Livio, Ab urbe condita: Libro 33; 01 - 25, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 33; 01 - 25

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 33; 01 - 25
Certior iam factus Romanum ab Thebis Pheras movisse, defungi quam primum et ipse certamine cupiens ducere ad hostem pergit et quattuor milia fere a Pheris posuit castra

Inde postero die cum expediti utrimque ad occupandos super urbem tumulos processissent, pari ferme intervallo ab iugo quod capiendum erat, cum inter se conspecti essent, constiterunt, nuntios in castra remissos qui quid sibi, quoniam praeter spem hostis occurrisset, faciendum esset consulerent, quieti opperientes

Et illo quidem die nullo inito certamine in castra reuocati sunt; postero die circa eosdem tumulos equestre proelium fuit, in quo non minimum Aetolorum opera regii fugati atque in castra compulsi sunt
Già informato che il Romano si era spostato da Tebe a Fere, desideroso anche lui di concludere al più presto possibile quella lotta mosse contro il nemico e pose l'accampamento a circa quattro miglia da Fere

Di qui il giorno seguente alcuni soldati senza bagagli dei due schieramenti andarono avanti per occupare le alture sopra la città, ma si arrestarono poiché si erano visti gli uni con gli altri, quasi alla stessa distanza dalla cresta che dovevano occupare, poi mandarono dei messi al campo a chiedere che cosa dovessero fare, poiché contro ogni loro aspettativa il nemico era davanti a loro, e li attesero rimanendosene inattivi

Per quel giorno vennero richiamati nei loro accampamenti senza che fosse avvenuto alcuno scontro; il giorno successivo ci fu una battaglia equestre presso le medesime alture, nella quale grazie anche al notevole contributo degli Etoli le truppe del re furono messe in fuga e ricacciate nel loro accampamento
Magnum utris impedimentum ad rem gerendam fuit ager consitus crebris arboribus hortique, ut in suburbanis locis, et coartata itinera maceriis et quibusdam locis interclusa

Itaque pariter ducibus consilium fuit excedendi ea regione, et velut ex praedicto ambo Scotusam petierunt, Philippus spe frumentandi inde, Romanus ut praegressus corrumperet hosti frumenta

Per diem totum, quia colles perpetuo iugo intererant, nullo conspecta inter se loco agmina ierunt

Romani Eretriam Phthiotici agri, Philippus super amnem Onchestum posuit castra

Ne postero quidem die, cum Philippus ad Melambium quod vocant Scotusae agri, Quinctius circa Thetideum Pharsaliae terrae posuisset castra, aut hi aut illi ubi hostis esset satis compertum habuerunt
Un notevole impedimento all'azione, per i due eserciti, era costituito dal terreno disseminato di fitti alberi e di giardini; come se ne trovano in periferia, e dai passaggi resi stretti da mura e in alcuni punti sbarrati

Perciò i comandanti ebbero entrambi la stessa idea, di ritirarsi cioè da quella regione, e, come se si fossero messi d'accordo, raggiunsero tutti e due Scotusa, Filippo nella speranza di potersi rifornire di grano, il Romano per precedere il nemico e distruggergli il grano

Per una intera giornata le due colonne marciarono senza mai scorgersi l'una con l'altra, dato che una catena ininterrotta di colli le separava

I Romani posero il campo ad Eretria di Ftiotide, Filippo sul fiume Onchesto

Neppure il giorno seguente, quando Filippo pose il campo in un luogo chiamato Melambio, nel territorio di Scotusa, e Quinzio nei dintorni di Tetideo, nel territorio di Farsalo, gli uni o gli altri riuscirono a sapere con sicurezza dove fosse il nemico
Tertio die primo nimbus effusus, dein caligo nocti simillima Romanos metu insidiarum tenuit

(7) Philippus maturandi itineris causa, post imbrem nubibus in terram demissis nihil deterritus, signa ferri iussit; sed tam densa caligo occaecaverat diem ut neque signiferi viam nec signa milites cernerent, agmen ad incertos clamores vagum velut errore nocturno turbaretur

Supergressi tumulos qui Cynoscephalae vocantur, relicta ibi statione firma peditum equitumque, posuerunt castra

Romanus iisdem ad Thetideum castris cum se tenuisset, exploratum tamen ubi hostis esset decem turmas equitum et mille pedites misit monitos ut ab insidiis, quas dies obscurus apertis quoque locis tecturus esset, praecaverent
Il terzo giorno vi fu prima una violenta pioggia, poi una nebbia simile alla notte che trattenne i Romani nel timore di un agguato

(7) Filippo, per accelerare la marcia, non si lasciò impressionare dalle nubi che si erano abbassate verso terra dopo la pioggia, e ordinò di mettersi in movimento; ma così fitta era la nebbia che oscurava il giorno, che i portainsegne non scorgevano la strada né i soldati le insegne, e la colonna era turbata come in uno sbandamento notturno e andava errando dietro incerti clamori

Superate le alture chiamate Cinocefale, dove lasciarono una postazione fissa di fanti e cavalieri, si accamparono

Il Romano, pur rimanendo sempre nell'accampamento presso Tetideo, mandò tuttavia dieci squadroni di cavalleria e mille fanti per scoprire dove fosse il nemico, ammonendoli a guardarsi dagli agguati che per l'oscurità della giornata potevano essere tesi anche in luoghi aperti

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Livio, Ab urbe condita: Livio 41; 21 - 25
Livio, Ab urbe condita: Livio 41; 21 - 25

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Livio 41; 21 - 25

Ubi ventum ad insessos tumulos est, pavore mutuo iniecto velut torpentes quieverunt; dein nuntiis retro in castra ad duces missis, ubi primus terror ab necopinato visu consedit, non diutius certamine abstinuere

Principio a paucis procurrentibus lacessita pugna est, deinde subsidiis tuentium pulsos aucta

In qua cum haudquaquam pares Romani alios super alios nuntios ad ducem mitterent premi sese, quingenti equites et duo milia peditum, maxime Aetolorum, cum duobus tribunis militum propere missa rem inclinatam restituerunt, versaque fortuna Macedones laborantes opem regis per nuntios implorabant
Giunti che furono alle alture occupate dal nemico si spaventarono a vicenda e rimasero inattivi, come istupiditi; poi, dopo aver inviato al campo posto dietro di loro dei messaggeri, una volta placato il timore provocato dall'improvvisa comparsa del nemico, non rimasero più a lungo senza combattere

I primi scontri furono causati da alcuni soldati corsi avanti agli altri; poi la lotta si allargò perché altri intervennero in soccorso di quanti erano stati respinti

I Romani, in condizioni di sensibile inferiorità in quel combattimento, mandavano un messaggio dopo l'altro al comandante, dicendo che erano incalzati dal nemico, cinquecento cavalieri e duemila fanti, in prevalenza Etoli, mandati in tutta fretta con due tribuni militari, raddrizzarono la situazione compromessa e, capovolte le sorti della battaglia, i Macedoni in difficoltà dovettero a loro volta invocare con dei messi il soccorso del re
Rex, ut qui nihil minus illo die propter offusam caliginem quam proelium expectasset, magna parte hominum omnis generis pabulatum missa, aliquamdiu inops consilii trepidavit; deinde, postquam nuntii instabant, et iam iuga montium detexerat nebula, et in conspectu erant Macedones in tumulum maxime editum inter alios compulsi loco se magis quam armis tutantes, committendam rerum summam in discrimen utcumque ratus, ne partis indefensae iactura fieret, Athenagoram ducem mercede militantium cum omnibus praeter Thracas auxiliis et equitatu Macedonum ac Thessalorum mittit

Eorum adventu depulsi ab iugo Romani non ante restiterunt quam in planiorem vallem perventum est

Ne effusa detruderentur fuga plurimum in Aetolis equitibus praesidii fuit

Is longe tum optimus eques in Graecia erat; pedite inter finitimos vincebantur
Questi però che in quel giorno, a causa della fitta nebbia, nulla si aspettava di meno che una battaglia, aveva mandato buona parte dei soldati di ogni genere a far foraggio, per cui rimase qualche tempo in apprensione senza sapere che cosa decidere; poi, siccome i messi insistevano e la nebbia aveva già lasciate scoperte le cime dei monti e si vedevano i Macedoni, respinti su un colle più alto degli altri, difendersi più grazie alla loro posizione che con le armi, ritenne di dovere in ogni modo rischiare tutte le sue forze per non lasciarne massacrare una parte senza soccorrerla, mandò allora Atenagora, comandante dei mercenari, con tutti gli ausiliari ad eccezione dei Traci e con la cavalleria tessala e macedone

Per il loro arrivo i Romani furono scacciati dalla cresta e non riuscirono ad arrestarsi prima di essere arrivati al fondovalle

Molto contribuì ad evitare una rotta completa la protezione dei cavalieri etoli

Questi erano allora di gran lunga i migliori cavalieri in Grecia; per la fanteria invece erano inferiori ai loro vicini

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Livio, Ab urbe condita: Libro 31; 19 - 22
Livio, Ab urbe condita: Libro 31; 19 - 22

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 31; 19 - 22

(8) Laetior res quam pro successu pugnae nuntiata, cum alii super alios recurrentes ex proelio clamarent fugere pavidos Romanos, invitum et cunctabundum et dicentem temere fieri, non locum sibi placere, non tempus, perpulit ut educeret omnes copias in aciem

Idem et Romanus, magis necessitate quam occasione pugnae inductus, fecit

Dextrum cornu elephantis ante signa instructis in subsidiis reliquit; laevo cum omni levi armatura in hostem vadit, simul admonens cum iisdem Macedonibus pugnaturos quos ad Epiri fauces, montibus fluminibusque saeptos, victa naturali difficultate locorum expulissent acieque expugnassent, cum iis quos P Sulpicii prius ductu obsidentes in Eordaeam aditum vicissent: fama stetisse, non viribus Macedoniae regnum; eam quoque famam tandem evanuisse
(8) L'annuncio di un esito dello scontro più felice ancora di quanto fosse stato nella realtà, i soldati che tornavano di corsa dalla battaglia gridando che i Romani fuggivano spaventati spinsero (il re), sia pure controvoglia ed esitante (diceva che si agiva imprudentemente e che il luogo e il momento non gli piacevano), a schierare tutte le sue truppe in ordine di combattimento

Lo stesso fece il Romano, spinto dalla necessità più che per cogliere l'occasione della battaglia

Lasciò di riserva l'ala destra, ponendo gli elefanti davanti alle insegne; mosse all'attacco con l'ala sinistra e tutte le truppe leggere, ricordando loro che avrebbero combattuto con quegli stessi Macedoni che nelle gole dell'Epiro, dove erano protetti da fiumi e montagne, avevano respinto, superando le difficoltà naturali del terreno, e poi sbaragliato in battaglia campale, con quei Macedoni che prima, sotto il comando di P Sulpicio, avevano sconfitto quando si erano insediati all'entrata del1'Eordea; il regno di Macedonia si era conservato per la sua fama, non per le sue forze: ora anche la sua fama era svanita
Iam perventum ad suos in ima valle stantes erat, qui adventu exercitus imperatorisque pugnam renovant impetuque facto rursus avertunt hostem

Philippus cum caetratis et cornu dextro peditum, robore Macedonici exercitus, quam phalangem vocabant, prope cursu ad hostem vadit; Nicanori, ex purpuratis uni, ut cum reliquis copiis confestim sequatur imperat
Avevano già raggiunto i loro compagni che stavano nel fondovalle e che, all'arrivo dell'esercito e del comandante, ripresero la lotta e andando all'assalto respinsero di nuovo il nemico

Filippo con i peltasti e l'ala destra della fanteria, il nerbo dell'esercito macedone, che chiamano falange, si slancia in corsa precipitosa contro il nemico, ordina a Nicanore, uno dei suoi dignitari, di seguirlo immediatamente con le altre truppe

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 08, Parte 03

Primo, ut in iugum evasit et iacentibus ibi paucis armis corporibusque hostium proelium eo loco fuisse pulsosque inde Romanos et pugnari prope castra hostium vidit, ingenti gaudio est elatus; mox refugientibus suis et terrore verso paulisper incertus an in castra reciperet copias trepidavit; deinde ut adpropinquabat hostis et, praeterquam quod caedebantur aversi nec nisi defenderentur servari poterant, ne ipsi quidem in tuto iam receptus erat, coactus nondum adsecuta parte suorum periculum summae rerum facere, equites levemque armaturam qui in proelio fuerant dextero in cornu locat iuxta caetratos, Macedonum phalangem hastis positis, quarum longitudo impedimento erat, gladiis rem gerere iubet Dapprima, come sboccò sulla cresta e da poche armi e da alcuni cadaveri di nemici vide che si era combattuto in quel punto, che i Romani erano stati respinti e che si combatteva vicino al campo nemico, ebbe uno slancio di gioia; poi vedendo i suoi ripiegare, in preda a loro volta al timore, rimase per un poco trepidante, incerto se ritirare le truppe entro l'accampamento; infine, dato che il nemico si avvicinava e, oltre al fatto che i Macedoni mentre fuggivano venivano massacrati e non potevano essere salvati se non si interveniva in loro difesa, neppure per lui c'era più una via sicura per ritirarsi, si vide costretto, prima di essere raggiunto da una parte dei suoi, a rischiare il tutto per tutto, schiera all'ala destra i cavalieri e le truppe leggere che già erano state impegnate in combattimento, vicino ai peltasti, ordina alla falange macedone di deporre le lance, la cui lunghezza sarebbe stata di impedimento, e di combattere con le spade
Simul ne facile perrumperetur acies, dimidium de fronte demptum introrsus porrectis ordinibus duplicat, ut longa potius quam lata acies esset; simul et densari ordines iussit, ut vir viro, arma armis iungerentur

(9) Quinctius iis qui in proelio fuerant inter signa et ordines acceptis tuba dat signum

Raro alias tantus clamor dicitur in principio pugnae exortus; nam forte utraque acies simul conclamavere nec solum qui pugnabant sed subsidia etiam quique tum maxime in proelium veniebant
Contemporaneamente, per evitare che il fronte fosse facilmente sfondato, lo dimezza raddoppiando la profondità del suo schieramento coll'aumentarne le file, in modo che fosse maggiore in lunghezza che in larghezza, e ancora ordina di serrare i ranghi in modo che siano a stretto contatto uomo con uomo e armi con armi

(9) Quinzio, accolti sotto le sue insegne e nei ranghi coloro che avevano preso parte alla battaglia, dà il segnale di tromba

Raramente, a quanto si dice, grida più alte si levarono all'inizio di un combattimento; il caso volle infatti che i due schieramenti lanciassero contemporaneamente il proprio grido di battaglia, e non solo i combattenti ma anche le truppe di riserva e quelle che proprio in quel momento giungevano sul luogo dello scontro

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Dextero cornu rex loci plurimum auxilio, ex iugis altioribus pugnans, vincebat; sinistro tum cum maxime adpropinquante phalangis parte quae novissimi agminis fuerat, sine ullo ordine trepidabatur; media acies, quae propior dextrum cornu erat, stabat spectaculo velut nihil ad se pertinentis pugnae intenta

Phalanx, quae venerat agmen magis quam acies aptiorque itineri quam pugnae, vixdum in iugum evaserat

In hos incompositos Quinctius, quamquam pedem referentes in dextro cornu suos cernebat, elephantis prius in hostem actis impetum facit, ratus partem profligatam cetera tracturam

Non dubia res fuit; extemplo terga vertere Macedones, terrore primo bestiarum aversi
All'ala destra il re, aiutato in massimo grado dal terreno poiché combatteva dalla sommità della cresta, aveva il sopravvento, all'ala sinistra, dove proprio allora stava sopraggiungendo una parte della falange che era rimasta alla retroguardia, ci si agitava senza alcun ordine; il centro, che era più vicino all'ala destra, rimaneva fermo a guardare la battaglia, come se questa non lo riguardasse per nulla

La falange, che era giunta in colonna e non in ordine di combattimento, disposta per la marcia più che per la lotta, aveva appena raggiunto la cresta dell'altura

Contro costoro si slancia Quinzio, pur vedendo che i suoi all'ala destra indietreggiavano, spingendo prima contro il nemico gli elefanti, poiché pensava che questa parte, se sconfitta, avrebbe travolto con sé tutto il resto

Le sorti dello scontro non furono affatto incerte: subito i Macedoni volsero le spalle, spinti prima di tutto dalla paura di quei bestioni

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