Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 12-23

Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 12-23

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 07, 12-23

Itaque insequenti anno M Popilio Laenate Cn Manlio consulibus primo silentio noctis ab Tibure agmine infesto profecti ad urbem Romam uenerunt

Terrorem repente ex somno excitatis subita res et nocturnus pauor praebuit, ad hoc multorum inscitia, qui aut unde hostes advenissent; conclamatum tamen celeriter ad arma est et portae stationibus murique praesidiis firmati

Et ubi prima lux mediocrem multitudinem ante moenia neque alium quam Tiburtem hostem ostendit, duabus portis egressi consules utrimque aciem subeuntium iam muros adgrediuntur; apparuitque occasione magis quam virtute fretos venisse: adeo uix primum impetum Romanorum sustinuere
Così, l'anno successivo, quando i consoli in carica erano Marco Popilio Lenate e Gneo Manlio, una spedizione partì da Tivoli con intenti bellicosi e raggiunse Roma ai primi silenzi della notte

L'evento improvviso e l'allarme notturno terrorizzarono la popolazione immersa nel sonno; e ulteriore paura aggiunse il fatto che molti non sapevano chi fossero e da dove venissero i nemici Ciò non ostante l'ordine di correre alle armi venne dato immediatamente, mentre in prossimità delle porte e dei muri vennero piazzate sentinelle e corpi di guardia

Ma quando le prime luci del giorno permisero di capire che la massa degli assalitori non era consistente e che non vi erano altri nemici salvo i Tiburtini, i consoli, usciti da due delle porte, piombarono loro addosso dai fianchi mentre si stavano già avvicinando alle mura; e fu chiaro che la loro spedizione era fondata più sulla sorpresa che sul vero valore: riuscirono appena a sostenere il primo assalto romano
Quin etiam bono fuisse Romanis aduentum eorum constabat orientemque iam seditionem inter patres et plebem metu tam propinqui belli compressam

Alius adventus hostium fuit agris terribilior: populabundi Tarquinienses fines Romanos, maxime qua ex parte Etruriam adiacent, peragrauere rebusque nequiquam repetitis noui consules C Fabius et C Plautius iussu populi bellum indixere; Fabioque ea provincia, Plautio Hernici evenere

Gallici quoque belli fama increbrescebat

Sed inter multos terrores solacio fuit pax Latinis petentibus data et magna uis militum ab his ex foedere vetusto, quod multis intermiserant annis, accepta

Quo praesidio cum fulta res Romana esset, leuius fuit quod Gallos mox Praeneste venisse atque inde circa Pedum consedisse auditum est
Qvell'assalto, risultò chiaro, era stato un bene per i Romani perché la paura provocata da una guerra così vicina aveva represso sul nascere uno scontro tra patrizi e plebei

Un'altra incursione ostile fu invece, per le campagne, più preoccupante: i Tarquiniesi penetrarono in territorio romano, devastandolo soprattutto nei pressi del confine con l'Etruria E siccome le richieste di riparazione non ebbero séguito, i nuovi consoli Gaio Fabio e Gaio Plauzio dichiararono loro guerra per ordine del popolo A Fabio toccò qvella campagna, mentre a Plauzio andarono gli Ernici

Inoltre si facevano sempre più frequenti le voci circa una guerra scatenata dai Galli

Ma in mezzo a tutte qvelle preoccupazioni fu motivo di consolazione il concedere la pace ai Latini che erano venuti a domandarla, e che inviarono un massiccio contingente di rinforzi (come previsto dalle clausole di un antico trattato cui qvel popolo non si era attenuto per molti anni)

Grazie all'invio di queste nuove forze, i Romani reagirono meglio all'arrivo della notizia che i Galli erano arrivati a Preneste e di lì si erano accampati nei pressi di Pedo
Dictatorem dici C Sulpicium placuit; consul ad id accitus C Plautius dixit; magister equitum dictatori additus M Valerius

Hi robora militum ex duobus consularibus exercitibus electa adversus Gallos duxerunt

Lentius id aliquanto bellum quam parti utrique placebat fuit

Cum primo Galli tantum auidi certaminis fuissent, deinde Romanus miles ruendo in arma ac dimicationem aliquantum Gallicam ferociam vinceret, dictatori neutiquam placebat, quando nulla cogeret res, fortunae se committere adversus hostem, quem tempus deteriorem in dies faceret, locis alienis sine praeparato commeatu, sine firmo munimento morantem, ad hoc iis corporibus animisque quorum omnis in impetu vis esset, parua eadem languesceret mora
Fu deciso di nominare dittatore Gaio Sulpicio e il console Gaio Plauzio venne richiamato apposta per farlo Al dittatore venne affiancato come maestro di cavalleria Marco Valerio

Questi uomini marciarono contro i Galli, dopo aver selezionato il meglio dei due eserciti consolari

Ma la guerra si trascinò molto più a lungo di quanto entrambe le parti desiderassero

Mentre all'inizio solo i Galli erano ansiosi di arrivare allo scontro, in séguito i Romani ne superarono di gran lunga l'irruenza, desiderosi com'erano di correre alle armi e di combattere Ma il dittatore, non essendo forzato dalle circostanze, non aveva alcuna intenzione di buttarsi allo sbaraglio contro un nemico che il tempo rendeva giorno dopo giorno sempre meno preoccupante, in zone poco favorevoli, senza adeguate provviste di viveri E a tutto questo si aggiungeva il fatto che la forza e il valore del nemico consisteva interamente nella capacità di attacco, mentre diventava poca cosa non appena le operazioni rallentavano anche di un nonnulla

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 51 - 55

His consiliis dictator bellum trahebat grauemque edixerat poenam, si quis iniussu in hostem pugnasset

Milites aegre id patientes primo in stationibus vigiliisque inter se dictatorem sermonibus carpere, interdum patres communiter increpare quod non iussissent per consules geri bellum: electum esse eximium imperatorem, unicum ducem, qui nihil agenti sibi de caelo deuolaturam in sinum victoriam censeat

Eadem deinde haec interdiu propalam ac ferociora his iactare: se iniussu imperatoris aut dimicaturos aut agmine Romam ituros
Fondandosi su queste considerazioni, il dittatore cercava di tirare la guerra per le lunghe, minacciando pene gravissime per chi avesse osato aprire le ostilità senza il suo ordine

Gli uomini, che non vedevano di buon occhio questa tattica, sulle prime cominciarono a sparlare del dittatore durante i servizi di guardia e talora si recavano in gruppo dai senatori rimproverandoli di non aver affidato la guerra ai consoli: il comandante supremo da loro scelto era un grandissimo stratega, uno che credeva che la vittoria gli sarebbe caduta tra le braccia dal cielo senza dover alzare un dito

Ma in séguito i soldati iniziarono a parlare alla luce del sole e a dire apertamente cose ancora più gravi: non avrebbero più aspettato l'ordine del comandante: avrebbero combattuto oppure sarebbero rientrati a Roma in schiera compatta
Immiscerique militibus centuriones nec in circulis modo fremere sed iam in principiis ac praetorio in unum sermones confundi atque in contionis magnitudinem crescere turba et uociferari ex omnibus locis ut extemplo ad dictatorem iretur; verba pro exercitu faceret Sex

Tullius, ut virtute eius dignum esset

[13] Septimum primum pilum iam Tullius ducebat neque erat in exercitu, qui quidem pedestria stipendia fecisset, vir factis nobilior
Ai soldati cominciarono a unirsi i centurioni e le lamentele non erano più limitate a piccoli crocchi: nella piazza principale del campo e di fronte alla tenda del dittatore era ormai un solo coro di proteste La massa degli scontenti aumentò poi nell'assemblea del popolo e da tutte le parti si sentiva la gente gridare che era venuto il momento di andare dal dittatore

Il portavoce delle truppe avrebbe dovuto essere Sesto Tullio, come si conveniva alla sua statura di soldato

13 In qvella campagna Tullio serviva per la settima volta come centurione primipilo e in tutto l'esercito non c'era nessun altro - almeno all'interno della fanteria - che si fosse distinto quanto lui per i servizi prestati

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Is praecedens militum agmen ad tribunal pergit mirantique Sulpicio non turbam magis quam turbae principem Tullium, imperiis oboedientissimum militem, 'si licet, dictator' inquit, 'condemnatum se universus exercitus a te ignauiae ratus et prope ignominiae causa destitutum sine armis orauit me ut suam causam apud te agerem

Equidem, sicubi loco cessum, si terga data hosti, si signa foede amissa obici nobis possent, tamen hoc a te impetrari aequum censerem ut nos virtute culpam nostram corrigere et abolere flagitii memoriam noua gloria patereris

Etiam ad Alliam fusae legiones eandem quam per pauorem amiserant patriam profectae postea a Veiis virtute reciperauere
Marciando in testa alle truppe, Tullio salì sulla tribuna e si avvicinò a Sulpicio che era sbalordito non tanto al vedersi davanti qvella massa di soldati, quanto piuttosto al fatto che a guidarla fosse Tullio, un soldato assolutamente ligio alla gerarchia militare Se mi è concesso, o dittatore, disse l'intero esercito, sentendosi condannato alla viltà dal tuo comportamento e quasi privato delle armi per ignominia, mi ha pregato di venire a perorare la sua causa presso di te

A dir la verità, se noi potessimo essere accusati di aver in qualche luogo ceduto la posizione, di aver voltato le spalle ai nemici o di aver abbandonato vergognosamente le insegne, ciò non ostante continuerei a pensare che sia giusto chiederti di offrirci l'opportunità di riparare alla nostra colpa con una prova di valore e di conquistare nuova gloria cancellando il ricordo del nostro disonore

Anche le legioni che furono messe in fuga all'Allia partirono poi alla volta di Veio e riconquistarono con il valore qvella stessa patria che avevano perduto per codardia
Nobis deum benignitate, felicitate tua populique Romani, et res et gloria est integra; quamquam de gloria uix dicere ausim, si nos et hostes haud secus quam feminas abditos intra uallum omnibus contumeliis eludunt, et tu imperator noster -- quod aegrius patimur -- exercitum tuum sine animis, sine armis, sine manibus iudicas esse et, priusquam expertus nos esses, de nobis ita desperasti ut te mancorum ac debilium ducem iudicares esse

Quid enim aliud esse causae credamus, cur ueteranus dux, fortissimus bello, compressis, quod aiunt, manibus sedeas

Utcumque enim se habet res, te de nostra virtute dubitasse uideri quam nos de tua uerius est
Quanto a noi, per la benevolenza degli dèi e la fortuna che arride a te e al popolo romano, la nostra causa e la nostra gloria sono ancora intatte Anche se della gloria sarei meno sicuro, visto che i nemici ci hanno insultato in tutti i modi possibili, come fossimo donnicciole nascoste al riparo della trincea, e tu, il nostro comandante - cosa questa ben più difficile da sopportare - ci consideri un esercito privo di nerbo, di armi e di mani e prima ancora di averci messo alla prova hai disperato di noi a tal punto da ritenerti il comandante di un'armata di invalidi e di storpi

Perché in quale altro modo potremmo spiegarci che un generale esperto e temerario quale tu sei se ne stia, come si suole dire, con le mani in mano

Comunque stiano le cose, è più ragionevole che tu dia l'impressione di avere dei dubbi circa il nostro valore piuttosto che ad avere dubbi sul tuo siamo noi soldati

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Sin autem non tuum istuc sed publicum est consilium, et consensus aliqui patrum, non Gallicum bellum, nos ab urbe, a penatibus nostris ablegatos tenet, quaeso, ut ea quae dicam non a militibus imperatori dicta censeas sed a plebe patribus -- quae si, ut uos vestra habeatis consilia, sic se sua habituram dicat, quis tandem suscenseat

-- milites nos esse non seruos vestros, ad bellum non in exsilium missos; si quis det signum, in aciem educat, ut viris ac Romanis dignum sit, pugnaturos: si nihil armis opus sit, otium Romae potius quam in castris acturos

Haec dicta sint patribus
Ma se invece questa tattica non dipende da te ma ti è imposta dallo Stato, e se a tenerci lontano da Roma è qualche accordo stretto dai senatori e non la guerra contro i Galli, allora io ti prego di ascoltare le parole che sto per dirti non come se fossero rivolte dalla truppa al comandante, ma come se a parlare fosse la plebe ai patrizi (e visto che voi patrizi avete i vostri piani, chi potrebbe prendersela coi plebei se anche loro decidessero di averne

): noi siamo soldati, non vostri servi; siamo stati inviati a combattere una guerra e non mandati in esilio Se qualcuno vorrà dare il segnale e guidarci in battaglia, noi saremo pronti a combattere come si conviene a degli uomini e a dei Romani Ma se non c'è bisogno delle armi, allora preferiamo riposarci a Roma piuttosto che dentro un accampamento

Ai patrizi è questo che mandiamo a dire
Te, imperator, milites tui oramus ut nobis pugnandi copiam facias; cum vincere cupimus, tum te duce vincere, tibi lauream insignem deferre, tecum triumphantes urbem inire, tuum sequentes currum Iouis optimi maximi templum gratantes ouantesque adire

' Orationem Tulli exceperunt preces multitudinis et undique, ut signum daret, ut capere arma iuberet, clamabant

[14] Dictator quamquam rem bonam exemplo haud probabili actam censebat tamen facturum quod milites vellent, in se recepit Tulliumque secreto quaenam haec res sit aut quo acta more percontatur
Ma a te, o comandante, noi che siamo i tuoi soldati chiediamo imploranti di concederci l'opportunità di combattere Non abbiamo voglia soltanto di vincere: vogliamo vincere sotto il tuo comando, conquistare per te l'alloro prestigioso, entrare con te in trionfo a Roma e accompagnare con ovazioni e ringraziamenti il tuo carro trionfale fino al tempio di Giove Ottimo Massimo

Il discorso di Tullio venne sostenuto dalle invocazioni della folla, mentre da ogni parte si udivano voci che chiedevano a tutta forza di dare il segnale di battaglia e l'ordine di prendere le armi

14 Pur pensando che l'iniziativa, di per sé ottima, fosse stata condotta in maniera non certo esemplare, ciò non ostante il dittatore decise di seguire la volontà della truppa, e in privato domandò a Tullio che cosa significasse qvel gesto e sulla base di quale precedente egli avesse agito

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Tullius magno opere a dictatore petere ne se oblitum disciplinae militaris, ne sui neue imperatoriae maiestatis crederet; multitudini concitatae, quae ferme auctoribus similis esset, non subtraxisse se ducem ne quis alius, quales mota creare multitudo soleret, exsisteret; nam se quidem nihil non arbitrio imperatoris acturum

Illi quoque tamen uidendum magno opere esse ut exercitum in potestate haberet; differri non posse adeo concitatos animos; ipsos sibi locum ac tempus pugnandi sumpturos, si ab imperatore non detur

Dum haec loquuntur, iumenta forte pascentia extra uallum Gallo abigenti duo milites Romani ademerunt
Tullio pregò il dittatore di non credere che egli si fosse dimenticato della disciplina militare, né della propria posizione né tantomeno dell'autorità del comandante: siccome la massa è in genere della stessa stoffa dei suoi capi, egli non aveva rifiutato di esserne il portavoce, per evitare che saltasse fuori qualcun altro simile a qvelli che di solito la massa in fermento suole scegliere come propri rappresentanti

Ma a essere sincero, non avrebbe fatto nulla senza l'approvazione del suo comandante, il quale doveva del resto guardarsi bene dal lasciarsi sfuggire di mano il controllo dell'esercito, visto che in qvello stato di eccitazione rimandare la soluzione del problema non sarebbe servito a molto Se infatti l'ordine non fosse venuto dal comandante, avrebbero scelto da soli luogo e tempo per entrare in battaglia

Mentre questo colloquio era in pieno svolgimento, uno dei Galli tentò di portar via degli animali che si trovavano a pascolare al di là della palizzata, ma se li vide strappare da due Romani, contro i quali i Galli presero a scagliare sassi

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