Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 48 - 65, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 48 - 65

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02; 48 - 65
Ita superior rursus hostis factus

Fabii caesi ad unum omnes praesidiumque expugnatum

Trecentos sex perisse satis convenit, unum prope puberem aetate relictum, stirpem genti Fabiae dubiisque rebus populi Romani saepe domi bellique vel maximum futurum auxilium

[51] Cum haec accepta clades est, iam C Horatius et T Menenius consules erant

Menenius adversus Tuscos victoria elatos confestim missus

Tum quoque male pugnatum est, et Ianiculum hostes occupavere; obsessaque urbs foret, super bellum annona premente- transierant enim Etrusci Tiberim-, ni Horatius consul ex Volscis esset revocatus

Adeoque id bellum ipsis institit moenibus, ut primo pugnatum ad Spei sit aequo Marte, iterum ad portam Collinam
Quindi permisero ai compagni di riprendere in mano la situazione

I Fabi vennero massacrati dal primo all'ultimo e il loro campo venne espugnato

Nessun dubbio: morirono in trecentosei; se ne salvò soltanto uno, pco più di un ragazzo, destinato a mantenere in vita la stirpe dei Fabi e a diventare per Roma, nei momenti più cupi in pace e in guerra, un sostegno fondamentale

51 Al momento di questo disastro, Gaio Orazio e Tito Menenio erano già consoli

Menenio fu subito inviato a fronteggiare gli Etruschi esaltati dalla vittoria

Ancora una volta la spedizione ebbe un esito sfavorevole e i nemici occuparono il Gianicolo; e avrebbero addirittura assediato Roma, messa alle strette non solo dalla guerra ma da una carestia in atto (infatti gli Etruschi avevano attraversato il Tevere), se il console Orazio non fosse stato richiamato dal paese dei Volsci

La guerra stava minacciando le mura così da vicino che avevano già avuto luogo una prima battaglia dall'esito incerto presso il tempio della Speranza e una seconda davanti alla porta Collina
Ibi quamquam parvo momento superior Romana res fuit, meliorem tamen militem, recepto pristino animo, in futura proelia id certamen fecit

A Verginius et Sp Servilius consules fiunt

Post acceptam proxima pugna cladem Veientes abstinuere acie; populationes erant, et velut ab arce Ianiculo passim in Romanum agrum impetus dabant; non usquam pecora tuta, non agrestes erant

Capti deinde eadem arte sunt qua ceperant Fabios

Secuti dedita opera passim ad inlecebras propulsa pecora praecipitavere in insidias; quo plures erant, maior caedes fuit

Ex hac clade atrox ira maioris cladis causa atque initium fuit

Traiecto enim nocte Tiberi, castra Servili consulis adorti sunt oppugnare

Inde fusi magna caede in Ianiculum se aegre recepere
Lì, i Romani ebbero la meglio, anche se di poco; tuttavia questa battaglia restituì ai soldati il coraggio dei giorni migliori in vista degli scontri a venire

Aulo Verginio e Spurio Servilio diventano consoli

Dopo la sconfitta subita di recente, i Veienti evitarono il confronto in campo aperto e optarono per la tecnica della scorribanda: utilizzando il Gianicolo come campo base, facevano incursioni qua e là nella campagna romana e tutti, bestiame e contadini, erano in pericolo

Ma dopo un po' di tempo furono vittime della stessa trappola nella quale erano caduti i Fabi

Mentre stavano inseguendo i capi di bestiame utilizzati intenzionalmente come esca, caddero in un'imboscata; siccome però eran più numerosi dei Fabi, le proporzioni del massacro furono maggiori

Questo disastro, suscitando la loro rabbiosa reazione, rappresentò l'inizio e la causa di una ben più grave disfatta

Infatti, attraversato il Tevere in piena notte, si buttarono all'assalto del campo del console Servilio

Respinti però con ingenti perdite, riuscirono a riparare faticosamente sul Gianicolo
Confestim consul et ipse transit Tiberim, castra sub Ianiculo communit

Postero die luce orta nonnihil et hesterna felicitate pugnae ferox, magis tamen quod inopia frumenti quamvis in praecipitia, dum celeriora essent, agebat consilia, temere adverso Ianiculo ad castra hostium aciem erexit, foediusque inde pulsus quam pridie pepulerat, interuentu collegae ipse exercitusque est servatus

Inter duas acies Etrusci, cum in vicem his atque illis terga darent, occidione occisi

Ita oppressum temeritate felici Veiens bellum

[52] Urbi cum pace laxior etiam annona rediit, et aduecto ex Campania frumento, et postquam timor sibi cuique futurae inopiae abiit, eo quod abditum fuerat prolato
Senza indugiare un attimo, il console passò a sua volta il Tevere e piazzò un campo fortificato sotto il Gianicolo

All'alba del giorno successivo, esaltato in parte dal successo del giorno prima, ma soprattutto costretto dalla carestia a optare per soluzioni spericolate purché di rapido effetto, arrivò a una tale temerarietà da spingere le sue truppe su per le pendici del Gianicolo fino al campo nemico: la sconfitta fu peggiore di quella subita dai Veienti il giorno precedente e, soltanto grazie all'intervento del collega, lui e le sue truppe ne uscirono incolumi

Gli Etruschi, presi tra due eserciti, dovendo dare le spalle ora all'uno ora all'altro, subirono un vero massacro

Così, grazie a un'imprudenza dalle conseguenze fortunate, la guerra contro Veio venne soffocata

52 A Roma, col ritorno della pace, anche i prezzi degli alimentari tornarono a un livello ragionevole, sia per l'importazione di frumento dalla Campania sia perché, una volta cessato in tutti il terrore di una nuova carestia, vennero rimesse in circolazione le derrate nascoste durante i tempi bui

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 26; 31-40

Ex copia deinde otioque lascivire rursus animi et pristina mala, postquam foris deerant, domi quaerere

Tribuni plebem agitare suo veneno, agraria lege; in resistentes incitare patres, nec in uniuersos modo sed in singulos

Q Considius et T Genucius, auctores agrariae legis, T Menenio diem dicunt

Invidiae erat amissum Cremerae praesidium, cum haud procul inde statiua consul habuisset; ea oppressit, cum et patres haud minus quam pro Coriolano adnisi essent et patris Agrippae favor hauddum exolevisset

In multa temperarunt tribuni; cum capitis anquisissent, duorum milium aeris damnato multam dixerunt

Ea in caput vertit; negant tulisse ignominiam aegritudinemque; inde morbo absumptum
Però, con l'abbondanza e l'inattività tornò di nuovo negli animi un'atmosfera di malessere e, visto che all'estero non c'era più nulla che potesse impensierire, si presero a rispolverare in patria gli attriti di un tempo

I tribuni sobillavano i plebei con il veleno di sempre, cioè la legge agraria; li incitavano contro la resistenza del patriziato, e non solo contro l'intera classe, ma anche contro i singoli individvi

Quinto Considio e Tito Genucio, promotori della legge agraria, citarono in giudizio Tito Menenio

Lo si accusava di aver abbandonato la roccaforte di Cremera, quando lui, in qualità di console, aveva un accampamento fisso non lontano da quel punto; questo episodio gli costò carissimo, pur essendosi i senatori fatti in quattro per lui non meno che per Coriolano e pur essendo ancora solidissima la popolarità di suo padre Agrippa

Nella richiesta della pena i tribuni non vollero esagerare: nonostante avessero chiesto la pena di morte, si limitarono tuttavia a condannarlo a un'ammenda di duemila assi

Questo gli costò comunque la vita: si dice che non riuscendo a sopportare un disonore così doloroso, si ammalò e ne morì
Alius deinde reus, Sp Servilius, ut consulatu abiit, C Nautio et P Valerio consulibus, initio statim anni ab L Caedicio et T Statio tribunis die dicta, non ut Menenius, precibus suis aut patrum sed cum multa fiducia innocentiae gratiaeque tribunicios impetus tulit

Et Huic proelium cum Tuscis ad Ianiculum erat crimini

Sed fervidi animi vir ut in publico periculo ante, sic tum in suo, non tribunos modo sed plebem oratione feroci refutando exprobrandoque T Meneni damnationem mortemque, cuius patris munere restituta quondam plebs eos ipsos quibus tum saeviret magistratus, eas leges haberet, periculum audacia discussit
Durante il consolato di Caio Nauzio e Publio Valerio, proprio all'inizio dell'anno, ci fu un altro processo, questa volta ai danni di Spurio Servilio, appena uscito di carica; citato in giudizio dai tribuni Lucio Cedicio e Tito Stazio, contrariamente a Menenio che aveva adottato come linea di difesa le suppliche sue e dei senatori, Servilio parò le accuse dei tribuni con la grande fiducia nella propria innocenza e nel favore che vantava presso il popolo

Anche lui era accusato per la battaglia con gli Etruschi lungo le pendici del Gianicolo

Ma, dimostrandosi uomo di grande temperamento non meno nel perorare la propria causa che nella difesa della patria, con un discorso coraggiosissimo confutò non solo le accuse dei tribuni ma anche la plebe; a essa rinfacciò di aver preteso la condanna a morte di Tito Menenio quando era proprio grazie a suo padre che i plebei tempo addietro erano stati ricondotti a Roma e avevano ottenuto quei magistrati e quelle stesse leggi di cui ora abusavano; e fu proprio la sua audacia a salvarlo

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 23 - 26

Iuvit et Verginius collega testis productus, participando laudes; magis tamen Menenianum-adeo mutaverant animum- profuit iudicium

[53] Certamina domi finita: Veiens bellum exortum, quibus Sabini arma coniunxerant

P Valerius consul accitis Latinorum Hernicorumque auxiliis cum exercitu Veios missus castra Sabina, quae pro moenibus sociorum locata erant, confestim adgreditur; tantamque trepidationem iniecit ut dum dispersi alii alia manipulatim excurrunt ad arcendam hostium vim, ea porta cui signa primum intulerat caperetur

Intra vallum deinde caedes magis quam proelium esse

Tumultus e castris et in urbem penetrat; tamquam Veiis captis, ita pavidi Veientes ad arma currunt
Un grande aiuto lo ebbe anche dal collega Verginio che, prodotto in qualità di teste, divise con lui i propri meriti; ma l'orientamento dell'opinione pubblica era così cambiato che l'elemento decisivo a suo discapito fu la condanna di Menenio

53 Niente più lotte di classe a Roma e di nuovo guerra contro i Veienti, questa volta coalizzati coi Sabini

Il console Publio Valerio fu inviato a Veio a fronteggiarli con le sue truppe e con reparti ausiliari forniti da Ernici e Latini; avendo sùbito assalito l'accampamento sabino situato di fronte alle mura nemiche, vi gettò un tale scompiglio che, mentre le compagnie uscivano alla rinfusa per respingere l'attacco nemico, egli si impadronì di quella stessa porta che era stata il primo obiettivo della sua azione di forza

Quel che seguì all'interno del campo non fu una battaglia quanto un vero massacro

Il grande trambusto arrivò di lì fino alla città e gli abitanti, in preda al panico come se Veio fosse stata catturata, corsero alle armi
Pars Sabinis eunt subsidio, pars Romanos toto impetu intentos in castra adoriuntur

Paulisper aversi turbatique sunt; deinde et ipsi utroque versis signis resistunt, et eques ab consule immissus Tuscos fundit fugatque, eademque hora duo exercitus, duae potentissimae et maxime finitimae gentes superatae sunt

Dum haec ad Veios geruntur, Volsci Aequique in Latino agro posverant castra populatique fines erant

Eos per se ipsi Latini adsumptis Hernicis, sine Romano aut duce aut auxilio castris exuerunt; ingenti praeda praeter suas reciperatas res potiti sunt

Missus tamen ab Roma consul in Volscos C Nautius; mos, credo, non placebat, sine Romano duce exercituque socios propriis viribus consiliisque bella gerere
Parte di essi andò in soccorso ai Sabini, parte si buttò a corpo morto sui Romani che erano concentrati esclusivamente su quanto avveniva all'interno del campo

Questi ebbero un momentaneo disorientamento; poi, dopo che essi si furono stabilizzati in una posizione di doppio contenimento, sopraggiunse la cavalleria agli ordini del console e disperse gli Etruschi costringendoli alla ritirata; nello stesso momento gli eserciti dei due vicini più potenti erano stati sconfitti

Mentre erano in corso queste operazioni contro Veio, i Volsci e gli Equi si erano accampati nel territorio latino e avevano razziato i dintorni

I Latini, soltanto con i propri mezzi e il sostegno degli Ernici, senza ricevere da Roma né un comandante né truppe di rinforzo, li scacciarono dall'accampamento e, oltre a recuperare quello che apparteneva loro, si impossessarono di un grande bottino

Da Roma, tuttavia, fu inviato contro i Volsci il console Gaio Nauzio; non era gradito, credo, che gli alleati decidessero e conducessero le guerre da soli, senza un esercito e un generale romani

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Nullum genus calamitatis contumeliaeque non editum in Volscos est, nec tamen perpelli potuere ut acie dimicarent

[54] L Furius inde et C Manlius consules

Manlio Veientes provincia evenit; non tamen bellatum; indutiae in annos quadraginta petentibus datae frumento stipendioque imperato

Paci externae confestim continuatur discordia domi

Agrariae legis tribuniciis stimulis plebs furebat

Consules, nihil Meneni damnatione, nihil periculo deterriti Servili, summa vi resistunt

Abeuntes magistratu Cn Genucius tribunus plebis arripuit

L Aemilius et Opiter Verginius consulatum ineunt; Vopiscum Iulium pro Verginio in quibusdam annalibus consulem invenio

Hoc anno, quoscumque consules habuit, rei ad populum Furius et Manlius circumeunt sordidati non plebem magis quam iuniores patrum
Nei confronti dei Volsci non si andò per il sottile con le distruzioni e le provocazioni: ciò nonostante, risultò impossibile costringerli a uno scontro aperto

54 I consoli successivi furono Lucio Furio e Gaio Manilio

A Manlio toccarono i Veienti; tuttavia non si arrivò a combattere in quanto, su loro espressa richiesta, venne concessa una tregua di quarant'anni in cambio di denaro e frumento

Alla pace con l'estero successe immediatamente una ripresa dei disordini interni

I tribuni aizzavano la plebe con l'arma della legge agraria

I consoli, per nulla spaventati al ricordo della condanna di Menenio e del pericolo corso da Servilio, resistevano con grande forza

Al termine però del loro mandato, il tribuno della plebe Gneo Genucio li trascinò in giudizio

Lucio Emilio e Opitro Verginio entrano quindi in carica come consoli; in alcuni annali ho trovato Vopisco Giulio al posto di Verginio

In quell'anno - chiunque fossero i consoli - Furio e Manilio, accusati di fronte al popolo, andarono in giro vestiti a lutto visitando non meno i plebei che i giovani senatori
Suadent monent honoribus et administratione rei publicae abstineant; consulares vero fasces, praetextam, curulemque sellam nihil aliud quam pompam funeris putent; claris insignibus velut infulis velatos ad mortem destinari

Quod si consulatus tanta dulcedo sit, iam nunc ita in animum inducant consulatum captum et oppressum ab tribunicia potestate esse; consuli, velut apparitori tribunicio, omnia ad nutum imperiumque tribuni agenda esse; si se commouerit, si respexerit patres, si aliud quam plebem esse in re publica crediderit, exsilium Cn Marci, Meneni damnationem et mortem sibi proponat ante oculos
Li mettevano in guardia e li dissuadevano dall'assumere cariche onorifiche e dal lasciarsi invischiare nella gestione dello Stato; cercavano di far capire loro che le fasce consolari, la toga pretesta e la sella curule non erano nient'altro che accessori da pompe funebri: quegli splendidi ornamenti valevano le bende sulla fronte delle vittime, e portarli significava avviarsi alla morte

Se il consolato li affascinava tanto, almeno si rendessero conto che ormai esso era ostaggio e schiavo dello strapotere tribunizio e che il console, ridotto al rango di subalterno dei tribuni, era costretto a subordinare ogni suo movimento al cenno e agli ordini dei tribuni stessi; qualunque suo movimento, qualunque segno di reverenza nei confronti dei senatori, qualunque concezione che non contemplasse la plebe come unica presenza all'interno dello Stato, avrebbe dovuto fare i conti con l'esilio di Gneo Marzio e con la condanna a morte di Menenio

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His accensi vocibus patres consilia inde non publica sed in privato seductaque a plurium conscientia habuere, ubi cum id modo constaret, iure an iniuria, eripiendos esse reos, atrocissima quaeque maxime placebat sententia, nec auctor quamvis audaci facinori deerat

Igitur iudicii die, cum plebs in foro erecta expectatione staret, mirari primo quod non descenderet tribunus; dein cum iam mora suspectior fieret, deterritum a primoribus credere et desertam ac proditam causam publicam queri; tandem qui obversati vestibulo tribuni fuerant nuntiant domi mortuum esse inventum

Quod ubi in totam contionem pertulit rumor, sicut acies funditur duce occiso, ita dilapsi passim alii alio
Infiammati da queste parole, i senatori cominciarono a tenere riunioni che non avevano carattere pubblico ma si svolgevano in privato e all'insaputa della maggior parte dei cittadini; durante questi incontri una sola era la parola d'ordine: gli imputati andavano sottratti al giudizio ricorrendo a procedure lecite o meno; di conseguenza, più una proposta era turbolenta, più incontrava il favore dei convenuti e non mancavano anche i fautori di gesti assolutamente temerari

Così, il giorno del giudizio, con la plebe in piedi nel foro (nessuno osava fiatare nell'attesa), sulle prime ci fu un'ondata di stupore per la mancata comparsa del tribuno e poi, quando la sorpresa si trasformò in sospetto, tutti cominciarono a pensare che il magistrato si fosse venduto ai patrizi e avesse proditoriamente abbandonato la causa dello Stato; alla fine, quelli che erano andati ad aspettare il tribuno davanti alla porta tornarono dicendo che lo avevano trovato morto in casa

Appena la notizia si diffuse in tutta l'assemblea, come un esercito che si squaglia quando il comandante cade sul campo, così la folla si disperse in tutte le direzioni

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