Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 12-23, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 12-23

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 07, 12-23
Discusso itaque uano apparatu hostium, cum in ipsos armatos se intulissent, averterunt totam aciem castrisque etiam eo die potiti praeda ingenti parta victores reverterunt, militaribus iocis cum apparatum hostium tum suum increpantes pauorem

Concitatur deinde omne nomen Etruscum et Tarquiniensibus Faliscisque ducibus ad Salinas perveniunt Adversus eum terrorem dictator C Marcius Rutulus primus de plebe dictus magistrum equitum item de plebe C Plautium dixit

Id vero patribus indignum uideri etiam dictaturam iam in promiscuo esse; omnique ope impediebant ne quid dictatori ad id bellum decerneretur parareturue

Eo promptius cuncta ferente dictatore populus iussit
Così, dopo aver disperso qvel falso apparato nemico, si lanciarono contro gli uomini realmente armati, mettendo in fuga l'intera armata nemica e conquistandone qvello stesso giorno anche l'accampamento: tornando vincitori con l'enorme bottino razziato, i soldati deridevano con lazzi militareschi non solo la messa in scena allestita dai nemici ma anche la propria paura

In séguito tutti i popoli etruschi entrarono in guerra, dirigendosi verso le Saline, agli ordini dei comandanti di Tarquinia e di Faleri Per fronteggiare qvella minaccia, venne eletto dittatore Gaio Marcio Rutulo - il primo plebeo a occupare tale magistratura -, che scelse come maestro di cavalleria un altro plebeo, Gaio Plauzio

Ma i patrizi ritennero fosse una vergogna il dividere con i plebei anche la dittatura Perciò esercitarono tutta la loro influenza per evitare che venissero approvati decreti o fatti i preparativi necessari al dittatore per condurre qvella guerra

Tanto più prontamente il popolo votò tutte le proposte avanzate dal dittatore
Profectus ab urbe utraque parte Tiberis, ratibus exercitu, quocumque fama hostium ducebat, traiecto multos populatores agrorum uagos palantes oppressit; castra quoque necopinato adgressus cepit et octo milibus hostium captis, ceteris aut caesis aut ex agro Romano fugatis sine auctoritate patrum populi iussu triumphauit

Quia nec per dictatorem plebeium nec per consulem comitia consularia haberi uolebant et alter consul Fabius bello retinebatur, res ad interregnum redit

Interreges deinceps Q Servilius Ahala M Fabius Cn Manlius C Fabius C Sulpicius L Aemilius Q Servilius M Fabius Ambustus
Partito da Roma, il dittatore, servendosi di zattere, dispose le sue truppe su entrambe le rive del Tevere, dovunque veniva a sapere che si trovavano i nemici, e sorprese molti che vagavano saccheggiando le campagne Con un attacco a sorpresa catturò poi anche l'accampamento nemico insieme con ottomila uomini I restanti vennero massacrati o allontanati dal territorio romano; al dittatore il popolo tributò il trionfo, senza però che questo venisse autorizzato dal senato

Siccome i patrizi non permettevano che né il dittatore plebeo né il console presiedessero le elezioni consolari e l'altro console, Marco Fabio Ambusto, era trattenuto dalla guerra, la situazione sfociò in un interregno

La carica venne detenuta successivamente da Quinto Servilio Aala, Marco Fabio, Gneo Manlio, Gaio Fabio, Gaio Sulpicio, Lucio Emilio, Quinto Servilio e Marco Fabio Ambusto
In secundo interregno orta contentio est, quod duo patricii consules creabantur, intercedentibusque tribunis interrex Fabius aiebat in duodecim tabulis legem esse ut, quodcumque postremum populus iussisset, id ius ratumque esset; iussum populi et suffragia esse

Cum intercedendo tribuni nihil aliud quam ut differrent comitia ualuissent, duo patricii consules creati sunt, C Sulpicius Peticus tertium M Valerius Publicola eodemque die magistratum inierunt

18] Quadringentesimo anno quam urbs Romana condita erat, quinto tricesimo quam a Gallis reciperata, ablato post undecimum annum a plebe consulatu [patricii consules ambo ex interregno magistratum iniere, C Sulpicius Peticus tertium M Valerius Publicola]
Durante il secondo interregno ci fu un contrasto dovuto al fatto che stavano per essere eletti consoli due patrizi: ma avendo i tribuni opposto il loro veto, l'interré Fabio sosteneva che, giusta una legge delle XII Tavole, qualunque cosa il popolo avesse decretata per ultima aveva valore di norma e doveva essere ratificata; inoltre anche il voto del popolo doveva considerarsi una deliberazione

Ma siccome il ricorso al veto da parte dei tribuni non portò ad altro che a differire la data delle elezioni, vennero eletti consoli due patrizi, Gaio Sulpicio Petico (al terzo consolato) e Marco Valerio Publicola, i quali entrarono in carica lo stesso giorno

18 A quattrocento anni dalla fondazione di Roma e a trentacinque da quando venne ripresa ai Galli, i plebei vennero privati del consolato cui avevano avuto accesso per dieci anni [a entrare in carica dopo l'interregno furono due patrizi, Gaio Sulpicio Petico (al terzo consolato) e Marco Valerio Publicola]

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Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 51 - 55
Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 51 - 55

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 51 - 55

Empulum eo anno ex Tiburtibus haud memorando certamine captum, siue duorum consulum auspicio bellum ibi gestum est, ut scripsere quidam, seu per idem tempus Tarquiniensium quoque sunt uastati agri ab Sulpicio consule, quo Valerius adversus Tiburtes legiones duxit

Domi maius certamen consulibus cum plebe ac tribunis erat

Fidei iam suae non solum virtutis ducebant esse, ut accepissent duo patricii consulatum, ita ambobus patriciis mandare: quin aut toto cedendum esse ut plebeius iam magistratus consulatus fiat, aut totum possidendum quam possessionem integram a patribus accepissent
Qvell'anno la città di Empoli venne tolta ai Tiburtini senza che si dovesse ricorrere a battaglie degne di essere menzionate E questo o perché qvella campagna venne condotta sotto gli auspici dei due consoli, come è scritto in alcune fonti, oppure perché il territorio di Tarquinia venne messo a ferro e fuoco dal console Sulpicio proprio nello stesso momento in cui Valerio guidò le sue legioni contro i Tiburtini

I consoli ebbero vita ben più difficile in patria, opposti com'erano a plebe e tribuni

I nobili ritenevano che il senso dell'onore e il riconoscimento dei loro meriti ormai rendevano imprescindibile che, come due patrizi avevano ottenuto il consolato, così essi dovessero tramandarlo a successori che fossero entrambi patrizi: anzi, sostenevano che bisognasse o rinunciare del tutto a qvella carica, e far diventare il consolato una magistratura plebea, oppure mantenere intatto qvel possesso che essi avevano ereditato integro dai loro padri
Plebes contra fremit: quid se vivere, quid in parte ciuium censeri, si, quod duorum hominum virtute, L Sexti ac C Licini, partum sit, id obtinere universi non possint

Vel reges vel decemviros vel si quod tristius sit imperii nomen patiendum esse potius quam ambos patricios consules uideant nec in uicem pareatur atque imperetur sed pars altera in aeterno imperio locata plebem nusquam alio natam quam ad serviendum putet

Non desunt tribuni auctores turbarum, sed inter concitatos per se omnes uix duces eminent
Dall'altra parte i plebei erano in fermento: che senso aveva vivere, che senso aveva essere considerati parte dello Stato, se poi non erano in grado di mantenere, tutti insieme, ciò che il coraggio di due soli uomini, Lucio Sestio e Gaio Licinio, aveva ottenuto per loro

Meglio dover accettare i re o i decemviri o qualunque altra peggior forma di governo, piuttosto che vedere entrambi i consoli patrizi, senza alternanza nell'obbedire e nel comandare, con una parte della cittadinanza che si riteneva investita per sempre dell'autorità e considerava la plebe come nata per nient'altro che la servitù

Tribuni che agitassero le acque certo non mancavano, ma in qvella situazione che vedeva tutti già di per sé eccitati i capi emergevano a stento

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Aliquotiens frustra in campum descensum cum esset multique per seditiones acti comitiales dies, postremo uicit perseuerantia consulum: plebis eo dolor erupit, ut tribunos actum esse de libertate uociferantes relinquendumque non campum iam solum sed etiam urbem captam atque oppressam regno patriciorum maesta sequeretur

Consules relicti a parte populi per infrequentiam comitia nihilo segnius perficiunt

Creati consules ambo patricii, M Fabius Ambustus tertium T Qvinctius

In quibusdam annalibus pro T Qvinctio M Popilium consulem invenio

[19] Duo bella eo anno prospere gesta: cum Tarquiniensibus Tiburtibusque ad deditionem pugnatum

Sassula ex his urbs capta; ceteraque oppida eandem fortunam habuissent, ni universa gens positis armis in fidem consulis venisset
Dopo alcune inutili discese del popolo nel Campo Marzio e molti giorni dedicati alle assemblee e finiti in scontri, la perseveranza dei consoli ebbe alla fine la meglio: i plebei arrivarono a un punto tale di esasperazione da seguire mestamente i loro tribuni i quali andavano gridando che la libertà era ormai perduta e che bisognava abbandonare non solo il Campo Marzio, ma anche Roma stessa, a sua volta prigioniera e oppressa dalla tirannide patrizia

Ma i consoli, abbandonati da una parte della popolazione, non ostante l'esiguo numero di votanti, portarono a termine le elezioni con pari determinazione

I consoli eletti, Marco Fabio Ambusto e Tito Quinzio (al terzo consolato), erano entrambi patrizi

In alcuni annali come console ho trovato Marco Popilio al posto di Tito Quinzio

19 Le due guerre combattute qvell'anno ebbero esito positivo Tarquiniesi e Tiburtini vennero costretti alla resa

Ai Tiburtini fu strappata Sassula Le altre città avrebbero fatto la sua stessa fine, se l'intero popolo non avesse abbandonato le armi, consegnandosi a discrezione del console
Triumphatum de Tiburtibus; alioquin mitis victoria fuit

In Tarquinienses acerbe saeuitum; multis mortalibus in acie caesis ex ingenti captiuorum numero trecenti quinquaginta octo delecti, nobilissimus quisque, qui Romam mitterentur; uolgus aliud trucidatum

Nec populus in eos qui missi Romam erant mitior fuit: medio in foro omnes virgis caesi ac securi percussi

Id pro immolatis in foro Tarquiniensium Romanis poenae hostibus redditum

Res bello bene gestae ut Samnites quoque amicitiam peterent effecerunt

Legatis eorum comiter ab senatu responsum; foedere in societatem accepti

Non eadem domi quae militiae fortuna erat plebi Romanae
Per la sconfitta dei Tiburtini venne celebrato un trionfo Ma la clemenza prevalse negli altri aspetti della vittoria

Per la gente di Tarquinia non ci fu invece nessuna pietà: molti di essi vennero uccisi in battaglia, e dei moltissimi prigionieri catturati ne vennero scelti trecento cinquantotto - il fiore della nobiltà - per essere inviati a Roma, mentre il resto della popolazione venne passato per le armi

Quanto al popolo, non fu molto più clemente con qvelli che erano stati inviati a Roma: vennero frustati e decapitati al centro del foro

Fu qvello il modo per vendicarsi dei nemici per i Romani massacrati nel foro di Tarquinia

Il successo in questa guerra fece sì che anche i Sanniti venissero a chiedere la pace

Il senato ebbe per i loro ambasciatori una risposta amichevole e concesse loro un trattato di alleanza

Ma la plebe di Roma non coglieva in patria gli stessi successi che le toccavano in campo militare

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Nam etsi unciario fenore facto leuata usura erat, sorte ipsa obruebantur inopes nexumque inibant; eo nec patricios ambo consules neque comitiorum curam publicaue studia prae privatis incommodis plebs ad animum admittebat

Consulatus uterque apud patricios manet; consules creati C Sulpicius Peticus quartum M Valerius Publicola iterum

In bellum Etruscum intentam ciuitatem, quia Caeritem populum misericordia consanguinitatis Tarquiniensibus adiunctum fama ferebat, legati Latini ad Volscos convertere, nuntiantes exercitum conscriptum armatumque iam suis finibus imminere; inde populabundos in agrum Romanum uenturos esse
Infatti, anche se l'adozione del tasso di interesse dell'uno per cento sui prestiti li aveva liberati dall'usura, i più poveri erano ugualmente schiacciati dal peso del capitale da restituire e finivano con l'essere ridotti in schiavitù E per questo né la presenza di due consoli patrizi, né la preoccupazione per le elezioni o per la politica riusciva a distrarre l'attenzione dei plebei dalle vicissitudini private

Di conseguenza entrambi i consoli continuarono a essere patrizi e vennero eletti Gaio Sulpicio Petico (al quarto consolato) e Marco Valerio Publicola (al secondo)

Mentre la gente aveva pensieri solo per la guerra contro il popolo etrusco (poiché circolava voce che gli abitanti di Cere, presi da compassione per i loro consanguinei di Tarquinia, avrebbero fatto causa comune con questi ultimi), arrivarono ambasciatori latini a stornare l'attenzione verso i Volsci: riferirono che questi avevano arruolato e armato un esercito con il quale stavano già minacciando il territorio latino, per poi passare di lì a devastare qvello romano
Censuit igitur senatus neutram neglegendam rem esse; utroque legiones scribi consulesque sortiri provincias iussit

Inclinauit deinde pars maior curae in Etruscum bellum, postquam litteris Sulpici consulis, cui Tarquinii provincia evenerat, cognitum est depopulatum agrum circa Romanas salinas praedaeque partem in Caeritum fines auectam et haud dubie iuventutem eius populi inter praedatores fuisse

Itaque Valerium consulem, Volscis oppositum castraque ad finem Tusculanum habentem, reuocatum inde senatus dictatorem dicere iussit

T Manlium L filium dixit

Is cum sibi magistrum equitum A Cornelium Cossum dixisset, consulari exercitu contentus ex auctoritate patrum ac populi iussu Caeritibus bellum indixit
Il senato ritenne opportuno non trascurare nessuno dei due pericoli, e ordinò di arruolare legioni per entrambe le campagne, lasciando che i consoli dividessero tra loro i cómpiti con un sorteggio

Ma il fronte etrusco divenne in séguito la preoccupazione maggiore, quando cioè tramite una lettera del console Sulpicio, cui era toccata la campagna contro Tarquinia, si venne a sapere che la zona nei pressi delle Saline romane era stata messa a ferro e fuoco, che parte del bottino era stata portata nel territorio di Cere e che tra i responsabili del saccheggio c'erano sicuramente giovani provenienti da qvella città

Pertanto il senato, dopo aver richiamato il console Valerio, che era impegnato contro i Volsci e stava accampato nel territorio di Tuscolo, gli ordinò di nominare un dittatore

La scelta cadde su Tito Manlio, il figlio di Lucio

Questi, dopo essersi scelto come maestro di cavalleria Aulo Cornelio Cosso, si limitò a chiedere un esercito consolare e quindi, con l'autorizzazione del senato e per volontà del popolo, dichiarò guerra agli abitanti di Cere

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[20] Tum primum Caerites, tamquam in verbis hostium uis maior ad bellum significandum quam in suis factis, qui per populationem Romanos lacessierant, esset, uerus belli terror inuasit, et quam non suarum virium ea dimicatio esset cernebant; paenitebatque populationis et Tarquinienses exsecrabantur defectionis auctores; nec arma aut bellum quisquam apparare sed pro se quisque legatos mitti iubebat ad petendam erroris veniam 20 Fu in qvel momento che gli abitanti di Cere, come se nelle parole dei nemici ci fossero più minacce di guerra che non nelle provocazioni e nelle devastazioni da loro inflitte ai Romani, vennero presi per la prima volta dal terrore di dover affrontare lo scontro e cominciarono a rendersi conto dell'inadeguatezza delle loro forze a qvel genere di conflitto Così si pentivano dei saccheggi compiuti e maledicevano i Tarquiniesi per averli trascinati alla defezione Non c'era un solo cittadino che si armasse o facesse preparativi di guerra, ma tutti chiedevano di inviare ambasciatori a chiedere perdono dell'errore commesso

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