Tacito, Annales: Libro 13, 25-58

Tacito, Annales: Libro 13, 25-58

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 13, 25-58

[25] Q Volusio P Scipione consulibus otium foris, foeda domi lascivia, qua Nero itinera urbis et lupanaria et deverticula veste servili in dissimulationem sui compositus pererrabat, comitantibus qui raperent venditioni exposita et obviis vulnera inferrent, adversus ignaros adeo, ut ipse quoque exciperet ictus et ore praeferret

deinde ubi Caesarem esse, qui grassaretur, pernotuit augebanturque iniuriae adversus viros feminasque insignes, et quidam permissa semel licentia sub nomine Neronis inulti propriis cum globis eadem exercebant, in modum captivitatis nox agebatur; Iuliusque Montanus senatorii ordinis, sed qui nondum honorem capessisset, congressus forte per tenebras cum principe, quia vim temptantem acriter reppulerat, deinde adgnitum oraverat, quasi exprobrasset mori adactus est
25 [56 dC] Nell'anno del consolato di Quinto Volusio e Publio Scipione, vi fu pace nei rapporti con l'estero, ma a Roma dilagò una vergognosa licenza; Nerone, travestito da schiavo, per non farsi riconoscere, si aggirava per le strade della città, per i lupanari e le bettole, in compagnia di una banda di persone, che rubava la merce esposta in vendita e feriva i passanti, non riconosciuto al punto da subire anch'egli i colpi e da portarne i segni sul viso

Quando si venne a sapere che era Cesare a commettere le violenze, mentre aumentavano gli oltraggi contro uomini e donne nobili, anche altri, ora che era aperta la strada a tale licenza, con proprie bande, coperti dall'impunità garantita dal nome di Nerone, compivano gesti analoghi, e a Roma la notte passava come in una città conquistata dai nemici; Giulio Montano, appartenente all'ordine senatorio, ma che non aveva ancora assunto la carica, si scontrò casualmente, nel buio, col principe e respinse con decisione l'aggressore, e poi, riconosciutolo, gli aveva chiesto perdono, ma fu, come se l'avesse offeso, costretto a morire
Nero autem metuentior in posterum milites sibi et plerosque gladiatores circumdedit, qui rixarum initia modica et quasi privata sinerent; si a laesis validius ageretur, arma inferebant

ludicram quoque licentiam et fautores histrionum velut in proelia convertit impunitate et praemiis atque ipse occultus et plerumque coram prospectans, donec discordi populo et gravioris motus terrore non aliud remedium repertum est quam ut histriones Italia pellerentur milesque theatro rursum adsideret

[26] Per idem tempus actum in senatu de fraudibus libertorum, efflagitatumque ut adversus male meritos revocandae libertatis patronis daretur

nec deerant qui censerent, sed consules, relationem incipere non ausi ignaro principe, perscripsere tamen consensum senatus
Nerone però, impensierito dai rischi, si circondò, per il futuro, di soldati e di parecchi gladiatori, che consentissero la possibilità di brevi risse, come faccende private; ma, se gli assaliti opponevano troppa resistenza, intervenivano con le armi

Attraverso l'immunità garantita e con premi, i disordini che nascevano agli spettacoli e le risse tra i sostenitori degli istrioni li trasformò in veri e propri scontri, anzi vi assisteva, nascosto o, più spesso, facendosi vedere da tutti, finché ai contrastanti fanatismi del popolo e al timore di incidenti più gravi non fu trovato rimedio migliore che cacciare gli istrioni dall'Italia e far tornare i soldati a teatro

26 Nello stesso periodo si discusse in senato sulla perfidia dei liberti e fu richiesto, con forza, di concedere ai patroni il diritto di revoca della libertà agli ingrati

Non mancarono appoggi all'iniziativa, ma i consoli, pur non osando istruire il dibattimento all'insaputa del principe, gli notificarono tuttavia il consenso del senato al provvedimento
ille an auctor constitutionis fieret, ut inter paucos et sententiae diversos, quibusdam coalitam libertate inreverentiam eo prorupisse frementibus, [ut] vine an aequo cum patronis iure agerent [sententiam eorum] consultarent ac verberibus manus ultro intenderent, impudenter vel poenam suam ipsi suadentes

quid enim aliud laeso patrono concessum, quam ut c[ent]esimum ultra lapidem in oram Campaniae libertum releget

ceteras actiones promiscas et pares esse: tribuendum aliquod telum, quod sperni nequeat

nec grave manu missis per idem obsequium retinendi libertatem, per quod adsecuti sint: at criminum manifestos merito ad servitutem retrahi, ut metu coerceantur, quos beneficia non mutavissent
Nerone era incerto se farsi promotore di quella disposizione perché erano pochi i consiglieri e di parere diverso; alcuni deploravano che l'irriverenza, cresciuta con la libertà, si fosse spinta al punto che i liberti trattavano con sgarbo arrogante o da pari a pari i loro patroni, mettevano in discussione i loro giudizi e alzavano per primi le mani su di loro, sfidandoli perfino a punirli, con intollerabile impudenza

E un patrono offeso - dicevano - che altro poteva, se non relegare il liberto a oltre cento miglia, sulle spiagge della Campania

Le altre procedure giudiziarie erano senza distinzioni e li mettevano tutti sullo stesso piano; dovevano avere un'arma di cui i liberti non potessero prendersi gioco

Non era imposizione grave pretendere dagli ex schiavi il mantenimento, una volta liberi, di quella devozione, per la quale avevano ottenuto la libertà; e quelli le cui colpe erano provate, dovevano essere giustamente riportati nella schiavitù, onde piegare con la paura quelli che i benefici non avessero cambiato

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Tacito, Annales: Libro 13, 01-24
Tacito, Annales: Libro 13, 01-24

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 13, 01-24

[27] Disserebatur contra: paucorum culpam ipsis exitiosam esse debere, nihil universorum iuri derogandum; quippe late fusum id corpus

hinc plerumque tribus decurias, ministeria magistratibus et sacerdotibus, cohortes etiam in urbe conscriptas; et plurimis equitum, plerisque senatoribus non aliunde originem trahi: si separarentur libertini, manifestam fore penuriam ingenuorum

non frustra maiores, cum dignitatem ordinum dividerent, libertatem in communi posuisse

quin et manu mittendi duas species institutas, ut relinqueretur paenitentiae aut novo beneficio locus

quos vindicta patronus non liberaverit, velut vinclo servitutis attineri

dispiceret quisque merita tardeque concederet, quod datum non adimeretur
27 Ma si opponeva un'altra tesi: la colpa di pochi doveva ricadere solo su di loro e non intaccare in nulla il diritto di tutti, perché la classe dei liberti era diffusa ovunque

Da qui derivavano le tribù, le decurie, il personale alle dipendenze dei magistrati e dei sacerdoti ed anche le coorti arruolate a Roma; moltissimi cavalieri e non pochi senatori avevano origine non diversa: se i discendenti da liberti venissero separati, apparirebbe chiara l'esiguità degli uomini liberi

Non a caso gli antenati, pur distinguendo le prerogative dei vari livelli sociali, considerarono la libertà come elemento comune

Anzi, avevano istituito due tipi di affrancamento, per lasciare spazio ad un ripensamento oppure a un nuovo beneficio

Quelli che il patrono non avesse liberato con il tocco della verga, restavano sotto un vincolo quasi servile

Ciascuno doveva dunque esaminare i meriti e concedere le libertà a ragion veduta: una volta concessa, non la si poteva togliere
haec sententia valuit, scripsitque Caesar senatui, privatim expenderent causam libertorum, quotiens a patronis arguerentur; in commune nihil derog[ar]ent

nec multo post ereptus amitae libertus Paris quasi iure civili, non sine infamia principis, cuius iussu perpetratum ingenuitatis iudicium erat

[28] Manebat nihilo minus quaedam imago rei publicae

nam inter Vibullium praetorem et plebei tribunum Antistium ortum certamen, quod immodestos fautores histrionum et a praetore in vincla ductos tribunus omitti iussisset

comprobavere patres, incusata Antistii licentia

simul prohibiti tribuni ius praetorum et consulum praeripere aut vocare ex Italia, cum quibus lege agi posset
Prevalse questa tesi e Cesare scrisse al senato che la questione dei liberti andava valutata caso per caso, quando fossero messi sotto accusa dai patroni, ma al principio generale non erano ammesse deroghe

Non molto dopo fu sottratto a Domizia, zia di Cesare, il liberto Paride, in una farsa di procedimento giudiziario e non senza infamia per il principe, per ordine del quale era stata emessa la sentenza secondo cui Paride era nato libero

28 Rimaneva nondimeno una qualche parvenza dello stato repubblicano

Era sorto, infatti, un conflitto tra il pretore Vibullio e il tribuno della plebe Antistio, perché il tribuno aveva ordinato il rilascio di alcuni sfrenati sostenitori degli istrioni, arrestati dal pretore

I senatori approvarono l'operato di Vibullio e condannarono l'arbitrio di Antistio

E, in quell'occasione, fu fatto divieto ai tribuni di interferire nelle competenze dei pretori e dei consoli o di far comparire, davanti a loro, dall'Italia persone che dovessero subire un processo

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Tacito, Annales: Libro 11, 01-38
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Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 11, 01-38

addidit L Piso designatus consul, ne quid intra domum pro potestate adverterent, neve multum ab iis dictam quaestores aerarii in publicas tabulas ante quattuor mense referrent; medio temporis contra dicere liceret, deque eo consules statuerent

cohibita artius et aedilium potestas statutumque, quantum curules, quantum plebei pignoris caperent vel poenae inrogarent

et Helvidius Priscus tr[ibunus] pl[ebis] adversus Obultronium Sabinum aerarii quaestorem contentiones proprias exercuit, tamquam ius hastae adversus inopes inclementer ageret

dein princeps curam tabularum publicarum a quaestoribus ad praefectos transtulit

[29] Varie habita ac saepe mutata eius rei forma
Il console designato Lucio Pisone propose inoltre che i pretori non potessero prendere provvedimenti di legge nella loro casa e che i questori dell'erario non fossero tenuti a registrare sulle pubbliche tavole, prima di quattro mesi, le multe da loro comminate: nel frattempo era consentito fare ricorso, e, in merito, la decisione spettava ai consoli

Subirono restrizioni anche i poteri degli edili, si stabilirono limiti precisi per i sequestri pignorativi e per le pene pecuniarie inflitte dagli edili curuli e da quelli plebei

Il tribuno della plebe Elvidio Prisco espresse la sua personale avversione contro il questore dell'erario Obultronio Sabino, accusandolo di applicare con eccessiva durezza, nei confronti dei poveri, il diritto di sequestro

Il principe trasferì poi dai questori ai prefetti la conservazione dei registri erariali

29 L'amministrazione del tesoro pubblico aveva subÏto numerose regolamentazioni, non senza frequenti modifiche
nam Augustus senatui permisit deligere praefectos; deinde ambitu suffragiorum suspecto, sorte ducebantur ex numero praetorum qui praeessent

neque id diu mansit, quia sors deerrabat ad parum idoneos

tum Claudius quaestores rursum imposuit, iisque, ne metu offensionum segnius consulerent, extra ordinem honores promisit: sed deerat robur aetatis eum primum magistratum capessentibus

igitur Nero praetura perfunctos et experientia probatos delegit

[30] Damnatus isdem consulibus Vipsanius Laenas ob Sardiniam provinciam avare habitam; absolutus Cestius Proculus repetundarum Cretensibus accusantibus

Clodius Quirinalis, quod praefectus remigum, qui Ravennae haberentur, velut infimam nationum Italiam luxuria saevitiaque adflictavisset, veneno damnationem anteiit
Con Augusto infatti la scelta dei prefetti spettò al senato; poi, per il sospetto di brogli nella designazione, i responsabili dell'erario vennero estratti a sorte fra i pretori

Ma anche questo sistema non durò a lungo, perché la sorte tendeva a dirottare sui meno capaci

Allora Claudio tornò ai questori e, perché non agissero con eccessivi riguardi nel timore di farsi dei nemici, promise loro vantaggi nella carriera politica: ma chi assumeva quella carica, proprio perché era agli inizi della carriera, mancava dell'autorità che deriva dagli anni

Perciò Nerone scelse persone che avessero già esercitato la pretura, rese affidabili dall'esperienza

30 Sotto gli stessi consoli fu condannato Vipsanio Lenate per la rapacità dimostrata nel governo della Sardegna; uscì invece assolto dall'accusa di concussione, avanzata dai Cretesi, Cestio Proculo

Prevenne col veleno la condanna Clodio Quirinale, comandante della flotta di stanza a Ravenna, messo sotto accusa per aver angariato, con arbitrii e crudeltà, l'Italia, quasi fosse l'ultima delle nazioni

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Caninius Rebi[l]us, ex primoribus peritia legum et pecuniae magnitudine, cruciatus aegrae senectae misso per venas sanguine effugit, haud creditus sufficere ad constantiam sumendae mortis, ob libidines muliebriter infamis

at L Volusius egregia fama concessit, cui tres et nonaginta anni spatium vivendi praecipuaeque opes bonis artibus, inoffensa tot imperatorum [a]micitia fuit

[31] Nerone iterum L Pisone consulibus pauca memoria digna evenere, nisi cui libeat laudandis fundamentis et trabibus, quis molem amphitheatri apud campum Martis Caesar exstruxerat, volumina implere, cum ex dignitate populi Romani repertum sit res inlustres annalibus, talia diurnis urbis actis mandare
Caninio Rebilo, giurista fra i più autorevoli e ricchissimo, evitò le tribolazioni di un'inferma vecchiaia e si tagliò le vene, lasciandosi dissanguare; non si pensava che avesse la forza necessaria a darsi la morte, lui che era così famoso per la sua effeminata depravazione

Lucio Volusio, invece, se ne andò circondato da grande stima: aveva vissuto per ben novantatré anni fra grandi ricchezze raccolte con metodi onesti, senza ricevere danni dall'amicizia di tanti imperatori

31 [57 dC] Nel consolato di Nerone, per la seconda volta, e di Lucio Pisone, gli avvenimenti degni di ricordo non furono molti, a meno di non volersi dilungare in tanti volumi nella celebrazione delle fondamenta e delle strutture, con cui Nerone aveva fatto innalzare la mole di un anfiteatro nel Campo Marzio: conforme alla dignità del popolo romano, si usa affidare agli annali i fatti davvero importanti, riservando per notizie simili gli atti diurni della città
ceterum coloniae Capua atque Nuceria additis veteranis firmatae sunt, plebeique congiarium quadrigeni nummi viritim dati, et sestertium quadringenties aerario inlatum est ad retinendam populi fidem

vectigal quoque quintae et vicesimae venalium mancipiorum remissum, specie magis quam vi, quia, cum venditor pendere iuberetur, in partem pretii emptoribus adcrescebat

et [e]dixit Caesar, ne quis magistratus aut procurator in provincia, [quam] obtineret, spectaculum gladiatorum aut ferarum aut quod aliud ludicrum ederet

nam ante non minus tali largitione quam corripiendis pecuniis subiectos adfligebant, dum, quae libidine deliquerant, ambitu propugnant
Quanto al resto, le colonie di Capua e di Nocera furono consolidate con l'immissione di veterani, la plebe ricevette una distribuzione di quattrocento sesterzi a testa, e quaranta milioni di sesterzi furono immessi nell'erario per sostenere il credito pubblico

Fu abolita anche l'imposta del quattro per cento sulla vendita degli schiavi, imposta più apparente che reale, perché il venditore, cui spettava di pagare la tassa, la addossava al compratore, maggiorando il prezzo

Un editto di Cesare stabilì che nessun magistrato o procuratore organizzasse uno spettacolo di gladiatori o di qualsiasi altro genere nella provincia a lui assegnata

Infatti, in passato, affliggevano i sudditi non meno con tali prodigalità che con le estorsioni: facevano passare per ricerca di popolarità le prevaricazioni di cui si macchiavano

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[32] Factum et senatus consultum ultioni iuxta et securitati, ut si quis a suis servis interfectus esset, ii quoque, qui testamento manu missi sub eodem tecto mansissent, inter servos supplicia penderent

redditur ordini Lurius Varus consularis, avaritiae criminibus olim perculsus

et Pomponia Graecina insignis femina, [A] Plautio, quem ovasse de Britannis rettuli, nupta ac superstitionis externae rea, mariti iudicio permissa

isque prisco instituto propinquis coram de capite famaque coniugis cognovit et insontem nuntiavit

longa huic Pomponiae aetas et continua tristitia fuit

nam post Iuliam Drusi filiam dolo Messalinae interfectam per quadraginta annos non cultu nisi lugubri, non animo nisi maesto egit; idque illi imperitante Claudio impune, mox ad gloriam vertit
32 Il senato emanò un decreto punitivo e preventivo insieme: se uno fosse stato ucciso dai suoi schiavi, anche quelli fra loro che, liberati per testamento, fossero rimasti sotto lo stesso tetto, subivano la pena degli altri schiavi

Venne riammesso in senato il cavaliere Lurio Varo, già condannato per malversazione

La nobildonna Pomponia Grecina, moglie di quell'Aulo Plauzio che, come ricordato, aveva ricevuto l'ovazione per la campagna contro i Britanni, accusata di praticare culti stranieri, venne lasciata al giudizio del marito

Ed egli, nel rispetto dell'antico istituto, tenne un processo, alla presenza dei familiari, in cui erano in gioco la vita e l'onore della moglie, e la dichiarò innocente

Pomponia ebbe vita lunga in una continua tristezza

Dopo la morte di Giulia, figlia di Druso, uccisa per le trame di Messalina, per quarant'anni non si vestì se non a lutto, non manifestò stato d'animo se non carico di mestizia; tale gesto non le creò problemi negli anni dell'imperatore Claudio e in seguito fu per lei titolo di gloria

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