Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 01 - 04

Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 01 - 04

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 01 - 04

[1] Inter bellorum magnorum aut vixdum finitorum aut imminentium curas intercessit res parva dictu sed quae studiis in magnum certamen excesserit

M Fundanius et L Valerius tribuni plebi ad plebem tulerunt de Oppia lege abroganda

Tulerat eam C Oppius tribunus plebis Q Fabio Ti Sempronio consulibus in medio ardore Punici belli, ne qua mulier plus semunciam auri haberet neu vestimento versicolori uteretur neu iuncto vehiculo in urbe oppidove aut propius inde mille passus nisi sacrorum publicorum causa veheretur

M et P Iunii Bruti tribuni plebis legem Oppiam tuebantur nec eam se abrogari passuros aiebant; ad suadendum dissuadendumque multi nobiles prodibant; Capitolium turba hominum faventium adversantiumque legi complebatur
[1] Tra le preoccupazioni delle grandi guerre o di quelle appena terminate o sul punto di iniziare si inserì una questione di scarsa importanza a dirla ma che, per la passione, avrebbe portato ad una lotta accanita

I tribuni della plebe Marco Fundanio e Lucio Valerio proposero al popolo di abrogare la legge Oppia

Laveva proposta il tribuno della plebe Caio Oppio sotto il consolato di Quinto Fabio e di Tiberio Sempronio, nel mezzo dellardere della guerra punica, i base alla quale nessuna donna doveva possedere più di una mezza oncia doro né indossare vestiti di colori sgargianti né circolare in carrozze a pariglie a Roma o in altra città o in un raggio di mille passi da esse se non in occasione di pubbliche cerimonie religiose

I tribuni della plebe Marco e Publio Giunio Bruto difendevano la legge Oppia e affermavano che non ne avrebbero permessa labrogazione; molti noti personaggi si facevano avanti sostenendo o combattendo la proposta;il Campidoglio si riempiva di una folla di uomini favorevoli o contrari alla legge
Matronae nulla nec auctoritate nec verecundia nec imperio virorum contineri limine poterant, omnes vias urbis aditusque in forum obsidebant, viros descendentes ad forum orantes ut florente re publica, crescente in dies privata omnium fortuna matronis quoque pristinum ornatum reddi paterentur

Augebatur haec frequentia mulierum in dies; nam etiam ex oppidis conciliabulisque conveniebant
Nessuna donna autorità poteva essere trattenuta in casa, né dal senso di pudore, né dall ordine dei mariti: esse occupavano tutte le strade e le vie daccesso al foro chiedendo agli uomini che si recavano al foro di permettere che, essendo lo stato fiorente, crescendo di giorno in giorno per tutti il privato benessere, anche alle donne venisse concesso di abbigliarsi nel modo consueto

Questo affollarsi di donne cresceva di giorno in giorno: difatti arrivavano anche dalle città vicine e dai mercati
Iam et consules praetoresque et alios magistratus adire et rogare audebant; ceterum minime exorabilem alterum utique consulem M Porcium Catonem habebant, qui pro lege quae abrogabatur ita disseruit: [2] 'Si in sua quisque nostrum matre familiae, Quirites, ius et maiestatem viri retinere instituisset, minus cum universis feminis negotii haberemus: nunc domi victa libertas nostra impotentia muliebri hic quoque in foro obteritur et calcatur, et quia singulas sustinere non potuimus universas horremus

Equidem fabulam et fictam rem ducebam esse virorum omne genus in aliqua insula coniuratione muliebri ab stirpe sublatum esse; ab nullo genere non summum periculum est si coetus et concilia et secretas consultationes esse sinas
Già osavano avvicinare e pregare i consoli, i pretori e gli altri magistrati; avevano però un inesorabile avversario in almeno uno dei consoli, Marco Porcio Catone, il quale così parlò a sostegno della legge che si voleva abrogare: [2] Se ciascuno di noi, o Quiriti, avesse cominciato a conservare nei confronti della madre di famiglia i diritti e lautorità di marito, ora non avremmo delle questioni con tutte quante le donne:ora, la nostra libertà vinta in casa allintemperanza delle donne, anche qui nel foro è messa sotto i piedi e calpestata; e non essendo riusciti a resistere singolarmente alle nostre donne, dobbiamo temerle tutte insieme

lo credevo proprio fosse una favola quella degli uomini completamente soppressi, in unisola, da una congiura di donne ; ma non cè nessun genere di viventi che non possa costituire un gravissimo pericolo se gli si permette di riunirsi in assemblea, di consultarsi e di decidere segretamente

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Livio, Ab urbe condita: Libro 04. 09-14
Livio, Ab urbe condita: Libro 04. 09-14

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04. 09-14

Atque ego vix statuere apud animum meum possum utrum peior ipsa res an peiore exemplo agatur; quorum alterum ad nos consules reliquosque magistratus, alterum ad vos, Quirites, magis pertinet

Nam utrum e re publica sit necne id quod ad vos fertur, vestra existimatio est qui in suffragium ituri estis

Haec consternatio muliebris, sive sua sponte sive auctoribus vobis, M Fundani et L Valeri, facta est, haud dubie ad culpam magistratuum pertinens, nescio vobis, tribuni, an consulibus magis sit deformis: vobis, si feminas ad concitandas tribunicias seditiones iam adduxistis; nobis, si ut plebis quondam sic nunc mulierum secessione leges accipiendae sunt

Equidem non sine rubore quodam paulo ante per medium agmen mulierum in forum perveni
Io per me posso a fatica a stabilire se il fatto sia peggiore di per sé o per lesempio che dà: il primo aspetto riguarda noi consoli e gli altri magistrati, il secondo riguarda maggiormente voi, Quiriti

Se infatti la proposta che vi viene presentata sia o no conforme agli interessi dello stato dovete giudicarlo voi, che state per andare a votare

Quanto a questa sollevazione di donne, si sia essa prodotta spontaneamente o sia stata provocata da voi, Marco Fundanio e Lucio Valerio, essa chiama indubbiamente in causa la responsabilità dei magistrati e non so se sia motivo di vergogna più per voi, tribuni, o per i consoli: per voi, se avete condotto le donne per provocare sedizioni tribunizie, per noi se dovremo ora accettare condizioni da una rivolta di donne come un tempo dalla secessione della plebe

Certo non senza arrossire, poco fa, dovetti farmi strada tra una folla di donne per giungere ai foro
Quod nisi me verecundia singularum magis maiestatis et pudoris quam universarum tenuisset, ne compellatae a consule viderentur, dixissem: "qui hic mos est in publicum procurrendi et obsidendi uias et uiros alienos appellandi

Istud ipsum suos quaeque domi rogare non potuistis

An blandiores in publico quam in privato et alienis quam vestris estis

Quamquam ne domi quidem vos, si sui iuris finibus matronas contineret pudor, quae leges hic rogarentur abrogarenturue curare decuit

" Maiores nostri nullam, ne privatam quidem rem agere feminas sine tutore auctore voluerunt, in manu esse parentium, fratrum, virorum: nos, si diis placet, iam etiam rem publicam capessere eas patimur et foro prope et contionibus et comitiis immisceri
Che se il rispetto della dignità e dellonore di ciascuna di esse, più che di tutte quante riunite, non mi avesse trattenuto, ad evitare che si vedessero energicamente rimproverate dal console, io avrei detto: Che usanza è questa di correr fuori in pubblico, di sbarrare le strade, di rivolgere la parola a uomini a voi estranei

Queste stesse richieste non potevate rivolgerle ciascuna in casa al proprio marito

O sapete usare maggiore blandizia in pubblico che in privato con gli estranei che coi vostri mariti

Del resto neppure in casa sarebbe per voi conveniente interessarvi delle leggi di cui qui si propose lapprovazione o labrogazione, se il ritegno trattenesse le donne nei limiti dei loro diritti

I nostri antenati vollero che le donne non trattassero alcun affare, nemmeno privato, senza la garanzia di un tutore , che rimanessero sotto il controllo dei padri, dei fratelli, dei mariti; noi, se così piace agli dèi, lasciamo ormai che si occupino anche di politica, che prendano parte alla vita del foro, alle pubbliche riunioni, alle elezioni

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Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 01 - 20
Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 01 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 32; 01 - 20

Quid enim nunc aliud per vias et compita faciunt quam rogationem tribunorum plebi suadent, quam legem abrogandam censent

Date frenos impotenti naturae et indomito animali et sperate ipsas modum licentiae facturas: nisi vos facietis, minimum hoc eorum est quae iniquo animo feminae sibi aut moribus aut legibus iniuncta patiuntur

Omnium rerum libertatem, immo licentiam, si vere dicere volumus, desiderant

Quid enim, si hoc expugnaverint, non temptabunt

[3] Recensete omnia muliebria iura quibus licentiam earum adligaverint maiores vestri per quaeque subiecerint viris; quibus omnibus constrictas vix tamen continere potestis

Quid

si carpere singula et extorquere et exaequari ad extremum viris patiemini, tolerabiles vobis eas fore creditis
Che altro fanno ora, per le vie e nei crocicchi, che difehdere la proposta dei tribuni della plebe e sostenere che la legge va abrogata

Allentate il freno a nature così intemperanti, a esseri così riottosi, e sperate pure che imporranno esse un limite alla loro licenza: se non lo farete voi, questo non è che uno, e dei minori, tra i freni che le donne mal sopportano di vedersi imporre dalle usanze o dalle leggi

Desiderano la libertà, anzi , se vogliamo chiamar le cose col loro nome, la licenza in tutti i campi

Che cosa non tenteranno, se otterranno questo

[3] Passate in rassegna tutte le leggi riguardanti le donne, leggi con le quali i vostri antenati cercarono di infrenarne la licenza e per mezzo delle quali le resero sottomesse ai mariti: pur legate da tutte queste leggi a malapena riuscite a contenerle

E che

Se permetterete loro di ottenere una concessione dopo laltra, di strapparvele e di essere infine uguali agli uomini, pensate che sarebbero per voi sopportabili
Extemplo simul pares esse coeperint, superiores erunt

At hercule ne quid nouum in eas rogetur recusant, non ius sed iniuriam deprecantur: immo ut quam accepistis iussistis suffragiis vestris legem, quam usu tot annorum et experiendo comprobastis, hanc ut abrogetis, id est, ut unam tollendo legem ceteras infirmetis

Nulla lex satis commoda omnibus est: id modo quaeritur, si maiori parti et in summam prodest

Si quod cuique privatim officiet ius, id destruet ac demolietur, quid attinebit universos rogare leges quas mox abrogare in quos latae sunt possint

Volo tamen audire quid sit propter quod matronae consternatae procucurrerint in publicum ac vix foro se et contione abstineant

Ut captivi ab Hannibale redimantur parentes, viri, liberi, fratres earum
Subito, appena cominceranno ad essere vostre pari, saranno a voi superiori

Ma, si dirà, esse respingono i provvedimenti nuovi, non lapplicazione della legge, ma la sua violazione vogliono scongiurare: anzi vogliono che abroghiate una legge che avete acettato, resa operante coi vostri voti, di cui avete riconosciuto la bontà in tanti anni di applicazione e di esperienza, che cioè, abolendo una legge, infirmiate tutte le altre

Nessu suna legge è ugualmente vantaggiosa per tutti: questo soltanto si deve vedere, se è utile alla maggioranza su un piano generale

Se ogni norma che danneggia linteresse particolare di qualcuno viene da lui abbattuta e annullata, a che scopo cittadini tutti approveranno delle leggi che subito possano essere abrogate da coloro contro i quali sono state proposte

Voglio tuttavia sentir dire il motivo per cui le donne in tumulto si sono precipitate per strada e a fatica si tengono lontane dal foro e dalle riunioni pubbliche

Forse perché si riscattino da Annibale i loro padri, mariti, figli, fratelli prigionieri

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Livio, Ab urbe condita: Libro 28; 10
Livio, Ab urbe condita: Libro 28; 10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 28; 10

Procul abest absitque semper talis fortuna rei publicae; sed tamen, cum fuit, negastis hoc piis precibus earum

At non pietas nec sollicitudo pro suis sed religio congregavit eas: matrem Idaeam a Pessinunte ex Phrygia venientem accepturae sunt

Quid honestum dictu saltem seditioni praetenditur muliebri

"Ut auro et purpura fulgamus" inquit, "ut carpentis festis profestisque diebus, velut triumphantes de lege victa et abrogata et captis ereptis suffragiis vestris, per urbem vectemur: ne ullus modus sumptibus, ne luxuriae sit

" [4] Saepe me querentem de feminarum, saepe de virorum nec de privatorum modo sed etiam magistratuum sumptibus audistis, diversisque duobus vitiis, avaritia et luxuria, civitatem laborare, quae pestes omnia magna imperia everterunt
lontana (e possa rimanerlo sempre) una tale sventura dallo stato; ma anche quando tale sventurata circostanza si produsse voi non avete ceduto alle loro preghiere

Ma forse non la pietà né la sollecitudine per i loro cari, bensì la religione le ha riunite: vogliono ricevere la Madre Idea che arriva dalla Frigia, da Pessinunte

Di qual pretesto onorevole, almeno a parole, si ammanta questa sedizione di donne

Per poter risplendere doro e di porpora dicono per poter andare iu carrozza per la città nei giorni festivi e non festivi, come per trionfare della legge sconfitta e abrogata e dei voti a voi conquistati e strappati; perché non vi sia più alcun limite al lusso, alle spese

[4] Spesso mi avete udito deplorare le spese delle donne, spesso quelle degli uomini, e non solo dei privati ma anche dei magistrati, e lamentare che la città è afflitta da due opposti vizi, lavarizia e il lusso, due flagelli che sempre rovinano tutti i più grandi imperi
Haec ego, quo melior laetiorque in dies fortuna rei publicae est, quo magis imperium crescitet iam in Graeciam Asiamque transcendimus omnibus libidinum inlecebris repletas et regias etiam adtrectamus gazas, eo plus horreo, ne illae magis res nos ceperint quam nos illas

Infesta, mihi credite, signa ab Syracusis inlata sunt huic urbi

Iam nimis multos audio Corinthi et Athenarum ornamenta laudantes mirantesque et antefixa fictilia deorum Romanorum ridentes

Ego hos malo propitios deos et ita spero futuros, si in suis manere sedibus patiemur

Patrum nostrorum memoria per legatum Cineam Pyrrhus non virorum modo sed etiam mulierum animos donis temptavit

Nondum lex Oppia ad coercendam luxuriam muliebrem lata erat; tamen nulla accepit

Quam causam fuisse censetis
Tanto più essi mi fanno paura quanto più favorevoli e positive si fanno di giorno in giorno le sorti dello stato e si accresce il nostro dominio, -siamo già passati in Grecia e in Asia, paesi pieni di ogni genere di allettamento delle passioni, e mettiamo le mani persino sulle ricchezze dei re - temo che tali ricchezze si siano impadronite di noi più che noi di loro

Nemiche, credetemi, sono le statue portate da Siracusa in questa città

Già troppo io sento molti che lodano e ammirano le opere darte di Corinto e di Atene e che ridono delle antefisse di terracotta degli dèi romani

Io preferisco avere propizi questi dèi, e spero lo saranno sempre, se li lasceremo rimanere nelle loro dimore

Come ricordano i nostri padri Pirro tentò con doni, per mezzo dellambasciatore Cinea, lanimo non solo degli uomini ma anche delle donne

Non era stata ancora proposta la legge Oppia per limitare il lusso femminile, tuttavia nessuna accettò i doni

Quale pensate ne sia stato il motivo

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Eadem fuit quae maioribus nostris nihil de hac re lege sanciundi: nulla erat luxuria quae coerceretur

Sicut ante morbos necesse est cognitos esse quam remedia eorum, sic cupiditates prius natae sunt quam leges quae iis modum facerent

Quid legem Liciniam excitavit de quingentis iugeribus nisi ingens cupido agros continuandi

Quid legem Cinciam de donis et muneribus nisi quia vectigalis iam et stipendiaria plebs esse senatui coeperat

Itaque minime mirum est nec Oppiam nec aliam ullam tum legem desideratam esse quae modum sumptibus mulierum faceret, cum aurum et purpuram data et oblata ultro non accipiebant

Si nunc cum illis donis Cineas urbem circumiret, stantes in publico invenisset quae acciperent

Atque ego nonnullarum cupiditatium ne causam quidem aut rationem inire possum
Lo stesso che aveva indotto i nostri antenati a non stabilire per legge nessuna pena al riguardo: non cera alcun lusso da frenare

Come è necessario che le malattie siano conosciute prima dei loro rimedi, così le passioni nacquero prima delle leggi destinate a moderarle

Che cosa ha provocato la legge Licinia dei cinquecento iugeri se non lo smodato desiderio di ampliare le proprietà

E la legge Cincia sui doni e sui regali, che cosa lha provocata se non il fatto che la plebe aveva già cominciato ad essere tributaria del senato

Non cè pertanto nulla da meravigliarsi se non si sentiva la necessità né della legge Oppia né di altre che limitassero le spese femminili quando di propria volontà le donne rifiutavano la porpora che veniva loro offerta in dono

Se ora Cinea girasse per la città con quei doni le troverebbe in piedi per le strade a riceverli

Io poi di certe passioni non riesco neppure a capire il motivo o la ragione

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