L’Africa post-coloniale: confini artificiali e sfide di identità tra lingue, religioni ed etnie

L’Africa post-coloniale: confini artificiali e sfide di identità tra lingue, religioni ed etnie

Negli anni '50 e '60, in Africa si diffondevano i movimenti per l'indipendenza. Le giovani Nazioni non avevano alcuna esperienza su come cercare nell'identità artificiali, un'anima unitaria. Alla loro nascita, circa 60 anni fa, erano deboli e squilibrate, minacciavano sempre di crollare e schiacciare oltre un miliardo di persone

Gli accordi privati stipulati dalle potenze europee tra il 1884 e il 1919 avevano distrutto e rimescolato quelli che un tempo erano fieri regni indipendenti, di conseguenza quando ottennero la libertà, i paesi africani si trovavano di fronte a una scelta difficile: andare avanti e fare del loro meglio con quello che avevano, o ridisegnare l'intera mappa. 

I confini erano parte di una storia complicata, opportunisticamente ingarbugliata. Le etnie, le famiglie e le lingue erano state smembrate. 

Il primo ostacolo fu come mantenere le Nazioni culturalmente intatte. Questa era probabilmente la sfida più grande. Negli anni Settanta, gli abitanti di queste Nazioni  demograficamente variegate non ebbero più un nemico straniero comune, e si resero conto che, a parte il desiderio che il loro colonizzatore se ne andasse, i gruppi etnici non condividevano quasi nient'altro: né un sistema di credenze, né una lingua, né una morale o una religione.

Il resto del mondo stava andando avanti e non voleva aspettare che l'Africa si riconfigurasse ancora una volta. Fu per risolvere queste incongruenze che l'organizzazione dell'unità africana (OUA) - costituita nel 1963 per promuovere la cooperazione tra i paesi del continente e offrire sostegno ai movimenti indipendentisti - si riunì al Cairo nel luglio 1964, con la speranza di raggiungere un accordo sui confini inadeguati. 

Al momento della conferenza, 34 Nazioni avevano ottenuto l'indipendenza. Il Ghana, che era stato il primo a liberarsi, già prima della conferenza si era trovata in conflitto con il vicino Togo, che invece era appena diventato indipendente. La disputa riguardava il confine tra le due Nazioni , che separava il popolo Ewe, di cui circa tre milioni si trovavano in Ghana e due milioni in Togo.

In particolare questo errore topografico era stato provocato da un accordo tra Gran Bretagna e Francia nel 1919, dopo che la Germania aveva perso il Togoland allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Sia il Ghana che il Togo chiedevano che i loro territori venissero ingranditi, per incorporare la totalità degli Ewe. 

Il Ghana - molto più grande - voleva inglobare il vicino Togo quasi per intero. Intanto, nell'Africa settentrionale, anche il Marocco sperava di espandersi, rivendicando diritti sulla Mauritania e sulla regione del Sahara occidentale. Guardando l'Africa orientale, erano in corso dispute simili, con la Somalia che sperava di ridisegnare le circoscrizioni che componevano il Corno d'Africa e non era contenta dei suoi confini con l'Etiopia e il Kenya.

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So bene che, quando i colonizzatori hanno stabilito i confini, hanno troppo spesso ignorato le frontiere della razza, della lingua e dell'etnia … adesso non è più possibile, né auspicabile, modificare i confini delle Nazioni seguendo criteri razziali, religiosi o linguistici … in effetti, se prendessimo la razza, la religione o la lingua come criteri per stabilire i nostri confini, alcuni stati dell'Africa verrebbero cancellati dalla carta geografica


Philibert Tsiranana, presidente della repubblica Malgascia, oggi Madagascar
in un discorso rivolto agli altri leader

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