Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 01, pag 6

Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 01 - Parte 01
Et tum quidem incolumis exercitum obsidione liberavit; post triennium autem, cum consul esset, devovit se et in aciem Latinorum inrupit armatus

Quo eius facto superati sunt et deleti Latini; cuius mors ita gloriosa fuit, ut eandem concupisceret filius

Sed, veniamus nunc, si placet, ad somnia philosophorum

Est apud Platonem Socrates, cum esset in custodia publica, dicens Critoni, suo familiari, sibi post tertium die esse moriendum; vidisse se in somnis pulchritudine eximia feminam, quae se nomine appellans diceret Homericum quendam eius modi versum: Tertia te Phthiae tempestas laeta locabit

quod, ut est dictum, sic scribitur contigisse

Xenophon Socraticus (qui vir et quantus

)in ea militia qua cum Cyro minor perfunctus est sua scribit somnia, quorum eventus mirabile exstiterunt
E quella volta rimase incolume e liberò l'esercito dalla morsa dei sanniti; ma tre anni dopo, quando fu console, offri se stesso in sacrifizio agli dèi e, indossate le armi, si lanciò contro l'esercito dei latini

Grazie al suo impeto, i latini furono sconfitti e annientati; e la sua morte fu così gloriosa, che suo figlio volle ottenerne una uguale

Ma, se sei d'accordo, passiamo ai sogni dei filosofi

Si legge in Platone che Socrate, trovandosi in carcere, disse al suo amico Critone che gli sarebbe toccato di morire tre giorni dopo: aveva visto in sogno una donna bellissima che, chiamatolo per nome, gli aveva detto un verso press'a poco così, simile a uno di Omero: Il terzo giorno di bel tempo ti farà giungere a Ftia

E si trova scritto che ciò accadde proprio come era stato detto

Senofonte, discepolo di Socrate (quale uomo e di quanto valore

, nel racconto dell'impresa militare che compì sotto Ciro il giovane, riferisce i suoi sogni, che mirabilmente si avverarono
Mentiri Xenophontem an delirare dicemus

Quid, singolari vir ingenio Aristoteles et paene divino ipsene errat an alios vult errare

Cum scribit Eudemum Cyprium familiarem suum, iter in Macedoniam facientem Pheras venis se, quae erat urbs in Thessalia tum admodum nobilis, ab Alexandro autem tyranno crudeli dominatu tenebatur

In igitur oppido ita graviter aegrum Eudemum fuisse, ut omne medici diffiderent

Ei visum in quiete egregia facie iuvenem dicere fore ut perbrevi convalesceret, paucisque diebus interiturum Alexandrum tyrannum, ipsum autem Eudemum quinquennio post domum esse rediturum

Atque ita quidem prima statim scribit Aristoteles consecuta: et convaluisse Eudemum et ab uxoris fratribus interfectum tyrannum
Diremo che Senofonte dice il falso o è fuor di senno

E Aristotele, uomo d'ingegno eccezionale e direi quasi divino, s'inganna o vuole ingannare gli altri quando narra l'episodio che ora riferirò

Eudemo di Cipro, suo intimo amico, durante un viaggio verso la Macedonia, arrivò a Fere, città della Tessaglia, assai rinomata a quei tempi, ma oppressa dalla feroce tirannide di Alessandro

In quella città, dunque, Eudemo si ammalò così gravemente, che tutti i medici disperarono della sua salvezza

Gli apparve in sogno un giovane di bellissimo aspetto, e gli disse che fra breve sarebbe guarito, che entro pochi giorni il tiranno Alessandro sarebbe morto, e che lui, Eudemo, sarebbe ritornato in patria dopo cinque anni

Scrive Aristotele che i primi eventi accaddero subito: Eudemo guarì, il tiranno fu ucciso dai fratelli di sua moglie
Quinto autem anno exeunte, cum esset spes ex illo somnio in Cyprum illum ex Sicilia esse rediturum, proeliantem eum ad Syracusas occidisse

Ex quo ita illud somnium esse interpretatum, ut, cum animus Eudemi e corpore excesserit, tum domum revertisse videatur

Adiungamus philosophis doctissimum hominem, poëtam quidem divinum, Sophoclem

Qui, cum aede Herculis patera aurea gravis subrepta esset

In somni vidit ipsum deum dicentem qui id fecisset

Quod semel ille iterumque neglexit

Ubi idem saepius, ascendit in Ariu pagum, detulit rem

Areopagitae comprehendi iubent eum, qui a Sophocle erat nominatus; is quaestione adhibita confessus est pateramque rettulit

Quo facto fanum illud Indicis Herculis nominatum est

Sed quid ego Graecorum

Nescio quo modo me magis nostra delectant
Verso la fine del quinto anno, poi, quando quel sogno dava a Eudemo la speranza che dalla Sicilia sarebbe ritornato a Cipro, egli cadde in combattimento sotto le mura di Siracusa

Il sogno, quindi, fu interpretato nel senso che l'anima di Eudemo, liberatasi dal corpo, era ritornata alla sua vera patria

Ai filosofi aggiungiamo un uomo dottissimo, Sofocle, poeta davvero divino

Era stata sottratta dal tempio di Ercole una coppa d'oro massiccio

Sofocle, in sogno, vide proprio Ercole che gli disse chi aveva commesso il furto

Una prima e una seconda volta non si curò del sogno

Ma poiché la stessa apparizione si ripeteva, salì all'Areòpago, denunciò il fatto

Gli Areopagiti ordinano che sia arrestato quel tale di cui Sofocle aveva fatto il nome; costui, sottoposto a interrogatorio, confessò e restituì la coppa

In seguito a ciò quel tempio fu chiamato il tempio di Ercole Rivelatore

Ma a che scopo dilungarsi sui greci

Non so perché, mi piacciono di più le cose nostre

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Omnes hoc historici, Fabii, Gellii, se proxume Coelius: cum bello Latino ludi votivi maxumi primum fierent, civitas ad arma repente est excitata, itaque ludis intermissis instaurativi constituti sunt

Qui ante quam fierent, cumque iam populus consedisset, servus per circum cum virgis caederetur, furcam ferens ductus est

Questo episodio lo raccontano tutti gli storici, come Fabio, come Gellio, ma per ultimo Celio: durante la guerra latina, mentre avvenivano per la prima volta i ludi votivi massimi, improvvisamente tutti i cittadini furono chiamati alle armi; perciò, essendo stati interrotti quei ludi, furono celebrati i ludi sostitutivi

Prima che essi incominciassero, quando già gli spettatori si erano seduti, uno schiavo fu strascinato per il circo, costretto a portar la forca, mentre intanto lo si percuoteva con le verghe

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