Tacito, Annales: Libro 03 - Parte 02, pag 3

Tacito, Annales: Libro 03 - Parte 02

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 03 - Parte 02
nam etiam tum plebem socios regna colere et coli licitum; ut quisque opibus domo paratu speciosus per nomen et clientelas inlustrior habebatur

postquam caedibus saevitum et magnitudo famae exitio erat, ceteri ad sapientiora convertere

simul novi homines e municipiis et coloniis atque etiam provinciis in senatum crebro adsumpti domesticam parsimoniam intulerunt, et quamquam fortuna vel industria plerique pecuniosam ad senectam pervenirent, mansit tamen prior animus

sed praecipuus adstricti moris auctor Vespasianus fuit, antiquo ipse cultu victuque

obsequium inde in principem et aemulandi amor validior quam poena ex legibus et metus
Infatti era ancora lecito corteggiare la plebe, gli alleati, i re stranieri e ricevere il loro favore; Chi più era splendido per disponibilità di mezzi, sontuosità d'abitazione e sfarzo, più era illustre per nome e clientele

Ma da quando infierirono le stragi e la grandezza della fama significava la morte, i superstiti piegarono a comportamenti più ragionevoli

Intanto uomini nuovi, chiamati di frequente in senato dai municipi, dalle colonie e anche dalle province, introdussero la parsimonia dei loro paesi e, benché non pochi, grazie alla loro fortuna e alle loro capacità, fossero giunti in vecchiaia alla ricchezza, rimase viva la loro precedente mentalità

Ma la spinta più forte a regole di sobrietà venne da Vespasiano, esempio lui stesso di vita austera, secondo gli antichi dettami

E poi la deferenza verso quel principe e il vivo desiderio di emularlo si rivelarono più forti della pena comminata dalle leggi e della paura di esse
nisi forte rebus cunctis inest quidam velut orbis, ut quem ad modum temporum vices ita morum vertantur; nec omnia apud priores meliora, sed nostra quoque aetas multa laudis et artium imitanda posteris tulit

verum haec nobis [in] maiores certamina ex honesto maneant

[56] Tiberius, fama moderationis parta quod ingruentis accusatores represserat, mittit litteras ad senatum quis potestatem tribuniciam Druso petebat

id summi fastigii vocabulum Augustus repperit, ne regis aut dictatoris nomen adsumeret ac tamen appellatione aliqua cetera imperia praemineret

Marcum deinde Agrippam socum eius potestatis, quo defuncto Tiberium Neronem delegit ne successor in incerto foret

sic cohiberi pravas aliorum spes rebatur; simul modestiae Neronis et suae magnitudini fidebat
Ma forse in ogni cosa umana esiste una sorta di ciclicità, sicché i comportamenti si alternano come le stagioni; Non tutto il meglio fu degli antichi, e anche il nostro tempo ha prodotto molti esempi di virtù e di ingegno, degni dell'imitazione dei posteri

Con la speranza che questa competizione coi nostri antenati per dei valori degni possa sempre durare

56 Tiberio, conquistata la reputazione di persona equilibrata, per aver saputo reprimere i delatori, sempre pronti a colpire, invia una lettera al senato, chiedendo la potestà tribunizia per Druso

Fu Augusto a escogitare questo termine indicante il potere supremo, per evitare di assumere il nome di re o di dittatore e tuttavia innalzarsi, con un titolo qualsiasi, sopra gli altri poteri dello stato

Augusto poi associò, in questo titolo di superiore autorità, Marco Agrippa e, alla sua morte, Tiberio Nerone, per evitare incertezze sul suo successore

Sperava di frenare in questo modo le malvagie speranze di altri e intanto contava sulla remissività di Nerone e sulla propria grandezza
quo tunc exemplo Tiberius Drusum summae rei admovit, cum incolumi Germanico integrum inter duos iudicium tenuisset

sed principio litterarum veneratus deos ut consilia sua rei publicae prosperarent, modica de moribus adulescentis neque in falsum aucta rettulit

esse illi coniugem et tres liberos eamque aetatem qua ipse quondam a divo Augusto ad capessendum hoc munus vocatus sit

neque nunc propere sed per octo annos capto experimento, compressis seditionibus, compositis bellis, triumphalem et bis consulem noti laboris participem sumi

[57] Praeceperant animis orationem patres quo quaesitior adulatio fuit
Dietro il suo esempio, Tiberio promosse allora Druso al vertice del potere, perché, fin che Germanico era vivo, non s'era risolto a decidere tra i due

All'inizio della lettera, Tiberio rivolgeva una supplica agli dèi, perché volgessero le sue scelte al bene dello stato, facendo seguire poche parole sulla figura del giovane, senza false esagerazioni

aveva moglie e tre figli e la stessa età in cui anch'egli, in passato, s'era visto chiamare da Augusto a quel ruolo

E ora lui sceglieva Druso a condividere una responsabilità ben nota, non con una decisione affrettata, ma dopo otto anni di prova, in cui Druso aveva represso rivolte, concluso guerre, meritato il trionfo e ricoperto per due volte il consolato

57 I senatori avevano previsto il contenuto del discorso, perciò l'adulazione si espresse in forme più ricercate

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Tacito, Annales: Libro 13, 01-24
Tacito, Annales: Libro 13, 01-24

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 13, 01-24

nec tamen repertum nisi ut effigies principum, aras deum, templa et arcus aliaque solita censerent, nisi quod M Silanus ex contumelia consulatus honorem principibus petivit dixitque pro sententia ut publicis privatisve monimentis ad memoriam temporum non consulum nomina praecriberentur, sed eorum qui tribuniciam potestatem gererent

at Q Haterius cum eius diei senatus consulta aureis litteris figenda in curia censuisset deridiculo fuit senex foedissimae adulationis tantum infamia usurus
Nulla di nuovo però riuscirono a immaginare, se non proporre statue ai principi, are agli dèi, templi e archi e le solite cose; Soltanto Marco Silano andò a escogitare, a favore dei principi, un onore avvilente per il consolato, ed espresse il parere che, negli atti sia pubblici sia privati, non si scrivesse all'inizio, per ricordare la data, il nome dei consoli, bensì di chi esercitava la potestà tribunizia

Quinto Aterio, poi, con la sua proposta di scolpire a lettere d'oro in curia le deliberazioni prese in quel giorno dal senato, si coprì di ridicolo: vecchio com'era avrebbe ricavato solo infamia da un'adulazione così bassa e ripugnante
[58] Inter quae provincia Africa Iunio Blaeso prorogata, Servius Maluginensis flamen Dialis ut Asiam sorte haberet postulavit, frustra vulgatum dictitans non licere Dialibus egredi Italia neque aliud ius suum quam Martialium Quirinaliumque flaminum: porro, si hi duxissent provincias, cur Dialibus id vetitum

nulla de eo populi scita, non in libris caerimoniarum reperiri

saepe pontifices Dialia sacra fecisse si flamen valetudine aut munere publico impediretur

quinque et septuaginta annis post Cornelii Merulae caedem neminem suffectum neque tamen cessavisse religiones

quod si per tot annos possit non creari nullo sacrorum damno, quanto facilius afuturum ad unius anni proconsulare imperium
58 Intanto, dopo la proroga a Giunio Bleso del governo nella provincia d'Africa, il flamine diale Servio Maluginense chiese di poter concorrere al sorteggio per la provincia d'Asia, sostenendo l'inesattezza dell'opinione corrente, per cui si faceva divieto ai flamini diali di uscire dall'Italia, convinto che i loro diritti non differivano da quelli dei flamini di Marte e Quirino: quindi, se loro avevano retto province, perché vietarlo ai diali

In merito poi non esistevano deliberazioni prese dal popolo o disposizioni nei testi cerimoniali

Spesso i pontefici avevano celebrato i riti diali, quando un flamine era impedito per cause di salute o pubblici incarichi

Settantacinque anni dopo il suicidio di Cornelio Merola nessuno l'aveva sostituito, e non per questo i riti religiosi erano stati sospesi

Se dunque era stato possibile non nominarne uno per tanti anni senza danno per il culto, tanto più facilmente poteva stare assente un solo anno e ricoprire la carica di proconsole

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privatis olim simultatibus effectum ut a pontificibus maximis ire in provincias prohiberentur: nunc deum munere summum pontificum etiam summum hominum esse, non aemulationi, non odio aut privatis adfectionibus obnoxium

[59] Adversus quae cum augur Lentulus aliique varie dissererent, eo decursum est ut pontificis maximi sententiam opperirentur

Tiberius dilata notione de iure flaminis decretas ob tribuniciam Drusi potestatem caerimonias temperavit, nominatim arguens insolentiam sententiae aureasque litteras contra patrium morem

recitatae et Drusi epistulae quamquam ad modestiam flexae pro superbissimis accipiuntur

huc decidisse cuncta ut ne iuvenis quidem tanto honore accepto adiret urbis deos, ingrederetur senatum, auspicia saltem gentile apud solum inciperet
E se tempo addietro era accaduto che i pontefici massimi impedissero ai diali di andare nelle province, ciò era avvenuto solo per rancori privati; ma ora, per grazia degli dèi, era sommo pontefice anche il sommo degli uomini, non soggetto a invidie, a odio e a risentimenti personali

59 Contro tale posizione si espressero, con vari argomenti, l'augure Lentulo e altri, per poi concludere sull'opportunità di attendere il parere del pontefice massimo

Tiberio, differito l'esame sui diritti dei flamini, ridusse il numero delle cerimonie decretate in occasione del conferimento a Druso della potestà tribunizia, disapprovando, in particolare, la stranezza di proporre lettere d'oro contro la pratica dei padri

Venne poi letto anche un messaggio di Druso, interpretato, nonostante il tono di modestia, come segno di sfrontata superbia

Tutto - consideravano - era finito così in basso, che un giovane, fatto segno di un onore così elevato, non si degnava neppure di accostarsi agli dèi della sua città, di visitare il senato o di prendere almeno gli auspici nella terra natale
bellum scilicet aut diverso terrarum distineri, litora et lacus Campaniae cum maxime peragrantem

sic imbui rectorem generis humani, id primum e paternis consiliis discere

sane gravaretur aspectum civium senex imperator fessamque aetatem et actos labores praetenderet: Druso quod nisi ex adrogantia impedimentum

[60] Sed Tiberius, vim principatus sibi firmans, imaginem antiquitatis senatui praebebat postulata provinciarum ad disquisitionem patrum mittendo
Era senza dubbio la guerra o una terra lontana a trattenere Druso, che stava proprio allora girovagando in viaggi di piacere per le spiagge e i laghi della Campania

Questa l'educazione di chi avrebbe guidato il genere umano; questa la prima lezione appresa dal padre

Che un vecchio imperatore fosse disturbato dalla vista della folla dei cittadini era comprensibile e lo si poteva imputare alla stanchezza dell'età e alle fatiche sostenute; ma l'impedimento di Druso com'era spiegabile se non con l'arroganza

60 Tiberio, mentre consolidava il suo potere di principe, faceva intravedere al senato una larva dell'antica pratica politica, lasciando alle disquisizioni dei senatori le richieste delle province

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Tacito, Annales: Libro 12, 01-39
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crebrescebat enim Graecas per urbes licentia atque impunitas asyla statuendi; complebantur templa pessimis servitiorum; eodem subsidio obaerati adversum creditores suspectique capitalium criminum receptabantur, nec ullum satis validum imperium erat coercendis seditionibus populi flagitia hominum ut caerimonias deum protegentis

igitur placitum ut mitterent civitates iura atque legatos

et quaedam quod falso usurpaverant sponte omisere; multae vetustis superstitionibus aut meritis in populum Romanum fidebant

magnaque eius diei species fuit quo senatus maiorum beneficia, sociorum pacta, regum etiam qui ante vim Romanam valuerant decreta ipsorumque numinum religiones introspexit, libero, ut quondam, quid firmaret mutaretve
Si diffondeva, ecco un caso, nelle città greche l'impunito abuso di stabilire luoghi d'asilo; i templi si riempivano della feccia degli schiavi; in questo rifugio trovavano scampo contro i creditori persone gravate da debiti e gente sospettata di delitti capitali; non esisteva autorità sufficientemente capace di reprimere la riottosità di un popolo, che proteggeva i crimini degli uomini come fossero cerimonie degli dèi

Si decise allora che le comunità inviassero loro rappresentanti per far chiarezza sui loro diritti

Alcune rinunciarono spontaneamente a quelli usurpati con falsi pretesti; molte confidavano nell'antichità dei loro riti religiosi o nei meriti verso il popolo romano

Fu uno spettacolo grandioso il giorno in cui il senato esaminò, libero come un tempo, se confermare o modificare i benefici concessi dai nostri antenati, i trattati con gli alleati, persino i decreti dei re, che avevano avuto il potere prima della potenza di Roma, e i culti degli dèi
[61] Primi omnium Ephesii adiere, memorantes non, ut vulgus crederet, Dianam atque Apollinem Delo genitos: esse apud se Cenchreum amnem, lucum Ortygiam, ubi Latonam partu gravidam et oleae, quae tum etiam maneat, adnisam edidisse ea numina, deorumque monitu sacratum nemus, atque ipsum illic Apollinem post interfectos Cyclopas Iovis iram vitavisse

mox Liberum patrem, bello victorem, supplicibus Amazonum quae aram insiderant ignovisse

auctam hinc concessu Herculis, cum Lydia poteretur, caerimoniam templo neque Persarum dicione deminutum ius; post Macedonas, dein nos servavisse
61 Primi tra tutti giunsero i rappresentanti di Efeso, i quali ricordarono che, in contrasto con la credenza popolare, Diana e Apollo non erano nati a Delo; vicino a Efeso vi erano il fiume Cencrio e il bosco di Ortigia, dove Latona, prossima al parto e appoggiata a un ulivo, ancora esistente, aveva dato alla luce i due numi; per loro volere il bosco era diventato sacro e proprio là Apollo, uccisi i Ciclopi, aveva evitato l'ira di Giove

Più tardi il padre Libero, vincitore nella guerra contro le Amazzoni, aveva offerto il suo perdono a quante di loro si erano fermate in atto di supplica presso l'altare

La sacralità del tempio era poi cresciuta ancora grazie a Ercole, al tempo della sua conquista della Lidia; e le prerogative del tempio non erano state intaccate con la dominazione persiana; le avevano rispettate prima i Macedoni, quindi noi

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[62] Proximi hos Magnetes L Scipionis et L Sullae constitutis nitebantur, quorum ille Antiocho, hic Mithridate pulsis fidem atque virtutem Magnetum decoravere, uti Dianae Leucophrynae perfugium inviolabile foret

Aphrodisienses posthac et Strationicenses dictatoris Caesaris ob vetusta in partis merita et recens divi Augusti decretum adtulere, laudati quod Parthorum inruptionem nihil mutata in populum Romanum constantia pertulissent

sed Aphrodisiensium civitas Veneris, Stratonicensium Iovis et Triviae religionem tuebantur

altius Hierocaesarienses exposuere, Persicam apud se Dianam, delubrum rege Cyro dicatum; et memorabantur Perpennae, Isaurici multaque alia imperatorum nomina qui non modo templo sed duobus milibus passuum eandem sanctitatem tribuerant
62 Subito dopo di loro la delegazione di Magnesia cercava di far valere gli statuti di Lucio Scipione e di Lucio Silla: dopo che l'uno aveva vinto Antioco e l'altro Mitridate, resero onore alla fedeltà e al valore dei Magneti, riconoscendo inviolabile il rifugio di Diana Leucofrina

Dopo di loro gli emissari di Afrodisia e di Stratonicea addussero un decreto del dittatore Cesare, per antiche benemerenze verso il suo partito, e uno recente del divo Augusto, contenente un elogio per aver subÏto un'incursione dei Parti, senza venir meno alla fedeltà verso il popolo romano

La comunità di Afrodisia difendeva il culto di Venere, gli Stratonicensi quello di Giove e di Trivia

Più addietro nel tempo risalirono i delegati di Ierocesarea: parlavano di una loro Diana Persica e di un tempio dedicato durante il regno di Ciro, e ricordavano i nomi di Perpenna, di Isaurico e di molti altri generali, che avevano garantito la sacralità non solo al tempio, ma a un'area circostante di due miglia

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