Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 21-30

Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 21-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 23; 21-30

(21) Per idem fere tempus litterae ex Sicilia Sardiniaque Romam allatae

Priores ex Sicilia T Otacili propraetoris in senatu recitatae sunt: P Furium praetorem cum classe ex Africa Lilybaeum uenisse; ipsum grauiter saucium in discrimine ultimo uitae esse

militi ac naualibus sociis neque stipendium neque frumentum ad diem dari neque unde detur esse; magno opere suadere ut quam primum ea mittantur, sibique, si ita uideatur, ex nouis praetoribus successorem mittant

Eademque ferme de stipendio frumentoque ab A Cornelio Mammula propraetore ex Sardinia scripta

Responsum utrique non esse unde mitteretur, iussique ipsi classibus atque exercitibus suis consulere
21Pressapoco in quel tempo dalla Sicilia e dalla Sardegna furono portate a Roma delle lettere

Per prime furono lette in senato quelle del propretore T Otacilio che annunciava che il pretore P Furio, che era venuto con una flotta dall'Africa al Lilibeo, era gravemente ferito ed era in estremo pericolo di vita

Si comunicava inoltre che ai soldati ed alle ciurme fino a quel giorno non era stato dato il grano né corrisposto lo stipendio, per pagare il quale mancavano i fondi; il pretore raccomandava caldamente che grano e stipendi fossero quanto prima inviati e, se così pareva opportuno, si mandasse uno dei nuovi pretori come suo successore

Press'a poco le stesse cose, riguardo alle paghe ed al frumento, scriveva dalla Sardegna il propretore A Cornelio Mammula

All'uno ed all'altro fu risposto che non vi era alcuna possibilità di soddisfare tali richieste, perciò ambedue furono invitati a provvedere con i loro mezzi alle navi ed ai soldati
T Otacilius ad unicum subsidium populi Romani, Hieronem, legatos cum misisset, in stipendium quanti argenti opus fuit et sex mensum frumentum accepit; Cornelio in Sardinia ciuitates sociae benigne contulerunt

Et Romae quoque propter penuriam argenti triumuiri mensarii rogatione M Minucii tribuni plebis facti, L Aemilius Papus, qui consul censorque fuerat, et M Atilius Regulus, qui bis consul fuerat, et L Scribonius Libo, qui tum tribunus plebis erat

Et duumuiri creati M et C Atilii aedem Concordiae, quam L Manlius praetor uouerat, dedicauerunt; et tres pontifices creati, Q Caecilius Metellus et Q Fabius Maximus et Q Fuluius Flaccus, in locum P Scantini demortui et L Aemili Pauli consulis et Q Aeli Paeti, qui ceciderant pugna Cannensi
T Otacilio, avendo mandato dei messi a Gerone, il solo che potesse aiutare il popolo romano, ne ebbe tutto il denaro che era necessario ed una scorta di grano per sei mesi; le città alleate inviarono contributi volontari a Cornelio in Sardegna

A Roma, poi, a causa della mancanza di denaro, su proposta del tribuno della plebe M Minucio furono creati i triumviri tesorieri: L Emilio Papo, che era stato console e censore, M Atilio Regolo che era stato due volte console e L Scribonio Libone, che era allora tribuno della plebe

Furono anche eletti i duumviri M e C Atilio, i quali dedicarono alla dea Concordia il tempio che il pretore L Manlio aveva promesso in voto; furono creati tre pontefici, Q Cecilio Metello, Q Fabio Massimo e Q Fulvio Flacco, in sostituzione del defunto P Scantinio, del console L Emilio Paolo e di Q Elio Peto, che erano caduti nella battaglia di Canne
(22) Cum cetera quae continuis cladibus fortuna minuerat, quantum consiliis humanis adsequi poterant, patres explessent, tandem se quoque et solitudinem curiae paucitatemque conuenientium ad publicum consilium respexerunt

neque enim post L Aemilium et C Flaminium censores senatus lectus fuerat, cum tantum senatorum aduersae pugnae, ad hoc sui quemque casus per quinquennium absumpsissent
22 I senatori, dopo aver cercato di porre riparo per quanto era umanamente possibile a tutti quei danni che la sorte aveva arrecato con le continue sconfitte, alla fine si preoccuparono di colmare i numerosi vuoti del senato e rimediare all'inconveniente dell'esiguo numero di coloro che partecipavano alle pubbliche adunanze

Né, infatti, erano stati più eletti senatori dopo la censura di L Emilio e C Flaminio, dal momento che le disfatte militari, oltre alle disgrazie personali di ciascuno, avevano nello spazio di cinque anni fatto scomparire tanti senatori

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Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 16-20
Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 16-20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 06, 16-20

Cum de ea re M Aemilius praetor, dictatore post Casilinum amissum profecto iam ad exercitum, exposcentibus cunctis rettulisset, tum Sp Caruilius cum longa oratione non solum inopiam sed paucitatem etiam ciuium ex quibus in patres legerentur conquestus esset, explendi senatus causa et iungendi artius Latini nominis cum populo Romano magno opere se suadere dixit ut ex singulis populis Latinorum binis senatoribus, (quibus) patres Romani censuissent, ciuitas daretur, atque (inde) in demortuorum locum in senatum legerentur Poiché il dittatore, dopo la perdita di Casilino, era finalmente partito per raggiungere l'esercito, il pretore M Emilio, sollecitato da tutti, riferì intorno al problema del senato; allora Sp Carvilio, avendo lamentato in un lungo discorso non solo la penuria dei senatori, ma anche la scarsità del numero dei cittadini, tra i quali i senatori potevano essere scelti, dichiarò che al fine di completare il senato e di legare più strettamente i popoli di stirpe latina al popolo romano, egli proponeva che da ogni singola gente latina, a giudizio di senatori romani, si desse la cittadinanza romana a due senatori latini e si eleggessero questi al senato in sostituzione dei defunti
Eam sententiam haud aequioribus animis quam ipsorum quondam postulatum Latinorum patres audierunt; et cum fremitus indignantium tota curia esset et praecipue T Manlius esse etiam nunc eius stirpis uirum diceret ex qua quondam in Capitolio consul minatus esset quem Latinum in curia uidisset eum sua manu se interfecturum

Q Fabius Maximus nunquam rei ullius alieniore tempore mentionem factam in senatu dicit quam inter tam suspensos sociorum animos incertamque fidem id iactum quod insuper sollicitaret eos

eam unius hominis temerariam uocem silentio omnium exstinguendam esse et, si quid unquam arcani sanctiue ad silendum in curia fuerit, id omnium maxime tegendum, occulendum, obliuiscendum, pro non dicto habendum esse

Ita eius rei oppressa mentio est
Tale proposta fu accolta dai senatori con un favore non certo più grande di quello col quale una volta avevano accolto la stessa proposta fatta dai Latini; tutto il senato fremeva di indignazione e più di tutti T Manlio che si mise a gridare che ancor viveva un uomo di quella stirpe, alla quale apparteneva quel console che una volta sul Campidoglio aveva minacciato di uccidere di sua mano quel latino che egli avesse visto sedere in senato

Q Fabio Massimo, a sua volta, dichiarò che mai in senato era stata avanzata una proposta in un momento meno opportuno; tale proposta, infatti veniva lanciata mentre l'animo degli alleati e la loro fedeltà erano ancor tanto sospesi ed incerti; non era, perciò, il caso di agitarli di più

Fabio riteneva opportuno che il consiglio temerario di un sol uomo fosse annullato dal silenzio di tutti e se mai argomento s'era trattato nella Curia degno di sacro silenzio, questo soprattutto si doveva coprire, occultare, dimenticare, considerare come se non fosse mai stato proposto

Così fu soffocato il ricordo di tale episodio

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Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 05 - 07
Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 05 - 07

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 05 - 07

Dictatorem, qui censor ante fuisset uetustissimusque ex iis qui uiuerent censoriis esset, creari placuit qui senatum legeret

accirique C Terentium consulem ad dictatorem dicendum iusserunt

Qui ex Apulia relicto ibi praesidio cum magnis itineribus Romam redisset, nocte proxima, ut mos erat, M Fabium Buteonem ex senatus consulto sine magistro equitum dictatorem in sex menses dixit

(23) Is ubi cum lictoribus in rostra escendit, neque duos dictatores tempore uno, quod nunquam antea factum esset, probare se dixit, neque dictatorem sine magistro equitum, nec censoriam uim uni permissam et eidem iterum, nec dictatori, nisi rei gerendae causa creato, in sex menses datum imperium

Quae immoderata fors, tempus ac necessitas fecerit, iis se modum impositurum
Si deliberò invece, di nominare, con l'incarico di scegliere i senatori, un dittatore, che era stato censore ed era il più anziano fra coloro che erano stati censori e che vivevano ancora

Fu poi ordinato che fosse fatto venire il console C Terenzio per nominare il dittatore

Egli a marce forzate essendo ritornato a Roma dall'Apulia, dove aveva lasciato una guarnigione, nella notte successiva, come era costume, elesse dittatore per sei mesi, secondo il decreto del senato, M Fabio Buteone, senza il maestro della cavalleria

23 Fabio Buteone salì coi littori sui rostri e dichiarò di non approvare affatto che vi fossero contemporaneamente due dittatori, cosa che non era mai accaduta prima; non approvava nemmeno che vi fosse un dittatore senza il maestro della cavalleria, né che fosse affidata l'autorità censoria ad uno solo e che a costui fosse conferita per la seconda volta, né che ad un dittatore, eletto non per condurre una guerra, fosse affidato il potere per sei mesi

Egli avrebbe imposto un freno a tutte queste irregolarità nate da una situazione eccezionale nonché dalla urgenza del caso
nam neque senatu quemquam moturum ex iis quos C Flaminius L Aemilius censores in senatum legissent; transcribi tantum recitarique eos iussurum, ne penes unum hominem iudicium arbitriumque de fama ac moribus senatoriis fuerit

et ita in demortuorum locum sublecturum ut ordo ordini, non homo homini praelatus uideretur

Recitato uetere senatu, inde primos in demortuorum locum legit qui post L Aemilium C Flaminium censores curulem magistratum cepissent necdum in senatum lecti essent, ut quisque eorum primus creatus erat

tum legit qui aediles, tribuni plebis, quaestoresue fuerant; tum ex iis qui (non) magistratus cepissent, qui spolia ex hoste fixa domi haberent aut ciuicam coronam accepissent
Non avrebbe, infatti, rimosso dal senato alcuno che i censori C Flaminio e L Emilio avevano scelto; egli h avrebbe soltanto invitati a registrare pubblicamente ed a leggere i nomi dei senatori della loro lista per la necessaria convalida, affinché non si dicesse che erano dipesi da lui solo il giudizio e l'inappellabile decisione intorno alla reputazione ed ai costumi di un senatore

Con tale norma egli avrebbe agito nel sostituire i defunti, perché fosse evidente che la sua scelta si riferiva non ad un singolo uomo, ma ad una classe di persone

Letta la lista dell'antico senato, il dittatore scelse subito per primi a sostituire i morti, ciascuno secondo l'anzianità di nomina, coloro che dopo i censori L Emilio e C Flaminio avevano esercitato la magistratura curule e che non erano ancora stati eletti senatori

Successivamente scelse quelli che erano stati edili, tribuni della plebe e questori; in seguito coloro che, pur avendo avuto cariche minori, avevano appese in casa loro spoglie tolte al nemico, o che avessero meritato la corona civica

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 07 - 08

Ita centum septuaginta septem cum ingenti adprobatione hominum in senatum lectis, extemplo se magistratu abdicauit priuatusque de rostris descendit lictoribus abire iussis, turbaeque se immiscuit priuatas agentium res, tempus hoc sedulo terens ne deducendi sui causa populum de foro abduceret

Neque tamen elanguit cura hominum ea mora frequentesque eum domum deduxerunt

Consul nocte insequenti ad exercitum redit non facto certiore senatu ne comitiorum causa in urbe retineretur

(24) Postero die consultus a M Pomponio praetore senatus decreuit dictatori scribendum uti, si e re publica censeret esse, ad consules subrogandos ueniret cum magistro equitum et praetore M Marcello, ut ex iis praesentibus noscere patres possent quo statu res publica esset consiliaque ex rebus caperent
Così, dopo aver nominato senatori, col consenso entusiastico di tutti, centosettantasette cittadini, rinunciò subito alla carica e, dopo avere congedato i littori, discese dai rostri come privato cittadino, mescolandosi alla folla degli uomini che sbrigavano i loro affari personali; passò quelle ore in diligenti occupazioni per non indurre il popolo a lasciare il foro per accompagnarlo a casa

Tuttavia, quel suo indugio non ebbe come effetto di diminuire nei suoi concittadini un tal desiderio; perciò, in gran numero essi accompagnarono a casa il dittatore

Nella notte seguente il console tornò all'esercito senza avvertire il senato, per non essere trattenuto a Roma per i comizi

24 Il giorno dopo il senato, su richiesta del pretore M Pomponio, deliberò di scrivere al dittatore perché, se non lo ritenesse vantaggioso per la repubblica, venisse a Roma per l'elezione dei nuovi consoli, insieme col maestro della cavalleria ed il pretore M Marcello, affinché i senatori potessero conoscere direttamente da loro quale fosse la situazione e prendessero le deliberazioni relative allo stato delle cose
Qui acciti erant, omnes uenerunt relictis legatis qui legionibus praeessent

Dictator de se pauca ac modice locutus in magistrum equitum Ti Sempronium Gracchum magnam partem gloriae uertit comitiaque edixit, quibus L Postumius tertium absens, qui tum Galliam prouinciam obtinebat, et Ti Sempronius Gracchus, qui tum magister equitum et aedilis curulis erat, consules creantur

Praetores inde creati M Valerius Laeuinus iterum, Ap Claudius Pulcher, Q Fuluius Flaccus, Q Mucius Scaeuola

Dictator creatis magistratibus Teanum in hiberna ad exercitum redit relicto magistro equitum Romae, qui, cum post paucos dies magistratum initurus esset, de exercitibus scribendis comparandisque in annum patres consuleret
Tutti coloro che erano stati chiamati giunsero a Roma, dopo aver affidato ai luogotenenti il comando delle legioni

Il dittatore disse brevi parole intorno al suo operato, attribuendo gran parte della gloria al maestro della cavalleria Tiberio Sempronio Gracco, poi indisse i comizi, nei quali furono creati consoli L Postumio assente, poiché amministrava allora la provincia della Gallia, e Tiberio Sempronio Gracco che era in quel momento maestro della cavalleria e edile curule

Furono poi eletti pretori M Valerio Levino per la seconda volta, Appio Claudio Pulcro, Q Fulvio Fiacco, Q Muzio Scevola

Fatte queste nomine, il dittatore ritornò all'esercito nei quartieri d'inverno a Teano, dopo aver lasciato a Roma il maestro della cavalleria, che, iniziando di lì a pochi giorni la sua carica, doveva consultare i senatori intorno all'arruolamento dell'esercito ed ai provvedimenti per il prossimo anno

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Cum eae res maxime agerentur, noua clades nuntiata aliam super aliam cumulante in eum annum fortuna, L Postumium consulem designatum in Gallia ipsum atque exercitum deletos

Silua erat uasta, Litanam Galli uocabant, qua exercitum traducturus erat

Eius siluae dextra laeuaque circa uiam Galli arbores ita inciderunt ut immotae starent, momento leui impulsae occiderent

Legiones duas Romanas habebat Postumius, sociumque ab supero mari tantum conscripserat ut uiginti quinque milia armatorum in agros hostium induxerit

Galli oram extremae siluae cum circumsedissent, ubi intrauit agmen saltum, tum extremas arborum succisarum impellunt; quae alia in aliam, instabilem per se ac male haerentem, incidentes ancipiti strage arma, uiros, equos obruerunt, ut uix decem homines effugerent
Mentre si stavano compiendo tali operazioni, giunse la notizia di una nuova disfatta, poiché il console designatoL Postumio era stato annientato in Gallia con il suo esercito; nello spazio di un solo anno il destino avevaaccumulato sconfitta su sconfitta

L'esercito di Postumio doveva Passare per una vasta selva, chiamata Litana

Ai lati della strada a destra e a sinistra, i Galli segarono i tronchi degli alberi di questa selva, in modo che, stando immobili, apparivano ritti; al minimo urto sarebbero, caduti

Postumio aveva due legioni romane ed aveva arruolato tanti alleati nelle zone adriatiche, da poter condurre contro i territori nemici cinquemila soldati

I Galli essendosi collocati sui bordi estremi della selva, appena la schiera dei Romani entrò nella zona boscosa, diedero una spinta agli alberi che avevano tagliato per ultimi; questi caddero l'uno sull'altro essendo di per sé instabili e mal piantati nella terra e si abbatterono sulle armi, sugli uomini e sui cavalli dei Romani con una doppia strage, dalla quale a stento scamparono dieci uomini

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