[93] Far sine arista est, item siligo, excepta quae Laconica appellatur adiciuntur his genera bromos et tragos, externa omnia, ab oriente invectae oryzae similia tiphe et ipsa eiusdem est generis, ex qua fit in nostro orbe oryza apud Graecos est et zea, traduntque eam ac tiphen, cum sint degeneres, redire ad frumentum, si pistae serantur, nec protinus, sed tertio anno [94] Tritico nihil est fertilius, hoc ei natura tribuit, quoniam eo maxime alebat hominem, utpote cum e modio, si sit aptum solum, quale in Byzacio Africae campo, centeni quinquageni modii reddantur misit ex eo loco divo Augusto procurator eius ex uno grano, vix credibile dictu, CCCC paucis minus germina, exstantque de ea re epistulae [95] misit et Neroni similiter CCCLX stipulas ex uno grano |
[93] Il farro è senza arista, come il grano comune, tranne quello che è detto laconico Vanno aggiunti a questi il bromos e il tragos tutte specie straniere, simili al riso importato dall'oriente Anche lo stesso farro piccolo è del medesimo genere, da cui deriva il riso nella nostra terra Presso i Greci c'è anche la zea, e tramandano che essa e il farro piccolo, quando siano degenerate, cambiano in frumento, se sono seminate dopo essere state battute, e non subito, ma nel terzo anno [94] Niente è più fertile del frumento, la natura gli ha donato questo, poiché soprattutto con questo alimentava l'uomo, poiché da un moggio, se il suolo è adatto, come nel territorio dell'Africa a Bizacio, sono ricavati 150 moggi Da quel luogo il suo procuratore mandò al divino Augusto da un chicco, a stento credibile a dirsi, germogli con poco meno di 400, e restano lettere su questo argomento [95] Mandò ugualmente anche a Nerone 360 steli da un chicco |
cum centesimo quidem et Leontini Siciliae campi fundunt aliique et tota Baetica et in primis Aegyptus fertilissima tritici genera ramosum ac quod centigranium vocant inventus est iam et scapus unus centum fabis onustus [96] Aestiva frumenta diximus sesamam, milium, panicum sesama ab Indis venit ex ea et oleum faciunt; colos eius candidus huic simile est in Asia Graeciaque erysimum, idemque erat, nisi pinguius esset, quod apud nos vocant irionem, medicaminibus adnumerandum potius quam frugibus eiusdem naturae et horminum Graecis dictum, sed cumino simile; seritur cum sesama hac et irione nullum animal vescitur virentibus [97] Pistura non omnium facilis, quippe Etruria spicam farris tosti pisente pilo praeferrato fistula serrata et stella intus denticulata, ut, si intenti pisant, concidantur grana ferrumque frangatur |
Inoltre col centuplo anche i campi di Leontini in Sicilia e altri e tutta la Betica e fra i primi l'Egitto Molto fertili le specie del frumento dei ramosi e quello che chiamano cento grani E' stato trovato anche un gambo carico di cento fave [96] Abbiamo definito frumenti estivi il sesamo, il miglio, il panico Il sesamo viene dall'India Da esso fanno anche l'olio; bianco il suo colore A questo è simile in Asia e in Grecia il crescione, lo stesso era, se non fosse più grasso, quello che presso di noi chiamano erisamo, da inserire fra le piante medicinali piuttosto che fra le messi Della stessa natura anche quello detto ormino dai Greci, ma simile al cumino; è piantato col sesamo Nessun animale si nutre di questo e dell'erisamo quando sono verdi [97] Non facile la macinatura di tutti, poiché in Etruria la spiga del farro tostato in un mortaio che pesta con la punta rinforzata col ferro e con una stella denticolata all'interno, affinché, se battono violenti, i grani sono rovinati e il ferro è spezzato |
maior pars Italiae nudo utitur pilo, rotis etiam, quas aqua verset, obiter et mola de ipsa ratione pisendi Magonis proponemus sententiam: [98] triticum ante perfundi aqua multa iubet, postea evalli, dein sole siccatum in pila repeti, simili modo hordeum huius sextarios XX spargi II sextariis aquae lentem torreri prius, dein cum furfuribus leviter pisi aut addito in sextarios XX lateris crudi frusto et harenae semodio erviliam iisdem modis, quibus lentem sesamam in calida maceratam exporrigi, dein confricari et frigida mergi, ut paleae fluctuentur, iterumque exporrigi in sole super lintea, quod nisi festinato peragatur, lurido colore mucescere [99] et ipsa autem, quae evalluntur, variam pistrinarum rationem habent |
La maggior parte dell'Italia usa un pestello semplice, anche con ruote, che l'acqua fa girare, talvolta anche la macina Riguardo allo stesso sistema del pestare proponiamo il parere di Magone: [98] consiglia che il frumento sia prima bagnato con molta acqua, poi che sia crivellato, quindi seccato al sole essere rimesso nei pestelli, nello stesso modo l'orzo Che 20 sestarii di questo siano cosparsi con 2 sestarii di acqua Che la lenticchia prima sia tostata, poi sia pestata leggermente con le crusche o aggiunto un pezzo di mattone crudo e mezzo moggio di sabbia in 20 sestarii L'ervilia con gli stessi sistemi, con cui (si tratta) la lenticchia Che il sesamo macerato in acque calde venga disteso, poi sia strofinato e sia immerso in acque fredde, affinchè le pule galleggino, e di nuovo siano distese al sole su lini, poiché se non si fa rapidamente, ammuffiscono con un colore livido [99] Anche gli stessi poi, che vengono ripuliti, hanno un diverso sistema di moliture |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 03, Paragrafi 104-127
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 03, Paragrafi 104-127
acus vocatur, cum per se pisitur spica tantum, aurificum ad usus, si vero in area teritur cum stipula, palea, in maiore terrarum parte ad pabula iumentorum mili et panici et sesamae purgamenta adpludam vocant et alibi aliis nominibus [100] Milio Campania praecipue gaudet pultemque candidam ex eo facit fit et panis praedulcis Sarmatarum quoque gentes hac maxime pulte aluntur et cruda etiam farina, equino lacte vel sanguine e cruris venis admixto Aethiopes non aliam frugem quam mili hordeique novere [101] Panico et Galliae quidem, praecipue Aquitania utitur, sed et circumpadana Italia addita faba, sine qua Ponticae gentes nullum panico praeferunt cibum Cetera aestiva frumenta riguis magis etiam quam imbribus gaudent, milium et panicum aquis minime, cum in folia exeunt |
E'detto pula, quando si pesta di per sé solo la spiga, ad uso degli orefici, se invece è trebbiata nell'aia con lo stelo, paglia, nella maggior parte dei paesi per i pascoli dei giumenti Chiamano appluda i rifiuti del miglio e del panico e del sesamo e altrove con altri nomi [100] La Campania gode soprattutto del miglio e da questo ricava una farinata bianca Si ottiene anche un pane molto dolce Anche le popolazioni dei Sarmati sono nutrite soprattutto da questa farinata e anche dalla farina cruda, dal latte equino o dal sangue delle vene di una zampa mescolato Gli Etiopi non conoscono altro frumento che del miglio e dell'orzo [101] Certo anche le Gallie e soprattutto l'Aquitania utilizza il panico, ma nell'Italia circumpadana aggiunta anche la fava, senza cui le tribù del Ponto non preferiscono nessun cibo al panico Gli altri cereali estivi godono delle irrigazioni più che delle piogge, il miglio e il panico pochissimo delle acque, poiché spuntano in foglie |
vetant ea inter vites arboresve frugiferas seri, terram emaciari hoc satu existimantes [102] Mili praecipuus ad fermenta usus e musto subacti in annuum tempus simile fit e tritici ipsius furfuribus minutis et optimis e musto albo triduo maceratis, subactis ac sole siccatis inde pastillos in pane faciendo dilutos cum similagine seminis fervefaciunt atque ita farinae miscent, sic optimum panem fieri arbitrantes Graeci in binos semodios farinae satis esse bessem fermenti constituere [103] et haec quidem genera vindemiis tantum fiunt; quo libeat vero tempore ex aqua hordeoque bilibres offae ferventi foco vel fictili patina torrentur cinere et carbone, usque dum rubeant postea operiuntur in vasis, donec acescant hinc fermentum diluitur |
Vietano che essi siano piantati fra le viti o gli alberi da frutto, ritenendo che la terra sia impoverita da questa semina [102] Per i lieviti l'uso particolare del miglio impastato col mosto con la durata di un anno Uguale si ottiene dal frumento stesso con crusche piccole e ottime macerate per tre giorni nel mosto bianco, impastate e seccate al sole Poi nel fare il pane riscaldano pasticche diluite con fior di farina del seme e mescolano così alla farina, ritenendo che così sia fatto un pane ottimo I Greci in due mezzi moggi di farina stabilirono che bastasse un due terzi di lievito [103] E si fanno questi tipi poi solo nelle vendemmie; invece in qualsiasi tempo si voglia sono tostate focacce di due libbre con acqua e orzo con fuoco caldo o in una terrina di coccio con cenere e carbone, finchè rosseggiano Poi vengono chiuse in vasi, finchè inacidiscono Di qui è diluito il lievito |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafo 231-267
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 28, Paragrafo 231-267
cum fieret autem panis hordeacius, ervi aut cicerculae farina ipse fermentabatur; iustum erat II librae in V semodios [104] nunc fermentum fit ex ipsa farina, quae subigitur, priusquam addatur sal, ad pultis modum decocta et relicta, donec acescat vulgo vero nec suffervefaciunt, sed tantum pridie adservata materia utuntur, palamque est naturam acore fermentari, sicut evalidiora esse corpora, quae fermentato pane alantur, quippe cum apud veteres ponderosissimo cuique tritico praecipua salubritas perhibita sit |
Ottenendosi poi il pane d'orzo, lo stesso veniva fermentato con farina di ervo o di cicerchia; era consueto 2 libbre in 5 mezzi moggi [104] Ora si ottiene il lievito dalla farina stessa, che è mescolata, prime che sia aggiunto il sale, cotta al modo della farinata e lasciata, finché inacidisce Comunemente invece non si bolliscono, ma usano solo la materia conservata il giorno prima, ed è chiaro che la sostanza è fermentata dall'acidità, poiché risultare più forti i corpi, che sono nutriti con pane fermentato, essendoci certo presso gli antichi una particolare salubrità per quel frumento molto pesante |
[105] Panis ipsius varia genera persequi supervacuum videtur, alias ab opsoniis appellati, ut ostrearii, alias a deliciis, ut artolagani, alias a festinatione, ut speustici, nec non a coquendi ratione, ut furnacei vel artopticii aut in clibanis cocti, non pridem etiam e Parthis invecto quem aquaticum vocant, quoniam aqua trahitur ad tenuem et spongiosam inanitatem, alii Parthicum summa laus siliginis bonitate et cribri tenuitate constat quidam ex ovis aut lacte subigunt, butyro vero gentes etiam pacatae, ad operis pistorii genera transeunte cura [106] durat sua Piceno in panis inventione gratia ex alicae materia eum novem diebus maceratum decumo ad speciem tractae subigunt uvae passae suco, postea in furnis ollis inditum, quae rumpantur ibi, torrent neque est ex eo cibus nisi madefacto, quod fit lacte maxime mulso |
[105] Sembra inutile dilungarsi sui vari tipi del pane stesso, ora definiti dalle vivande, come gli ostricari, ora dai sapori, come i pandolci, ora dalla velocità, come cialde, ed anche dal sistema di cottura, come cotti al forno o in teglia o in recipienti, introdotto non da molto dai Parti anche quello che chiamano acquatico, poiché si tira con acqua fino alla leggerezza e alla sottigliezza spugnosa, altri (lo chiamano) partico Il grande pregio risulta dalla bontà della farina e dalla sottigliezza del setaccio Alcuni impastano con uova o latte, invece genti anche pacifiche col burro, essendo rivolto l'interesse ai generi del lavoro del forno [106] Perdura per il Piceno la sua fama per l'invenzione del pane dalla sostanza della spelta Macerato per nove giorni l'impastano al decimo al modo della sfoglia con succo di uva passa, messo poi nei forni lo cuociono in recipienti, che qui si rompono Non s'ottiene cibo da esso se non ammorbidito, il che avviene con latte soprattutto mielato |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 10, Paragrafi 94-119
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 10, Paragrafi 94-119
[107] Pistores Romae non fuere ad Persicum usque bellum annis ab urbe condita super DLXXX ipsi panem faciebant Quirites, mulierumque id opus maxime erat, sicut etiam nunc in plurimis gentium artoptas iam Plautus appellat in fabula, quam Aululariam inscripsit, magna ob id concertatione eruditorum, an is versus poetae sit illius, [108] certumque fit Atei Capitonis sententia cocos tum panem lautioribus coquere solitos, pistoresque tantum eos, qui far pisebant, nominatos nec cocos vero habebant in servitiis, eosque ex macello conducebant cribrorum genera Galliae saetis equorum invenere, Hispaniae lino excussoria et pollinaria, Aegyptus papyro atque iunco [109] Sed inter prima dicatur et alicae ratio praestantissimae saluberrimaeque, quae palma frugum indubitata Italiae contingit |
[107] A Roma non ci furono fornai fino alla guerra con Perseo più di 580 anni dalla fondazione della città I Quiriti stessi facevano il pane, e questo era soprattutto compito delle donne, come anche ora in molti popoli Già Plauto cita le forme per il pane nella commedia, che intitolò Aulularia, con grande disputa degli eruditi per questo, se il verso sia di quel poeta, [108] e certo accade secondo il parere di Ateio Capitone che i cuochi allora erano soliti cucinare il pane per i nobili, e che erano chiamati fornai solo quelli, che pestavano il farro Invece fra i servi non avevano i cuochi, e li prendevano dal mercato Le Gallie inventarono i tipi di setacci con crini di cavalli, la Spagna i setacci e i passini col lino, l'Egitto col papiro e il giunco [109] Ma fra le prime cose sia descritta anche la tecnica della spelta molto vantaggiosa e molto salutare, primato indubbio dei cereali che tocca all'Italia |
fit sine dubio et in Aegypto, sed admodum spernenda, in Italia vero pluribus locis, sicut Veronensi Pisanoque agro, in Campania tamen laudatissima campus est subiacens montibus nimbosis, totus quidem XL p planities [110] terra eius, ut protinus soli natura dicatur, pulverea summa, inferior bibula et pumicis vice fistulosa quoque montium culpa in bonum cedit crebros enim imbres percolat atque transmittit, nec dilui aut madere voluit propter facilitatem culturae, eadem acceptum umorem nullis fontibus reddit, sed temperate concoquens intra se vice suci continet [111] seritur toto anno, panico semel, bis farre et tamen vere segetes, quae interquievere, fundunt rosam odoratiorem sativa adeo terra non cessat parere, unde volgo dictum, plus apud Campanos unguenti quam apud ceteros olei fieri |
Senza dubbio si produce anche in Egitto, ma da disprezzare alquanto, invece in Italia in diversi luoghi, come nel territorio veronese e pisano, tuttavia molto pregiata in Campania C'è una distesa che si trova sotto i monti coperti di nuvole, tutta la pianura certo di 40 miglia [110] Il suo terreno, affinchè sia descritta subito la natura del suolo, polveroso in superficie, sotto imbevuto e anche poroso al modo della pomice Il difetto dei monti si trasforma in vantaggio Infatti filtra le piogge frequenti e le trasmette, né ha richiesto di essere innaffiata o essere bagnata per la prosperità della coltivazione, la stessa non restituisce l'umidità raccolta con nessuna sorgente, ma sopportandola con misura tra sé la trattiene al modo di un succo [111] Viene seminata per tutto l'anno, una volta col panico, due col farro E tuttavia a primavera i terreni, che riposarono, producono una rosa più profumata di quella coltivata A tal punto la terra non cessa di produrre, da qui un detto per il volgo, che si produce più profumo presso i Campani che olio presso gli altri |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 30, Paragrafi 134-149
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 30, Paragrafi 134-149
quantum autem universas terras campus Campanus antecedit, tantum ipsum pars eius, quae Leboriae vocantur, quem Phlegraeum Graeci appellant finiuntur Leboriae via ab utroque latere consulari, quae a Puteolis et quae a Cumis Capuam ducit [112] Alica fit e zea, quam semen appellavimus tunditur granum eius in pila lignea, ne lapidis duritia conterat, mobili, ut notum est, pilo vinctorum poenali opera primori inest pyxis ferrea excussis inde tunicis iterum isdem armamentis nudata conciditur medulla ita fiunt alicae tria genera: minimum ac secundarium, grandissimum vero aphaerema appellant [113] nondum habent candorem suum, quo praecellunt, iam tamen Alexandrinae praeferuntur postea, mirum dictu, admiscetur creta, quae transit in corpus coloremque et teneritatem adfert |
Di quanto poi la pianura campana supera tutte le terre, di tanto lo stesso la sua parte, che chiamano Terra del Lavoro, che i Greci chiamano Flegreo Le Terre del Lavoro sono racchiuse da entrambi i lati dalla via consolare, che porta a Capua una da Pozzuoli e una da Cuma [112] La spelta si ottiene dalla zea, che abbiamo chiamato semenza Il suo chicco viene battuto in un mortaio di legno, affinchè la durezza della pietra non lo frantumi, in un pestello mobile, come è noto, con il lavoro forzato dei prigionieri Alla punta c'è una capsula di ferro Poi tolti gli involucri si batte di nuovo con gli stessi strumenti il midollo ripulito Si ottengono così tre tipi di spelta: il più sottile e di seconda scelta, invece chiamano grano brillato uno molto grande [113] Non hanno ancora il loro biancore, per il quale eccellono, tuttavia sono preferiti a quella alessandrina Poi, strano a dirsi, è mescolata con la creta, che passa nella materia e apporta colore e morbidezza |