Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 07-11, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 07-11

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 07, 07-11
Ubi constitere inter duas acies tot circa mortalium animis spe metuque pendentibus, Gallus velut moles superne imminens proiecto laeua scuto in advenientis arma hostis vanum caesim cum ingenti sonitu ensem deiecit; Romanus mucrone subrecto, cum scuto scutum imum perculisset totoque corpore interior periculo volneris factus insinuasset se inter corpus armaque, uno alteroque subinde ictu ventrem atque inguina hausit et in spatium ingens ruentem porrexit hostem Iacentis inde corpus ab omni alia uexatione intactum uno torque spoliavit, quem respersum cruore collo circumdedit suo

Defixerat pauor cum admiratione Gallos: Romani alacres ab statione obuiam militi suo progressi, gratulantes laudantesque ad dictatorem perducunt
Quando essi presero posizione tra i due eserciti, mentre intorno i cuori di tutti i soldati erano sospesi tra la speranza e la paura, il campione dei Galli, la cui massa imponente sovrastava dall'alto l'avversario, avanzando con lo scudo proteso al braccio sinistro, sferrò un fendente di taglio sull'armatura del Romano che gli veniva incontro, ma lo mancò, con un grande rimbombo Il Romano, tenendo alta la punta della spada, colpì col proprio scudo la parte bassa di qvello dell'avversario; poi, insinuatosi tra il corpo e le armi di quest'ultimo in modo tale da non correre il rischio di essere ferito, con due colpi sferrati uno dopo l'altro gli trapassò il ventre e l'inguine facendolo stramazzare a terra, disteso in tutta la sua mole Tito Manlio si astenne dall'infierire sul corpo del nemico crollato al suolo, limitandosi a spogliarlo della sola collana, che indossò a sua volta, coperta com'era di sangue

I Galli erano paralizzati dalla paura mista all'ammirazione I Romani, invece, abbandonando la posizione, corsero festanti incontro al loro commilitone e lo portarono dal dittatore, tra congratulazioni ed elogi
Inter carminum prope in modum incondita quaedam militariter ioculantes Torquati cognomen auditum; celebratum deinde posteris etiam familiae honori fuit

Dictator coronam auream addidit donum mirisque pro contione eam pugnam laudibus tulit

[11] Et hercule tanti ea ad universi belli eventum momenti dimicatio fuit, ut Gallorum exercitus proxima nocte relictis trepide castris in Tiburtem agrum atque inde societate belli facta commeatuque benigne ab Tiburtibus adiutus mox in Campaniam transierit

Ea fuit causa cur proximo anno C Poetelius Balbus consul, cum collegae eius M Fabio Ambusto Hernici provincia evenisset, adversus Tiburtes iussu populi exercitum duceret
Tra le rozze battute che i soldati inserivano nei loro cori più o meno simili a versi si sentì anche l'appellativo di Torquato, soprannome che in séguito rimase famoso e fu anche motivo di onore per i discendenti della sua famiglia

Il dittatore aggiunse in dono una corona d'oro e di fronte alle truppe in adunata celebrò con le lodi più alte qvel combattimento

11 E per Ercole qvel dvello fu così determinante nello svolgimento dell'intera guerra che l'esercito dei Galli la notte successiva lasciò l'accampamento in fretta e furia e si diresse nel territorio dei Tiburtini Di lì, stipulato un trattato di alleanza con i Tiburtini e ricevuti da loro generosi rifornimenti, partirono sùbito alla volta della Campania

Fu per questa ragione che l'anno dopo il popolo volle assegnare al console Gaio Petelio Balbo il cómpito di guidare una spedizione contro i Tiburtini, mentre al suo collega Marco Fabio Ambusto era toccata la campagna contro gli Ernici
Ad quorum auxilium cum Galli ex Campania redissent, foedae populationes in Labicano Tusculanoque et Albano agro haud dubie Tiburtibus ducibus sunt factae; et, cum adversus Tiburtem hostem duce consule contenta res publica esset, Gallicus tumultus dictatorem creari coegit

Creatus Q Servilius Ahala T Qvinctium magistrum equitum dixit et ex auctoritate patrum, si prospere id bellum evenisset, ludos magnos vovit

Dictator ad continendos proprio bello Tiburtes consulari exercitu iusso manere, omnes iuniores nullo detractante militiam sacramento adegit
I Galli tornarono indietro dalla Campania per intervenire in loro aiuto e le tremende devastazioni registrate nei territori di Labico, Tuscolo e Alba Longa avvennero senza alcun dubbio per istigazione dei Tiburtini Mentre lo Stato era soddisfatto del comando affidato al console nella campagna contro i Tiburtini, la minaccia dei Galli rese necessaria la nomina di un dittatore

La scelta cadde su Quinto Servilio Aala che come maestro di cavalleria scelse Tito Quinzio e che, su consiglio del senato, fece voto di celebrare dei grandi giochi nel caso in cui la guerra si fosse conclusa positivamente

Il dittatore, dopo aver ordinato all'esercito del console di rimanere dov'era in modo da impedire ai Tiburtini di intervenire in conflitti che non li riguardavano, fece prestare giuramento a tutti i giovani in età militare, senza che nessuno di essi cercasse di tirarsi indietro

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 16 - 45

Pugnatum haud procul porta Collina est totius viribus urbis in conspectu parentum coniugumque ac liberorum; quae magna etiam absentibus hortamenta animi tum subiecta oculis simul uerecundia misericordiaque militem accendebant

Magna utrimque edita caede auertitur tandem acies Gallorum

Fuga Tibur sicut arcem belli Gallici petunt; palati a consule Poetelio haud procul Tibure excepti, egressis ad opem ferendam Tiburtibus, simul cum iis intra portas compelluntur

Egregie cum ab dictatore tum ab consule res gesta est

Et consul alter Fabius proeliis primum paruis, postremo una insigni pugna, cum hostes totis adorti copiis essent, Hernicos devincit
La battaglia venne combattuta non lontano dalla porta Collina I cittadini impiegarono tutte le loro forze combattendo al cospetto di genitori, mogli e figli: se questi erano già un incentivo fortissimo anche lontani dalla vista, ora, posti di fronte agli occhi, infiammarono gli animi dei soldati toccandone il senso dell'onore e l'amore verso la famiglia

Le perdite furono numerosissime da entrambe le parti, ma alla fine l'esercito dei Galli venne respinto

Messi in fuga, i Galli si diressero verso Tivoli, come se questa fosse la piazzaforte della loro guerra Nella loro rotta disordinata vennero intercettati dal console Petelio: quando però i Tiburtini uscirono dalla città per portare aiuto, i Galli vennero respinti a forza dentro le mura

La campagna venne condotta in maniera impeccabile tanto dal dittatore quanto dal console

Fabio, l'altro console, prima in battaglie di scarsa importanza e alla fine in uno scontro campale nel quale il nemico aveva schierato tutte le sue forze, piegò la resistenza degli Ernici
Dictator consulibus in senatu et apud populum magnifice conlaudatis et suarum quoque rerum illis remisso honore dictatura se abdicauit

Poetelius de Gallis Tiburtibusque geminum triumphum egit: Fabio satis visum ut ouans urbem iniret

Inridere Poeteli triumphum Tiburtes: ubi enim eum secum acie conflixisse

Spectatores paucos fugae trepidationisque Gallorum extra portas egressos, postquam in se quoque fieri impetum uiderint et sine discrimine obuios caedi, recepisse se intra urbem; eam rem triumpho dignam uisam Romanis

Ne nimis mirum magnumque censerent tumultum exciere in hostium portis, maiorem ipsos trepidationem ante moenia sua uisuros

Il dittatore ebbe parole di straordinario elogio, in senato e di fronte al popolo, per i due consoli cui attribuì il merito anche delle proprie imprese Quindi rinunciò alla dittatura

Petilio celebrò un doppio trionfo per le vittorie su Galli e Tiburtini Quanto a Fabio, invece, sembrò sufficiente concedergli di rientrare in città con l'onore dell'ovazione

I Tiburtini si facevano beffe del trionfo di Petilio: quando mai aveva combattuto con loro

Un pugno di uomini era uscito dalle porte per assistere alla fuga e al panico dei Galli: poi, vedendo che anche loro venivano attaccati e che quanti si imbattevano nei Romani venivano fatti a pezzi, si erano ritirati all'interno delle mura Era questa la grande impresa che agli occhi dei Romani era parsa degna di un trionfo

Perché non considerassero cosa troppo straordinaria e valorosa il fare rumore davanti alle porte dei nemici, i Romani avrebbero dovuto assistere a qualcosa di ben più tremendo di fronte alle loro porte

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