Lettere a Lucilio (Seneca) Libro X - Lettera I

Lettere a Lucilio (Seneca) Libro X - Lettera I

L'INGRATITUDINE NON DEVE ESSERE IMPEDIMENTO ALL'OPERA BENEFICA

Tu ti lagni di esserti imbattuto in un uomo ingrato: se questo ti accade per la prima volta, ringraziane la fortuna o la tua avvedutezza. Ma in questo l'avvedutezza non può altro che chiuderti in una malevola negazione: per evitare il pericolo dell'ingratitudine, finirai per non fare più benefici. E così, perché il benefizio non abbia cattivo effetto in altri, tu rinunzierai al buon effetto che poteva avere in te. Molto meglio invece è che i benefici siano fatti anche se non trovano risposta in un sentimento di gratitudine. Anche dopo un cattivo raccolto bisogna sempre seminare. Spesso quello che era andato perduto per la persistente sterilità d'un terreno infelice viene poi restituito dalla fecondità d'una sola annata. Giova anche sperimentare l'ingratitudine di molti per trovare un uomo grato. Nel largire benefici nessuno ha la mano così sicura che non sbagli anche sovente: ma se ne perdano pure molti, purché qualcuno dia buon frutto. Pur dopo un naufragio si torna sempre a ritentare il viaggio per mare; lo scialacquatore fallito non spaventa e non allontana dal mercato l'usuraio. La vita languirebbe intorpidita in una sonnolenta inerzia, se si dovesse abbandonare tutto ciò che può provocare un'offesa. Proprio questo che tu lamenti, ti deve fare più pronto ai benefici: quando l'esito di un'azione è incerto bisogna tentarla anche più spesso, in modo che qualche volta possa riuscire bene. Molte cose già abbiamo detto su questo argomento nei libri intitolati "dei benefici ". Ma credo che ora dobbiamo piuttosto portare la nostra attenzione su un punto che a mio avviso non è stato ancora abbastanza chiarito, domandarci cioè se colui che prima ci ha giovato e poi ci ha nociuto abbia pareggiato i conti e ci abbia così dispensati dal dovere della gratitudine. Aggiungi anche questo, che egli in un tempo posteriore abbia nociuto molto di più di quanto avesse prima giovato. Se tu vuoi la giusta sentenza di un rigoroso giudice egli ti affermerà che l'una cosa è compensata dall'altra, e dirà poi che "se anche il male fatto supera il beneficio, questo più di male deve essere condonato per il bene fatto avanti." E vero che è stato maggiore il danno ma è anche vero che il vantaggio è venuto prima e si deve tenere conto di tale precedenza. Ed è evidente poi che bisogna anche indagare quanto abbia agito volentieri beneficando e quanto abbia agito contro il suo volere nel momento in cui ha recato danno, perché così il bene come il male fatto al prossimo ha nell'animo il principio da cui risulta la sua essenza ed il suo valore. Parlando proprio sinceramente qualche persona benefica dovrebbe dirti: "Io veramente non avrei voluto fare questo beneficio: mi sono lasciato indurre a farlo un po da un certo senso di rispetto delle forme, un po dall'insistenza di chi pregava e anche da qualche speranza. "

Seneca, De Constantia Sapientis: 05; 01-07

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