Agostino, Le Confessioni: Libro 08, pag 2

Agostino, Le Confessioni: Libro 08

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 08
Et sonuit presso sonitu per ora cunctorum collaetantium: "Victorinus, Victorinus"

Cito sonuerunt exsultatione, quia videbant eum, et cito siluerunt intentione, ut audirent eum

Pronuntiavit ille fidem veracem praeclara fiducia, et volebant eum omnes rapere intro in cor suum

Et rapiebant amando et gaudendo: hae rapientium manus erant

Maius est gaudium hominis de maiore periculo liberati

[3

6] Deus bone, quid agitur in homine, ut plus gaudeat de salute desperatae animae et de maiore periculo liberatae, quam si spes ei semper affuisset aut periculum minus fuisset

Etenim tu quoque, misericors Pater, plus gaudes de uno paenitente quam de nonaginta novem iustis, quibus non opus est paenitentia
Ma chi non lo conosceva, a Roma

E un sommesso grido di gioia risuonò sulle labbra di tutti: "Vittorino, Vittorino

" Si levò dalla folla improvviso questo grido di giubilo alla sua vista, e altrettanto improvviso fu il silenzio con cui la folla si dispose ad ascoltarlo

Con luminosa sicurezza egli recitò la sua professione di vera fede, e ciascuno avrebbe voluto portarselo via, nel proprio cuore

E se lo presero infatti, con mani d'amore e di gioia, mani rapaci

Sul valore di ciò che era perduto [3

6]

Buon Dio, che cosa c'è nell'uomo, che lo fa più felice quando un'anima già data per perduta si salva e viene liberata da un pericolo più grande, che quando non aveva mai smesso di sperare e il pericolo era minore
Et nos cum magna iucunditate audimus, cum audimus quam exsultantibus pastoris umeris reportetur ovis, quae erraverat, et drachma referatur in thesauros tuos collaetantibus vicinis mulieri, quae invenit, et lacrimas excutit gaudium sollemnitatis domus tuae, cum legitur in domo tua de minore filio tuo, quoniam mortuus erat et revixit, perierat et inventus est

Gaudes quippe in nobis et in angelis tuis sancta caritate sanctis

Nam tu semper idem, qui ea quae non semper nec eodem modo sunt eodem modo semper nosti omnia

[3

7] Quid ergo agitur in anima, cum amplius delectatur inventis aut redditis rebus, quas diligit, quam si eas semper habuisset

Contestantur enim et cetera et plena sunt omnia testimoniis clamantibus: "Ita est"
E anche tu, padre misericordioso, gioisci più di un solo uomo che si pente che di novantanove giusti che non hanno bisogno di pentirsi

E anche noi proviamo una grande allegria ogni volta che ascoltiamo raccontare quanto erano felici le spalle del pastore che riportava a casa la pecora smarrita, e come fra le congratulazioni delle vicine la dracma perduta dalla donna sia riposta di nuovo fra i tuoi tesori, e ci fa piangere di gioia la festa della tua casa, ogni volta che nella tua casa leggiamo del tuo figlio minore che era morto ed è tornato a vivere, era perduto ed è stato ritrovato

Certo è in noi che tu gioisci, e nei tuoi angeli accesi di amore sacro: perché tu sei sempre uguale a te stesso, e le cose che non sono eterne e non sono sempre nello stesso stato tu sempre tutte e allo stesso modo le conosci

[3

7] Cosa c'è dunque nell'anima, che le fa provare per le cose amate e ritrovate o restituite una gioia maggiore che se le avesse sempre conservate

Ogni altra cosa lo attesta, il mondo è pieno di testimoni che affermano: "È così"
Triumphat victor imperator et non vicisset, nisi pugnavisset, et quanto maius periculum fuit in proelio, tanto est gaudium maius in triumpho

Iactat tempestas navigantes minaturque naufragium; omnes futura morte pallescunt: tranquillatur caelum et mare, et exsultant nimis, quoniam timuerunt nimis

Aeger est carus et vena eius malum renuntiat; omnes, qui eum salvum cupiunt, aegrotant simul animo: fit ei recte et nondum ambulat pristinis viribus, et fit iam tale gaudium, quale non fuit, cum antea salvus et fortis ambularet

Easque ipsas voluptates humanae vitae etiam non inopinatis et praeter voluntatem irruentibus, sed institutis et voluntariis molestiis homines adquirunt

Edendi et bibendi voluptas nulla est, nisi praecedat esuriendi et sitiendi molestia
Trionfa il generale vittorioso, e non avrebbe vinto se non avesse combattuto, e quanto maggiore è stato il pericolo in battaglia tanto maggiore è la gioia del trionfo

Travolge i naviganti la tempesta, e minaccia il naufragio: e tutti impallidiscono in faccia alla morte: il cielo e il mare si rasserenano, e troppa esultanza nasce da troppa paura

Si ammala chi ci è caro e il suo polso rivela che sta male: tutti quelli che lo vorrebbero salvo s'ammalano con lui nel loro cuore: si rimette e ancora non si regge in piedi con la forza di prima, e ne nasce una gioia che non esisteva quando era ben salvo e saldo sulle gambe

E gli stessi piaceri della vita ce li si guadagna al prezzo di fastidi non soltanto imprevisti e involontari, ma addirittura procurati ad arte e volontari

Il piacere di mangiare e bere si riduce a niente se non è preceduto dal fastidio della fame e della sete

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Agostino, Le Confessioni: Libro 07
Agostino, Le Confessioni: Libro 07

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 07

Et ebriosi quaedam salsiuscula comedunt, quo fiat molestus ardor, quem dum exstinguit potatio, fit delectatio

Et institutum est, ut iam pactae sponsae non tradantur statim vel vilem habeat maritus datam, quam non suspiraverit sponsus dilatam

[3

8] Hoc in turpi et exsecranda laetitia, hoc in ea, quae concessa et licita est, hoc in ipsa sincerissima honestate amicitiae, hoc in eo, qui mortuus erat et revixit, perierat et inventus est; ubique maius gaudium molestia maiore praeceditur

Quid est hoc, Domine Deus meus, cum tu aeternum tibi, tu ipse sis gaudium, et quaedam de te circa te semper gaudeant

Quid est, quod haec rerum pars alternat defectu et profectu, offensionibus et conciliationibus

An is est modus earum, et tantum dedisti eis, cum a summis caelorum usque ad ima terrarum, ab initio usque in finem saeculorum, ab angelo usque ad vermiculum, a motu primo usque ad extremum omnia genera bonorum et omnia iusta opera tua suis quaeque sedibus locares et suis quaeque temporibus ageres
I buoni bevitori stuzzicano la sete con qualche spuntino salato, per provocare una fastidiosa arsura, nell'estinguere la quale sta il piacere della bevuta

E si è perfino stabilita l'usanza di non consegnare subito la sposa già promessa, perché il marito l'apprezzerebbe meno, se da fidanzato non avesse dovuto sospirarla un po'

[3

8]

Così è delle gioie brutte e riprovevoli, così di quelle consentite e lecite, così perfino della più schietta e nobile amicizia, così di colui che era morto ed è tornato a vivere, era perduto ed è stato ritrovato: sempre la gioia è tanto maggiore quanto più grande è il disagio che la precede

Cos'è mai, mio Signore Dio, se tu stesso sei, nella tua eternità, la gioia, e ci sono creature intorno a te per le quali sei fonte di godimento eterno

Cos'è questa alternanza di declino e ascesa, di contese e accordi che vige in una parte della natura
Ei mihi, quam excelsus es in excelsis et quam profundus in profundis

Et nusquam recedis, et vix redimus ad te

Conversio virorum insignium multis gaudium affert et saluti est

[4

9] Age, Domine, fac excita et revoca nos, accende et rape, fragra, dulcesce: amemus, curramus

Nonne multi ex profundiore Tartaro caecitatis quam Victorinus redeunt ad te et accedunt et illuminantur recipientes lumen, quod si qui recipiunt, accipiunt a te potestatem, ut filii tui fiant

Sed si minus noti sunt populis, minus de illis gaudent etiam qui noverunt eos

Quando enim cum multis gaudetur, et in singulis uberius est gaudium, quia fervefaciunt se et inflammantur ex alterutro

Deinde, quod multis noti, multis sunt auctoritati ad salutem et multis praeeunt secuturis, ideoque multum de illis et qui eos praecesserunt laetantur, quia non de solis laetantur
O forse è questo appunto il limite che le hai assegnato, e la sorte che hai dato a ogni cosa, quando dal sommo dei cieli alle profondità della terra, dal principio alla fine dei secoli, dall'angelo al vermiciattolo, dal primo moto all'ultimo hai insediato al suo posto ciascuna sorta di valori e hai attuato le tue giuste opere ciascuna a suo tempo

Ah, come sei alto sopra le altezze e profondo oltre ogni abisso

Eppure non arretri di un passo da noi, e a fatica noi torniamo a te

[4

9] E allora agisci tu Signore, fatti per noi risveglio e richiamo e incendio e rapimento e soave profumo: amiamo, corriamo

Non sono in molti a ritornare a te da un Tartaro di cecità profondo più di quello dov'era Vittorino

Eppure si avvicinano e restano inondati dalla luce con cui ricevono da te il potere di diventare figli tuoi

Ma se non sono molto noti alle folle anche la gioia di chi li conosce è minore

Una gioia condivisa da molti, anche nei singoli è più prorompente, perché ci si eccita ed esalta a vicenda

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Agostino, Le Confessioni: Libro 03
Agostino, Le Confessioni: Libro 03

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 03

Absit enim, ut in tabernaculo tuo prae pauperibus accipiantur personae divitum aut prae ignobilibus nobiles, quando potius infirma mundi elegisti, ut confunderes fortia, et ignobilia huius mundi elegisti et contemptibilia et ea quae non sunt, tamquam sint, ut ea quae sunt evacuares

Et tamen idem ipse minimus Apostolorum tuorum, per cuius linguam tua ista verba sonuisti, cum Paulus pro consul per eius militiam debellata superbia sub lene iugum Christi tui missus esset regis magni provincialis effectus, ipse quoque ex priore Saulo Paulus vocari amavit ob tam magnae insigne victoriae

Plus enim hostis vincitur in eo, quem plus tenet et de quo plures tenet

Plus autem superbos tenet nomine nobilitatis et de his plures nomine auctoritatis
E poi perché chi è noto ha influenza su molti come guida alla salvezza, e molti lo seguiranno sulla stessa via: il che procura una gioia più grande a quelli che lo hanno preceduto, perché non solo per lui si rallegrano

Non già che nella tua tenda i ricchi vengano accolti a preferenza dei poveri, o i notabili della gente oscura: anzi, semmai tu hai scelto ciò che nel mondo è debole per confondere le cose forti, ciò che nel mondo è oscuro e disprezzabile e stimato da nulla, come non esistesse, per toglier peso a ciò che esiste

E tuttavia perfino quell'ultimo fra i tuoi apostoli, che hai usato per dar voce a queste parole, una volta che con le sue stesse armi ebbe abbattuta la superbia del proconsole Paolo e lo ebbe fatto passare sotto il giogo lieve del tuo Cristo - e ridotto a semplice suddito di un grande re - perfino lui volle chiamarsi Paolo da Saulo che era, in segno di una così grande vittoria

Perché più il nemico ci domina, e più prigionieri si prende, maggiore è la sua sconfitta
Quanto igitur gratius cogitabatur Victorini pectus, quod tamquam inexpugnabile receptaculum diabolus obtinuerat, Victorini lingua, quo telo grandi et acuto multos peremerat, abundantius exsultare oportuit filios tuos, quia rex noster alligavit fortem, et videbant vasa eius erepta mundari et aptari in honorem tuum et fieri utilia Domino ad omne opus bonum

Duae voluntates dissipabant animam Aug

eamque consuetudo mala tenebat

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10] Sed ubi mihi homo tuus Simplicianus de Victorino ista narravit, exarsi ad imitandum: ad hoc enim et ille narraverat
Tanto più se con il prestigio della notorietà conquistava più gente superba, e da questi ricavava il prestigio dell'autorità per fare prigionieri ancora più numerosi

Tanto maggiore era la gratitudine che accompagnava il pensiero di Vittorino, del suo cuore che il diavolo aveva occupato come un presidio inespugnabile, della sua lingua, quella gran freccia acuminata che aveva già colpito molti a morte

E tanto più abbondante doveva essere l'esultanza dei tuoi figli, perché il nostro re aveva incatenato un forte, e si vedeva il bottino dei suoi vasi ripulito e reso adatto a renderti onore, a servire il Signore per ogni opera buona

Il conflitto della volontà [5

10] Ma quando quell'uomo tuo, Simpliciano, finì di raccontarmi la storia di Vittorino, mi sentii bruciare dalla voglia di emularlo: non ad altro fine, del resto, me l'aveva raccontata

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Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 01; 11-20

Posteaquam vero et illud addidit, quod imperatoris Iuliani temporibus lege data prohibiti sunt Christiani docere litteraturam et oratoriam (quam legem ille amplexus loquacem scholam deserere maluit quam verbum tuum, quo linguas infantium facis disertas) non mihi fortior quam felicior visus est, quia invenit occasionem vacandi tibi

Cui rei ego suspirabam ligatus non ferro alieno, sed mea ferrea voluntate

Velle meum tenebat inimicus et inde mihi catenam fecerat et constrinxerat me

Quippe ex voluntate perversa facta est libido, et dum servitur libidini, facta est consuetudo, et dum consuetudini non resistitur, facta est necessitas

Quibus quasi ansulis sibimet innexis (unde catenam appellavi) tenebat me obstrictum dura servitus
Ma quando poi aggiunse che secondo la legge promulgata al tempo dell'imperatore Giuliano era proibito ai cristiani insegnare letteratura e oratoria, e Vittorino s'era inchinato a questa legge, e aveva preferito abbandonare la scuola della chiacchiera piuttosto che la tua Parola, che rende persuasiva la lingua degli infanti, la sua fortuna mi parve grande quanto la sua forza d'animo, perché aveva trovato l'occasione di essere libero per te soltanto

Stato per cui io sospiravo, benché non fosse una catena estranea quella che mi stringeva, ma solo la mia volontà di ferro

Il nemico occupava il mio volere e ne aveva fatto una catena con cui costringermi

Già, dalla rivolta della volontà nasce il capriccio e questo a furia d'essere obbedito si fa abitudine, e a furia di non resistere alla abitudine si crea una necessità

Era una dura schiavitù che con questa sorta di anelli fra loro connessi - perciò ho parlato di una catena - mi vincolava fino a soffocarmi
Voluntas autem nova, quae mihi esse coeperat, ut te gratis colerem fruique te vellem, Deus, sola certa iucunditas, nondum erat idonea ad superandam priorem vetustate roboratam

Ita duae voluntates meae, una vetus, alia nova, illa carnalis, illa spiritalis, confligebant inter se atque discordando dissipabant animam meam

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11] Sic intellegebam me ipso experimento id quod legeram, quomodo caro concupisceret adversus spiritum et spiritus adversus carnem, ego quidem in utroque, sed magis ego in eo, quod in me approbabam, quam in eo, quod in me improbabam

Ibi enim magis iam non ego, quia ex magna parte id patiebar invitus quam faciebam volens

Sed tamen consuetudo adversus me pugnacior ex me facta erat, quoniam volens quo nollem perveneram

Et quis iure contradiceret, cum peccantem iusta poena sequeretur
E la volontà nuova, appena nata, per cui desideravo offrirti un culto disinteressato, e godere di te, Dio, sola allegria sicura, non era ancora in grado di battere l'antica, rafforzata dagli anni

Così le mie due volontà, una antica e l'altra nuova, una della carne e l'altra dello spirito lottavano, e nella loro discordia mi dissipavano l'anima

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11] Ero così a me stesso la prova d'esperienza per intendere quel che avevo letto: come i desideri della carne siano contro lo spirito, e quelli dello spirito contro la carne

Certo ero sempre io, nell'una e nell'altro: ma ero più io in quello che approvavo, che in quello che disapprovavo in me

Là anzi non ero già più io, perché in gran parte il mio era un subire contro la mia volontà più che un fare volontario

Tuttavia l'abitudine era per mia colpa divenuta più tenace nel darmi contro, perché era per mia volontà che ero arrivato dove non avrei voluto

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Et non erat iam illa excusatio, qua videri mihi solebam propterea me nondum contempto saeculo servire tibi, quia incerta mihi esset perceptio veritatis: iam enim et ipsa certa erat

Ego autem adhuc terra obligatus militare tibi recusabam et impedimentis omnibus sic timebam expediri, quemadmodum impediri timendum est

Sarcina saeculi

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12] Ita sarcina saeculi, velut somno assolet, dulciter premebar, et cogitationes, quibus meditabar in te, similes erant conatibus expergisci volentium, qui tamen superati soporis altitudine remerguntur
E chi a buon diritto si sarebbe opposto alla giusta pena che seguiva il peccato

E poi non c'era più la scusa di prima, quando potevo convincermi che ancora esitavo a respingere il mondo per servire te perché la percezione che avevo della verità era incerta: ormai anche questa era certa

Ma io, ancora avvinto com'ero alla terra, rifiutavo di arruolarmi al tuo servizio, e la paura che bisogna avere d'essere impediti, io l'avevo d'esser liberato dagli impedimenti

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12] E così il carico del secolo mi pesava addosso dolce come il sonno, e i pensieri che nelle mie meditazioni rivolgevo a te erano simili agli sforzi di uno che tenta di svegliarsi, e di nuovo viene sopraffatto e scivola nelle profondità del sonno

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