Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 33, Paragrafi 01-28

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 33, Paragrafi 01-28

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 33, Paragrafi 01-28

[1] Metalla nunc ipsaeque opes et rerum pretia dicentur, tellurem intus exquirente cura multiplici modo, quippe alibi divitiis foditur quaerente vita aurum, argentum, electrum, aes, alibi deliciis gemmas et parietum lignorumque pigmenta, alibi temeritati ferrum, auro etiam gratius inter bella caedesque

persequimur omnes eius fibras vivimusque super excavatam, mirantes dehiscere aliquando aut intremescere illam, ceu vero non hoc indignatione sacrae parentis exprimi possit

[2] imus in viscera et in sede manium opes quaerimus, tamquam parum benigna fertilique qua calcatur

et inter haec minimum remediorum gratia scrutamur, quoto enim cuique fodiendi causa medicina est

quamquam et hoc summa sui parte tribuit ut fruges, larga facilisque in omnibus, quaecumque prosunt
[1] Ora tratteremo le miniere e le ricchezze stesse e i valori delle cose, con un'attenzione che ricerca in vario modo dentro la terra, infatti in una parte si scava per le ricchezze con l'esistenza che ricerca oro, argento, elettro, rame, in altra parte le gemme per le delizie e colori dei legni delle pareti, altrove il ferro per la temerarietà, più gradito anche dell'oro fra le guerre e le stragi

Esploriamo tutte le sue vene e viviamo sopra una parte perforata, meravigliandoci che talvolta essa tremi o si apra, come se questo non possa essere prodotto dall'indignazione della sacra madre

[2] Penetriamo nelle viscere e cerchiamo le ricchezze nella sede dei mani, come se poco benevola e fertile dove viene calcata

E fra queste cose ricerchiamo pochissimo a scopo dei rimedi, infatti per colui che scava di quanto il motivo è la medicina

Eppure fornisce anche questo nella sua parte superiore come le messi, abbondante e propensa in tutto
[3] illa nos peremunt, illa nos ad inferos agunt, quae occultavit atque demersit, illa, quae non nascuntur repente, ut mens ad inane evolans reputet, quae deinde futura sit finis omnibus saeculis exhauriendi eam, quo usque penetratura avaritia

quam innocens, quam beata, immo vero etiam delicata esset vita, si nihil aliunde quam supra terras concupisceret, breviterque, nisi quod secum est

[4] Eruitur aurum et chrysocolla iuxta, ut pretiosior videatur, nomen ex auro custodiens

parum enim erat unam vitae invenisse pestem, nisi in pretio esset auri etiam sanies

quaerebat argentum avaritia; boni consuluit interim invenisse minium rubentisque terrae excogitavit usum

heu prodigia ingenia, quot modis auximus pretia rerum

accessit ars picturae, et aurum argentumque caelando carius fecimus

didicit homo naturam provocare
[3] Ci rovinano quelle cose, ci portano agli inferi quelle cose, che ha nascosto e ha sepolto, quelle, che non nascono subito, cosicchè la mente lanciandosi nel vuoto considera, quale sia poi il limite futuro per tutti i secoli di esaurirla, fin dove l'avidità si spingerà

Che vita innocente, beata, anzi anche deliziosa sarebbe, se nient'altro si desiderasse che quello che è sulle terre, e brevemente, se non ciò che si porta con sé

[4] Si estrae l'oro e insieme la crisocolla, che conserva il nome dall'oro, perché sembri più preziosa

Infatti era poca cosa aver trovato un solo male per la vita, se non ci fosse corruzione anche nel valore dell'oro

L'avidità cercava l'argento; stimò cosa buona aver trovato intanto il minio ed escogitò l'uso della terra rossa

Ahi prodigiosi ingegni, in quanti modi abbiamo aumentato i valori delle cose

Si aggiunse l'arte della pittura, e col cesellare rendemmo più prezioso l'oro e l'argento

L'uomo imparò a provocare la natura
auxere et artem vitiorum inritamenta; in poculis libidines caelare iuvit ac per obscenitates bibere

[5] abiecta deinde sunt haec ac sordere coepere, ut auri argentique nimium fuit

murrina ex eadem tellure et crystallina effodimus, quibus pretium faceret ipsa fragilitas

hoc argumentum opum, haec vera luxuriae gloria existimata est, habere quod posset statim perire totum

nec hoc fuit satis

turba gemmarum potamus et zmaragdis teximus calices, ac temulentiae causa tenere Indiam iuvat

aurum iam accessio est, [6] utinamque posset e vita in totum abdicari [sacrum fame, ut celeberrimi auctores dixere] proscissum conviciis ab optimis quibusque et ad perniciem vitae repertum, quanto feliciore aevo, cum res ipsae permutabantur inter sese, sicut et Troianis temporibus factitatum Homero credi convenit
Gli incitamenti dei vizi incrementarono anche l'arte; contribuì cesellare i piaceri sulle tazze e bere fra le oscenità

[5] Poi queste cose furono rifiutate e cominciarono a perdere pregio, poichè ce ne fu troppo di oro e argento

Dalla terra stessa estraemmo murra e cristallo, a cui la stessa fragilità assegnava valore

Questo l'oggetto di ricchezze, questa cosa è ritenuta vero pregio del lusso, avere ciò che possa subito perire completamente

Né ciò fu sufficiente

Beviamo con una serie di gemme e incastoniamo i calici con smeraldi, e serve occupare l'India a scopo di ubriachezza

L'oro ormai è un accessorio, [6] e magari potesse essere tolto del tutto dalla vita [esecrabile per ingordigia, come dissero autori molto rinomati] disprezzato con vituperi dalle persone migliori e considerato da loro a rovina della vita, di quanto più felice l'epoca, quando le stesse cose erano barattate fra loro, come conviene credere ad Omero fatto spesso ai tempi dei Troiani

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 26, Paragrafi 95-106
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 26, Paragrafi 95-106

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 26, Paragrafi 95-106

ita enim, ut opinor, commercia victus gratia invecta

[7] alios coriis boum, alios ferro captivisque res emptitasse tradit

quare, quamquam ipse iam mirator auri, pecore aestimationes rerum ita fecit, ut C boum arma aurea permutasse Glaucum diceret cum Diomedis armis VIIII boum

ex qua consuetudine multa legum antiquarum pecore constat etiam Romae

[8] Pessimum vitae scelus fecit qui primus induit digitis, nec hoc quis fecerit traditur

nam de Prometheo omnia fabulosa arbitror, quamquam illi quoque ferreum anulum dedit antiquitas vinculumque id, non gestamen, intellegi voluit

Midae quidem anulum, quo circumacto habentem nemo cerneret, quis non etiam fabulosiorem fateatur

[9] manus et prorsus sinistrae maximam auctoritatem conciliavere auro, non quidem Romanae, quarum in more ferrei erant ut virtutis bellicae insigne
Così infatti, come credo, inventati i commerci a motivo della vita

[7] Tramanda che alcuni compravano le cose con pelli di buoi, altri col ferro e i prigionieri di guerra

Perciò, benché anch' egli stesso estimatore dell'oro, fece col gregge le valutazioni delle cose così, che diceva che Glauco aveva scambiato le armi dorate del valore di 100 buoi con le armi di Diomede di 9 buoi

Da quest'usanza risulta una multa delle antiche leggi in bestiame anche a Roma

[8] Commise il peggior crimine della vita chi per primo si ricoprì sulle dita, e non si tramanda chi l'abbia fatto

Infatti ritengo tutte favole circa Prometeo, sebbene l'antichità gli attribuì anche un anello di ferro volle che esso fosse con siderato un vincolo, non un ornamento

Certo chi non crederà anche più leggendario l'anello di Mida, girato il quale nessuno vedeva chi lo portava

[9] Le mani e specialmente le sinistre attribuirono all'oro il massimo prestigio, non certo le romane, di cui erano in uso quelli di ferro come segno di valore militare
de regibus Romanis non facile dixerim

nullum habet Romuli in Capitolio statua nec praeter Numae Serviique Tullii alia ac ne Lucii quidem Bruti

hoc in Tarquiniis maxime miror, quorum e Graecia fuit origo, unde hic anulorum usus venit, quamquam etiam nunc Lacedaemone ferreo utuntur

[10] sed a Prisco Tarquinio omnium primo filium, cum in praetextae annis occidisset hostem, bulla aurea donatum constat, unde mos bullae duravit, ut eorum, qui equo meruissent, filii insigne id haberent, ceteri lorum; et ideo miror Tarquinii eius statuam sine anulo esse

quamquam et de nomine ipso ambigi video

Graeci a digitis appellavere, apud nos prisci ungulum vocabant, postea et Graeci et nostri symbolum
Dei re romani non saprei parlare facilmente

Non ne ha alcuno la statua di Romolo in Campidoglio né un'altra tranne di Numa e Servio Tullio e certo nemmeno di Lucio Bruto

Questo ammiro soprattutto nei Tarquinii, la cui origine fu dalla Grecia, da lì venne quest'uso degli anelli, sebbene anche ora usano ferro spartano

[10] Ma risulta che da Tarquinio Prisco primo di tutti il figlio ebbe in dono una bolla d'oro, avendo ucciso un nemico negli anni della toga pretexta, da qui rimase l'uso della bolla, affinchè l'avessero insigne i figli di coloro, che avessero prestato servizio a cavallo, gli altri di cuoio; e perciò ammiro che la statua di questo Tarquinio sia senza anello

Sebbene vedo che si dubita del nome stesso

I Greci lo denominarono dalle dita, presso di noi gli antichi lo chiamavano ungolo, poi sia Greci sia i nostri simbolo

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafo 187-216
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafo 187-216

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 28, Paragrafo 187-216

[11] longo certe tempore ne senatum quidem Romanum habuisse aureos manifestum est, siquidem iis tantum, qui legati ad exteras gentes ituri essent, anuli publice dabantur, credo, quoniam ita exterorum honoratissimi intellegebantur

neque aliis uti mos fuit quam qui ex ea causa publice accepissent, volgoque sic triumphabant et, cum corona ex auro Etrusca sustineretur a tergo, anulus tamen in digito ferreus erat aeque triumphantis et servi prae se coronam sustinentis

[12] sic triumphavit de Iugurtha C

Marius aureumque non ante tertium consulatum sumpsisse traditur

ii quoque, qui ob legationem acceperant aureos, in publico tantum utebantur iis, intra domos vero ferreis, quo argumento etiam nunc sponsae muneris vice ferreus anulus mittitur, isque sine gemma

equidem nec Iliacis temporibus ullos fuisse anulos video
[11] E' chiaro che sicuramente per lungo tempo nemmeno il senato romano aveva certo quelli d'oro, se quindi venivano dati pubblicamente anelli solo a quelli, che stavano per andare ambasciatori fra popoli stranieri, credo, poiché così erano distinti i più onorevoli degli stranieri

Né fu abitudine essere usati da altri che da quelli che per tale motivo li avessero ricevuti pubblicamente, e così comunemente celebravano il trionfo e, essendo sostenuta da dietro una corona etrusca d'oro, tuttavia c'era l'anello di ferro ugualmente sul dito del trionfatore e del servo che reggeva la corona davanti a sé

[12] Così trionfò su Giugurta C

Mario e si dice non aver preso quello d'oro prima del terzo consolato

Anche quelli, che avevano preso quelli d'oro per l'ambasceria, li usavano solo in pubblico, invece di ferro nelle case, dal quale esempio anche ora l'anello di ferro è mandato alla sposa come dono, e questo senza gemma

Inoltre anche ai tempi di Ilio vedo che non c'era alcun anello
nusquam certe Homerus dicit, cum et codicillos missitatos epistularum gratia indicet et conditas arcis vestes ac vasa aurea argenteaque et eas colligatas nodi, non anuli, nota

sortiri quoque contra provocationes duces non anulis tradit, fabricae etiam deum fibulas et alia muliebris cultus, sicut inaures, in primordio factitasse, sine mentione anulorum

[13] et quisquis primus instituit, cunctanter id fecit: laevis manibus latentibusque induit, cum, si honos securus fuisset, dextra fuerit ostentandus

quodsi inpedimentum potuit in eo aliquod intellegi, etiam serioris usus argumentum esset: maius in laeva fuisset, qua scutum capitur

est quidem apud eundem Homerum virorum crinibus aurum inplexum; ideo nescio an prior usus feminis coeperit

[14] Romae ne fuit quidem aurum nisi admodum exiguum longo tempore
Certo in nessuna parte Omero ne cita, pur indicando sia i codicilli spediti delle lettere sia le vesti conservate in casse e vasi d'oro e d'argento e queste legate col marchio di un nodo, non di un anello

Tramanda anche che i comandanti erano sorteggiati contro le provocazioni non con gli anelli, che anche il dio dell'attività della lavorazione all'inizio aveva fabbricato fibbie e altri oggetti per donne, come orecchini, senza menzione degli anelli

[13] E chi li istituì per primo, lo fece con esitazione: l'infilò alle mani sinistre e che si nascondono, mentre, se l'onore fosse stato certo, sarebbe stato da mostrare sulla destra

Che se potè essere visto un certo impedimento in questo, sarebbe anche prova di un uso più tardivo: sarebbe stato maggiore sulla sinistra, con cui è tenuto lo scudo

C'è anche presso lo stesso Omero l'oro intrecciato ai capelli degli uomini; perciò non so se il primo uso iniziò dalle donne

[14] Per lungo tempo nemmeno a Roma ci fu oro se non alquanto poco

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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 18, Paragrafi 152-223

certe cum a Gallis capta urbe pax emeretur, non plus quam mille pondo effici potuere

nec ignoro MM pondo auri perisse Pompeii III consulatu e Capitolini Iovis solio a Camillo ibi condita, et ideo a plerisque existimari MM pondo collata

sed quod accessit, ex Gallorum praeda fuit detractumque ab iis in parte captae urbis delubris

[15] Gallos cum auro pugnare solitos Torquatus indicio est; apparet ergo Gallorum templorumque tantundem nec amplius fuisse

quod quidem in augurio intellectum est, cum Capitolinus duplum reddidisset

illud quoque obiter indicari convenit, etiam de anulis sermonem repetivimus, aedituum custodiae eius conprehensum fracta in ore anuli gemma statim expirasse et indicium ita extinctum

[16] ergo ut maxime MM tantum pondo, cum capta est Roma, anno CCCLXIIII fuere, cum iam capitum liberorum censa essent CLII DLXXIII
Certamente conquistata la città dai Galli, quando si ricomprava la pace non poterono essere raccolti più di mille libbre

E non ignoro che nel terzo consolato di Pompeo sparirono dal trono di Giove Capitolino 2000 libbre di oro depositate qui da Camillo, e perciò essere ritenute dai più raccolte 2000 libbre

Ma ciò che si tolse, fu dalla preda dei Galli e tolto da loro dai templi nella parte della città conquistata

[15] Torquato è prova che i Galli erano soliti combattere con l'oro; dunque è chiaro che fosse altrettanto quello dei Galli e dei templi e non di più

Inoltre questo fu inteso come augurio, avendo il Campidoglio reso il doppio

Conviene che anche questo sia accennato fuggevolmente, abbiamo ricollegato anche il discorso sugli anelli, che il guardiano della sua custodia arrestato con la gemma dell'anello spezzata in bocca era morto subito e perduto così l'indizio

[16] Pertanto quando fu presa Roma, nell'anno 364, ci furono come massimo solo 2000 libbre, essendo stata censita già di 152573 persone libere
in eadem post annos CCCVII, quod ex Capitolinae aedis incendio ceterisque omnibus delubris C

Marius filius Praeneste detulerat, XIIII pondo, quae sub eo titulo in triumpho transtulit Sulla et argenti VI

idem ex reliqua omni victoria pridie transtulerat auri pondo XV, argenti p CXV

[17] Frequentior autem usus anulorum non ante Cn

Flavium Anni filium deprehenditur

hic namque publicatis diebus fastis, quos populus a paucis principum cotidie petebat, tantam gratiam plebei adeptus est, libertino patre alioqui genitus et ipse scriba Appi Caeci, cuius hortatu exceperat eos dies consultando adsidue sagaci ingenio promulgaratque, ut aedilis curulis crearetur cum Q

Anicio Praenestino, qui paucis ante annis hostis fuisset, praeteritis C

Poetilio et Domitio, quorum patres consules fuerant
Nella stessa dopo 307 anni, ciò che C

Mario figlio aveva portato a Preneste dall'incendio del tempio Capitolino e dagli altri, 14000 libbre, che Silla sotto questo titolo portò in trionfo e 6000 di argento

Lo stesso il giorno prima aveva trasferito da ogni restante vittoria 15000 libbre di oro, 115000 d'argento

[17] Non si apprende un uso più frequente degli anelli prima di Cn

Flavio figlio di Annio

Infatti costui pubblicati i giorni fasti, che il popolo al principio chiedeva ogni giorno a pochi uomini, ottenne tanto consenso della plebe, quantunque nato da padre liberto ed egli stesso scrivano di Appio Cieco, per la cui esortazione aveva appreso quei giorni col consultare assiduamente con ingegno sveglio e li aveva promulgati, afinché fosse eletto edile curule con Q

Anicio Prenestino, che pochi anni prima era stato nemico, essensdo stati battuti C

Petilio e Domizio, i cui padri erano stati consoli

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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 19, Paragrafi 89-112

[18] additum Flavio, ut simul et tribunus plebei esset, quo fato tanta indignatio exarsit, ut anulos abiectos in antiquissimis reperiatur annalibus

fallit plerosque quod tum et equestrem ordinem id fecisse arbitrantur; etenim adiectum hoc quoque sed et phaleras positas propterque nomen equitum adiectum est, anulosque depositos a nobilitate in annales relatum est, non a senatu universo

hoc actum P

Sempronio L

Sulpicio cos

[19] Flavius vovit aedem Concordiae, si populo reconciliasset ordines, et, cum ad id pecunia publice non decerneretur, ex multaticia faeneratoribus condemnatis aediculam aerea fecit in Graecostasi, quae tunc supra comitium erat, inciditque in tabella aerea factam eam aedem CCIIII annis post Capitolinam dedicatam
[18] A Fabio concesso che fosse insieme anche tribuno della plebe, dal quale evento sorse tanta indignazione, che negli annali più antichi si trova eliminati gli anelli

Inganna i più il fatto che pensano che allora anche l'ordine equestre avesse fatto ciò; infatti aggiunto anche questo ma fu aggiunto il nome dei cavalieri anche a causa delle falere deposte, e fu riportato negli annali deposti gli anelli dalla nobiltà, non dall'intero senato

Questo accaduto con i consoli P

Sempronio e L

Sulpicio

[19] Flavio promise un tempio alla Concordia, se avesse riconciliato le cariche col popolo, e, non venendo assegnato denaro pubblico per questo, dalle multe agli usurai condannati ricavò un tempietto di bronzo nell Grecostasi, che allora era sopra il comizio, e incise su una lastra di bronzo quel tempio fatto 204 anni dopo che era stato dedicato quello capitolino

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