(1) Haec per hiemem gesta Initio autem veris Quinctius Attalo Elatiam excito Boeotorum gentem incertis ad eam diem animis fluctuantem dicionis suae facere cupiens, profectus per Phocidem quinque milia ab Thebis, quod caput est Boeotiae, posuit castra Inde postero die unius signi militibus et Attalo legationibusque quae frequentes undique convenerant pergit ire ad urbem, iussis legionis hastatisea duo milia militum erantsequi se mille passuum intervallo distantibus Ad medium ferme viae Boeotorum praetor Antiphilus obvius fuit; cetera multitudo e muris adventum imperatoris Romani regisque prospeculabatur Rara arma paucique milites circa eos apparebant; hastatos sequentes procul anfractus viarum vallesque interiectae occulebant |
(1) Queste vicende si svolsero nell'inverno Poi, all'inizio della primavera, Quinzio, fatto venire Attalo ad Elazia, nel desiderio di sottomettere la popolazione della Beozia, fino ad allora incerta e ondeggiante, mosse attraverso la Focíde e si accampò a cinque miglia da Tebe, la capitale della Beozia Di là il giorno seguente, con un solo manipolo di soldati, insieme ad Attalo e alle delegazioni che erano venute in gran numero da ogni parte si diresse verso la città, ordinando agli astati l di una legione - circa duemila uomini - di seguirlo a mille passi di distanza A metà circa del cammino si fece loro incontro il pretore della Beozia Antifilo; gli abitanti in massa osservavano dalle mura l'arrivo del comandante romano e del re Rare erano tra essi le armature e pochi i soldati; gli astati che seguivano da lontano erano nascosti dalle pieghe della strada e dalle valli interposte |
Cum iam adpropinquaret urbi, velut obviam egredientem turbam salutaret, tardius incedebat: causa erat morae ut hastati consequerentur Oppidani, ante lictorem turba acta, insecutum confestim agmen armatorum non ante quam ad hospitium imperatoris ventum est conspexere Tum velut prodita dolo Antiphili praetoris urbe captaque obstipuerunt omnes; et apparebat nihil liberae consultationis concilio quod in diem posterum indictum erat Boeotis relictum esse Texerunt dolorem quem et nequiquam et non sine periculo ostendissent (2) In concilio Attalus primus verba fecit |
Quando già erano vicini alla città rallentò la sua marcia, come per salutare la folla che usciva ad incontrarlo, il motivo dell'indugio era il desiderio di farsi raggiungere dagli astati La folla dei cittadini, respinta davanti a sé dai littori, non vide la schiera di armati che seguiva immediatamente prima che fosse giunta agli alloggiamenti del comandante Allora tutti rimasero stupefatti, come se la città fosse stata consegnata e occupata per tradimento del pretore Antifilo; e appariva evidente che nessuna libertà di decisione era lasciata all'assemblea di Beoti indetta per il giorno successivo Nascosero il loro disappunto, che sarebbe stato inutile e pericoloso palesare (2) Nell'assemblea prese per primo la parola Attalo |
Orsus a maiorum suorum suisque et communibus in omnem Graeciam et propriis in Boeotorum gentem meritis, senior iam et infirmior quam ut contentionem dicendi sustineret, obmutuit et concidit; et dum regem auferunt reficiuntque parte membrorum captum, paulisper contio intermissa est Aristaenus inde Achaeorum praetor eo cum maiore auctoritate auditus quod non alia quam quae Achaeis suaserat Boeotis suadebat Pauca ab ipso Quinctio adiecta, fidem magis Romanam quam arma aut opes extollente verbis Rogatio inde a Plataeensi Dicaearcho lata recitataque cum Romanis iungenda, nullo contra dicere audente, omnium Boeotiae ciuitatum suffragiis accipitur iubeturque |
Cominciò dalle benemerenze dei suoi antenati e sue tanto verso tutta la Grecia in generale quanto verso il popolo dei Beoti in particolare, poi, troppo vecchio e malato per sostenere lo sforzo di un discorso, tacque e crollò a terra; mentre il re, con una parte del corpo paralizzata, veniva sollevato e portato via, la seduta fu per un poco sospesa Venne poi data la parola al pretore degli Achei Aristeno, tanto più persuasivo in quanto non altro consigliava ai Beoti che ciò che aveva consigliato agli Achei Poche parole aggiunse dal canto suo Quinzio che in esse esaltò la lealtà di Roma più che i suoi eserciti o la sua potenza Fu quindi letto un progetto di legge presentato da Dicearco di Platea sull'alleanza con Roma; nessuno osò parlare contro e la proposta fu accolta e votata dai rappresentanti di tutte le città della Beozia |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 31 - 35
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 31 - 35
Concilio dimisso Quinctius tantum Thebis moratus quantum Attali repens casus coegit, postquam non vitae praesens periculum vis morbi attulisse sed membrorum debilitatem visa est, relicto eo ad curationem necessariam corporis, Elatiam unde profectus erat redit, Boeotis quoque sicut prius Achaeis ad societatem adscitis et, quoniam tuta ea pacataque ab tergo relinquebantur, omnibus iam cogitationibus in Philippum et quod reliquum belli erat conversis (3) Philippus quoque primo vere, postquam legati ab Roma nihil pacati rettulerant, dilectum per omnia oppida regni habere instituit in magna inopia iuniorum Absumpserant enim per multas iam aetates continua bella Macedonas; ipso quoque regnante et navalibus bellis adversus Rhodios Attalumque et terrestribus adversus Romanos ceciderat magnus numerus |
Sciolta l'assemblea Quinzio, dopo essersi fermato a Tebe soltanto il tempo richiesto dalla improvvisa malattia di Attalo, quando sembrò che l'attacco del male non avesse provocato un immediato pericolo di vita, ma un indebolimento del corpo, lasciandolo a curarsi come occorreva tornò ad Elazia donde era partito, così era riuscito a unire a sé in alleanza anche i Beoti come prima gli Achei e poiché lasciava dietro di sé regioni sicure e pacificate poteva ormai rivolgere tutti í suoi pensieri a Filippo e alle fasi conclusive della guerra (3) All'inizio della primavera anche Filippo, visto che gli ambasciatori avevano riferito che a Roma non vi erano propositi di pace, decise di fare la leva in tutte le città del regno dove pure assai pochi erano i giovani Le guerre, continue già per diversi anni, avevano notevolmente ridotto di numero i Macedoni; anche durante il suo regno molti erano caduti nelle guerre navali contro i Rodiesi e Attalo e in quelle terrestri contro i Romani |
Ita et tirones ab sedecim annis milites scribebat, et emeritis quidam stipendiis, quibus modo quicquam reliqui roboris erat, ad signa revocabantur Ita suppleto exercitu secundum vernum aequinoctium omnes copias Dium contraxit ibique stativis positis exercendo cotidie milite hostem opperiebatur Et Quinctius per eosdem ferme dies ab Elatia profectus praeter Thronium et Scarpheam ad Thermopylas pervenit Ibi concilium Aetolorum Heracleam indictum tenuit consultantium quantis auxiliis Romanum ad bellum sequerentur Cognitis sociorum decretis tertio die ab Heraclea Xynias praegressus in confinio Aenianum Thessalorumque positis castris Aetolica auxilia opperiebatur Nihil morati Aetoli sunt: Phaenea duce sex milia peditum cum equitibus quadringentis venerunt Ne dubium esset quid expectasset, confestim Quinctius movit castra |
Per questo arruolava come soldati anche le reclute dai sedici anni in avanti e alcuni veterani che avevano ancora un po' di vigore erano chiamati sotto le armi Completato in questo modo l'esercito dopo l'equinozio di primavera riunì a Dio 1 tutte le sue truppe e vi pose un campo fisso dove attendeva il nemico facendo fare ai soldati quotidiane esercitazioni Quinzio, partito pressoché negli stessi giorni da Elazia, giunse alle Termopili passando per Tronio e Scarfea Qui venne trattenuto da una assemblea degli Etoli indetta ad Eraclea, che doveva stabilire il numero degli ausiliari che avrebbero seguito in guerra il Romano Conosciute le decisioni degli alleati due giorni dopo passò da Eraclea a Csinie e, posto l'accampamento al confine tra la regione degli Eniani e la Tessaglia, rimase ad attendere gli ausiliari etoli Questi non tardarono: arrivarono seimila fanti con quattrocento cavalieri, guidati da Fenea Affinché non vi fossero dubbi sul motivo della sua attesa, Quinzio levò subito il campo |
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Livio 41; 21 - 25
Transgresso in Phthioticum agrum quingenti Gortynii Cretensium, duce Cydante, et trecenti Apolloniatae haud dispari armatu se coniunxere, nec ita multo post Amynander cum Athamanum peditum ducentis et mille Philippus cognita profectione ab Elatia Romanorum, ut cui de summa rerum adesset certamen, adhortandos milites ratus, multa iam saepe memorata de maiorum virtutibus simul de militari laude Macedonum cum disseruisset, ad ea quae tum maxime animos terrebant quibusque ad aliquam spem poterant venit |
Passato che fu nel territorio della Ftiotide si unirono a lui cinquecento Cretesi di Gortina, guidati da Cidante, e trecento Apolloniati, e non molto dopo Aminandro con milleduecento fanti atamani Filippo, informato della partenza dei Romani da Elazia, pensando di dover incoraggiare i soldati dato che la battaglia decisiva era imminente, dopo aver loro parlato del valore degli antenati, discorso fatto già molte volte in passato, e insieme della gloria militare dei Macedoni, passò a quello che allora sbigottiva in sommo grado gli animi e ai motivi di speranza che potevano sussistere |
(4) Acceptae ad Aoum flumen in angustiis cladi terum a Macedonum phalange ad Atragem vi pulsos Romanos opponebat: et illic tamen, ubi insessas fauces Epiri non tenuissent, primam culpam fuisse eorum qui neglegenter custodias servassent, secundam in ipso certamine levis armaturae mercennariorumque militum; Macedonum vero phalangem et tunc stetisse et loco aequo iustaque pugna semper mansuram invictam Decem et sex milia militum haec fuere, robur omne virium eius regni; ad hoc duo milia caetratorum, quos peltas appellant, Thracumque et IllyriorumTralles est nomen gentipar numerus, bina milia erant, et mixti ex pluribus gentibus mercede conducti auxiliares mille ferme et quingenti et duo milia equitum Cum iis copiis rex hostem opperiebatur Romanis ferme par numerus erat; qui tum copiis tantum quod Aetoli accesserant superabant |
(4) Alla disfatta subita nelle gole del fiume Aoo contrapponeva il duplice 1 scacco inflitto ai Romani dalla falange macedone ad Strage: inoltre sull'Aoo, dove non erano riusciti a difendere le gole dell'Epiro che occupavano, la colpa era stata innanzitutto della negligenza delle sentinelle, in secondo luogo, già durante la battaglia, delle truppe leggere e dei mercenari; invece la falange macedone aveva resistito allora e avrebbe continuato ad essere invincibile in campo aperto e in battaglia regolare Erano là sedicimila soldati, il nerbo delle truppe del suo regno; inoltre duemila soldati armati di piccoli scudi, quelli chiamati peltasti, e Traci e Illiri (del popolo dei Tralli) in ugual numero, duemila per parte, e ancora millecinquecento ausiliari mercenari, provenienti da diverse genti, e duemila cavalieri Con queste forze i1 re attendeva il nemico Il numero dei Romani era all'incirca il medesimo; essi erano superiori soltanto grazie ai rinforzi etoli |
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(5) Quinctius ad Thebas Phthioticas castra cum movisset, spem nactus per Timonem principem civitatis prodi urbem, cum paucis equitum levisque armaturae ad muros successit Ibi adeo frustrata spes est ut non certamen modo cum erumpentibus sed periculum quoque atrox subiret, ni castris exciti repente pedites equitesque in tempore subvenissent Et postquam nihil conceptae temere spei succedebat, urbis quidem amplius temptandae in praesentia conatu absistit; ceterum satis gnarus iam in Thessalia regem esse, nondum comperto quam in regionem venisset, milites per agros dimissos vallum caedere et parare iubet |
(5) Quinzio spostò il suo campo presso Tebe in Ftiotide e avendo concepito la speranza che la città potesse essergli consegnata ad opera di uno dei suoi capì, Timone, si avvicinò alle mura con pochi cavalieri e soldati armati alla leggera Ma la sua speranza al riguardo venne delusa a tal punto che avrebbe dovuto affrontare non solo una sortita degli abitanti ma anche un gravissimo pericolo se con grande rapidità fanti e cavalieri, chiamati dall'accampamento, non fossero giunti in tempo in suo aiuto Dal momento che la sua speranza, imprudentemente concepita, non si era affatto realizzata, rinunziò per il momento ai tentativi di assalto contro la città; per il resto, essendo ben informato del fatto che il re già si trovava in Tessaglia pur senza aver potuto assodare in quale regione fosse venuto, mandò i soldati per í campi con l'ordine di tagliare legna e di innalzare una palizzata |
Vallo et Macedones et Graeci usi sunt, sed usum nec ad commoditatem ferendi nec ad ipsius munitionis firmamentum aptaverunt; nam et maiores et magis ramosas arbores caedebant quam quas ferre cum armis miles posset, et cum castra his ante obiectis saepsissent, facilis molitio eorum valli erat Nam et quia rari stipites magnarum arborum eminebant multique et validi rami praebebant qvod recte manu caperetur, duo aut summum tres iuvenes conixi arborem unam evellebant, qua evulsa portae instar extemplo patebat, nec in promptu erat quod obmolirentur |
Anche i Macedoni e i Greci fanno uso di palizzate, ma se ne servono in un modo che le rende difficili da trasportare e poco valide anche per rafforzare le difese; essi difatti tagliano alberi troppo grandi e con troppi rami perché un soldato con le armi possa portarli, e quando ne hanno fatto una difesa davanti al campo facile è la demolizione della palizzata Poiché, distanti tra loro, si levano i tronchi di grandi alberi, e molti rami robusti permettono una buona presa, due o tre giovani al massimo, unendo i loro sforzi, possono svellere uno di questi alberi, dopo di che subito si spalanca una specie dì porta ed essi non hanno a portata di mano del materiale con cui ostruirla |
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Romanus leves et bifurcos plerosque et trium aut cum plurimum quattuor ramorum vallos caedit, ut et suspensis ab tergo armis ferat plures simul apte miles; et ita densos obfigunt implicantque ramis ut neque quae cuiusque stipitis palma sit pervideri possit; et adeo acuti aliusque per alium immissi rami locum ad inserendam manum non relinquunt ut neque prehendi qvod trahatur neque trahi, cum inter se innexi rami vinculum in vicem praebeant, possit; et si evulsus forte est unus, nec loci multum aperit et alium reponere perfacile est (6) Quinctius postero die vallum secum ferente milite ut paratus omni loco castris ponendis esset, progressus modicum iter sex ferme milia a Pheris cum consedisset, speculatum in qua parte Thessaliae hostis esset quidue pararet misit Circa Larisam erat rex |
I Romani tagliano tronchi leggeri e con due rami o tre o quattro al massimo in modo che, con le armi appese dietro le spalle, un soldato ne porta facilmente diversi insieme; poi li piantano così fitti, e coi rami così intrecciati, che non si può distinguere il tronco di ogni ramo né i rami di ogni tronco; e sono così aguzzi e coi rami così intrecciati tra loro, senza lasciare spazio per infilarvi una mano, che non è possibile né afferrarli per tirare, né tirare, dal momento che i rami intrecciati fanno a loro volta resistenza; se poi per caso un tronco viene strappato via, non apre un grande varco ed è assai facile sostituirgliene un altro (6) Il giorno seguente Quinzio, mentre i soldati portavano con sé i tronchi per la palizzata per essere pronti ad accamparsi in qualsiasi posto, avanzò per un tratto piuttosto breve e si arrestò a circa sei miglia da Fere, poi mandò degli esploratori a scoprire in quale parte della Tessaglia si trovasse il nemico e che cosa preparasse Il re si trovava presso Larisa |