Seneca, De Ira 02: 28; 01-08

Seneca, De Ira 02: 28; 01-08

Latino: dall'autore Seneca, opera De Ira 02 parte 28; 01-08
[XXVIII] [1] Si volumus aequi rerum omnium iudices esse, hoc primum nobis persuadeamus, neminem nostrum esse sine culpa; hinc enim maxima indignatio oritur: 'nihil peccavi' et 'nihil feci' [XXVIII] [1] Se vogliamo essere giudici giusti dogni fatto, dobbiamo prima di tutto convincerci che nessuno di noi è senza colpa; poiché lo sdegno maggiore ha origine dalla convinzione di non aver mancato in nulla, di non aver fatto nulla di male
Immo nihil fateris E più giusto dire che non confessiamo nulla
Indignamur aliqua admonitione aut coercitione nos castigatos, cum illo ipso tempore peccemus, quod adicimus malefactis adrogantiam et contumaciam Ci sdegniamo di aver subìto un rimprovero o una punizione, e in quel momento stesso pecchiamo, perché aggiungiamo alle nostre cattive azioni larroganza e lostinazione
[2] Quis est iste qui se profitetur omnibus legibus innocentem [2] Chi è colui che si dichiara innocente di fronte a tutte le leggi
Ut hoc ita sit, quam angusta innocentia est ad legem bonum esse E quandanche lo fosse, è una ben gretta innocenza il non violare la legge
Quanto latius officiorum patet quam iuris regula La norma dei doveri è molto più ampia di quella del codice
Quam multa pietas humanitas liberalitas iustitia fides exigunt, quae omnia extra publicas tabulas sunt Quanti obblighi impone laffetto, lumanità, la generosità, la giustizia e la lealtà, obblighi tutti non contemplati nelle tavole della legge
[3] Sed ne ad illam quidem artissimam innocentiae formulam praestare nos possumus: alia fecimus, alia cogitavimus, alia optavimus, aliis favimus; in quibusdam innocentes sumus, quia non successit [3] Ma non possiamo garantire di noi neppure sulla base di quel ristrettissimo concetto di innocenza: alcuni reati li abbiamo commessi, altri pensati, altri desiderati, altri incoraggiati; in certi casi siamo innocenti perché le cose non sono andate come avremmo voluto
[4] Hoc cogitantes aequiores simus delinquentibus, credamus obiurgantibus; utique bonis ne irascamur (cui enim non, si bonis quoque [4] Riflettiamo su questo, mostriamoci benevoli con chi sbaglia, crediamo a chi ci rimprovera; in ogni caso non prendiamocela con i buoni (altrimenti dovremmo prendercela con tutti
), minime dis; non enim illorum , sed lege mortalitatis patimur quidquid incommodi accidit ), meno che mai con gli dei; non per colpa loro, ma per la nostra condizione di mortali soffriamo i guai che ci capitano
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