Cicerone, De Finibus: Libro 02; 31-35

Cicerone, De Finibus: Libro 02; 31-35

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Finibus parte Libro 02; 31-35
[31, 99] Huc et illuc, Torquate, vos versetis licet, nihil in hac praeclara epistula scriptum ab Epicuro congruens et conveniens decretis eius reperietis

Ita redarguitur ipse a sese, convincunturque scripta eius probitate ipsius ac moribus

Nam ista commendatio puerorum, memoria et caritas amicitiae, summorum officiorum in extremo spiritu conservatio indicat innatam esse homini probitatem gratuitam, non invitatam voluptatibus nec praemiorum mercedibus evocatam

Quod enim testimonium maius quaerimus, quae honesta et recta sint, ipsa esse optabilia per sese, cum videamus tanta officia morientis
[31, 99] Mettetevi pure da qualsiasi punto di vista, o Torquato: in questa bellissima lettera di Epicuro non troverete nulla in armonia e in coerenza con i suoi dogmi

Così egli si smentisce da solo e i suoi scritti sono confutati dalla sua stessa probità e dalla sua condotta

Infatti codesta raccomandazione dei fanciulli, il ricordo e la stima dellamicizia, losservanza dei più graviobblighi nellesalare lultimo respiro rivela che era connaturata in quelluomo una probità disinteressata, non allettata dai piaceri né suscitata dalla ricompensa di un premio

Quale maggior testimonianza andiamo cercando per provare che lonestà e la rettitudine sono di per se stesse desiderabili, dal momento che vediamo in un moribondo tanto senso del dovere
[100] Sed ut epistulam laudandam arbitror eam, quam modo totidem fere verbis interpretatus sum, quamquam ea cum summa eius philosophia nullo modo congruebat, sic eiusdem testamentum non solum philosophi gravitate, sed etiam ab ipsius sententia iudico discrepare

Scripsit enim et multis saepe verbis et breviter arteque in eo libro, quem modo nominavi, mortem nihil ad nos pertinere

Quod enim dissolutum sit, id esse sine sensu, quod autem sine sensu sit, id nihil ad nos pertinere omnino

Hoc ipsum elegantius poni meliusque potuit

Nam quod ita positum est, quod dissolutum sit, id esse sine sensu, id eius modi est, ut non satis plane dicat quid sit dissolutum

[101] Sed tamen intellego quid velit
[100] Ma come ritengo degna di lode la lettera che ora ho tradotto quasi parola per parola, benché essa non si accordi affatto con il complesso della sua filosofia, così a mio giudizio anche il suo testamento contrasta non solo con la serietà del filosofo ma anche con la sua stessa opinione

Egli infatti scrisse spesso con molte parole e, nel libro citato pocanzi , in forma concisa la morte non ci riguarda per nulla

Ciò che si è dissolto è privo di sensibilità, e ciò che è privo di sensibilità non ci riguarda affatto

Per esprimere questo concetto avrebbe potuto usare una terminologia più precisa e migliore

Infatti lespressione ciò che si è dissolto è privo di sensibilità è formulata in modo che non dice abbastanza chiaramente che cosa si è dissolto

[101] Pur tuttavia capisco che vuol dire
Quaero autem quid sit, quod, cum dissolutione, id est morte, sensus omnis extinguatur, et cum reliqui nihil sit omnino, quod pertineat ad nos, tam accurate tamque diligenter caveat et sanciat ut Amynomachus et Timocrates, heredes sui, de Hermarchi sententia dent quod satis sit ad diem agendum natalem suum quotannis mense Gamelione itemque omnibus mensibus vicesimo die lunae dent ad eorum epulas, qui una secum philosophati sint, ut et sui et Metrodori memoria colatur

[102] Haec ego non possum dicere non esse hominis quamvis et belli et humani, sapientis vero nullo modo, physici praesertim, quem se ille esse vult, putare ullum esse cuiusquam diem natalem

Quid

Idemne potest esse dies saepius, qui semel fuit

Certe non potest

An eiusdem modi
Chiedo però, dato che con la dissoluzione, vale a dire con la morte, si estingue ogni sensibilità e non resta più nulla affatto che ci riguardi, che significato può avere prendere provvedimenti e dare disposizioni con tanta esattezza e tanto scrupolo che Aminomaco e Timocrate , miei eredi, su parere di Ermarco forniscano quanto basta per celebrare il mio compleanno ogni anno nel mese di Gamelione e parimenti ogni mese, al ventesimo giorno della luna, provvedano ad un banchetto di coloro che hanno abbracciato la mia filosofia, per onorare la memoria mia e di Metrodoro

[102] Io non posso negare che questi pensieri si adattino ad un uomo garbato e gentile quanto si vuole, ma ad un sapiente no, tanto più studioso defla natura come egli pretende di essere: lidea che si abbia un giorno natalizio

Ma come

Può ripetersi più volte il medesimo giorno che fu una sola volta

Certo non è possibile

Forse uno simile

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Cicerone, De Finibus: Libro 02; 01-05
Cicerone, De Finibus: Libro 02; 01-05

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Finibus parte Libro 02; 01-05

Ne id quidem, nisi multa annorum intercesserint milia, ut omnium siderum eodem, unde profecta sint, fiat ad unum tempus reversio

Nullus est igitur cuiusquam dies natalis

'At habetur

' Et ego id scilicet nesciebam

Sed ut sit, etiamne post mortem coletur

Idque testamento cavebit is, qui nobis quasi oraculum ediderit nihil post mortem ad nos pertinere

Haec non erant eius, qui innumerabilis mundos infinitasque regiones, quarum nulla esset ora, nulla extremitas, mente peragravisset

Num quid tale Democritus

Ut alios omittam, hunc appello, quem ille unum secutus est

[103] quodsi dies notandus fuit, eumne potius, quo natus, an eum, quo sapiens factus est

Non potuit, inquies, fieri sapiens, nisi natus esset

[et] Isto modo, ne si avia quidem eius nata non esset
Neppure, a meno che siano passate molte migliaia di anni in modo che tutte le stelle compiendo la loro rivoluzione ritornino nel medesimo istante al punto di partenza

Quindi non esiste per nessuno un giorno natalizio

Però si pensa così

Già, e io non lo sapevo

Ma, ammesso che sia così, si celebrerà anche dopo la morte

E lo fisserà per testamento colui che come un oracolo ci ha rivelato che nulla ci riguarda dopo la morte

Questo non era degno di colui che con la mente aveva percorso innumerevoli mondi e regioni infinite di cui non esiste margine né estremità

Democrito fece qualcosa di simile

Per tralasciare altri, mi rivolgo a questo, lunico che egli segui

[103] E se cera un giorno da contraddistinguere, meglio quello della nascita o quello in cui divenne sapiente

Dirai:non sarebbe potuto diventare sapiente se non fosse nato

A codesto modo neanche se non fosse nata sua nonna
Res tota, Torquate, non doctorum hominum, velle post mortem epulis celebrari memoriam sui nominis

Quos quidem dies quem ad modum agatis et in quantam hominum facetorum urbanitatem incurratis, non dico nihil opus est litibus; tantum dico, magis fuisse vestrum agere Epicuri diem natalem, quam illius testamento cavere ut ageretur

[32, 104] Sed ut ad propositumde dolore enim cum diceremus, ad istam epistulam delati sumus, nunc totum illud concludi sic licet: qui in summo malo est, is tum, cum in eo est, non est beatus; sapiens autem semper beatus est et est aliquando in dolore; non est igitur summum malum dolor

Iam illud quale tandem est, bona praeterita non effluere sapienti, mala meminisse non oportere

Primum in nostrane potestate est, quid meminerimus
Tutta questa faccenda, o Torquato, non è da persone colte: la pretesa che dopo la morte venga festeggiata con un banchetto la memoria del proprio nome

Non voglio dire in che modo voi celebriate questi giorni e quanto vi esponiate allarguzia delle persone di spirito (non occorre litigare per questo); dico soltanto che sarebbe stato vostro impegno celebrare lanniversario della nascita di Epicuro piuttosto che suo fissarne per testamento la celebrazione

[32, 104] Ma per tornare al nostro argomento (stavamo parlando del dolore e siam passati a questa lettera), la conclusione generale può ora essere la seguente: chi prova il supremo male, allorquando lo prova, non è felice; ma il sapiente è sempre felice e pur talvolta prova il dolore: dunque il dolore non è il supremo male

E allora che senso ha lasserzione per il sapiente i beni passati non svaniscono, i mali non si devono ricordare

Anzitutto, è in nostro potere scegliere i ricordi

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Cicerone, De Finibus: Libro 05; 11-15

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Finibus parte Libro 05; 11-15

Themistocles quidem, cum ei Simonides an quis alius artem memoriae polliceretur, 'Oblivionis', inquit, 'mallem

Nam memini etiam quae nolo, oblivisci non possum quae volo

' [105] Magno hic ingenio, sed res se tamen sic habet, ut nimis imperiosi philosophi sit vetare meminisse

Vide ne ista sint Manliana vestra aut maiora etiam, si imperes quod facere non possim

Quid, si etiam iucunda memoria est praeteritorum malorum

Ut proverbia non nulla veriora sint quam vestra dogmata

Vulgo enim dicitur: 'Iucundi acti labores', nec male Euripides concludam, si potero, Latine; Graecum enim hunc versum nostis omnes: 'Suavis laborum est praeteritorum memoria

' Sed ad bona praeterita redeamus
Temistocle a Simonide o a qualcun altro che gli prometteva larte della memoria disse: preferirei quella della dimenticanza

Poiché ricordo anche ciò che non voglio, ma non riesco a dimenticare ciò che voglio

[105] una battuta intelligente, però la realtà è proprio così: vietare il ricordo è lordine di un filosofo troppo autoritario

Bada che codesti vostri ordini non siano degni di un Manlio , o ancora peggio, se mi comandi una cosa impossibile

E se il ricordo dei mali passati è perfino piacevole

Cosicché alcuni proverbi sono più veri dei vostri dogmi

Infatti si dice comunemente: Piacevoli i travagli subiti , e non disse male Euripide (tradurrò in latino metricamente, se riuscirò; questo verso in greco lo conoscete tutti): dolce è dei travagli passati il ricordo

Ma ritorniamo ai beni passati
Quae si a vobis talia dicerentur, qualibus Caius Marius uti poterat, ut expulsus, egens, in palude demersus tropaeorum recordatione levaret dolorem suum, audirem et plane probarem

Nec enim absolvi beata vita sapientis neque ad exitum perduci poterit, si prima quaeque bene ab eo consulta atque facta ipsius oblivione obruentur

[106] Sed vobis voluptatum perceptarum recordatio vitam beatam facit, et quidem corpore perceptarum

Nam si quae sunt aliae, falsum est omnis animi voluptates esse e corporis societate

Corporis autem voluptas si etiam praeterita delectat, non intellego, cur Aristoteles Sardanapalli epigramma tantopere derideat, in quo ille rex Syriae glorietur se omnis secum libidinum voluptates abstulisse
Se voi intendeste parlare di beni come quelli a cui poteva ricorrere Gaio Mario per alleviare il suo dolore quando in esilio, povero, immerso in una palude ricordava i trofei delle sue vittorie, vi darei retta e vi darei la mia piena approvazione

Infatti la felicità nella vita del sapiente non potrà raggiungere la perfezione né svolgersi fino alla fine, se loblio gli cancellerà una dopo laltra tutte le sue buone deliberazioni ed azioni

[106] Ma per voi la felicità della vita è formata dal ricordo dei piaceri provati, e si tratta di quelli provati dal corpo

Infatti, se ve ne sono altri, è falsa lasserzione che tutti i piaceri dellanima derivano dallunione con il corpo

Quanto al piacere del corpo, se esso produce diletto anche quando è passato, non capisco perché Aristotele derida tanto lepitafio di Sardanapalo in cui quel famoso re della Siria si vanta di aver portato via con sé tutti i piaceri offertigli dalle sue brame

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De Finibus parte Libro 04; 26-28

Quod enim ne vivus quidem, inquit, diutius sentire poterat, quam dum fruebatur, quo modo id potuit mortuo permanere

Effluit igitur voluptas corporis et prima quaeque avolat saepiusque relinquit causam paenitendi quam recordandi

Itaque beatior Africanus cum patria illo modo loquens: 'Desine, Roma, tuos hostes' reliquaque praeclare: 'Nam tibi moenimenta mei peperere labores

' Laboribus hic praeteritis gaudet, tu iubes voluptatibus, et hic se ad ea revocat, e quibus nihil umquam rettulerit ad corpus, tu totus haeres in corpore

[33, 107] Illud autem ipsum qui optineri potest, quod dicitis, omnis animi et voluptates et dolores ad corporis voluptates ac dolores pertinere

Nihilne te delectat umquam video, quicum loquar, te igitur, Torquate, ipsum per se nihil delectat
Dice -come sarebbe potuto restargli da morto ciò che neppur da vivo poteva sentire oltre il momento in cui ne godeva

Dunque svanisce il piacere del corpo e se ne vola via quanto prima, e lascia più spessomotivo di pentimento che di ricordo

Più felice pertanto lAfricano quando parla alla patria nel seguente modo: cessa, o Roma, i tuoi nemici, e benissimo il resto: baluardi than generato i miei travagli

Egli gioisce dei travagli passati, tu inviti a gioire dei piaceri passati; egli si richiama a cose di cui nulla mai riferì al corpo, tu sei tutto attaccato al corpo

[33, 107] Ma come si può sostenere questa vostra stessa affermazione tutti i piaceri e i dolori dellanima riguardano piaceri e dolori del corpo

Non ti diletta mai nulla, o Torquato (vedo con chi parlo), mai nulla, dicevo, ti diletta per se steso
Omitto dignitatem, honestatem, speciem ipsam virtutum, de quibus ante dictum est, haec leviora ponam: poema, orationem cum aut scribis aut legis, cum omnium factorum, cum regionum conquiris historiam, signum, tabula, locus amoenus, ludi, venatio, villa Lucullinam si 'tuam' dicerem, latebram haberes; ad corpus diceres pertinere, sed ea, quae dixi, ad corpusne refers

An est aliquid, quod te sua sponte delectet

Aut pertinacissimus fueris, si in eo perstiteris ad corpus ea, quae dixi, referri, aut deserueris totam Epicuri voluptatem, si negaveris

[108] Quod vero a te disputatum est maiores esse voluptates et dolores animi quam corporis, quia trium temporum particeps animus sit, corpore autem praesentia solum sentiantur, qui id probari potest, ut is, qui propter me aliquid gaudeat, plus quam ego ipse gaudeat
Tralascio la dignità, lonestà, laspetto stesso delle virtù, di cui si è parlato prima; addurrò cose di minore importanza: la si esura o la lettura di una poesia, di un discorso, la ricerca storica su tutti i fatti e le regioni, una statua, un quadro, un luogo incantevole, gli spettacoli, la caccia, la vifia di Lucullo (se dicessi la tua, avresti una scappatoia: diresti che riguarda il corpo) ebbene, tutte queste cose che ho elencato le riferisci al corpo

O ve nè forse qualcuna che ti diletta per se stessa

O sarai ben ostinato, se persisterai a riferire al corpo ciò che ho detto, o abbandonerai tutto quanto il piacere di Epicuro, se negherai tale riferimento

[108] Veniamo ad un altro punto della tua esposizione, che i piaceri e i dolori dellanima sono superiori a quelli del corpo perché lanima partecipa dei tre aspetti del tempo mentre il corpo percepisce solo il presente, chi può dimostrare che chi prova una gioia per causa mia la prova maggiore della mia
[Animo voluptas oritur propter voluptatem corporis, et maior est animi voluptas quam corporis

Ita fit, ut gratulator laetior sit quam is, cui gratulatur

] Sed dum efficere vultis beatum sapientem, cum maximas animo voluptates percipiat omnibusque partibus maiores quam corpore, quid occurrat non videtis

Animi enim quoque dolores percipiet omnibus partibus maiores quam corporis

Ita miser sit aliquando necesse est is, quem vos beatum semper vultis esse, nec vero id, dum omnia ad voluptatem doloremque referetis, efficietis umquam

[109] Quare aliud aliquod, Torquate, hominis summum bonum reperiendum est, voluptatem bestiis concedamus, quibus vos de summo bono testibus uti soletis
[Il piacere sorge nell anima per il piacere del corpo, ed è maggiore il piacere dellanima che quello del corpo

Ne consegue che è più lieto chi si congratula di chi riceve le congratulazioni]

Ma, mentre volete rendere felice il sapiente in quanto percepisce con lanima grandissimi piaceri e sotto ogni rispetto superiori a quelli del corpo, non vi accorgete a che cosa andate incontro

Infatti egli percepirà pure dolori dellanima sotto ogni rispetto superiori a quelli del corpo

Cosi deve qualche volta necessariamente essere infelice colui che pretendete sia sempre felice, e non otterrete mai questo risultato finché riferirete ogni cosa al piacere e al dolore

[109] Perciò, o Torquato, bisogna scoprire qualche altro sommo bene per luomo; lasciamo il piacere alle bestie, che voi solete prendere a testimoni del sommo bene
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