Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 01-15

Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 01-15

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 01-15

[1] Iam primum omnium satis constat Troia capta in ceteros saevitum esse Troianos, duobus, Aeneae Antenorique, et vetusti iure hospitii et quia pacis reddendaeque Helenae semper auctores fuerant, omne ius belli Achiuos abstinuisse; casibus deinde variis Antenorem cum multitudine Enetum, qui seditione ex Paphlagonia pulsi et sedes et ducem rege Pylaemene ad Troiam amisso quaerebant, venisse in intimum maris Hadriatici sinum, Euganeisque qui inter mare Alpesque incolebant pulsis Enetos Troianosque eas tenuisse terras

Et in quem primo egressi sunt locum Troia vocatur pagoque inde Troiano nomen est: gens universa Veneti appellati
[1] Un primo punto che trova quasi tutti dello stesso avviso è questo: dopo la caduta di Troia, ai superstiti troiani fu riservato un trattamento molto duro; gli Achei si astennero dall'applicare rigorosamente il codice militare di guerra solo nei confronti di due di essi, Enea e Antenore, sia per l'antica legge dell'ospitalità, sia perché essi erano sempre stati sostenitori della pace e della restituzione di Elena; successivamente, per circostanze di varia natura, Antenore e un nutrito gruppo di Eneti, i quali, costretti ad abbandonare la Paflagonia a séguito di una sommossa interna ed essendo alla ricerca di un luogo dove stabilirsi e di qualcuno che li guidasse dopo aver perso a Troia il loro capo Pilemene, arrivarono nel golfo più profondo del mare Adriatico, scacciarono gli Euganei cheabitavano tra mare e Alpi e, Troiani ed Eneti, si impossessarono di quelle terre

Il primo punto in cui sbarcarono lo chiamarono Troia e di lì deriva il nome di Troiano per il villaggio: l'intero popolo assunse la denominazione di Veneti
Aeneam ab simili clade domo profugum sed ad maiora rerum initia ducentibus fatis, primo in Macedoniam venisse, inde in Siciliam quaerentem sedes delatum, ab Sicilia classe ad Laurentem agrum tenuisse

Troia et huic loco nomen est

Ibi egressi Troiani, ut quibus ab immenso prope errore nihil praeter arma et naues superesset, cum praedam ex agris agerent, Latinus rex Aboriginesque qui tum ea tenebant loca ad arcendam vim advenarum armati ex urbe atque agris concurrunt

Duplex inde fama est
Di Enea, invece, si sa che, esule dalla patria a séguito dello stesso disastro, ma destinato per volontà del fato a dare il via a eventi di ben altra portata, arrivò in un primo tempo in Macedonia, quindi fu spinto verso la Sicilia sempre alla ricerca di una sede definitiva e dalla Sicilia approdò con la flotta nel territorio di Laurento

Anche a questo luogo viene dato il nome di Troia

I Troiani sbarcarono in quel punto e privi com'erano, dopo il loro interminabile peregrinare, di tutto tranne che di armi e di navi, si misero a fare razzie nelle campagne e per questo motivo il re Latino e gli Aborigeni che allora regnavano su quelle terre accorsero armati dalle città e dai campi per respingere l'attacco degli stranieri

Del fatto si tramandano due versioni
Alii proelio victum Latinum pacem cum Aenea, deinde adfinitatem iunxisse tradunt: alii, cum instructae acies constitissent, priusquam signa canerent processisse Latinum inter primores ducemque advenarum euocasse ad conloquium; percontatum deinde qui mortales essent, unde aut quo casu profecti domo quidue quaerentes in agrum Laurentinum exissent, postquam audierit multitudinem Troianos esse, ducem Aeneam filium Anchisae et Veneris, cremata patria domo profugos, sedem condendaeque urbi locum quaerere, et nobilitatem admiratum gentis virique et animum vel bello vel paci paratum, dextra data fidem futurae amicitiae sanxisse

Inde foedus ictum inter duces, inter exercitus salutationem factam
Alcuni sostengono che Latino, vinto in battaglia, fece pace con Enea e strinse con lui legami di parentela; altri, invece, raccontano che, una volta schieratisi gli eserciti in ordine di battaglia, prima che fosse dato il segnale di inizio, Latino avanzò tra i soldati delle prime file e invitò a un colloquio il comandante degli stranieri, quindi si informò sulla loro provenienza, chiese da dove o a seguito di quale evento fossero partiti dal loro paese e cosa stessero cercando nel territorio di Laurento; venne così a sapere che tutti quegli uomini erano Troiani, con a capo Enea figlio di Anchise e di Venere, esuli da una città finita nelle fiamme, e alla ricerca di una sede stabile per fondarvi la loro città; quindi, pieno di ammirazione per la nobiltà d'animo di quel popolo e dell'uomo di fronte a lui e per la loro disposizione tanto alla guerra che alla pace, gli tese la mano destra e si impegnò per un'amicizia futura tra i due popoli

I due comandanti stipularono allora un trattato di alleanza, mentre i due eserciti si scambiarono un saluto

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Livio, Ab urbe condita: Libro 02 ;  11 - 24
Livio, Ab urbe condita: Libro 02 ; 11 - 24

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02 ; 11 - 24

Aeneam apud Latinum fuisse in hospitio; ibi Latinum apud penates deos domesticum publico adiunxisse foedus filia Aeneae in matrimonium data

Ea res utique Troianis spem adfirmat tandem stabili certaque sede finiendi erroris

Oppidum condunt; Aeneas ab nomine uxoris Lavinium appellat

Brevi stirpis quoque virilis ex novo matrimonio fuit, cui Ascanium parentes dixere nomen

[2] Bello deinde Aborigines Troianique simul petiti

Turnus rex Rutulorum, cui pacta Lavinia ante adventum Aeneae fuerat, praelatum sibi advenam aegre patiens simul Aeneae Latinoque bellum intulerat

Neutra acies laeta ex eo certamine abiit: victi Rutuli: victores Aborigines Troianique ducem Latinum amisere
Enea fu ospitato presso Latino; lì questi aggiunse un patto privato a quello pubblico dando in moglie a Enea sua figlia

Questo accordo rinforzò la speranza dei Troiani di vedere finite una volta per tutte le loro infinite peregrinazioni grazie a una sede stabile e definitiva

Fondano una città ed Enea la chiama Lavinio dal nome della moglie

Dopo poco tempo, dal nuovo matrimonio nacque anche un figlio maschio cui i genitori diedero il nome di Ascanio

[2] In séguito, Aborigeni e Troiani dovettero affrontare insieme una guerra

Il re dei Rutili, Turno, cui era stata promessa in sposa Lavinia prima dell'arrivo di Enea, poiché non accettava di buon grado che lo straniero gli fosse stato preferito, entrò in guerra contemporaneamente con Enea e con Latino

Nessuna delle due parti poté rallegrarsi dell'esito di quello scontro: i Rutuli furono vinti, ma Troiani e Aborigeni, benché vincitori, persero Latino, il loro comandante
Inde Turnus Rutulique diffisi rebus ad florentes opes Etruscorum Mezentiumque regem eorum confugiunt, qui Caere opulento tum oppido imperitans, iam inde ab initio minime laetus novae origine urbis et tum nimio plus quam satis tutum esset accolis rem Troianam crescere ratus, haud gravatim socia arma Rutulis iunxit

Aeneas adversus tanti belli terrorem ut animos Aboriginum sibi conciliaret nec sub eodem iure solum sed etiam nomine omnes essent, Latinos utramque gentem appellavit; nec deinde Aborigines Troianis studio ac fide erga regem Aeneam cessere
Allora Turno e i Rutuli, sfiduciati per lo stato presente delle cose, ricorsero alle floride risorse degli Etruschi e del loro re Mesenzio, signore dell'allora ricca città di Cere; questi, poiché già sin dagli inizi non aveva gioito della fondazione della nuova città e in quel momento pensava che la crescita della potenza troiana fosse una minaccia eccessiva per la sicurezza dei popoli vicini, non esitò ad allearsi militarmente con i Rutuli

Enea, terrorizzato di fronte a una simile guerra, per accattivarsi il favore degli Aborigeni e perché tutti risultassero uniti non solo sotto la stessa autorità ma anche sotto lo stesso nome, chiamò Latini l'uno e l'altro popolo; né d'allora in poi gli Aborigeni si dimostrarono inferiori ai Troiani quanto a devozione e lealtà

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Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 11-20
Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 11-20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 22; 11-20

Fretusque his animis coalescentium in dies magis duorum populorum Aeneas, quamquam tanta opibus Etruria erat ut iam non terras solum sed mare etiam per totam Italiae longitudinem ab Alpibus ad fretum Siculum fama nominis sui implesset, tamen cum moenibus bellum propulsare posset in aciem copias eduxit

Secundum inde proelium Latinis, Aeneae etiam ultimum operum mortalium fuit

Situs est, quemcumque eum dici ius fasque est super Numicum flumen: Iovem indigetem appellant

[3] Nondum maturus imperio Ascanius Aeneae filius erat; tamen id imperium ei ad puberem aetatem incolume mansit; tantisper tutela muliebri - tanta indoles in Lavinia erat - res Latina et regnum avitum paternumque puero stetit

Haud ambigam - quis enim rem tam veterem pro certo adfirmet
Enea, forte di questi sentimenti e ell'affiatamento che sempre di più cresceva tra i due popoli col passare dei giorni, nonostante l'Etruria avesse una tale disponibilità di mezzi da raggiungere con la sua fama non solo la terra ma anche il mare per tutta l'estensione dell'Italia - dalle Alpi allo stretto di Sicilia -, fece scendere ugualmente in campo le sue truppe pur potendo respingere l'attacco dalle mura

Lo scontro fu il secondo per i Latini e per Enea, invece, rappresentò l'ultima impresa da mortale

Comunque lo si voglia considerare, uomo o dio, è sepolto sulle rive del fiume Numico e la gente lo chiama Giove Indigete

[3] Ascanio, il figlio di Enea, non era ancora maturo per comandare; tuttavia il potere rimase intatto finché egli non ebbe raggiunto la pubertà; nell'intervallo di tempo, lo Stato latino e il regno che il ragazzo aveva ereditato dal padre e dagli avi gli vennero conservati sotto la tutela della madre (tali erano in Lavinia le qualità caratteriali)

Non mi metterò a discutere - e chi infatti potrebbe dare come certa una cosa così antica
- hicine fuerit Ascanius an maior quam hic, Creusa matre Ilio incolumi natus comesque inde paternae fugae, quem Iulum eundem Iulia gens auctorem nominis sui nuncupat

Is Ascanius, ubicumque et quacumque matre genitus - certe natum Aenea constat - abundante Lavinii multitudine florentem iam ut tum res erant atque opulentam urbem matri seu novercae relinquit, novam ipse aliam sub Albano monte condidit quae ab situ porrectae in dorso urbis Longa Alba appellata

Inter Lavinium et Albam Longam coloniam deductam triginta ferme interfuere anni

Tantum tamen opes creuerant maxime fusis Etruscis ut ne morte quidem Aeneae nec deinde inter muliebrem tutelam rudimentumque primum puerilis regni movere arma aut Mezentius Etruscique aut ulli alii accolae ausi sint
- se sia stato proprio questo Ascanio o uno più vecchio di lui, nato dalla madre Creusa quando Ilio era ancora in piedi e compagno del padre nella fuga di là, quello stesso Julo dal quale la famiglia Giulia sostiene derivi il proprio nome

Questo Ascanio, quali che fossero la madre e la patria d'origine, in ogni caso era figlio di Enea e dal momento che la popolazione di Lavinio era in eccesso, lasciò alla madre, o alla matrigna, la città ricca e fiorente, e per conto suo ne fondò sotto il monte Albano una nuova che, dalla sua posizione allungata nel senso della dorsale montana, fu chiamata Alba Longa

Tra la fondazione di Lavinio e la deduzione della colonia di Alba Longa intercorsero press'a poco trent'anni

Ciò nonostante, specie dopo la sconfitta subita dagli Etruschi, la sua potenza era a tal punto in crescita che, neppure dopo la morte di Enea e in séguito sotto la reggenza di una donna e i primi passi del regno di un ragazzo, tanto Mesenzio e gli Etruschi quanto nessun'altra popolazione limitrofa osarono intraprendere iniziative militari

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 40; 16 - 20

Pax ita conuenerat ut Etruscis Latinisque fluuius Albula, quem nunc Tiberim vocant, finis esset

Silvius deinde regnat Ascani filius, casu quodam in siluis natus; is Aeneam Silvium creat; is deinde Latinum Silvium

Ab eo coloniae aliquot deductae, Prisci Latini appellati

Mansit Silviis postea omnibus cognomen, qui Albae regnarunt

Latino Alba ortus, Alba Atys, Atye Capys, Capye Capetus, Capeto Tiberinus, qui in traiectu Albulae amnis submersus celebre ad posteros nomen flumini dedit

Agrippa inde Tiberini filius, post Agrippam Romulus Silvius a patre accepto imperio regnat

Aventino fulmine ipse ictus regnum per manus tradidit

Is sepultus in eo colle qui nunc pars Romanae est urbis, cognomen colli fecit

Proca deinde regnat
Il trattato di pace stabilì che per Etruschi e Latini il confine sarebbe stato rappresentato dal fiume Albula, il Tevere dei giorni nostri

Quindi regna Silvio, figlio di Ascanio, nato nei boschi per un qualche caso fortuito; egli genera Enea Silvio che a sua volta mette al mondo Latino Silvio

Da quest'ultimo vennero fondate alcune colonie che furono chiamate dei Latini Prischi

In seguito il nome Silvio rimase a tutti coloro che regnarono ad Alba Longa

Da Latino nacque Alba, da Alba Atys, da Atys Capys, da Capys Capeto e da Capeto Tiberino il quale, essendo annegato durante l'attraversamento del fiume Albula, diede a esso il celebre nome passato ai posteri

Quindi regnò il figlio di Tiberino, Agrippa, il quale trasmise il potere al figlio Romolo Silvio

Questi, colpito da un fulmine, tramandò di mano in mano il regno ad Aventino

Egli fu sepolto sul colle che oggi è parte di Roma e che porta il suo nome

Quindi regna Proca
Is Numitorem atque Amulium procreat, Numitori, qui stirpis maximus erat, regnum vetustum Silviae gentis legat

Plus tamen vis potuit quam voluntas patris aut verecundia aetatis: pulso fratre Amulius regnat

Addit sceleri scelus: stirpem fratris virilem interemit, fratris filiae Reae Silviae per speciem honoris cum Vestalem eam legisset perpetua virginitate spem partus adimit

[4] Sed debebatur, ut opinor, fatis tantae origo urbis maximique secundum deorum opes imperii principium

Vi compressa Vestalis cum geminum partum edidisset, seu ita rata seu quia deus auctor culpae honestior erat, Martem incertae stirpis patrem nuncupat
Egli genera Numitore e Amulio; a Numitore, che era il più grande, lascia in eredità l'antico regno della dinastia Silvia

Ma la violenza poté più che la volontà del padre o la deferenza nei confronti della primogenitura: dopo aver estromesso il fratello, sale al trono Amulio

Questi commise un crimine dietro l'altro: i figli maschi del fratello li fece uccidere, mentre a Rea Silvia, la femmina, avendola nominata Vestale (cosa che egli fece passare come un'onorificenza), tolse la speranza di diventare madre condannandola a una verginità perpetua

[4] Credo comunque che rientrassero in un disegno del destino tanto la nascita di una simile città quanto l'inizio della più grande potenza del mondo dopo quella degli dèi

La Vestale, vittima di uno stupro, diede alla luce due gemelli; sia che fosse in buona fede, sia che intendesse rendere meno turpe la propria colpa attribuendone la responsabilità a un dio, dichiarò Marte padre della prole sospetta

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 35; 21 - 25

Sed nec di nec homines aut ipsam aut stirpem a crudelitate regia vindicant: sacerdos vincta in custodiam datur, pueros in profluentem aquam mitti iubet

Forte quadam divinitus super ripas Tiberis effusus lenibus stagnis nec adiri usquam ad iusti cursum poterat amnis et posse quamuis languida mergi aqua infantes spem ferentibus dabat

Ita velut defuncti regis imperio in proxima alluuie ubi nunc ficus Ruminalis est - Romularem vocatam ferunt - pueros exponunt

Vastae tum in his locis solitudines erant
Ma né gli dèi né gli uomini riescono a sottrarre lei e i figli alla crudeltà del re: questi dà ordine di arrestare e incatenare la sacerdotessa e di buttare i due neonati nella corrente del fiume

Per una qualche fortuita volontà divina, il Tevere, straripato in masse d'acqua stagnante, non era praticabile in nessun punto del suo letto normale, ma a chi li portava faceva sperare che i due neonati venissero ugualmente sommersi dall'acqua nonostante questa fosse poco impetuosa

Così, nella convinzione di aver eseguito l'ordine del re, espongono i bambini nel punto più vicino dello straripamento, là dove ora c'è il fico Ruminale (che, stando alla leggenda, un tempo si chiamava Romulare)

Quei luoghi erano allora completamente deserti

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