Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 35, Paragrafi 01-71

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 35, Paragrafi 01-71

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 35, Paragrafi 01-71
[1] Metallorum, quibus opes constant, adgnascentiumque iis natura indicata propemodum est, ita conexis rebus, ut inmensa medicinae silva officinarumque tenebrae et morosa caelandi fingendique ac tinguendi subtilitas simul dicerentur

restant terrae ipsius genera lapidumque vel numerosiore serie, plurimis singula a Graecis praecipue voluminibus tractata

nos in iis brevitatem sequemur utilem instituto, modo nihil necessarium aut naturale omittentes, [2] primumque dicemus quae restant de pictura, arte quondam nobili, tunc cum expeteretur regibus populisque, et alios nobilitante, quos esset dignata posteris tradere, nunc vero in totum marmoribus pulsa, iam quidem et auro, nec tantum ut parietes toti operiantur, verum et interraso marmore vermiculatisque ad effigies rerum et animalium crustis
[1] Dei metalli, su cui si basano le attività, e delle cose che ne derivano è stata per lo più indicata la caratteristica, con aspetti così connessi, che si descrivevano insieme gli immensi grovigli della medicina e delle oscurità dei laboratori e la meticolosa sottigliezza del cesellare e dell'imitare e del tingere

Restano i generi del terreno stesso e delle pietre in una serie anche più numerosa, trattati singolarmente soprattutto dai Greci in parecchi volumi

Noi per proposito adotteremo un'utile brevità su essi, non trascurando soltanto nulla necessario o caratteristico, [2] Dapprima esporremo quelle cose che restano sulla pittura, arte un tempo nobile, allora quando era apprezzata da re e popoli, e che nobilitava gli altri, che era capace di tramandare ai posteri, ora invece del tutto soppiantata dai marmi, e persino dall'oro, non solo affinchè siano ricoperte intere pareti, ma anche intagliato il marmo con mosaici e rivestimenti ad immagini di oggetti e di animali
[3] non placent iam abaci nec spatia montes in cubiculo dilatantia: coepimus et lapide pingere

hoc Claudii principatu inventum, Neronis vero maculas, quae non essent in crustis, inserendo unitatem variare, ut ovatus esset Numidicus, ut purpura distingueretur Synnadicus, qualiter illos nasci optassent deliciae

montium haec subsidia deficientium, nec cessat luxuria id agere, ut quam plurimum incendiis perdat

[4] Imaginum quidem pictura, qua maxime similes in aevum propagabantur figurae, in totum exolevit

aerei ponuntur clipei argentea facie, surdo figurarum discrimine; statuarum capita permutantur, volgatis iam pridem salibus etiam carminum

adeo materiam conspici malunt omnes quam se nosci
[3] Ormai non piacciono i pannelli né spazi che distendono montagne in una stanza: cominciamo a dipingere anche con la pietra

Questo scoperto durante il principato di Claudio, invece in quello di Nerone variare le macchie, che non erano sui rivestimenti, con l'inserire uniformità, affinchè ci fosse l'ovolatura numidica, cosicchè si distinguesse la porpora sinnadica, come le raffinatezze avrebbero desiderato che quelli fossero

Questi gli accorgimenti dell'esaurirsi dei monti, e il lusso non cessa di fare ciò, cosicchè perde quanto più con gli incendi

[4] Ormai la pittura delle immagini, con cui soprattutto erano trasmesse simili nel tempo le figure, tramontò del tutto

Sono applicati scudi di bronzo con aspetto argentato, con difficile individuazione delle figure; sono cambiate le teste delle statue, ormai già anche con volgari ironie dei carmi

Tutti preferiscono più che sia visto il materiale che essere riconosciuti
et inter haec pinacothecas veteribus tabulis consuunt alienasque effigies colunt, ipsi honorem non nisi in pretio ducentes, ut frangat heres furisque detrahat laqueo

[5] itaque nullius effigie vivente imagines pecuniae, non suas, relincunt

iidem palaestras athletarum imaginibus et ceromata sua exornant, Epicuri voltus per cubicula gestant ac circumferunt secum

natali eius* sacrificant, feriasque omni mense *vicesima luna* custodiunt, quas icadas vocant, ii maxime, qui se ne viventes quidem nosci volunt

ita est profecto: artes desidia perdidit, et quoniam animorum imagines non sunt, negleguntur etiam corporum
E fra queste cose collezionano pinacoteche con vecchi quadri e apprezzano immagini estranee, assegnandosi loro stessi l'onore solo nel prezzo, cosicché l'erede lo rompa e l'elimini con l'insidia del ladro

[5] Così lasciano le fattezze del denaro, non le proprie con l'immagine reale di nessuno

Gli stessi ornano le palestre e le loro sale con immagini di atleti, trasportano per le stanze il volto di Epicuro e lo portano in giro con sé

Fanno sacrifici nel suo giorno natale, e ogni mese con la ventesima luna curano i festeggiamenti, che chiamano icadi, soprattutto quelli, che non vogliono essere conosciuti nemmeno da vivi

Così è certamente: la mediocrità ha distrutto le arti, e poiché non ci sono fattezze degli animi, sono dimenticate anche quelle dei corpi

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 19, Paragrafi 11-50
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 19, Paragrafi 11-50

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 19, Paragrafi 11-50

[6] aliter apud maiores in atriis haec erant, quae spectarentur; non signa externorum artificum nec aera aut marmora: expressi cera vultus singulis disponebantur armariis, ut essent imagines, quae comitarentur gentilicia funera, semperque defuncto aliquo totus aderat familiae eius qui umquam fuerat populus, stemmata vero lineis discurrebant ad imagines pictas

[7] tabulina codicibus implebantur et monimentis rerum in magistratu gestarum

aliae foris et circa limina animorum ingentium imagines erant adfixis hostium spoliis, quae nec emptori refigere liceret, triumphabantque etiam dominis mutatis aeternae domus

erat haec stimulatio ingens, exprobrantibus tectis cotidie inbellem dominum intrare in alienum triumphum

[8] exstat Messalae oratoris indignatio, quae prohibuit inseri genti suae Laviniorum alienam imaginem
[6] Diversamente presso gli antenati negli atrii c'erano quelle cose, che erano ammirate; non statue di artisti stranieri né bronzi o marmi: volti modellati con la cera erano disposti in singole nicchie, affinchè ci fossero, che accompagnassero i funerali familiari, e sempre morto qualcuno, era presente tutta la schiera che un tempo aveva fatto parte della sua famiglia

[7] Gli archivi erano riempiti di codici e testimonianze degli interventi nella magistratura

Altre immagini di animi nobili erano fuori e intorno alle soglie con le spoglie appese dei nemici, che a chi comprava non era lecito togliere, e le case anche cambiati i padroni trionfavano eterne

Questo era un enorme incentivo, poiché le case ogni giorno testimoniavano che un padrone imbelle entrava nel trionfo altrui

[8] Perdura l'indignazione dell'oratore Messala, che proibì che fosse inserita l'immagine dei Lavini estranea al suo casato
similis causa Messalae seni expressit volumina illa quae de familiis condidit, cum Scipionis Pomponiani transisset atrium vidissetque adoptione testamentaria Salvittones, hoc enim fuerat cognomen, Africanorum dedecori inrepentes Scipionum nomini

sed, pace Messalarum dixisse liceat, etiam mentiri clarorum imagines erat aliquis virtutum amor multoque honestius quam mereri, ne quis suas expeteret

[9] Non est praetereundum et novicium inventum, siquidem non ex auro argentove, at certe ex aere in bibliothecis dicantur illis, quorum inmortales animae in locis iisdem locuntur, quin immo etiam quae non sunt finguntur, pariuntque desideria non traditos vultus, sicut in Homero evenit

[10] quo maius, ut equidem arbitror, nullum est felicitatis specimen quam semper omnes scire cupere, qualis fuerit aliquis
Un uguale motivo ispirò al vecchio Messala quei volumi che scrisse sulle famiglie, avendo attraversato l'atrio di Scipione Pomponiano e avendo visto i Salvittoni, infatti questo era stato il cognome, che indegni degli Africani si affiancavano per adozione testamentaria al nome degli Scipioni

Ma, sia lecito averlo detto con pace dei Messala, era anche un qualche amore delle virtù falsare le immagini dei famosi e di molto più onorevolmente che ottenere, che qualcuno non rivendicasse le proprie

[9] Non bisogna tralasciare anche una trovata recente, se nelle biblioteche sono dedicate, anche se non d'oro o d'argento, ma certo in bronzo a quelli, i cui spiriti immortali parlano in quei luoghi stessi, anzi sono riprodotte anche quelle c he non esistono, e i desideri producono i volti non tramandati, come avviene per Omero

[10] Quanto più, come certo penso, nulla è prova di successo che tutti desiderino sempre sapere, come sia stato qualcuno

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 21, Paragrafi 121-128
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 21, Paragrafi 121-128

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 21, Paragrafi 121-128

Asini Pollionis hoc Romae inventum, qui primus bibliothecam dicando ingenia hominum rem publicam fecit

an priores coeperint Alexandreae et Pergami reges, qui bibliothecas magno certamine instituere, non facile dixerim

[11] imaginum amorem flagrasse quondam testes sunt Atticus ille Ciceronis edito de iis volumine, M

Varro benignissimo invento insertis voluminum suorum fecunditati etiam septingentorum inlustrium aliquo modo imaginibus, non passus intercidere figuras aut vetustatem aevi contra homines valere, inventor muneris etiam dis invidiosi, quando inmortalitatem non solum dedit, verum etiam in omnes terras misit, ut praesentes esse ubique ceu di possent

et hoc quidem alienis ille praestitit

[12] Verum clupeos in sacro vel publico dicare privatim primus instituit, ut reperio, Appius Claudius [qui consul cum P
A Roma questa la scoperta di Asinio Pollione, che per primo con l'istituire una biblioteca pubblica produsse gli ingegni degli uomini

Se per primi abbiano cominciato i re di Alessandria e Pergamo, che istituirono biblioteche con grande rivalità, non potrei dirlo facilmente

[11] Che l'interesse dei ritratti un tempo fosse diffuso sono testimoni Attico quell'amico di Cicerone con un libro pubblicato su questi argomenti, M

Varrone con la nobilissima idea per l'ampiezza dei suoi volumi anche con immagini di settecento uomini illustri inserite in qualche modo, non permise che fossero perdute le fattezze o che l'antichità del tempo agisse contro gli uomini, inventore di un dono invidiabile anche per gli dei, poiché non solo dette l'immortalità, ma li diffuse anche in tutte le terre, affinché potessero essere presenti ovunque come dei

Ed egli donò certo questo a stranieri

[12] Invero Appio Claudio [che fu console con P
Servilio fuit anno urbis CCLVIIII]

posuit enim in Bellonae aede maiores suos, placuitque in excelso spectari in titulos honorum legi, decora res, utique si liberum turba parvulis imaginibus ceu nidum aliquem subolis pariter ostendat, quales clupeos nemo non gaudens favensque aspicit

[13] post eum M

Aemilius collega in consulatu Quinti Lutatii non in basilica modo Aemilia, verum et domi suae posuit, id quoque Martio exemplo

scutis enim, qualibus apud Troiam pugnatum est, continebantur imagines, unde et nomen habuere clupeorum, non, ut perversa grammaticorum suptilitas voluit, a cluendo

origo plena virtutis, faciem reddi in scuto cuiusque, qui fuerit usus illo

[14] Poeni ex auro factitavere et clupeos et imagines secumque vexere
Servilio nell'anno 259 della città] per primo stabilì di dedicare privatamente in un luogo sacro o pubblico, come scopro

Infatti mise nel tempio di Bellona i suoi antenati, e volle essere contemplati in alto essere inseriti nei titoli degli onori, cosa rispettabile, specie se la schiera dei figli con le piccole effigi appaia ugualmente come una qualche nidiata della stirpe, nessuno guarda tali scudi non godendo e compiacendosi

[13] Dopo di lui M

Emilio collega nel consolato di Quinto Lutazio espose non solo nella basilica Emilia, ma anche a casa sua, ciò anche con esempio marziale

Infatti i ritratti erano racchiusi su scudi, con i quali si combattè presso Troia, da cui ebbero anche il nome di clipei, non, come volle l'errata sottigliezza dei grammatici, dall'essere famoso

Origine completa di coraggio, che la faccia fosse riportata sullo scudo di colui, che aveva fatto uso di quello

[14] I Cartaginesi fecero con l'oro anche scudi e ritratti e li portarono con sé

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 15, Paragrafi 21-36
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 15, Paragrafi 21-36

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 15, Paragrafi 21-36

in castris certe captis talem Hasdrubalis invenit Marcius, Scipionum in Hispania ultor, isque clupeus supra fores Capitolinae aedis usque ad incendium primum fuit

maiorum quidem nostrorum tanta securitas in ea re adnotatur, ut L

Manlio, Q

Fulvio cos anno urbis DLXXV M

Aufidius tutelae Capitolio redemptor docuerit patres argenteos esse clupeos, qui pro aereis per aliquot iam lustra adsignabantur

[15] De pictura initiis incerta nec instituti operis quaestio est

Aegyptii sex milibus annorum aput ipsos inventam, priusquam in Graeciam transiret, adfirmant, vana praedicatione, ut palam est; Graeci autem alii Sicyone, alii aput Corinthios repertam, omnes umbra hominis lineis circumducta, itaque primam talem, secundam singulis coloribus et monochromaton dictam, postquam operosior inventa erat, duratque talis etiam nunc
Ne trovò uno di Asdrubale negli accampamenti conquistati Marcio, vendicatore degli Scipioni in Spagna, e questo scudo fu sopra i portali del tempio Capitolino fino al primo incendio

Certo si evidenzia tanta indifferenza dei nostri antenati in questa cosa, cosicchè consoli L

Manlio e Q

Fulvio nell'anno 575 della città M

Aufidio responsabile della tutela per il Campidoglio informò i senatori che c'erano scudi argentati, che erano registrati come bronzei già da alcuni lustri

[15] E' una questione incerta e non dell'intento dell'opera riguardo alle origini nella pittura

Gli Egiziani sostengono inventata presso di loro seimila anni, prima passasse in Grecia, con vana affermazione, come è chiaro; i Greci poi alcuni scoperta a Sicione, altri presso Corinto, tutti con un'ombra tracciata intorno ai contorni dell'uomo, dunque tale la prima, la seconda con singoli colori e detta monocromatica, dopo che era stata scoperta una più raffinata, e dura anche ora così
[16] inventam liniarem a Philocle Aegyptio vel Cleanthe Corinthio primi exercuere Aridices Corinthius et Telephanes Sicyonius, sine ullo etiamnum hi colore, iam tamen spargentes linias intus

ideo et quos pinxere adscribere institutum

primus inlevit eas colore testae, ut ferunt, tritae Ecphantus Corinthius

hunc eodem nomine alium fuisse quam tradit Cornelius Nepos secutum in Italiam Damaratum, Tarquinii Prisci regis Romani patrem, fugientem a Corintho tyranni iniurias Cypseli, mox docebimus

[17] Insula enim absoluta erat pictura etiam in Italia

exstant certe hodieque antiquiores urbe picturae Ardeae in aedibus sacris, quibus equidem nullas aeque miror, tam longo aevo durantes in orbitate tecti veluti recentes
[16] Usarono per primi la lineare inventata dall'egiziano Filocle o da Cleante di Corinto Aridice di Corinto e Telefane di Sicione, questi ancora senza alcun colore, ma che tracciavano già linee all'interno

Poi introdotto lo scrivere quelli che raffiguravano

Per primo le ricoprì col colore di un coccio tritato, come tramandano, Ecfante di Corinto

Essere stato costui un altro con lo stesso nome che Cornelio Nepote tramanda aver seguito in Italia Damarato, padre del re romano Tarquinio Prisco, che fuggiva da Corinto le prepotenze del tiranno Cipselo, in seguito spiegheremo

[17] Infatti l'isolato si era evoluto con la pittura anche in Italia

Restano comunque anche oggi in edifici sacri i dipinti di Ardea più antichi della città, di cui nulla ammiro certo ugualmente, che durano da così lungo tempo nella mancanza di un tetto come opere recenti

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 21, Paragrafi 31-35
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 21, Paragrafi 31-35

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 21, Paragrafi 31-35

similiter Lanivi, ubi Atalante et Helena comminus pictae sunt nudae ab eodem artifice, utraque excellentissima forma, sed altera ut virgo, ne ruinis quidem templi concussae

[18] Gaius princeps tollere eas conatus est libidine accensus, si tectorii natura permisisset

durant et Caere antiquiores et ipsae, fatebiturque quisquis eas diligenter aestimaverit nullam artium celerius consummatam, cum Iliacis temporibus non fuisse eam appareat

[19] Apud Romanos quoque honos mature huic arti contigit, siquidem cognomina ex ea Pictorum traxerunt Fabii clarissimae gentes, princepsque eius cognominis ipse aedem Salutis pinxit anno urbis conditae CCCCL, quae pictura duravit ad nostram memoriam aede ea Claudi principatu exusta

proxime celebrata est in foro boario aede Herculis Pacui poetae pictura
Ugualmente a Lanuvio, dove Atlanta ed Elena sono dipinte vicino nude dallo stesso artista, entrambe con una bellezza molto notevole, ma una come una vergine, non distrutte nemmeno dalle rovine del tempio

[18] Il principe Gaio acceso dal desiderio tentò di toglierle, se la natura del rivestimento l'avesse permesso

Esistono anche a Cere e gli stessi più antichi, e chiunque li valuterà attentamente non avrà ritenuto nessun'arte perfezionata più rapidamente, considerando che essa non ci fosse ai tempi di Ilio

[19] Anche presso i Romani la fama toccò per tempo a quest'arte, se certo da essa presero i cognomi di Pittori i Fabii stirpi nobilissime, e il primo di questo cognome dipinse egli stesso il tempio della Salute nell'anno 450 della fondazione della città, pittura che giunse fino al nostro periodo bruciata in quel tempio durante il principato di Claudio

Successivamente fu elogiato nel tempio di Ercole al foro boario un dipinto del poeta Pacuvio

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 10, Paragrafi 54-75
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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 10, Paragrafi 54-75

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 09, Paragrafi 133 - 140
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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 09, Paragrafi 133 - 140

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafo 187-216
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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 28, Paragrafo 187-216

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Prefazione

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 07, Paragrafi 01 - 16

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 34, Paragrafi 19-65

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 03, paragrafi 45-103

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafi 86-96

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 35, Paragrafi 105-153