Tacito, Annales: Libro 03 - Parte 01, pag 5

Tacito, Annales: Libro 03 - Parte 01

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 03 - Parte 01
idque et Maecenati acciderat, fato potentiae raro sempiternae, an satias capit aut illos cum omnia tribuerunt aut hos cum iam nihil reliquum est quod cupiant

[31] Sequitur Tiberi quartus, Drusi secundus consulatus, patris atque filii collegio insignis

nam triennio ante Germanici cum Tiberio idem honor neque patruo laetus neque natura tam conexus fuerat

eius anni principio Tiberius quasi firmandae valetudini in Campaniam concessit, longam et continuam absentiam paulatim meditans, sive ut amoto patre Drusus munia consulatus solus impleret

ac forte parva res magnum ad certamen progressa praebuit iuveni materiem apiscendi favoris
Ma così era stato anche per Mecenate, essendo il destino della potenza solo in pochi casi eterno, o forse così è per la sazietà dei benefattori, che pensano di aver dato tutto, o dei beneficiati, cui nulla resta da desiderare

31 Seguì un consolato, che era il quarto per Tiberio e il secondo per Druso, memorabile per essere padre e figlio colleghi

Infatti tre anni prima la stessa carica era toccata a Germanico e Tiberio insieme, ma non fu gradita dallo zio e non caratterizzata da così stretti vincoli naturali

Al principio dell'anno Tiberio, quasi intendesse rimettersi in salute, si ritirò in Campania; forse si stava, per gradi, abituando all'idea di una lunga e ininterrotta assenza, o forse voleva che Druso, col padre lontano, affrontasse da solo la responsabilità del consolato

Per puro caso, una questione secondaria, destinata però a diventare un problema complesso e spinoso, offrì al giovane l'occasione di conquistarsi credito
Domitius Corbulo praetura functus de L Sulla nobili iuvene questus est apud senatum quod sibi inter spectacula gladiatorum loco non decessisset

pro Corbulone aetas, patrius mos, studia seniorum erant: contra Mamercus Scaurus et L Arruntius aliique Sullae propinqui nitebantur

certabantque orationibus et memorabantur exempla maiorum qui iuventutis inreverentiam gravibus decretis notavissent, donec Drusus apta temperandis animis disseruit; et satisfactum Corbuloni per Mamercum qui patruus simul ac vitricus Sullae et oratorum [EA] aetate uberrimus erat
L'ex pretore Domizio Corbulone avanzò le sue lamentele in senato contro il giovane nobile Lucio Silla, perché non gli aveva ceduto il posto durante uno spettacolo di gladiatori

Dalla parte di Corbulone stavano l'età, la tradizione dei padri e il sostegno dei più anziani senatori; contrari a lui erano Mamerco Scauro, Lucio Arrunzio e altri

Fu una battaglia oratoria e si evocarono gli esempi degli antichi, che avevano bollato con severi provvedimenti l'arroganza dei giovani, finché Druso intervenne con parole atte a calmare gli animi; Corbulone ebbe soddisfazione da Mamerco, che era insieme zio paterno e patrigno di Silla e il più facondo oratore dell'epoca
idem Corbulo plurima per Italiam itinera fraude mancipum et incuria magistratuum interrupta et impervia clamitando, executionem eius negotii libens suscepit; quod haud perinde publice usui habitum quam exitiosum multis quorum in pecuniam atque famam damnationibus et hasta saeviebat

[32] Neque multo post missis ad senatum litteris Tiberius motam rursum Africam incursu Tacfarinatis docuit, iudicioque patrum deligendum pro consule gnarum militiae, corpore validum et bello suffecturum
Sempre Corbulone, il quale andava denunciando il fatto che molte strade, in Italia, erano interrotte e impraticabili, per le frodi degli appaltatori e l'incuria dei magistrati, assunse ben volentieri la giurisdizione di quell'impresa; ma i benefici pubblici prodotti risultarono molto inferiori, se commisurati alla rovina di molti, contro le cui sostanze e la cui credibilità infierì attraverso condanne e sequestri

32 Con una lettera di non molto posteriore, Tiberio informava il senato che l'Africa era ancora sconvolta dalle incursioni di Tacfarinate e che si imponeva la scelta, affidata ai senatori, di un proconsole di provata esperienza militare, fisicamente robusto e in grado di fronteggiare quella guerra

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Tacito, Annales: Libro 14, 01-19
Tacito, Annales: Libro 14, 01-19

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 14, 01-19

quod initium Sex Pompeius agitandi adversus Marcum Lepidum odii nanctus, ut socordem, inopem et maioribus suis dedecorum eoque etiam Asiae sorte depellendum incusavit, adverso senatu qui Lepidum mitem magis quam ignavum, paternas ei angustias et nobilitatem sine probro actam honori quam ignominiae habendam ducebat

igitur missus in Asiam et de Africa decretum ut Caesar legeret cui mandanda foret

[33] Inter quae Severus Caecina censuit ne quem magistratum cui provincia obvenisset uxor comitaretur, multum ante repetito concordem sibi coniugem et sex partus enixam, seque quae in publicum statueret domi servavisse, cohibita intra Italiam, quamquam ipse pluris per provincias quadraginta stipendia explevisset
Sesto Pompeo colse l'occasione per sfogare il suo odio contro Manio Lepido e lo accusò come incapace di iniziativa, di indigenza e di indegnità verso i suoi antenati e perciò depennabile anche dal sorteggio per il governo d'Asia, ma si oppose il senato, che vedeva in Lepido un uomo mite più che privo di energia e individuava nella povertà ereditata dal padre e nella nobiltà senza macchia un titolo d'onore più che una vergogna

Perciò fu mandato in Asia e, quanto all'Africa, si decise che fosse Tiberio a scegliere la persona cui affidare l'incarico

33 Nel contesto di tali discussioni, Severo Cecina propose di votare il divieto, per ogni magistrato incaricato di governare una provincia, di farsi accompagnare dalla moglie, dopo aver però ribadito con forza l'armonia esistente con la propria moglie, che gli aveva dato ben sei figli, e dopo aver detto di aver già attuato, in casa sua, quanto intendeva stabilire per tutti: aveva infatti imposto alla sua donna di restare in Italia, benché avesse compiuto missioni nelle più diverse province per quarant'anni
haud enim frustra placitum olim ne feminae in socios aut gentis externas traherentur: inesse mulierum comitatui quae pacem luxu, bellum formidine morentur et Romanum agmen ad similitudinem barbari incessus convertant

non imbecillum tantum et imparem laboribus sexum sed, si licentia adsit, saevum, ambitiosum, potestatis avidum; incedere inter milites, habere ad manum centuriones; praesedisse nuper feminam exercitio cohortium, decursu legionum
Non certo a caso - sosteneva - gli antichi avevano fissato il divieto di tirarsi dietro donne in mezzo agli alleati o in terre straniere; in un seguito femminile non manca mai chi ritarda la pace per smania di lusso, la guerra per paura, e chi trasforma la marcia di un esercito romano in un'avanzata di barbari

La femmina non è solo debole e incapace di sopportare le fatiche ma, solo che le si lasci mano libera, è capace di reazioni furiose, intrigante, avida di potere; le donne vanno a mettersi tra i soldati, tengono ai loro ordini i centurioni; e citava il caso recente di una donna che aveva voluto sovraintendere alle esercitazioni delle coorti e alla sfilata delle legioni

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Tacito, Annales: libro 14, 40-65
Tacito, Annales: libro 14, 40-65

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte libro 14, 40-65

cogitarent ipsi quotiens repetundarum aliqui arguerentur plura uxoribus obiectari: his statim adhaerescere deterrimum quemque provincialium, ab his negotia suscipi, transigi; duorum egressus coli, duo esse praetoria, pervicacibus magis et impotentibus mulierum iussis quae Oppiis quondam aliisque legius constrictae nunc vinclis exolutis domos, fora, iam et exercitus regerent

[34] Paucorum haec adsensu audita: plures obturbabant neque relatum de negotio neque Caecinam dignum tantae rei censorem

mox Valerius Messalinus, cui parens Messala ineratque imago paternae facundiae, respondit multa duritiae veterum [IN] melius et laetius mutata; neque enim, ut olim, obsideri urbem bellis aut provincias hostilis esse
E i senatori dovevano riflettere che, in ogni processo per concussione, i peggiori addebiti erano rivolti alle mogli: con loro sùbito facevano lega i peggiori elementi delle province, erano le donne trattare e mediare affari; per le loro uscite, le scorte mobilitate erano due, e due i quartieri generali, e gli ordini impartiti dalle donne erano i più ostinati e dispotici; e se in passato le leggi Oppie e altre ancora avevano messo loro un freno, ora, sciolte da ogni vincolo, avevano in pugno la vita privata, quella pubblica e ormai anche l'esercito

34 Queste parole trovarono ben pochi consensi: i più protestavano che la discussione non era all'ordine del giorno, né Cecina il censore adatto per un argomento così rilevante

Ma la risposta la diede, subito dopo, Valerio Messalino, somigliantissimo al padre Messalla e, come lui, brillante oratore: molte intransigenze del passato avevano subÏto accomodamenti e attenuazioni; né, come un tempo, la guerra attanagliava Roma né esisteva l'ostilità delle province
et pauca feminarum necessitatibus concidi quae ne coniugum quidem penatis, adeo socios non onerent; cetera promisca cum marito nec ullum in eo pacis impedimentum

bella plane accinctis obeunda: sed revertentibus post laborem quod honestius quam uxorium levamentum

at quasdam in ambitionem aut avaritiam prolapsas

quid

ipsorum magistratuum nonne plerosque variis libidinibus obnoxios

non tamen ideo neminem in provinciam mitti

corruptos saepe pravitatibus uxorum maritos: num ergo omnis caelibes integros

placuisse quondam Oppias leges, sic temporibus rei publicae postulantibus: remissum aliquid postea et mitigatum, quia expedierit

frustra nostram ignaviam alia ad vocabula transferri: nam viri in eo culpam si femina modum excedat
poche peraltro erano le concessioni alle necessità delle donne, e non pesavano sulle sostanze dei mariti e tanto meno degli alleati; il resto l'anno in comune con il marito, senza che ciò comprometta la pace

La guerra era compito di uomini liberi da impacci, d'accordo, ma al loro ritorno, dopo le fatiche, quale più degno conforto della presenza della moglie

Certo, alcune sono state preda di ambizione e avidità

quindi

Ma gli stessi magistrati, in molti casi, non sono forse stati vittima delle più disparate passioni

E non per questo tutti costoro sono esclusi dal governo delle province

I mariti sarebbero spesso corrotti dalle iniziative personali delle mogli: ma i celibi sono tutti irreprensibili

Un tempo si erano volute le leggi Oppie, perché questa era l'esigenza politica del momento, ma poi erano state in parte abrogate e in parte attenuate, perché così era parso utile

Vano perciò mascherare sotto altro nome la nostra debolezza, perché le intemperanze delle mogli sono imputabili al marito

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Tacito, Annales: Libro 15, 36-75
Tacito, Annales: Libro 15, 36-75

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 15, 36-75

porro ob unius aut alterius imbecillum animum male eripi maritis consortia rerum secundarum adversarumque

simul sexum natura invalidum deseri et exponi suo luxu, cupidinibus alienis

vix praesenti custodia manere inlaesa coniugia: quid fore si per pluris annos in modum discidii oblitterentur

sic obviam irent iis quae alibi peccarentur ut flagitiorum urbis meminissent

addidit pauca Drusus de matrimonio suo; nam principibus adeunda saepius longinqua imperii

quoties divum Augustum in Occidentem atque Orientem meavisse comite Livia

se quoque in Illyricum profectum et, si ita conducat, alias ad gentis iturum, haud semper aeque animo si ab uxore carissima et tot communium liberorum parente divelleretur

sic Caecinae sententia elusa
Inoltre sarebbe davvero un male togliere, per la inconsistenza di carattere di uno o due magistrati, le loro compagne nei momenti di gioia o di sconforto

e, nel contempo, si lascerebbe la donna, già fragile per natura, esposta alle proprie intemperanze e alle voglie altrui

Già era difficile conservare intatto il matrimonio con il controllo del marito presente: cosa accadrebbe, se fossero dimenticate per più anni, in una sorta di divorzio

Era bene, certo, trovare un rimedio a colpe commesse altrove, ma senza dimenticare gli scandali che avvenivano a Roma

Aggiunse poche parole Druso, con riferimento al suo matrimonio: molto spesso infatti i principi dovevano portarsi nelle più lontane regioni dell'impero

Quante volte infatti il divo Augusto s'era recato in Occidente e in Oriente in compagnia di Livia

Quanto a sé, era stato nell'Illirico e, in caso di necessità, sarebbe andato presso altri popoli, ma con l'animo non sereno, se doveva staccarsi dalla sposa carissima, madre di tanti figli comuni

E così la proposta di Cecina venne accantonata
[35] Et proximo senatus die Tiberius per litteras, castigatis oblique patribus quod cuncta curarum ad principem reicerent, M Lepidum et Iunium Blaesum nominavit ex quis pro consule Africae legeretur

tum audita amborum verba, intentius excusante se Lepido, cum valetudinem corporis, aetatem liberum, nubilem filiam obtenderet, intellegereturque etiam quod silebat, avunculum esse Seiani Blaesum atque eo praevalidum

respondit Blaesus specie recusantis sed neque eadem adseveratione et consensu adulantium adiutus est

[36] Exim promptum quod multorum intimis questibus tegebatur
35 Nella seduta successiva una lettera di Tiberio, contenente un velato rimprovero ai senatori, perché addossavano al principe tutte le responsabilità, faceva i nomi di Marco Lepido e Giunio Bleso: si scegliesse tra loro il proconsole d'Africa

Furono ascoltate le dichiarazioni dei due, Declinò Lepido, con una certa insistenza, l'offerta, adducendo motivi di salute, l'età dei figli e una figlia in età da marito, ma era facile intendere quel che taceva, cioè che Bleso era zio di Seiano e quindi in posizione più forte

Nella risposta, Bleso finse anche lui di rifiutare, ma non con identica convinzione, ed ebbe dalla sua il consenso degli adulatori

36 Ebbe quindi pubblicità un fatto, di cui, nonostante le segrete lagnanze di molti, non si voleva parlare

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incedebat enim deterrimo cuique licentia impune probra et invidiam in bonos excitandi arrepta imagine Caesaris: libertique etiam ac servi, patrono vel domino cum voces, cum manus intentarent, ultro metuebantur

igitur C Cestius senator disseruit principes quidem instar deorum esse, sed neque a diis nisi iustas supplicum preces audiri neque quemquam in Capitolium aliave urbis templa perfugere ut eo subsidio ad flagitia utatur

abolitas leges et funditus versas, ubi in foro, in limine curiae ab Annia Rufilla, quam fraudis sub iudice damnavisset, probra sibi et minae intendantur, neque ipse audeat ius experiri ob effigiem imperatoris oppositam
Si stava diffondendo infatti tra individui della peggior specie, la pratica perversa di lanciare infamie, provocando risentite reazioni, contro personalità onorate, tenendosi abbracciati a un'immagine di Cesare; E perfino liberti e schiavi, solo che lanciassero accuse o levassero la mano minacciosa contro il padrone, erano loro a farsi temere

Prese allora la parola il senatore Gaio Cestio, per dire che i principi erano sì pari agli dèi, ma che questi ultimi non porgevano orecchio se non a giuste preghiere, e che nessuno cercava rifugio nel Campidoglio o in altri templi di Roma per servirsi di quella protezione per i suoi delitti

Le leggi erano abolite e stravolte, se era consentito che, nel foro o sulla soglia della curia, gli fossero rivolte pesanti offese e minacce da Annia Rufilla, che aveva fatto condannare in tribunale per frode, senza che lui potesse osare di appellarsi alla giustizia, perché gli veniva posta di fronte l'immagine dell'imperatore

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