Livio, Ab urbe condita: Libro 02 ; 11 - 24

Livio, Ab urbe condita: Libro 02 ; 11 - 24

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02 ; 11 - 24

[11] Porsinna primo conatu repulsus, consiliis ab oppugnanda urbe ad obsidendam versis, praesidio in Ianiculo locato, ipse in plano ripisque Tiberis castra posuit, navibus undique accitis et ad custodiam ne quid Romam frumenti subuehi sineret, et ut praedatum milites trans flumen per occasiones aliis atque aliis locis traiceret; brevique adeo infestum omnem Romanum agrum reddidit ut non cetera solum ex agris sed pecus quoque omne in urbem compelleretur, neque quisquam extra portas propellere auderet

Hoc tantum licentiae Etruscis non metu magis quam consilio concessum

Namque Valerius consul intentus in occasionem multos simul et effusos improviso adoriundi, in parvis rebus neglegens ultor, gravem se ad maiora vindicem servabat
11 Porsenna, respinto al primo attacco, modificò la sua strategia, passando dall'idea dell'assalto a quella dell'assedio; Piazzò una guarnigione armata sul Gianicolo e si accampò in pianura lungo le rive del Tevere; Quindi, mettendo insieme una flottiglia con le imbarcazioni reperibili nei dintorni, la impiegò per un blocco alle importazioni di grano a Roma e per permettere ai suoi uomini di compiere di tanto in tanto delle razzie, in questo o quel punto, dall'altra parte del fiume; In un breve lasso di tempo rese ogni zona della campagna romana così insicura che i contadini dovettero ricoverare all'interno delle mura non solo tutto ciò che avevano nei campi, ma anche il bestiame che nessuno più osava portare al pascolo fuori città

Tutta questa libertà concessa agli Etruschi non era tanto il risultato della paura quanto di un preciso disegno

Infatti il console Valerio, in attesa dell'occasione propizia per assalire di sorpresa un numero consistente di nemici quando questi fossero stati sparpagliati, lasciava correre le aggressioni di poco conto e si riservava una vendetta in grande per circostanze ben più significative
Itaque ut eliceret praedatores, edicit suis postero die frequentes porta Esquilina, quae aversissima ab hoste erat, expellerent pecus, scituros id hostes ratus, quod in obsidione et fame servitia infida transfugerent

Et sciere perfugae indicio; multoque plures, ut in spem universae praedae, flumen traiciunt

P Valerius inde T Herminium cum modicis copiis ad secundum lapidem Gabina via occultum considere iubet, Sp Larcium cum expedita iuventute ad portam Collinam stare donec hostis praetereat; inde se obicere ne sit ad flumen reditus

Consulum alter T Lucretius porta Naevia cum aliquot manipulis militum egressus; ipse Valerius Caelio monte cohortes delectas educit, hique primi apparuere hosti
Così, per attirare i razziatori, con un bando fece ordinare ai suoi di uscire in massa con le greggi, il giorno successivo, dalla porta Esquilina (la più distante dalle posizioni nemiche), persuaso che gli Etruschi l'avrebbero sùbito saputo perché l'assedio e la carestia spingevano gli schiavi infedeli alla diserzione

E infatti fu da un disertore che lo vennero a sapere e così guadarono il Tevere in molti più del solito, sperando in un ricco bottino

Publio Valerio ordina allora a Tito Erminio di appostarsi con un modesto contingente sulla via Gabinia a due miglia da Roma; a Spurio Larcio, invece, di andare alla porta Collina con un corpo di giovani fanti armati alla leggera e di attendere il passaggio dei nemici per poi tagliare loro la via della ritirata facendo da diaframma tra essi e il fiume

Dei due consoli, Tito Lucrezio uscì dalla porta Nevia con alcuni manipoli, mentre Valerio gvidò personalmente sul monte Celio delle truppe scelte che per prime sarebbero state viste dal nemico
Herminius ubi tumultum sensit, concurrit ex insidiis, versisque in Lucretium Etruscis terga caedit; dextra laeuaque, hinc a porta Collina, illinc ab Naevia, redditus clamor; ita caesi in medio praedatores, neque ad pugnam viribus pares et ad fugam saeptis omnibus viis

Finisque ille tam effuse evagandi Etruscis fuit
Appena Erminio capì che lo scontro era iniziato, uscì dal suo nascondiglio e piombò sulle retrovie degli Etruschi che invece erano rivolti nella direzione di Lucrezio; A sinistra, dalla porta Collina, e a destra, da quella Nevia, gli rispose un coro di voci: i predatori furono circondati e fatti a pezzi, inferiori com'erano di numero ai Romani e oltretutto tagliati fuori da ogni possibile ritirata

Questo episodio segnò la fine delle scorribande etrusche

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Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 01 - 20
Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 01 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 32; 01 - 20

[12] Obsidio erat nihilo minus et frumenti cum summa caritate inopia, sedendoque expugnaturum se urbem spem Porsinna habebat, cum CMucius, adulescens nobilis, cui indignum videbatur populum Romanum servientem cum sub regibus esset nullo bello nec ab hostibus ullis obsessum esse, liberum eundem populum ab iisdem Etruscis obsideri quorum saepe exercitus fuderit,-itaque magno audacique aliquo facinore eam indignitatem vindicandam ratus, primo sua sponte penetrare in hostium castra constitvit; dein metuens ne si consulum iniussu et ignaris omnibus iret, forte deprehensus a custodibus Romanis retraheretur ut transfuga, fortuna tum urbis crimen adfirmante, senatum adit 12 L'assedio non era certo meno pressante, il frumento caro e scarso e Porsenna, insistendo con la sua tattica, nutriva speranze di espugnare Roma; Intanto, Caio Muzio, giovane di nobile famiglia, non poteva sopportare che il suo popolo, mai assediato da potenze straniere durante il periodo di schiavitù monarchica, una volta libero dovesse ora essere schiacciato dentro le mura dagli Etruschi che, in campo militare, con Roma avevano conosciuto solo sconfitte; Determinato a vendicare l'indegna situazione in atto con un qualche gesto audace, sulle prime decise, senza consultare nessuno, di penetrare nell'accampamento nemico; Ma in séguito, temendo che una missione priva dell'autorizzazione consolare e ignorata da tutti avrebbe potuto costargli l'arresto per diserzione se le sentinelle romane lo avessero sorpreso (accusa peraltro molto verisimile dati i tempi e il luogo), comparì di fronte al senato
'Transire Tiberim' inquit, 'patres, et intrare, si possim, castra hostium uolo, non praedo nec populationum in vicem ultor; maius si di iuvant in animo est facinus'

Adprobant patres; abdito intra vestem ferro proficiscitur

Ubi eo venit, in confertissima turba prope regium tribunal constitit

Ibi cum stipendium militibus forte daretur et scriba cum rege sedens pari fere ornatu multa ageret eumque milites volgo adirent, timens sciscitari uter Porsinna esset, ne ignorando regem semet ipse aperiret quis esset, quo temere traxit fortuna facinus, scribam pro rege obtruncat
Disse: Senatori, vorrei attraversare il Tevere e penetrare, se possibile, nell'accampamento nemico, ma non per fare razzia e ripagare il vandalismo con la stessa moneta; No, con l'aiuto degli dèi ho in mente qualcosa di più grande

I senatori approvano e Muzio parte con una spada nascosta sotto la veste

Arrivato all'accampamento etrusco, si mescola nel fitto della folla di fronte al palco del re

Casualmente era giorno di paga per i soldati e c'era uno scrivano, seduto accanto al re e vestito press'a poco come lui, al quale si rivolgevano quasi tutti i soldati e che era estremamente affaccendato; Siccome Muzio non voleva chiedere quale dei due fosse Porsenna (perché ignorando una cosa del genere si sarebbe smascherato), si affidò alla sorte e sgozzò lo scrivano al posto del re

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Livio, Ab urbe condita: Libro 40; 41 - 45
Livio, Ab urbe condita: Libro 40; 41 - 45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 40; 41 - 45

Vadentem inde qua per trepidam turbam cruento mucrone sibi ipse fecerat viam, cum concursu ad clamorem facto comprehensum regii satellites retraxissent, ante tribunal regis destitutus, tum quoque inter tantas fortunae minas metuendus magis quam metuens, 'Romanus sum' inquit, 'civis; CMucium vocant

Hostis hostem occidere volui, nec ad mortem minus animi est, quam fuit ad caedem; et facere et pati fortia Romanum est

Nec unus in te ego hos animos gessi; longus post me ordo est idem petentium decus

Proinde in hoc discrimen, si iuvat, accingere, ut in singulas horas capite dimices tuo, ferrum hostemque in vestibulo habeas regiae

Hoc tibi iuuentus Romana indicimus bellum

Nullam aciem, nullum proelium timueris; uni tibi et cum singulis res erit'
Poi si dileguò, facendosi largo con la spada insangvinata in mezzo alla folla in preda al panico; Appena però la gente cominciò a gridare all'impazzata, arrivarono da ogni parte le guardie reali e, dopo averlo catturato, lo portarono di fronte al palco del re; E lì, pur trattandosi di un situazione rischiosissima e continuando più a incutere paura che ad averne, disse: Sono romano e il mio nome è Caio Muzio

Volevo uccidere un nemico da nemico, e morire non mi fa più paura di uccidere; Il coraggio nellagire e nel soffrire è cosa da Romani

E io non sono il solo ad avere questi sentimenti nei tuoi confronti: dopo di me è lunga la lista dei nomi di quelli che vorrebbero avere questo onore

Perciò, da oggi in poi, se ci tieni alla vita, prepàrati a difenderla a ogni ora del giorno e abìtuati all'idea di un nemico armato fin nel vestibolo della reggia

Questa è la guerra che la gioventù romana ti dichiara: niente scontri, niente battaglie, non temere

Sarà soltanto una cosa tra te e uno di noi
Cum rex simul ira infensus periculoque conterritus circumdari ignes minitabundus iuberet nisi expromeret propere quas insidiarum sibi minas per ambages iaceret, 'en tibi' inquit, 'ut sentias quam vile corpus sit iis qui magnam gloriam vident'; dextramque accenso ad sacrificium foculo inicit

Quam cum velut alienato ab sensu torreret animo, prope attonitus miraculo rex cum ab sede sua prosiluisset amoverique ab altaribus iuvenem iussisset, 'tu vero abi' inquit, 'in te magis quam in me hostilia ausus

Iuberem macte virtut esse, si pro mea patria ista virtus staret; nunc iure belli liberum te, intactum inviolatumque hinc dimitto'
Poiché il re, insieme furibondo e terrorizzato dal pericolo corso, minacciava di ordinare che lo mandassero al rogo se non si sbrigava a chiarire tutta quella serie di oscure minacce nei suoi confronti, Muzio esclamò: Attento: Questo è il valore che dà al corpo chi aspira a una grande gloria; E così dicendo infila la mano destra in un braciere acceso per un sacrificio

Lasciandola bruciare come se fosse stato privo di sensazioni; Il re allora, sbalordito dall'episodio senza precedenti, dopo essersi alzato di scatto dal suo scanno e aver fatto allontanare il giovane dall'altare, disse: Vattene, sei libero: sei riuscito a infierire contro la tua persona più di quanto tu non abbia fatto con la mia

Onorerei il tuo coraggio se fosse al servizio del mio paese; Dato che le cose non stanno così, ti risparmio la corte marziale e ti lascio libero senza che ti si torca un capello

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 29; 10 - 12

Tunc Mucius, quasi remunerans meritum, 'quando quidem' inquit, 'est apud te virtuti honos, ut beneficio tuleris a me quod minis nequisti, trecenti coniuravimus principes iuuentutis Romanae ut in te hac via grassaremur

Mea prima sors fuit; ceteri ut cuiusque ceciderit primi quoad te opportunum fortuna dederit, suo quisque tempore aderunt'

[13] Mucium dimissum, cui postea Scaeuolae a clade dextrae manus cognomen inditum, legati a Porsinna Romam secuti sunt; adeo moverat eum et primi periculi casus, a quo nihil se praeter errorem insidiatoris texisset, et subeunda dimicatio totiens quot coniurati superessent, ut pacis condiciones ultro ferret Romanis
Allora Muzio, quasi per ricambiarne la generosità, disse: Visto che stimi il coraggio, ti dirò quel che non mi hai strappato con la minaccia: abbiamo giurato in trecento, il meglio della gioventù romana, di attentare alla tua vita in questo modo

Io sono stato sorteggiato per primo; Gli altri, qualunque sia la sorte di quelli che li hanno preceduti, faranno lo stesso, ciascuno quando sarà il suo turno, fino al giorno in cui il destino non ti esporrà ai nostri colpi

13 Il rilascio di Muzio, poi soprannominato Scevola per la perdita della mano destra, fu segvito dall'invio di ambasciatori a Roma da parte di Porsenna; Il primo pericolo corso, ed evitato solo per un errore del sicario, e l'idea di dover affrontare la stessa situazione un numero di volte pari a quello dei futuri aggressori, lo avevano scosso al punto da arrivare a offrire spontaneamente la pace ai Romani
Iactatum in condicionibus nequiquam de Tarquiniis in regnum restituendis, magis quia id negare ipse nequiverat Tarquiniis quam quod negatum iri sibi ab Romanis ignoraret

De agro Veientibus restituendo impetratum, expressaque necessitas obsides dandi Romanis, si Ianiculo praesidium deduci vellent

His condicionibus composita pace, exercitum ab Ianiculo deduxit Porsinna et agro Romano excessit

Patres C Mucio virtutis causa trans Tiberim agrum dono dedere, quae postea sunt Mucia prata appellata
Tra le clausole della proposta c'era quella concernente la restaurazione dei Tarquini sul trono: pur sapendo che sarebbe stata un buco nell'acqua, Porsenna la avanzò, più perché non se la sentiva di dire di no ai Tarquini piuttosto che per ignoranza del sicuro rifiuto da parte romana

Ottenne invece la restituzione ai Veienti del loro territorio; Quanto ai Romani, dovevano consegnare degli ostaggi, se volevano che venisse ritirata la guarnigione armata dal Gianicolo

Conclusa la pace a Queste condizioni, Porsenna ritirò le sue truppe dal Gianicolo e abbandonò il territorio romano

Per ricompensare il coraggio dimostrato, i senatori fecero dono a Caio Muzio di un terreno al di là del Tevere che in séguito prese il nome di Prati Muzi

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Ergo ita honorata virtute, feminae quoque ad publica decora excitatae, et Cloelia virgo una ex obsidibus, cum castra Etruscorum forte haud procul ripa Tiberis locata essent, frustrata custodes, dux agminis virginum inter tela hostium Tiberim tranavit, sospitesque omnes Romam ad propinquos restituit

Quod ubi regi nuntiatum est, primo incensus ira oratores Romam misit ad Cloeliam obsidem deposcendam: alias haud magni facere

Deinde in admirationem versus, supra Coclites Muciosque dicere id facinus esse, et prae se ferre quemadmodum si non dedatur obses, pro rupto foedus se habiturum, sic deditam intactam inviolatamque ad suos remissurum
Questi onori resi alle virtù virili spinsero anche le donne ad atti di patriottismo; Così, una ragazza di nome Clelia, cui era toccato di trovarsi nel numero degli ostaggi, siccome l'accampamento etrusco era situato casualmente vicino alla riva del Tevere, riuscì a sfuggire alle sentinelle, e, con al séguito un gruppo di coetanee, attraversò a nuoto il fiume sotto una pioggia di frecce, e le ricondusse sane e salve ai parenti in città

Appena il re lo venne a sapere, montò su tutte le furie e in un primo tempo mandò degli ambasciatori a Roma per chiedere la restituzione dell'ostaggio Clelia, senza preoccuparsi troppo di tutte le altre ragazze

Poi però, passato dalla collera all'ammirazione, disse che un'impresa del genere superava quelle dei Cocliti e dei Muzi e che il rifiuto di restitvire l'ostaggio sarebbe stato considerato una violazione del trattato; Se invece gliel'avessero consegnata lui l'avrebbe restituita ai suoi senza farle alcun male

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