Tacito, Annales: Libro 13, 25-58, pag 5

Tacito, Annales: Libro 13, 25-58

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 13, 25-58
[53] Quietae ad id tempus res in Germania fuerant, ingenio ducum, qui pervulgatis triumphi insignibus maius ex eo decus sperabant, si pacem continuavissent

Paulinus Pompeius et L Vetus ea tempestate exercitui praeerant

ne tamen segnem militem attinerent, ille inchoatum ante tres et sexaginta annos a Druso aggerem coercendo Rheno absolvit, Vetus Mosellam atque [Ararim] facta inter utrumque fossa conectere parabat, ut copiae per mare, dein Rhodano et Arare subvectae per eam fossam, mox fluvio Mosella in Rhenum, exim Oceanum decurrerent, sublatisque itineris difficultatibus navigabilia inter se Occidentis Septentrionisque litora fierent
53 La situazione in Germania fino a quel tempo era rimasta tranquilla per merito dei comandanti che, in un periodo di facile concessione di insegne trionfali, si attendevano maggior gloria dall'aver saputo conservare la pace

Erano alla testa dell'esercito, in quella fase, Paolino Pompeo e Lucio Vetere

Per non tenere i soldati inattivi, il primo concluse la costruzione dell'argine, a contenimento del Reno, iniziato sessantatré anni prima da Druso; Vetere si apprestava alla costruzione di un canale di collegamento tra la Mosella e l'Arar, in modo che i convogli provenienti dal mare, risalendo il Rodano e l'Arar, passassero poi, per mezzo di quel canale, lungo la Mosella, nel Reno e di qui nell'Oceano, per cui, superate le difficoltà del percorso via terra, fosse possibile stabilire una linea navigabile tra i lidi dell'Occidente e quelli del Settentrione
invidit operi Aelius Gracilis Belgicae legatus, deterrendo Veterem, ne legiones alienae provinciae inferret studiaque Galliarum adfectaret, formidolosum id imperatori dictitans, quo plerumque prohibentur conatus honesti

[54] Ceterum continuo exercituum otio fama incessit ereptum ius legatis ducendi in hostem

eoque Frisii iuventutem saltibus aut paludibus, imbellem aetatem per lacus admovere ripae agrosque vacuos et militum usui sepositos insedere, auctore Verrito et Malori[g]e, qui nationem eam regebant, in quantum Germani regnantur
Ma il progetto suscitò gelosie nel legato della Belgica Elio Gracile, che dissuase Vetere dal portare le legioni in una provincia altrui e dal puntare alla popolarità tra i Galli, accampando le probabili apprensioni, per questo fatto, dell'imperatore: speciosi argomenti, con cui spesso si bloccano iniziative lodevoli

54 L'inattività prolungata degli eserciti lasciò germinare la convinzione che ai legati fosse stata tolta l'autorità di guidare spedizioni contro il nemico

Perciò i Frisi fecero avvicinare, per boschi e paludi, i giovani, e, attraverso i laghi, i non atti alle armi, fino alla riva del Reno, per insediarsi nei campi liberi e destinati all'esercito romano; l'iniziativa era di Verrito e Malorige, allora regnanti su quel popolo, per quanto sia possibile regnare sui Germani
iamque fixerant domos, semina arvis intulerant utque patrium solum exercebant, cum Dubius Avitus, accepta a Paulino provincia, minitando vim Romanam, nisi abscederent Frisii veteres in locos aut novam sedem a Caesare impetrarent, perpulit Verritum et Malorigem preces suscipere

profectique Romam, dum aliis curis intentum Neronem opperiuntur, inter ea, quae barbaris ostentantur, intravere Pompei theatrum, quo magnitudinem populi viserent
Vi avevano già alzato le loro dimore, gettato le sementi nei campi e consideravano quella terra come patria, quando Dubio Avito, succeduto a Paolino nella provincia, minacciando un intervento di Roma, se i Frisi non fossero rientrati nelle antiche sedi o in una nuova, eventualmente ottenuta da Cesare, spinse Verrito e Malorige ad avanzare la richiesta a Roma

Vi si recarono e, mentre attendono d'essere ricevuti da Nerone, occupato in altri problemi, furono condotti, fra le altre opere esibite agli occhi dei barbari, nel teatro di Pompeo, per constatare l'immensità della folla

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Tacito, Annales: Libro 13, 01-24
Tacito, Annales: Libro 13, 01-24

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 13, 01-24

illic per otium (neque enim ludicris ignari oblectabantur) dum consessum caveae, discrimina ordinum, quis eques, ubi senatus, percunctantur, advertere quosdam cultu externo in sedibus senatorum: et quinam forent rogitantes, postquam audiverant earum gentium legatis id honoris datum, quae virtute et amicitia Romana praecellerent, nullos mortalium armis aut fide ante Germanos esse exclamant degrediunturque et inter patres considunt

quod comiter a visentibus exceptum, quasi impetus antiqui et bona aemulatione

Nero civitate Romana ambos donavit, Frisios decedere agris iussit

atque illis aspernantibus auxiliaris eques repente immissus necessitatem attulit, captis caesisve qui pervicacius restiterant
Lì, mentre per distrarsi (non conoscevano gli spettacoli teatrali e non si divertivano) si informavano del pubblico sulle gradinate, dei settori riservati alle varie categorie, chiedendo dove fossero i cavalieri e dove il senato, scorsero alcuni in abbigliamento straniero tra i posti dei senatori; chiesero chi fossero e, alla risposta che quell'onore era concesso agli ambasciatori dei popoli che si segnalavano per valore e amicizia verso il popolo romano, esclamarono che non vi era nessuno capace di superare, in valore e fedeltà, i Germani; si alzano e vanno a sedere fra i senatori

Il gesto fu accolto con simpatia dai presenti, come segno di spontaneità primitiva e di generosa emulazione

Nerone li insignì entrambi della cittadinanza romana, ma ordinò ai Frisi di lasciare il territorio

Al loro rifiuto, vi furono costretti da un rapido invio di cavalieri ausiliari, che presero o uccisero chi opponeva maggiore resistenza
[55] Eosdem agros Ampsivarii occupavere, validior gens non modo sua copia, sed adiacentium populorum miseratione, qui pulsi a Chaucis et sedis inopes tutum exilium orabant

aderatque iis clarus per illas gentes et nobis quoque fidus nomine Boiocalus, vinctum se rebellione Cherusca iussu Arminii referens, mox Tiberio et Germanico ducibus stipendia meruisse, et quinquaginta annorum obsequio id quoque adiungere, quod gentem suam dicioni nostrae subiceret

quotam partem campi iacere, in quam pecora et armenta militum aliquando transmitterentur

servarent sane receptus gregibus inter hominum famem, modo ne vastitatem et solitudinem mallent quam amicos populos

Chamavorum quondam ea arva, mox Tubantum et post Usiporum fuisse
55 Quelle medesime terre furono occupate dagli Ampsivari, popolo più potente, non solo per il numero, ma forte anche della compassione delle genti vicine, perché, cacciati dai Cauci e senza sede, cercavano un asilo sicuro

Li appoggiava un personaggio famoso tra quei popoli, a noi fedele, chiamato Boiocalo, il quale ricordava d'essere stato imprigionato, per ordine di Arminio, durante la ribellione dei Cherusci, d'aver poi combattuto sotto Tiberio e Germanico e, a un'obbedienza di cinquant'anni, voleva aggiungere anche questo privilegio, di mettere il suo popolo sotto la nostra sovranità

Perché - diceva - tanta distesa di terre, su cui far passare, solo qualche volta, le greggi e le mandrie dei soldati

Si riservassero pure un rifugio per le loro bestie, in mezzo a uomini affamati, ma non potevano preferire campi vuoti e abbandonati piuttosto che l'amicizia dei popoli

Un tempo quelle terre erano state dei Camavi, poi dei Tubanti e poi degli Usipi

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Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 11, 01-38

sicuti caelum deis, ita terras generi mortalium datas; quaeque vacuae, eas publicas esse

solum inde suspiciens et cetera sidera vocans quasi coram interrogabat, vellentne contueri inane solum: potius mare superfundere[nt] adversus terrarum ereptores

[56] Et commotus his Avitus: patienda meliorum imperia; id dis, quos implorarent, placitum, ut arbitrium penes Romanos maneret, quid darent quid adimerent, neque alios iudices quam se ipsos paterentur

haec an in publicum Ampsivariis respondit, ipsi Boiocalo ob memoriam amicitiae daturum agros

quod ille ut proditionis pretium aspernatus addidit 'deesse nobis terra ubi vivamus, in qua moriamur, non potest’

atque ita infensis utrimque animis discessum
Come il cielo è per gli dèi, così le terre sono per il genere umano; e quelle libere erano di tutti

Poi, levando gli occhi al sole e invocando tutti gli astri, chiedeva loro, quasi fossero presenti, se potevano tollerare l'esistenza di terre vuote: meglio se avessero riversato il mare sugli usurpatori delle terre

56 Fu scosso da quelle parole Avito: rispose che bisognava piegarsi al volere dei più forti; che gli stessi dèi che lui implorava avevano voluto che spettasse ai Romani decidere cosa dare e cosa togliere, e che i Romani non avrebbero tollerato altri giudici all'infuori di se stessi

Questa la risposta ufficiale data agli Ampsivari, ma a Boiocalo, in ricordo dell'amicizia, promise dei campi

Che lui rifiutò sdegnosamente, come prezzo del tradimento: Se ci manca aggiunse la terra in cui vivere, non può mancarci quella su cui morire

Si lasciarono con animo ostile
illi Bructeros, Tencteros, ulteriores etiam nationes socias bello vocabant: Avitus scripto ad Curtilium Manciam superioris exercitum legatum, ut Rhenum transgressus arma a tergo ostenderet, ipse legiones in agrum Ten[ct]erum induxit, excidium minitans, ni causam suam dissociarent

igitur absistentibus his pari metu exterriti Bructeri; et ceteris quoque aliena pericula deserentibus sola Ampsivariorum gens retro ad Usipos et Tubantes concessit

quorum terris exacti cum Chattos, dein Cheruscos petissent, errore longo hospites, egeni, hostes in ali[en]o quod iuventutis erat caeduntur, imbellis aetas in praedam divisa est
Gli Ampsivari chiamarono come alleati alla guerra i Brutteri, i Tencteri e anche popoli ancora più lontani; Avito inviò un messaggio a Curtilio Mancia, legato dell'esercito superiore, di passare il Reno e di presentarsi in armi alle loro spalle; quanto a sé, portò le legioni nel territorio dei Tencteri, minacciando un massacro, se non si fossero dissociati

Si staccarono dunque, e i Brutteri subirono il terrore di eguali minacce; e, al ritirarsi anche di altri popoli di fronte ai pericoli altrui, gli Ampsivari, rimasti soli, si ritirarono presso gli Usipi e i Tubanti

Ma, cacciati anche dalle loro terre, puntarono verso i Catti e poi verso i Cherusci e, in questi lunghi spostamenti, trattati da estranei, da miserabili affamati, da nemici in terra altrui, i giovani furono uccisi e gli inetti alle armi divisi come preda

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[57] Eadem aestate inter Hermunduros Chattosque certatum magno proelio, dum flumen gignendo sale fecundum et conterminum vi trahunt, super libidinem cuncta armis agendi religione insita, eos maxime locos propinquare caelo precesque mortalium a deis nusquam propius audiri

inde indulgentia numinum illo in amne illisque silvis [s]alem provenire, non ut alias apud gentes eluvie maris arescente, sed unda super ardentem arborum struem fusa ex contrariis inter se elementis, igne atque aquis, concretum

sed bellum hermunduris prosperum, Chattis exitiosius fuit, quia victores diversam aciem marti ac Mercurio sacravere, quo voto equi viri, cuncta viva occidioni dantur

et minae quidem hostiles in ipsos vertebant

sed civitas Ubiorum socia nobis malo improviso adflicta est
57 In quella stessa estate, si scontrarono in una gigantesca battaglia gli Ermunduri e i Catti, per la contesa di un fiume di confine, capace di produrre molto sale; oltre alla tendenza a risolvere tutto con le armi, ve li spingeva una credenza religiosa secondo cui quei luoghi erano i più vicini al cielo e che da nessun altro luogo gli dèi potevano ascoltare meglio le preghiere dei mortali

Ed era per la benevolenza degli dèi, se in quel fiume e in quei boschi si trovava il sale, non prodotto, come presso altri popoli, da depositi d'acqua marina evaporata, bensì risultante dal versare acqua su una catasta di legna ardente, per il combinarsi di due elementi opposti, il fuoco e l'acqua

La guerra, vittoriosa per gli Ermunduri, segnò la rovina dei Catti, perché i vincitori avevano consacrato a Marte e a Mercurio l'esercito nemico: un voto che implicava il totale massacro di uomini e cavalli, la distruzione di tutto

Le minacce dei nostri nemici si rivolgevano contro di loro

La popolazione degli Ubii, nostri alleati, subì il flagello di un male improvviso
nam ignes terra editi villas arva vicos passim corripiebant ferebanturque in ipsa conditae nuper coloniae moenia

neque exstingui poterant, non si imbres caderent, non [si] fluvialibus aquis aut quo alio humore, donec inopia remedii et ira cladis agrestes quidam eminus saxa iacere, dein residentibus flammis propius suggressi ictu fustium aliisque verberibus ut feras absterrebant

postremo tegmina corpori derepta iniciunt, quanto [magis] profana et usu polluta, tanto magis oppressura ignes

[58] Eodem anno Ruminalem arborem in comitio, quae octingentos et triginta ante annos Remi Romulique infantiam texerat, mortuis ramalibus et arescente trunco deminutam prodigii loco habitum est, donec in novos fetus revivisceret

Fiamme, uscite dal suolo, divoravano, un po' dovunque, casolari, campi, villaggi e avanzavano verso le mura della nostra colonia, da poco fondata

Era impossibile spegnerle, né se vi cadeva la pioggia, né impiegando acqua di fiume o altri liquidi, finché, constatato vano ogni rimedio, alcuni contadini, esasperati dai disastri, lanciarono sassi contro le fiamme, da lontano; le fiamme si arrestarono; i contadini, avvicinatisi di più, le ricacciarono a colpi di bastone o d'altro, come si fa con gli animali selvatici

Si tolsero infine gli indumenti per gettarli sopra il fuoco, e quanto più erano rozzi e sudici, tanto più servivano a spegnere le fiamme

58 In quello stesso anno, il fico Ruminale, nel comizio, albero che ottocento e trent'anni prima aveva ricoperto con la sua ombra Romolo e Remo infanti, deperì: rinsecchirono alcuni rami e il tronco perse la linfa; venne considerato un cattivo prodigio; ma poi riprese vita con nuovi germogli

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