mischia avevano costume di balzare armati dal cavallo più stanco a quello più fresco di forze; tanto grande era la loro velocità e tanto docile era la razza dei loro cavalli

Tale essendo lo schieramento, i comandanti di ambedue le parti nutrivano pressoché uguali speranze, poiché l'uno non superava l'altro né per numero né per genere di combattenti; la disposizione d'animo dei soldati era, invece, molto diversa

I Romani, infatti, per quanto combattessero lontano dalla patria, erano stati facilmente persuasi dai loro comandanti che si battevano per la salvezza dell'Italia e di Roma; come se dal cimento di quella battaglia dipendesse il loro ritorno o meno in patria, essi erano deliberati a vincere o a morire

Nell'esercito di Asdrubale i soldati erano meno fermi: infatti, la maggior parte erano spagnoli, che preferivano essere vinti in Spagna che essere appena trasferiti vincitori in Italia
Primo igitur concursu, cum uix pila coniecta essent, rettulit pedem media acies inferentibusque se magno impetu Romanis uertit terga

Nihilo segnius (in) cornibus proelium fuit

Hinc Poenus, hinc Afer urget, et uelut in circumuentos proelio ancipiti pugnant; sed cum in medium tota iam coisset Romana acies, satis uirium ad dimouenda hostium cornua habuit

Ita duo diuersa proelia erant

Vtroque Romani, ut qui pulsis iam ante mediis et numero et robore uirorum praestarent, haud dubie superant

Magna uis hominum ibi occisa et, nisi Hispani uixdum conserto proelio tam effuse fugissent, perpauci ex tota superfuissent acie
Al primo scontro, dunque, prima furono lanciati i dardi, la loro schiera mediana retrocedette e, poiché i Romani assalirono con grande impeto, voltò le spalle e fuggì

Alle ali la battaglia non si allentò per nulla

Da una parte i Cartaginesi, dall'altra gli Africani incalzavano e combattevano con esito incerto come se i Romani fossero già stretti al centro; ma, essendosi raccolta nel mezzo tutta quanta la massa dei Romani, questa ebbe la forza sufficiente per tener lontane fra loro le ali dell'esercito nemico

Così si ebbero due combattimenti separati

In ambedue i Romani erano senza dubbio in condizioni di vincere in quanto, respinti i soldati nemici che stavano in mezzo, erano superiori per numero e per forze

Fu uccisa una gran quantità di uomini e, se gli Spagnoli appena attaccata la battaglia non si fossero dati ad una fuga così disordinata pochissimi sarebbero stati i superstiti di quello scontro

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Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 36-40
Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 36-40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 05, 36-40

Equestris pugna nulla admodum fuit, quia, simul inclinatam mediam aciem Mauri Numidaeque uidere, extemplo fuga effusa nuda cornua elephantis quoque prae se actis deseruere

Et Hasdrubal usque ad ultimum euentum pugnae moratus e media caede cum paucis effugit

Castra Romani cepere atque diripuere

Ea pugna si qua dubia (in) Hispania erant Romanis adiunxit, Hasdrubalique non modo in Italiam traducendi exercitus sed ne manendi quidem satis tuto in Hispania spes reliqua erat

Quae posteaquam litteris Scipionum Romae uolgata sunt, non tam uictoria quam prohibito Hasdrubalis in Italiam transitu laetabantur

(30) Dum haec in Hispania geruntur, Petelia in Bruttiis aliquot post mensibus quam coepta oppugnari erat ab Himilcone praefecto Hannibalis expugnata est
Non vi fu affatto un combattimento equestre, poiché appena i Mauri e i Numidi videro che il centro dello schieramento cedeva, subito con fuga precipitosa abbandonarono, lasciandole senza difesa, le ali, spingendo anche dinanzi a sé gli elefanti

Asdrubale, essendosi trattenuto sul campo fino all'ultimo, si mise in salvo con pochi nel mezzo della strage

I Romani impadronitisi dei suoi accampamenti, li saccheggiarono

Se vi era qualche città dubbiosa, l'esito di quella battaglia la fece aderire ai Romani, in modo che ad Asdrubale non solo non rimase la speranza di far Passare l'esercito in Italia, ma neppure quella di restare abbastanza sicuro in Spagna

Dopo che i messaggi degli Scipioni diffusero a Roma tali notizie, tutti si rallegrarono non tanto per la vittoria, quanto per il fatto che si era così impedito ad Asdrubale di passare in Italia

30 Mentre queste cose avvenivano in Spagna, la città di Petelia nel paese dei Bruzzi, dopo alcuni mesi di assedio,fu espugnata da Imilcone prefetto di Annibale
Multo sanguine ac uolneribus ea Poenis uictoria stetit nec ulla magis uis obsessos quam fames expugnauit

Absumptis enim frugum alimentis carnisque omnis generis quadrupedum suetae (insuetae)que postremo coriis herbisque et radicibus et corticibus teneris strictisque foliis uixere nec ante quam uires ad standum in muris ferendaque arma deerant expugnati sunt

Recepta Petelia Poenus ad Consentiam copias traducit, quam minus pertinaciter defensam intra paucos dies in deditionem accepit

Iisdem ferme diebus et Bruttiorum exercitus Crotonem, Graecam urbem, circumsedit, opulentam quondam armis uirisque, tum iam adeo multis magnisque cladibus adflictam ut omnis aetatis minus duo milia ciuium superessent
La vittoria costò ai Cartaginesi molto sangue e ferite; nessun'altra forza fuorché la fame poté obbligare gli assediati alla resa

Costoro, infatti, finite tutte le riserve di messi e quelle di carni consuete ed inconsuete di quadrupedi di ogni genere, alla fine furono costretti a vivere di cuoio, di erbe, di radici, di cortecce tenere e di foglie ancor attaccate ai rami e non furono domati prima che mancassero a loro le forze per stare sulle mura e per maneggiare le armi

Arresasi Petelia, Annibale condusse l'esercito a Cosenza, che dopo una difesa meno tenace si arrese in pochi giorni

Pressapoco nello stesso tempo l'esercito dei Bruzzi assediò Crotone, città greca, ricca un tempo di uomini e di armi, ora, invece, già tanto afflitta da molte e gravi sconfitte, al punto che dei suoi cittadini meno di duemila di ogni età sopravvivevano ancora

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 07 - 08

Itaque urbe a defensoribus uasta facile potiti hostes sunt: arx tantum retenta, in quam inter tumultum captae urbis e media caede quidam effugere

Et Locrenses desciuere ad Bruttios Poenosque prodita multitudine a principibus

Regini tantummodo regionis eius et in fide erga Romanos et potestatis suae ad ultimum manserunt

In Siciliam quoque eadem inclinatio animorum peruenit et ne domus quidem Hieronis tota ab defectione abstinuit

Namque Gelo, maximus stirpis, contempta simul senectute patris simul post Cannensem cladem Romana societate ad Poenos defecit, mouissetque in Sicilia res, nisi mors, adeo opportuna ut patrem quoque suspicione aspergeret, armantem eum multitudinem sollicitantemque socios absumpsisset

Haec eo anno in Italia, in Africa, in Sicilia, in Hispania uario euentu acta
Pertanto, i nemici facilmente si impadronirono di una città priva di difensori; soltanto la rocca resistette; in essa si rifugiarono alcuni scampati dalla strage in mezzo al tumulto della città occupata

Anche i Locresi passarono ai Bruzzi ed ai Cartaginesi, essendo stata la popolazione con inganno consegnata ai nemici

I Reggini, invece, furono i soli di quella regione che conservarono fino all'ultimo la fedeltà verso Roma e la propria indipendenza

Anche in Sicilia si diffuse la stessa tendenza alla defezione e neppure se ne astenne totalmente la famiglia di Gerone

Infatti, Gelone, suo figlio primogenito, disprezzata la vecchiezza del padre e nello stesso tempo l'alleanza stretta coi Romani, dopo la battaglia di Canne passò ai Cartaginesi ed avrebbe sollevato la Sicilia, se, mentre stava per armare la moltitudine e cercava di adescare gli alleati, non lo avesse tolto di mezzo una morte giunta così a proposito, che il padre stesso fu sfiorato dal sospetto di averla provocata

Queste furono le varie vicende che si svolsero in quellanno in Italia, in Africa, in Sicilia, in Spagna
Exitu anni Q Fabius Maximus a senatu postulauit ut aedem Veneris Erycinae, quam dictator uouisset, dedicare liceret

Senatus decreuit ut Ti Sempronius, consul designatus, cum (primum magistratum) inisset, ad populum ferret ut Q Fabium duumuirum esse iuberent aedis dedicandae causa

Et M Aemilio Lepido, qui bis consul augurque fuerat, filii tres, Lucius, Marcus, Quintus, ludos funebres per triduum et gladiatorum paria duo et uiginti (per triduum) in foro dederunt

Aediles curules C Laetorius et Ti Sempronius Gracchus, consul designatus, qui in aedilitate magister equitum fuerat, ludos Romanos fecerunt, qui per triduum instaurati sunt, Plebeii ludi aedilium M Aurelii Cottae et M Claudii Marcelli ter instaurati

Circumacto tertio anno Punici belli, Ti Sempronius consul idibus Martiis magistratum init
Alla fine dell'anno in Roma Q Fabio Massimo chiese al senato il permesso di dedicare a Venere Ericina quel tempio che egli, dittatore, le aveva promesso in voto

Il senato deliberò che Tiberio Sempronio, console designato, all'inizio della sua carica proponesse al popolo di nominare Q Fabio duumviro per la dedicazione di quel tempio

Per la morte, poi, di M Emilio Lepido, che era stato console ed augure, i suoi tre figli Lucio, Marco e Quinto organizzarono nel Foro giuochi funebri con ventidue paia di gladiatori per la durata di tre giorni

Gli edili curùli C Letorio e Tiberio Sempronio Gracco, console designato, che, quando era edile, era stato maestro della cavalleria, organizzarono i Ludi Romani che furono ripetuti per tre giorni; furono anche rinnovati per tre volte i Ludi Plebei, per iniziativa degli edili M Aurelio Cotta e M Claudio Marcello

Alla fine del terzo anno della guerra cartaginese il console Tiberio Sempronio cominciò ad esercitare la sua carica, alle idi di marzo

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Praetores Q Fuluius Flaccus, qui antea consul censorque fuerat, urbanam, M Valerius Laeuinus peregrinam sortem in iurisdictione habuit; Ap Claudius Pulcher Siciliam, Q Mucius Scaeuola Sardiniam sortiti sunt

M Marcello pro consule imperium esse populus iussit, quod post Cannensem cladem unus Romanorum imperatorum in Italia prospere rem gessisset
Dei due pretori Q Fulvio Fiacco e M Valerio Levino, l'uno, che era già stato per due volte console e censore, fu designato per sorteggio alla pretura urbana; l'altro, invece, ebbe l'incarico di giudicare le controversie fra stranieri; ad Appio Claudio Pulcro toccò in sorte il governo della Sicilia; a Quinto Muzio Scevola quello della Sardegna

Il popolo comandò che M Marcello avesse l'autorità di proconsole, perché, dopo la battaglia di Canne, solo fra i generali romani aveva in Italia condotto felicemente la guerra

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