tum quadripertito exercitu hos in testudinem conglobatos subruendo vallo inducit, alios scalas moenibus admovere, multos tormentis faces et hastas incutere iubet libritoribus funditoribusque attributus locus, unde eminus glandes torquerent, ne qua pars subsidium laborantibus ferret pari undique metu tantus inde ardor certantis exercitus fuit, ut intra tertiam diei partem nudati propugnatoribus muri, obices portarum subversi, capta escensu munimenta omnesque puberes trucidati sint, nullo milite amisso, paucis admodum vulneratis et imbelle vulgus sub corona venundatum, reliqua praeda victoribus cessit pari fortuna legatus ac praefectus usi sunt, tribusque una die castellis expugnatis cetera terrore et alia sponte incolarum in deditionem veniebant |
Diviso poi l'esercito in quattro parti, ne conduce una parte, raccolta a testuggine, a scalzare le difese, manda un secondo gruppo ad appoggiare le scale alle mura; molti hanno il compito di scagliare con le macchine torce e aste Assegnò a lanciatori e frombolieri un luogo, da cui lanciare proiettili a distanza: sottoponendo tutti i nemici egualmente a un impegno durissimo, voleva impedire che una parte accorresse in aiuto degli altri in difficoltà Lo slancio dell'esercito, impegnato come in una gara, fu tale che, prima che fosse trascorso un terzo del giorno, i difensori furono spazzati via dalle mura, le barricate delle porte travolte, i bastioni scalati e tutti i maschi adulti trucidati, senza la perdita di nessun legionario e solo con qualche ferito La massa di chi non poteva combattere fu venduta come schiava e il resto andò preda ai vincitori Il legato e il prefetto ebbero eguale fortuna: in un giorno furono espugnate tre fortezze, e le altre si arrendevano per timore o per spontanea decisione degli abitanti |
unde orta fiducia caput gentis Artaxata adgrediendi nec tamen proximo itinere ductae legiones, qua si amnem Araxen, qui moenia adluit, ponte transgrederentur, sub ictum dabantur: procul et latioribus vadis transiere [40] At Tiridates pudore et metu, ne, si concessisset obsidioni, nihil opis in ipso videretur, si prohiberet, impeditis locis seque et equestres copias inligaret, statuit postremo ostendere aciem et dato die proelium incipere vel simulatione fugae locum fraudi parare igitur repente agmen Romanum circumfundit, non ignaro duce nostro, qui viae pariter et pugnae composuerat exercitum |
Nacque così la fiducia di poter assediare Artassata, la capitale di quel popolo Le legioni però non vi furono condotte per la via più breve, perché l'attraversamento del ponte sull'Arasse, che lambisce le mura, comportava di finire sotto tiro; passarono più lontano, attraverso guadi più ampi 40 Tiridate, diviso fra la vergogna e la paura di apparire incapace di impedire l'assedio, se non si fosse opposto, e temendo, per altro verso, di farsi imbottigliare in luoghi inadatti alla sua cavalleria, se lo avesse ostacolato, si risolve finalmente a spiegare le sue forze e a dare, al momento opportuno, battaglia, o a costruirsi l'occasione per un agguato, fingendo la fuga Circonda dunque d'improvviso la colonna romana, ma senza sorprendere il nostro comandante, che aveva predisposto a un tempo il suo esercito per la marcia e per la battaglia |
latere dextro tertia legio, sinistro sexta incedebat, mediis decimanorum delectis; recepta inter ordines impedimenta, et tergum mille equites tuebantur, quibus iusserat, ut instantibus comminus resisterent, refugos non sequerentur in cornibus pedes sagittarius et cetera manus equitum ibat, productior cornu sinistro per ima collium, ut, si hostis intravisset, fronte simul et sinu exciperetur adsultare ex diverso Tiridates, non usque ad ictum teli, sed tum minitans, tum specie trepidantis, si laxare ordines et diversos consectari posset ubi nihil temeritate solutum, nec amplius quam decurio equitum audentius progressus et sagittis confixus ceteros ad obsequium exemplo firmaverat, propinquis tam tenebris abscessit |
Sul fianco destro procedeva la terza legione, sulla sinistra la sesta, al centro reparti scelti della decima, con le salmerie tra le file, e la copertura, alle spalle, di mille cavalieri, per i quali l'ordine era di impegnare a stretto contatto il nemico, se attaccava, ma di non seguirlo, in caso di ritirata Alle ali avanzavano gli arcieri di fanteria e il resto dei cavalieri, con l'ala sinistra allargata verso le pendici dei colli, in modo che, se il nemico avesse sfondato le linee, si trovasse preso di fronte e sui fianchi insieme Tiridate faceva cariche d'assaggio in punti diversi, senza però arrivare a distanza di lancio, esibendo ora modi spavaldi ora finte paure, in un tentativo di scompaginare la disposizione dei reparti, per poter assalire unità staccate Ma nessun gesto temerario produsse breccia nella coesione, e un decurione di cavalleria, che aveva osato spingersi troppo avanti ed era finito trapassato di frecce, convinse, col suo esempio, gli altri a rispettare gli ordini; Tiridate, al calar della sera, ripiegò |
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[41] Et Corbulo castra in loco metatus, an expeditis legionibus nocte Artaxata pergeret obsidioque circumdaret agitavit, concessisse illuc Tiridaten ratus dein postquam exploratores attulere longinquum regis iter et Medi an Albani peterentur incertum, lucem opperitur, praemissaque levi[s] armatura, quae muros interim ambiret oppugnationemque eminus inciperet; sed oppidani portis sponte patefactis se suaque Romanis permisere quod salutem ipsis tulit; Artaxatis ignis immissus deletaque et solo aequata sunt, qui nec teneri [poterant] sine valido praesidio ob magnitudinem moenium, nec id nobis virium erat, quod firmando praesidio et capessendo bello divideretur, vel, si integra et incustodita relinquerentur, nulla in eo utilitas aut gloria, quod capta essent |
41 Corbulone si accampò sul posto e fu a lungo in dubbio se puntare, quella notte, con le legioni libere da salmerie, su Artassata e stringerla d'assedio, nell'ipotesi che là si fosse ritirato Tiridate Ma poi, quando gli esploratori portano la notizia che il re si era allontanato e non si sapeva se diretto verso i Medi o gli Albani, aspetta che sia giorno, e intanto manda avanti la fanteria leggera, per circondare le mura e cominciare l'assedio da lontano, ma gli abitanti presero l'iniziativa di aprire le porte, per affidare sé e le loro cose ai Romani Il gesto li salvò: la città fu data alle fiamme, abbattuta, rasa al suolo; non era possibile tenerla senza un consistente presidio, data l'ampiezza delle mura, e non disponevamo di forze sufficienti, per dividerle tra il presidio e la ripresa della guerra; e lasciarla intatta e incustodita avrebbe tolto il vantaggio e la gloria d'averla presa |
adicitur miraculum velut numine oblatum: nam cuncta [extra tectis] hactenus sole inlustria fuere; repente quod moenibus cingebatur ita atra nube coopertum fulgoribusque discretum est, ut quasi infensantibus deis exitio tradi crederetur Ob haec consal[ut]atus imperator Nero, et senatus consulto supplicationes habitae, statuaeque et arcus et continui consulatus principi, utque inter festos referretur dies, quo patrata victoria, quo nuntiata, quo relatum de ea esset, aliaque in eandem formam decernuntur, adeo modum egressa, ut C Cassius de ceteris honoribus adsensus, si pro benignitate fortunae dis grates agerentur, ne totum quidem annum supplicationibus sufficere disseruerit, eoque oportere dividi sacros et negotiosos dies, quis divina colerent et humana non impedirent |
Si aggiunse anche un prodigio offerto, si direbbe, da un nume: mentre i luoghi esterni, fino all'abitato, erano illuminati dal sole, la parte compresa entro la cinta delle mura si coprì, in un attimo, di nuvole nere e fu solcata dalle folgori, sicché sembrava votata alla rovina dalla collera degli dèi Per questa impresa Nerone fu salutato imperator e, su delibera del senato, si tennero cerimonie di ringraziamento e si decisero statue, archi e un consolato ininterrotto per il principe, e vennero inclusi tra i giorni festivi quello del conseguimento della vittoria, quello del suo annuncio e quello della relazione fattane in senato e, in più, si proposero altri provvedimenti analoghi, così eccessivi che Gaio Cassio, pur concordando sulle altre iniziative, disse nel suo intervento che, volendo ringraziare gli dèi in proporzione alla benignità della fortuna, non sarebbe bastato un anno di pubbliche cerimonie e che quindi diventava necessario distinguere i giorni sacri da quelli lavorativi, in modo da onorare gli dèi senza intralcio per la vita civile |
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[42] Variis deinde casibus iactatus et multorum odia meritus reus, haud tamen sine invidia Senecae damnatur is fuit Publius Suillius, imperitante Claudio terribilis ac venalis et mutatione temporum non quantum inimici cuperent demissus quique se nocentem videri quam supplicem mallet eius opprimendi gratia repetitum credebatur senatus consultum poenaque Cinciae legis adversum eos, qui pretio causas oravissent nec Suillius questu aut exprobratione abstinebat, praeter ferociam animi extrema senecta liber et Senecam increpans infensum amicis Claudii, sub quo iustissimum exilium pertulisset simul studiis inertibus et iuvenum imperitiae suetum livere iis, qui vividam et incorruptam eloquentiam tuendis civibus exercerent |
42 In seguito, un uomo, passato attraverso avventurose vicende e oggetto di meritate avversioni di molti, subì, non senza ombre sgradevoli per Seneca, una condanna Si trattava di Publio Suillio, assai temuto e venale sotto l'imperatore Claudio e, mutati i tempi, decaduto ma non quanto i suoi nemici desideravano; quanto a lui, preferiva apparire colpevole piuttosto che abbassarsi a pregare Si riteneva che, per colpirlo, fosse stato riesumato un vecchio senatoconsulto e la pena prevista dalla legge Cincia contro quanti patrocinavano cause dietro compenso Suillio, sprezzante di natura, non risparmiava proteste e invettive, sentendosi libero per l'età assai avanzata, e attaccava personalmente Seneca, quale nemico giurato degli amici di Claudio, sotto il quale aveva subìto un esilio assolutamente giusto Diceva ancora che, dedito a studi appartati, fra la compagnia di giovani inesperti, nutriva livore per chi praticava, in difesa dei cittadini, un'eloquenza piena di vita e non artificiosa |
se quaestorem Germanici, illum domus eius adulterum fuisse an gravius aestimandum sponte litigatoris praemium honestae operae adsequi quam corrumpere cubicula principum feminarum qua sapientia, quibus philosophorum praeceptis intra quadriennium regiae amicitiae ter milies sestertium paravisset Romae testamenta et orbos velut indagine eius capi, Italiam et provincias immenso faenore hauriri: at sibi labore quaesitam et modicam pecuniam esse crimen, periculum, omnia potius toleraturum, quam veterem ac domi partam dignationem subitae felicitati submittere[t] [43] Nec deerant qui haec isdem verbis aut versa in deterius Senecae deferrent repertique accusatores direptos socios, cum Suillius provinciam Asiam regeret, ac publicae pecuniae peculatum detulerunt |
A suo dire, lui di Germanico era stato questore e invece Seneca solo un adultero in casa sua Era allora colpa peggiore ricevere un premio per un'attività onesta, premio offertogli spontaneamente da un suo difeso, o profanare il letto delle donne dei principi Con quale dottrina, con quali insegnamenti filosofici aveva Seneca potuto accumulare, in quattro anni di favore del principe, trecento milioni di sesterzi A Roma faceva cadere nella sua rete i testamenti dei vecchi senza eredi e dissanguava l'Italia e le province praticando l'usura senza alcun limite; lui, invece, possedeva una ricchezza modesta e sudata Avrebbe affrontato l'accusa, i rischi di una nuova condanna, ogni cosa, piuttosto che sottomettere a una fortuna improvvisa la sua vecchia reputazione, frutto di tanti anni di attività 43 Non mancava chi riferisse queste parole, testualmente o in una versione peggiorata, a Seneca Si trovò chi lo accusasse di aver derubato gli alleati, quando Suillio governava la provincia d'Asia, e d'aver messo le mani sul pubblico denaro |
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mox, quia inquisitionem annuam impetraverant, brevius visum [sub] urbana crimina incipi, quorum obvii testes erant ii acerbitate accusationis Q Pomponium ad necessitatem belli civilis detrusum, Iuliam Drusi filiam Sabinamque Poppaeam ad mortem actas et Valerium Asiaticum, Lusium Saturninum, Cornelium Lupum circumventos, iam equitum Romanorum agmina damnata omnemque Claudii saevitiam Suillio obiectabant ille nihil ex his sponte susceptum, sed principi paruisse defendebat, donec eam orationem Caesar cohibuit, compertum sibi referens ex commentariis patris sui nullam cuiusquam accusationem ab eo coactam tum iussa Messalinae praetendi et labare defensio: cur enim neminem alium delectum, qui saevienti impudicae vocem praeberet |
Ma poi, di fronte alla richiesta di un anno per istruire l'inchiesta, parve più spiccio cominciare dai delitti commessi a Roma, per cui i testimoni erano sottomano E costoro gli imputavano di aver spinto, con la sua accusa impietosa, Quinto Pomponio alla scelta estrema della guerra civile, di aver indotto Giulia, figlia di Druso, e Sabina Poppea al suicidio; gli addossavano la rovina di Valerio Asiatico, di Lusio Saturnino, di Cornelio Lupo e ancora la condanna di uno stuolo di cavalieri romani e tutte le crudeltà di Claudio A sua difesa, negava l'iniziativa personale in ciascun caso, sostenendo d'aver obbedito al principe, ma gli troncò il discorso Nerone, dichiarando come gli risultasse, dalle memorie di suo padre, che nessuna accusa contro chicchessia fosse mai stata da lui imposta S'appigliò allora agli ordini di Messalina, ma la difesa cominciò a mostrare la corda: perché - si diceva - non era stato scelto allora un altro a diventare il portavoce delle crudeltà di quella svergognata |
puniendos rerum atrocium ministros, ubi pretia scelerum adepti scelera ipsa aliis delegent igitur adempta bonorum parte (nam filio et nepti pars concedebatur eximebanturque etiam quae testamento matris aut aviae acceperant) in insulas Baleares pellitur, non in ipso discrimine, non post damnationem fractus animo; ferebaturque copiosa et molli vita secretum illud toleravisse filium eius Nerullinum adgressis accusatoribus per invidiam patris et crimina repetundarum, intercessit princeps tamquam satis expleta ultione [44] Per idem tempus Octavius Sagitta plebei tribunus, Pontiae mulieris nuptae amore vaecors, ingentibus donis adulterium et mox, ut omitteret maritum, emercatur, suum matrimonium promittens ac nuptias eius pactus |
Andava dunque punito chi, prestatosi a quelle atrocità, dopo aver intascato il premio delle sue nefandezze, le scaricava sulle spalle degli altri Insomma gli furono confiscati parzialmente i beni (se ne concesse infatti una parte al figlio e alla nipote, cui venne riservato anche quanto da loro avuto in testamento dalla madre o dalla nonna) e fu esiliato nelle isole Baleari; non dette segni di debolezza né durante il processo né dopo la condanna; e si diceva che avesse vissuto l'isolamento tra comodità e raffinatezze Quando poi gli accusatori riversarono i loro attacchi, per odio verso il padre, sul figlio di Suillio, Nerullino, con l'accusa di concussione, il principe si oppose, perché di vendetta se ne era fatta abbastanza 44 In quello stesso periodo, il tribuno della plebe Ottavio Sagitta, innamoratosi pazzamente di una donna sposata di nome Ponzia, ne compera, con splendidi doni, prima l'adulterio e poi le fa lasciare il marito, promettendole di sposarla e contando sul suo impegno per nuove nozze |
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sed ubi mulier vacua fuit, nectere moras, adversam patris voluntatem causari repertaque spe ditioris coniugis promissa exuere Octavius contra modo conqueri, modo minitari, famam perditam, pecuniam exhaustam obtestans, denique salutem, quae sola reliqua esset, arbitrio eius permittens ac postquam spernebatur, noctem unam ad solacium poscit, qua delenitus modum in posterum adhiberet statuitur nox, et Pontia consciae ancillae custodiam cubiculi mandat ille uno cum liberto ferrum veste occultum infert tum, ut adsolet in amore et ira, iurgia preces, exprobratio satisfactio, et pars tenebrarum libidini seposita; ea quasi incensus nihil metuentem ferro transverberat et adcurrentem ancillam vulnere absterret cubiculoque prorumpit |
Ma quando fu libera, la donna trovò scuse per rimandare, accampando l'avversione del padre, e, poiché sperava in un matrimonio più ricco, si riprese la parola data Ottavio tra suppliche e minacce s'appellava alla reputazione compromessa e al patrimonio prosciugato, giungendo a dire che la vita, l'unica cosa rimastagli, era nelle mani di lei Di fronte ai suoi rifiuti, chiede una sola notte di conforto, per placare l'amore e controllarsi per il futuro Si fissa la notte e Ponzia affida a una serva, sua confidente, la guardia della camera Sagitta si presenta accompagnato da un liberto, celando un pugnale tra le vesti Come avviene in un amore carico di contrasti, si succedono sfoghi e preghiere, recriminazioni e spiegazioni, e parte della notte è serbata al piacere; ma, acceso dall'ardente passione dei sensi, trapassa col pugnale la donna, lontana da ogni sospetto, atterrisce, ferendola, la schiava accorrente, e si precipita fuori dalla camera |