Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 01; 01-02

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 01; 01-02

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 01; 01-02
[1] [1] Nunc, ut ad propositum opus veniam, audi, quid de ignibus sentiam, quos aer transversos agit

Magna illos vi excuti argumentum est, quod obliqui feruntur et praerapida celeritate: apparet illos non ire sed proici

Ignium multae variaeque facies sunt

[2] Aristoteles quoddam genus horum capram vocat: si me interrogaveris quare, prior mihi rationem reddas oportet, quare haedi vocentur; si autem, quod commodissimum est, convenerit inter nos, ne alter alterum interroget, quod scit illum respondere non posse, satius erit de re ipsa quaerere quam mirari, quid ita Aristoteles globum ignis appellaverit capram

Talis enim fuit forma eius, qui bellum adversus Persen Paulo gerente a lunari magnitudine apparuit
[1] Ora, per venire allopera che mi sono proposto, ascolta che cosa penso sui fuochi che laria spinge trasversalmente

E una prova che essi siano spinti da una grande forza il fatto che seguono una traiettoria obliqua e che la loro velocità è travolgente: è evidente che essi non avanzano per moto proprio, ma sono scagliati

Gli aspetti di questi fuochi sono molti e svariati

[2] Aristotele chiama capra un genere di queste: se tu mi domandassi perché, occorre che prima devi dirmi per quale ragione altri siano chiamati capretti; se, invece, come è molto più conveniente, ci saremo messi daccordo perché nessuno dei due interroghi laltro poiché sa che non è in grado di rispondere, sarà più utile indagare sul fenomeno stesso che non meravigliarsi perché Aristotele ha assegnato il nome di capra a un globo di fuoco

Tale, infatti, fu la forma di quello che apparve, grande come la luna, quando Paolo conduceva la guerra contro Perseo
[3] Vidimus nos quoque non semel flammam ingentis pilae specie, quae tamen in ipso cursu suo dissipata est

Vidimus circa divi Augusti excessum simile prodigium, vidimus eo tempore, quo de Seiano actum est; nec Germanici mors sine denuntiatione tali fuit

[4] Dices mihi: 'Ergo tu in tantis erroribus es, ut existimes deos mortium signa praemittere et quicquam in terris esse tain magnum, quod perire mundus sciat

Erit aliud istius rei tempus: videbimus an rerum omnium certus ordo ducatur et alia aliis ita implexa sint, ut quod antecedit aut causa sit sequentium aut signum; videbimus an diis humana curae sint, an series ipsa, quid factura sit, certis rerum notis nuntiet
[3] Anche noi abbiamo visto più di una volta una fiamma a forma di enorme palla, che tuttavia si è dissolta durante la sua stessa corsa

Abbiamo visto un simile prodigio alla morte del divo Augusto, labbiamo visto al tempo in cui fu condannato Seiano; e neppure la morte di Germanico fu priva di tale preannuncio

[4] Tu mi dirai: Sei, dunque, caduto in così grande errore da credere che gli dèi inviino dei segnali che preannuncino la morte e da pensare che sulla terra ci sia qualcosa di così importante che luniverso debba essere informato della sua morte

Ci sarà unaltra occasione per tale questione: vedremo allora se ci sia un ordine prestabilito a regolare tutte le cose e se ogni cosa sia così strettamente intrecciata allaltra che ciò che precede sia o causa o presagio degli eventi che seguono; vedremo se agli dèi stanno a cuore gli affari degli uomini, se la concatenazione stessa dei fatti annunci con determinati segni ciò che avverrà
[5] Interim illud existimo, eiusmodi ignes existere aere vehementius trito, cum inclinatio eius in alteram partem facta est et non cessit sed inter se pugnavit: ex hac vexatione nascuntur trabes et globi et faces et ardores

At cum levius collisus et, ut ita dicam, frictus est, minora lumina excutiuntur, crinemque volantia sidera ducunt

[6] Tunc ignes tenuissimi iter exile designant et caelo producunt

Ideo nulla sine eiusmodi spectaculis nox est, non enim opus est ad efficienda ista magno aeris motu

Denique, ut breviter dicam, eadem ratione fiunt ista, qua fulmina, sed vi minore: quemadmodum nubes collisae mediocriter fulgurationes efficient, maiore impetu impulsae fulmina, sic quanto illas minus presserit minor vis, tanto leviora fulmina emittent
[5] Per il momento, penso che i fuochi di questo tipo si generino quando laria è compressa con violenza, ovvero quando è stata prodotta linclinazione di una massa daria da un lato e non ha ceduto a questo movimento, ma ha lottato contro se stessa: da questo conflitto hanno origine le travi, i globi, le fiaccole e le meteore ardenti

Ma quando la collisione è stata meno violenta e si è verificato, per così dire, solo uno sfregamento, si originano luci più deboli, e le stelle, volando, traggono dietro a sé una chioma

[6] Allora fuochi molto sottili disegnano e prolungano nel cielo una tenue scia

Perciò, non cè notte senza spettacoli di questo genere, infatti non cè bisogno di grandi movimenti daria per produrli

Insomma, per parlare brevemente, questi fenomeni accadono allo stesso modo dei fulmini, ma con forza minore: come le nubi, se si urtano leggermente, provocheranno dei lampi, ma se lo scontro è più violento, dei fulmini, così emetteranno luci tanto più deboli quanto saranno meno forzate e più piccole

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Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 06; 21-25
Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 06; 21-25

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 06; 21-25

[7] Aristoteles rationem eiusmodi reddit: 'Varia et multa terrarum orbis expire, quaedam umida quaedam sicca, quaedam calentia quaedam concipiendis ignibus idonea

Nec mirum est, si terme omnis generis et varia evaporatio est, cum in caelo quoque non unus appareat color rerum, sed acrior sit Caniculae rubor, Martis remissior, Iovis nullus in lucem puram nitore perducto

[8] Necesse est ergo in magna copia corpusculorum, quae terrae eiectant et in superiorem agunt partem, aliqua in nubes pervenire alimenta ignium, quae non tantum collisa possint ardere sed etiam afflata radiis solis

Nam apud nos quoque ramenta sulphure aspersa ignem ex intervallo trahunt

[9] Veri ergo simile est talem materiam inter nubes congregatam facile succendi et minores maioresve ignes existere, prout plus illis fuit aut minus virium
[7] Aristotele spiega il fenomeno in questo modo: Il globo terrestre emette corpuscoli numerosi e diversi, alcuni umidi, altri secchi, alcuni caldi, altri atti a prender fuoco

E non cè da meravigliarsi se le evaporazioni della terra sono di ogni genere e diverse, poiché anche in cielo non è tutto di un solo colore, ma il rosso di Sirio è più acceso, quello di Marte più debole, mentre è assente in Giove, il cui splendore arriva alla luce pura

[8] , dunque, necessario che nella grande quantità di corpuscoli che la terra emette e spinge nelle parte sovrastante, alcuni giungano fino alle nubi a alimentare i fuochi, che possono accendersi non solo in seguito a collisione, ma anche sotto lazione dei raggi del sole

Infatti, anche presso di noi residui vari sparsi di zolfo prendono fuoco a distanza

[9] Dunque, è verosimile che tale materia ammassata allinterno delle nubi si infiammi facilmente e dia origine a fuochi più o meno grandi a seconda della sua forza maggiore o minore
Illud enim stultissimum, existimare aut decidere stellas aut transilire aut aliquid illis auferri et abradi: [10] nam si hoc fuisset, etiam defuissent; nulla enim nox est, qua non plurimae ire et in diversum videantur abduci

Atqui quo solet quaeque invenitur loto, magnitudo sua singulis constat: sequitur ergo, ut infra illas ista nascantur et cito intercidant, quia sine fundamento et sede certa sunt

[11] 'Quare ergo non etiam interdiu transferuntur

Quid, si dicas stellas interdiu non esse, quia non apparent

Quemadmodum illae latent et solis fulgore obumbrantur, sic faces quoque transcurrunt et interdiu, sed abscondit illas diurni luminis claritas

Si quando tamen tanta vis emicuit, ut etiam adversus diem vindicare sibi fulgorem suum possint, apparent
Sarebbe, infatti, completamente sciocco pensare che le stelle cadano o attraversino rapidamente il cielo o che qualcosa sia loro sottratto e portato via: [10] infatti, se ciò avvenisse, sarebbero già venute a mancare, poiché non cè notte in cui non ne passino molte e sembrino essere trascinate in direzioni opposte

Eppure, ciascuna si trova poi al solito posto, e la grandezza di ciascuna rimane immutata: ne consegue, dunque, che questi fenomeni si verificano più in basso e che si esauriscono rapidamente, perché sono privi di una base e di una sede stabile

[11] Perché, dunque, non si spostano anche durante il giorno

E che dire, se tu dicessi che di giorno le stelle non ci sono perché non si vedono

Come le stelle sono nascoste e oscurate dallo splendore del sole, così anche le fiaccole si spostano anche durante il giorno, ma le nasconde il chiarore della luce del giorno

Se, tuttavia, talvolta splendono con tanto vigore da poter rivendicare a sé il proprio fulgore anche durante il giorno, allora sono visibili

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Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 03; 21-25
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[12] Nostra certe aetas non semel vidit diurnas faces, alias ab oriente in occidentem versas, alias ab occasu in ortum

Argumentum tempestatis nautae putant, cum multae transvolant stellae

Quod si ventorum signum est, ibi est, unde venti sunt, id est in aere, qui medius inter lunam terrasque est

[13] In magna tempestate apparere quasi stellae solent velo insidentes; adiuvari se tunc periclitantes aestimant Pollucis et Castoris numine, causa autem melioris spei est, quod iam apparet frangi tempestatem et desinere ventos: alioquin ferrentur ignes, non sederent

[14] Gylippo Syracusas petenti visa est stella super ipsam lanceam constitisse
[12] La nostra epoca ha visto certamente più di una volta fiaccole diurne, alcune dirette da oriente verso occidente, altre da ponente a levante

I marinai ritengono che sia indizio di tempesta, quando molte di queste stelle attraversano il cielo

Ma se questo fenomeno è un segno di vento, si verifica là donde hanno origine i venti, cioè nellaria che si trova fra la luna e la terra

[13] In una grande tempesta di solito si vedono delle specie di stelle che si posano sulle vele; coloro che si trovano in pericolo ritengono allora di essere aiutati dalla protezione di Castore e Polluce, ed è motivo di migliore speranza il fatto che ormai la tempesta sembra attenuarsi e i venti cessare: altrimenti i fuochi si muoverebbero, non starebbero fermi

[14] Una stella è sembrata fermarsi proprio sulla lancia di Gilippo che si dirigeva verso Siracusa
In Romanorum castris ardere visa sunt pila, ignibus scilicet in illa delapsis, qui saepe fulminum modo ferire et animalia solent et arbusta; sed si minore vi utuntur, defluunt tantum et insidunt, non feriunt nec vulnerant

Alii autem inter nubes eliduntur, alii sereno, si aer ad exprimendos ignes aptus fuit: [15] nam sereno quoque aliquando caelo tonat ex eadem causa qua nubilo, aere inter se colliso, qui, etiamsi est lucidior ac siccior, coire tamen et facere corpora quaedam similia nubibus potest, quae percussa reddant sonum

Quando ergo fiunt trabes, quando clipei et vastorum imagines ignium

Ubi in talem materiam similis incidit causa sed maior

[2] [1] Videamus nunc, quemadmodum fiat is fulgor, qui sidera circumvenit
Negli accampamenti romani sono stati visti incendiarsi giavellotti, evidentemente a causa di fuochi caduti su di essi, fuochi che sono soliti colpire come i fulmini sia animali sia piante; ma se utilizzano minore forza, scivolano giù soltanto e si posano senza colpire né ferire

Alcuni fuochi escono fra le nubi, altri quando è sereno, se latmosfera è stata resa adatta a sprigionare fuochi: [15] infatti, talvolta tuona anche a ciel sereno, per lo stesso motivo di quando è nuvoloso, cioè che laria si scontra con se stessa, perché, anche se è abbastanza trasparente e secca, tuttavia può condensarsi e dare origine a masse simili a nubi, che, colpite, producono un suono

Quando, dunque, si formano le travi, quando gli scudi rotondi e le immagini di fuochi enormi

Quando su quel tipo di materia cade una causa analoga, ma più potente

[2] [1] Vediamo ora come si genera quel fulgore che circonda gli astri
Memoriae proditum est, quo die urbem divus Augustus Apollonia reversus intravit, circa solem visum coloris varii circulum, qualis esse in arcu solet

Hunc Graeci halo vocant, nos dicere coronam aptissime possumus

Quae quemadmodum fieri dicatur, exponam

[2] Cum in piscinam lapis missus est, videmus in multos orbes aquam discedere et fieri primum angustissimum orbem, deinde laxiorem ac deinde alios maiores, donec evanescat impetus et in planitiem immotarum aquarum solvatur; tale quiddam cogitemus fieri etiam in aere: cum spissior factus est, sentire plagam potest; lux solis aut lunae vel cuiuslibet sideris incurrens recedere illum in circulos cogito
stato tramandato che nel giorno in cui il divo Augusto, di ritorno da Apollonia, entrò a Roma, attorno al sole fu visto un cerchio di vario colore, come di solito si trova nellarcobaleno

I Greci chiamano questo fenomeno hàlos, noi possiamo benissimo chiamarlo corona

Esporrò in che modo si dice che esso si verifichi

[2] Quando si getta una pietra in una piscina, vediamo che lacqua si allarga in molti cerchi e che dapprima si forma un cerchio molto piccolo, poi più largo e poi altri sempre più ampi, finché limpulso non si esaurisce e si esaurisce nella quiete della superficie immobile dellacqua; qualcosa di simile pensiamo che accada anche nellaria: quando è diventata abbastanza densa, può sentire i colpi che riceve; la luce del sole o della luna o di qualsiasi astro che la colpisce la costringe a ritirarsi formando dei cerchi
Nam umor et aer et omne, quod ex ictu formam accipit, in talem habitum impellitur, qualis est eius, quod impellit; omne autem lumen rotundum est: ergo et aer in hunc modum lumine percussus exibit

[3] Ob hoc tales splendores Graeci areas vocaverunt, quia fere terendis frugibus destinata loca rotunda sunt

Non est autem, quod existimemus istas, sive areae sive coronae sunt, in vicinia siderum fieri

Plurimum enim ab his abstint, quamvis cingere ea et coronare videantur: non longe a terra fit talis effigies, quam visus noster solita imbecillitate deceptus circa ipsum sidus putat positam

[4] In vicinia autem stellarum et solis nihil tale fieri potest, quia illic tenuis aether est
Infatti, un liquido, laria e ogni sostanza che prende forma dal colpo che riceve, sono spinti ad assumere la forma di ciò che li colpisce; ma ogni oggetto luminoso è rotondo: dunque, anche laria, colpita dalla luce, assumerà questo aspetto

[3] I Greci hanno chiamato questi aloni aie, proprio perché le aree destinate alla trebbiatura del grano sono quasi sempre rotonde

Non cè motivo per ritenere che questi fenomeni, siano essi aie o corone, avvengano nelle vicinanze degli astri

Sono, infatti, molto lontano da essi, benché sembrino circondarli a forma di corona: si forma non lontano da terra quellimmagine che la nostra vista, ingannata dalla solita debolezza, crede si trovi intorno allastro stesso

[4] Ma nelle vicinanze delle stelle e del sole non può avvenire niente di simile, poiché lì letere è sottile
Nam formae crassis demum spissisque corporibus imprimi solent, in subtilibus non habent, ubi consistant aut haereant: in balneis quoque circa lucernam tale quiddam aspici solet ob aeris densi obscuritatem, frequentissime autem austro, cum caelum maxime grave et spissum est

[5] Nonnumquam paulatim diluuntur et desinunt, nonnumquam ab aliqua parte rumpuntur et inde ventum nautici expectant, unde contextus coronae periit: si a septemtrione discessit, aquilo erit, si ab occidente, favonius

Quod argumentum est intra eam partem caeli has fieri coronas, intra quam venti quoque esse solent: superiora non habent coronas, quia ne ventos quidem

[6] His argumentis et illud adice, numquam coronam colligi nisi stabili aere et pigro vento; aliter non solet aspici
Infatti, le forme sono impresse di solito soltanto su corpi grossi e spessi, mentre su quelli sottili non hanno dove fermarsi e di aderire: anche nei bagni si è soliti vedere qualcosa del genere intorno alla lucerna, a causa delloscurità dellaria densa, e molto spesso con lAustro, quando latmosfera è particolarmente pesante e spessa

[5] Talvolta gli aloni si dissipano a poco a poco e svaniscono, talvolta si squarciano da una parte, e i marinai aspettano che il vento si levi di là donde lintreccio della corona è venuto meno: se a nord sarà aquilone, se a ovest sarà zefiro

Questa è la prova che queste corone si formano entro quella parte di cielo nella quale di solito soffiano anche i venti: le regioni superiori non hanno corone, poiché non ci sono neppure venti

[6] A queste prove aggiungi anche questa, che una corona non si raccoglie mai, se non con laria tranquilla e il vento debole; in altre condizioni non è visibile
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