Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 37, Paragrafi 19-42

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 37, Paragrafi 19-42

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 37, Paragrafi 19-42
[19] idem in reliquis generis eius quantum voraverit, licet aestimare ex multitudine, quae tanta fuit, ut auferente liberis eius Nerone exposita occuparent theatrum peculiare trans Tiberim in hortis, quod a populo impleri canente se, dum Pompeiano proludit, etiam Neroni satis erat

vidi tunc adnumerari unius scyphi fracti membra, quae in dolorem, credo, saeculi invidiamque Fortunae tamquam Alexandri Magni corpus in conditorio servari, ut ostentarentur, placebat

[20] T

Petronius consularis moriturus invidia Neronis, ut mensam eius exheredaret, trullam myrrhinam HS CCC emptam fregit; sed Nero, ut par erat principem, vicit omnes HS |X| capidem unam parando

memoranda res tanti imperatorem patremque patriae bibisse

[21] Oriens myrrhina mittit
[19] Lo stesso quanto abbia consumato nelle altre cose di questo genere, è possibile valutarlo dalla quantità, che fu tanta, che sottraendola Nerone ai suoi figli gli oggetti esposti occupavano il teatro personale oltre il Tevere nei giardini, che era sufficiente anche per Nerone essere riempito dal popolo quando lui canta mentre si esercita per quello di Pompeo

Vidi allora essere annoverati i pezzi di una coppa rotta, si voleva, credo, che questi fossero conservati per il dolore, e l'invidia del secolo della Fortuna come il corpo di Alessandro Magno in una tomba, perché fossero mostrate

[20] T

Petronio ex console sul punto di morire per l'astio di Nerone, per sguarnire la sua mensa, ruppe una coppa di murrina pagata 300 mila sesterzi; ma Nerone, come era degno principe, battè tutti col comprare un'anfora 1 milione di sesterzi

Cosa memorabile che un imperatore e padre della patria abbia bevuto a tale prezzo

[21] L'oriente fornisce le murrine
inveniuntur ibi pluribus locis nec insignibus, maxime Parthici regni, praecipua tamen in Carmania

umorem sub terra putant calore densari

amplitudine numquam parvos excedunt abacos, crassitudine raro quanta dicta sunt potoria

splendor est iis sine viribus nitorque verius quam splendor

sed in pretio varietas colorum subinde circumagentibus se maculis in purpuram candoremque et tertium ex utroque, ignescente veluti per transitum coloris purpura aut rubescente lacteo

[22] sunt qui maxime in iis laudent extremitates et quosdam colorum repercussus, quales in caelesti arcu spectantur

iam aliis maculae pingues placent, tralucere quicquam aut pallere vitium est, itemque sales verrucaeque non eminentes, sed, ut in corpore etiam, plerumque sessiles

aliqua et in odore commendatio est
Si trovano qui in diversi luoghi e non famosi, soprattutto del regno dei Parti, ma specialmente in Carmania

Pensano che un liquido sotto il terreno sia rappreso dal calore

Non superano mai per ampiezza i piccoli abachi, raramente per spessore i boccali di quanto sono stati descritti

Per essi c'è uno splendore senza forze e più esattamente una lucentezza che uno splendore

Ma in pregio la varietà dei colori con chiazze che si mescolano ripetutamente nella porpora e nel bianco e in un terzo (colore) da entrambi, fiammeggiante la porpora o rosseggiante il bianco latte come per una transizione del colore

[22] Ci sono quelli che in essi lodano soprattutto le estremità e alcuni riflessi dei colori, quali si vedono nell'arcobaleno

Ad altri poi piacciono le chiazze forti, è un difetto che qualcosa brilli o schiarisca, ed anche i grani e le verruche che non sporgono, ma, come anche nel corpo, per lo più sessili

Anche nel profumo c'è una qualche importanza
[23] Contraria huic causa crystallum fecit, gelu vehementiore concreto

non aliubi certe reperitur quam ubi maxime hibernae nives rigent, glaciemque esse certum est, unde nomen Graeci dedere

oriens et hanc mittit, quoniam Indicae nulla praefertur

nascitur et in Asia, vilissima circa Alabanda et Orthosiam finitimisque, item in Cypro, sed laudata in Europa Alpium iugis

[24] Iuba auctor est et in quadam insula Rubri maris ante Arabiam sita nasci, quae Necron vocetur, et in ea, quae iuxta gemmam topazum ferat, cubitalemque effossam a Pythagora Ptolemaei praefecto; Cornelius Bocchus et in Lusitania perquam mirandi ponderis in Ammaeensibus iugis, depressis ad libramentum aquae puteis

[25] hoc mirum, quod Xenocrates Ephesius tradit, aratro in Asia et Cypro excitari; non enim reperiri in terreno nec nisi inter cautes creditum fuerat
[23] La causa contraria a questa genera il cristallo, per il gelo più intenso rappreso

Certo non si trova altrove che dove soprattutto le nevi invernali congelano, ed è certo che c'è ghiaccio, da dove i Greci dettero il nome

L'oriente fornisce anche questo, perché nulla è anteposto a quello indiano

Nasce anche in Asia, molto scadente intorno ad Alabanda e Ortosia e nei confini, anche a Cipro, ma apprezzato in Europa sui gioghi delle Alpi

[24] Giuba è testimone nascere anche in una certa isola del mar Rosso posta davanti all'Arabia, che è detta Necron, e in quella, che vicina produce le gemma dei topazi, ed estratta una di un cubito da Pitagora prefetto di Tolomeo; Cornelio Bocco (dice) anche in Lusitania di peso alquanto considerevole sui gioghi di Ammea, nei pozzi scavati fino al livello dell'acqua

[25] Strano questo, ciò che Senocrate tramanda di Efeso, essere estratto con l'aratro in Asia e a Cipro; infatti non era stato creduto essere trovato nel terreno e se non fra le rupi

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 27, Paragrafi 93-101
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 27, Paragrafi 93-101

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 27, Paragrafi 93-101

similius veri est, quod idem Xenocrates tradit, et torrentibus saepe deportari

Sudines negat nisi ad meridiem spectantibus locis nasci

quod certum est, non reperitur in aquosis, quamquam in regione praegelida, vel si ad vada usque galcientur amnes

[26] e caelesti umore puraque nive id fieri necesse est; ideo caloris inpatiens nisi in frigido potu abdicatur

quare nascatur sexangulis lateribus, non facile ratio iniri potest, eo magis quod neque in mucronibus eadem species est et ita absolutus laterum levor est, ut nulla id arte possit aequari

[27] Magnitudo amplissima adhuc visa nobis erat quam in Capitolio Livia Augusti dicaverat, librarum circiter CL

Xenocrates idem auctor est vas amphorale visum, et aliqui ex India sextariorum quattuor
E' più verosimile, quello che lo stesso Senocrate tramanda, essere trasportato spesso anche dai torrenti

Sudine nega nascere se non nei luoghi che guardano verso mezzogiorno

Questo è certo, non si trova in quelli acquosi, se pur in una zona molto fredda, o se i fiumi siano ghiacciati fino ai fondali

[26] E' necessario che esso si formi dall'acqua piovana e dalla neve intatta; perciò intollerante del calore è rifiutato se non per la bevanda fredda

Perché nasca in forme esagonali, non può essere resa facilmente spiegazione, tanto più che sulle punte non c'è la stessa forma e la levigatezza dei lati è così assoluta, che ciò non può essere uguagliato da nessun'arte

[27] Finora la grandezza più ampia ci era sembrata quella che Livia moglie di Augusto aveva dedicato nel Campidoglio, di circa 60 libbre

Lo stesso Senocrate testimonia essere stato visto un vaso della capacità di un'anfora, e altri uno di quattro sestiari dall'India
(Nos liquido adfirmare possumus in cautibus Alpium nasci adeo inviis plerumque, ut fune pendentes eam extrahant

) peritis signa et indicia nota sunt

[28] infestantur plurimis vitiis, scabro ferumine, maculosa nube, occulta aliquando vomica, praeduro fragilique centro, item sale appellato

est et rufa aliquis robigo, aliis capillamentum rimae simile

hoc artifices caelatura occultant

quae vero sine vitio sint, pura esse malunt, acenteta appellantes, nec spumei coloris, sed limpidae aquae

postrema auctoritas in pondere est

invenio apud medicos, quae sint urenda corporum, non aliter utilius uri putari quam crystallina pila adversis opposita solis radiis

[29] alius et in his furor, HS centum quinquaginta milibus trullam unam non ante multos annos mercata matre familias nec divite
(Noi possiamo chiaramente confermare nascere sulle rupi delle Alpi per lo più tanti impraticabili, che l'estraggono pendendo da una fune)

Agli esperti sono note le tracce e gli indizi

[28] Sono infestati da moltissimi difetti, da un'incrostazione ruvida, una nebulosità a chiazze, da una cisti talvolta nascosta, da un nucleo molto duro e fragile, anche dal cosiddetto sale

C'è anche una certa ruggine rossiccia, per altri una fenditura simile a una crepa

Gli artefici la nascondono con la cesellatura

Quelli che invece siano senza difetto, preferiscono lasciarli intatti, chiamandoli acenteti, e non del colore della schiuma, ma dell'acqua limpida

Un'ultima valutazione è nel peso

Trovo presso i medici, che quelle parti dei corpi che siano da cauterizzare, sono ritenute non essere bruciate altrimenti più adeguatamente che con una palla di cristallo opposta ai raggi frontali del sole

[29] In questi anche un'altra follia, avendo una madre di famiglia neanche ricca pagato non molti anni fa un mestolo 150 mila sesterzi

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafi 86-96
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafi 86-96

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 28, Paragrafi 86-96

Nero amissarum rerum nuntio accepto duos calices crystallinos in suprema ira fregit inlisos

haec fuit ultio saeculum suum punientis, ne quis alius iis biberet

fragmenta sarciri nullo modo queunt

mire his ad similitudinem accessere vitrea, sed prodigii modo, ut suum pretium auxerint, crystalli non deminuerint

[30] Proximum locum in deliciis, feminarum tamen adhuc tantum, sucina optinent, eandemque omnia haec quam gemmae auctoritatem; sane priora illa aliquis de causis, crystallina frigido potu, myrrhina utroque; in sucinis causam ne deliciae quidem adhuc excogitare potuerunt

[31] Occasio est vanitatis Graecorum detegendae: legentes modo aequo perpetiantur animo, cum hoc quoque intersit vitae scire, non quidquid illi prodidere mirandum
Nerone avuta la notizia della perdita dei poteri ruppe due calici di cristallo scagliati nella massima ira

Questa fu la vendetta di chi puniva il suo tempo, affinché nessun altro bevesse con essi

I frammenti non possono in nessun modo essere ricomposti

Meravigliosamente gli oggetti di vetro giunsero alla somiglianza con questi, ma al modo di un prodigio, cosicché aumentassero il proprio valore, non diminuissero quello del cristallo

[30] Occupano la posizione successiva fra le delizie, finora però solo delle donne, le ambre, e tutte queste cose dello stesso prestigio della gemma; certo quelle precedenti per alcuni motivi, le cristalline per la bevanda fredda, le murrine per entrambe; nelle ambre non hanno potuto trovare finora neppure il motivo del piacere

[31] E' il momento della vanità dei Greci da rivelare: solo i lettori sopportino con animo calmo, poiché anche questo interessa sapere per la vita, non ammirare qualunque cosa quelli tramandarono
Phaëthontis fulmine icti sorores luctu mutatas in arbores populos lacrimis electrum omnibus annis fundere iuxta Eridanum amnem, quem Padum vocavimus, electrum appellatum, quoniam sol vocitatus sit Elector, plurimi poëtae dixere primique, ut arbitror, Aeschylus, Philoxenus, Euripides, Nicander, Satyrus

quod esse falsum Italiae testimonio patet

[32] diligentiores eorum Electridas insulas in mari Hadriatico esse dixerunt, ad quas delaberetur Pado

qua appellatione nullas umquam ibi fuisse certum est, nec vero ullas ita positas esse, in quas quidquam cursu Padi devehi posset

nam quod Aeschylus in Hiberia [hoc est in Hispania] Eridanum esse dixit eundemque appellari Rhodanum, Euripides rursus et Apollonius in Hadriatico litore confluere Rhodanum et Padum, faciliorem veniam facit ignorati sucini tanta ignorantia orbis
Le sorelle di Fetonte colpito dal fulmine mutate per il lutto in alberi di pioppo versare ogni anno con le lacrime l'elettro vicino al fiume Eridano, che abbiamo chiamato Po, detto elettro, perché il sole è stato chiamato Elettro, moltissimi poeti lo dissero e per primi, come penso, Eschilo, Filosseno, Euripide, Nicandro, Satiro

Essere falso questo risulta dalla testimonianza dell'Italia

[32] I più scrupolosi di loro dissero che nel mare Adriatico c'erano le isole Elettridi, verso cui era spinto il Po

E' certo che qui con questo nome non ci fu mai alcuna, e neppure che alcune fossero situate così, che su esse potesse essere trasportato qualcosa dal corso del Po

Pertanto il fatto che Eschilo disse che nell'Iberia [cioè in Spagna] c'era l'Eridano e che lo stesso era chiamato Rodano, ancora Euripide ed Apollonio che il Rodano e il Po confluiscono sulla costa adriatica, tanta ignoranza del mondo rende più facile l'indulgenza dell'ignoranza dell'ambra

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 33, Paragrafi 123-164

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 33, Paragrafi 123-164

[33] modestiores, sed aeque falsum, prodidere in extremis Hadriatici sinus inviis rupibus arbores stare, quae canis ortu hanc effunderent cummim

Theophrastus effodi in Liguria dixit, Chares vero Phaëthontem in Aethiopia Αμμωνος νησω obisse, ibi et delubrum eius esse atque oraculum electrumque gigni

Philemon fossile esse et in Scythia erui duobus locis, candidum atque cerei coloris quod vocaretur electrum, in alio fulvum quod appellaretur sualiternicum

[34] Democritus lyncurium vocat et fieri ex urina lyncum bestiarum, e maribus fulvum et igneum, e feminis languidius atque candidum; alios id dicere langurium et esse in Italia bestias languros

Zenothemis langas vocat easdem et circa Padum iis vitam adsignat, Sudines arborem, quae gignat in Liguria, vocari lynca

[35] in eadem sententia et Metrodorus fuit
[33] Più modesti, ma ugualmente falso, tramandarono che nei luoghi inaccessibili estremi del golfo dell'Adriatico c'erano sulle rupi alberi, che emettevano questa gomma col sorgere dela cane

Teofrasto disse essere estratta in Liguria, Carete invece che Fetonte morì in Etiopia nell'isola di Ammone, dove c'è anche un suo tempio e un oracolo e che si produce l'elettro

Filemone essere un fossile ed essere estratta in Scizia in due luoghi, bianca e del colore della cera che era detto elettro, in un altro rossastra che era detta sualiternico

[34] Democrito la chiama lincurio e ricavarsi dall'urina degli animali delle linci, dai maschi rossicia ed ignea, dalle femmine più pallida e chiara; che altri la chiamano languria e che in Italia ci sono gli animali languri

Zenotemi chiama langhe gli stessi e colloca per essi l'esistenza intorno al Po, Sudine essere chiamato lince un albero, che nasce in Liguria

[35] Dello stesso parere fu anche Metrodoro
Sotacus credidit in Brittannia petris effluere, quas electridas vocavit, Pytheas Guionibus, Germaniae genti, accoli aestuarium oceani Metuonidis nomine spatio stadiorum sex milium; ab hoc diei navigatione abesse insulam Abalum; illo per ver fluctibus advehi et esse concreti maris purgamentum; incolas pro ligno ad ignem uti eo proximisque Teutonis vendere

[36] huic et Timaeus credidit, sed insulam Basiliam vocavit

Philemon negavit flammam ab electro reddi

Nicias solis radiorum sucum intellegi voluit hoc; circa occasum vehementiores in terram actos pinguem sudorem in ea relinquere, oceani deinde aestibus in Germanorum litora eici
Sotaco credette sgorgare in Britannia dalle pietre, che chiamò elettridi, Pitea dai Guioni, a un popolo della Germania, che abitano l'estuario dell'oceano col nome di Metuonide in uno spazio di sei mila stadi; (dice che) da qui con la navigazione di un giorno dista l'isola di Abalo; essere condotta a quella con le onde durante la primavera ed essere uno spurgo del mare consolidato; che gli abitanti l' usano come legno per il fuoco e la vendono ai vicini Teutoni

[36] A costui credette anche Timeo, ma chiamò l'isola Basilia

Filemone negò che la fiamma fosse causata dall'elettro

Nicia volle che questa fosse considerata una secrezione dei raggi del sole; che lanciati più violenti verso il tramonto sulla terra lasciassero su essa una secrezione grassa, poi essere gettata dai flutti dell'oceano sulle coste dei Germani

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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 15, Paragrafi 97-138

in Aegypto nasci simili modo, vocari sacal, item in India gratiusque et ipso ture esse Indis; [37] in Syria quoque feminas verticillos inde facere et vocare harpaga, quia folia paleasque et vestium fimbrias rapiat

Theochrestus oceano id exaestuante ad Pyrenaei promunturia adpelli, quod et Xenocrates credidit, qui de his nuperrime scripsit vivitque adhuc

Asarubas tradit iuxta Atlanticum mare esse lacum Cephisida, quem Mauri vocent Electrum

hunc sole excalfactum e limo reddere electrum fluitans

[38] Mnaseas Africae locum Sicyonem appellat et Crathin amnem in oceanum effluentem e lacu, in quo aves, quas meleagridas et penelopas vocat, vivere; ibi nasci ratione eadem qua supra dictum est

Theomenes Syrtim iuxta magnam hortum Hesperidon esse et stagnum Electrum, ibi arbores populos, quarum e cacuminibus in stagnum cadat; colligi autem ab virginibus Hesperidum
In Egitto nascere nello stesso modo, essere detta sacal, anche in India ed essere più gradevole per gli Indi dell'incenso stesso; [37] che anche in Siria le donne fanno poi i fusi e la chiamano arpaga, perché attira foglie e paglie e frange degli abiti

Teocresto credette che essa fosse spinta dall'oceano ridondante verso i promontori dei Pirenei, cosa che credette anche Senocrate, che su queste cose ha scritto recentemente e vive ancora

Asaruba tramanda che vicino al mare Atlantico c'è il lago Cefiside, che i Mauri chiamano Elettro

Che questo scaldato dal sole produce dal fango elettro che galleggia

[38] Mnasea chiama Sicione un luogo dell'Africa e Crati un fiume che sfocia nell'oceano da un lago, in cui vivere uccelli, che chiama meleagridi e penelopi; nascere qui allo stesso modo in cui si è detto sopra

Teomene che vicino alla grande Sirti c'è il giardino delle Esperidi e lo stagno Elettro, qui alberi di pioppi, dalle cui cime cade nello stagno; essere poi raccolta dalle fanciulle delle Esperidi

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