Tacito, Annales: Libro 03 - Parte 02, pag 5

Tacito, Annales: Libro 03 - Parte 02

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 03 - Parte 02
L Ennium equitem Romanum, maiestatis postulatum quod effigiem principis promiscum ad usum argenti vertisset, recipi Caesar inter reos vetuit, palam aspernante Ateio Capitone quasi per libertatem

non enim debere eripi patribus vim statuendi neque tantum maleficium impune habendum

sane lentus in suo dolore esset: rei publicae iniurias ne largiretur

intellexit haec Tiberius, ut erant magis quam ut dicebantur, perstititque intercedere

Capito insignitior infamia fuit quod humani divinique iuris sciens egregium publicum et bonas domi artes dehonestavisset
Tiberio si rifiutò di mettere sotto accusa il cavaliere romano Quinto Ennio, imputato di lesa maestà, per aver trasformata una statua del principe in oggetti d'argento d'uso comune; ma espresse apertamente il suo dissenso Ateio Capitone, come se fosse questo un segno di libertà

Non si doveva - disse - sottrarre ai senatori la facoltà di decidere, né era pensabile l'impunità per una colpa così grave

Fosse pure arrendevole Tiberio nel suo dolore, ma un'offesa allo stato non ammetteva tolleranze

Tiberio intese la sostanza più di quanto non dicessero le parole e persistette nel suo rifiuto

Tanto più clamorosa fu l'infamia di Capitone, perché questi, esperto nel diritto umano e divino, aveva infangato i suoi pur rilevanti meriti pubblici e le sue qualità di privato cittadino
[71] Incessit dein religio quonam in templo locandum foret donum quod pro valetudine Augustae equites Romani voverant equestri Fortunae: nam etsi delubra eius deae multa in urbe, nullum tamen tali cognomento erat

repertum est aedem esse apud Antium quae sic nuncuparetur, cunctasque caerimonias Italicis in oppidis templaque et numinum effigies iuris atque imperii Romani esse

ita donum apud Antium statuitur
71 Si presentò, poi, una questione d'ordine religioso, ossia in quale tempio collocare il dono offerto in voto dai cavalieri romani, per la salute di Augusta, alla Fortuna Equestre; Infatti, benché in città esistessero numerosi templi dedicati alla dea, non ne esisteva nessuno con quella particolare denominazione

Si scoprì che ce n'era uno, con tale nome, ad Anzio, e che nelle città d'Italia tutte le cerimonie, i templi e le statue delle divinità ricadevano sotto la giurisdizione e l'autorità di Roma

Si decise dunque di collocare quel dono ad Anzio
et quoniam de religionibus tractabatur, dilatum nuper responsum adversus Servium Maluginensem flaminem Dialem prompsit Caesar recitavitque decretum pontificum, quotiens valetudo adversa flaminem Dialem incessisset, ut pontificis maximi arbitrio plus quam binoctium abesset, dum ne diebus publici sacrificii neu saepius quam bis eundem in annum; quae principe Augusto constituta satis ostendebant annuam absentiam et provinciarum administrationem dialibus non concedi

memorabaturque L Metelli pontificis maximi exemplum qui Aulum Postumium flaminem attinuisset

ita sors Asiae in eum qui consularium Maluginensi proximus erat conlata

[72] Isdem diebus Lepidus ab senatu petivit ut basilicam Pauli, Aemilia monimenta, propria pecunia firmaret ornaretque
E giacché si discuteva di questioni religiose, Tiberio diede la risposta, prima differita, sul caso del flamine diale Servio Maluginense, e lesse un decreto dei pontefici, secondo cui, in caso di indisposizione, un flamine diale poteva, dietro autorizzazione del pontefice massimo, assentarsi da Roma per più di due notti, purché non nei giorni di pubblici sacrifici e non più di due volte all'anno; Tali disposizioni, fissate sotto il principe Augusto, indicavano chiaramente l'impossibilità di concedere ai diali l'assenza di un anno per l'amministrazione delle province

E si citava anche l'esempio del pontefice massimo Lucio Metello, che aveva impedito la partenza da Roma al flamine Aulo Postumio

Perciò il governo d'Asia fu conferito al consolare che, in ordine d'età, veniva subito dopo Maluginense

72 In quei giorni Lepido chiese al senato di restaurare e abbellire, a proprie spese, la basilica di Paolo, monumento degli Emilii

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erat etiam tum in more publica munificentia; nec Augustus arcuerat Taurum, Philippum, Balbum hostilis exuvias aut exundantis opes ornatum ad urbis et posterum gloriam conferre

quo tum exemplo Lepidus, quamquam pecuniae modicus, avitum decus recoluit

at Pompei theatrum igne fortuito haustum Caesar extructurum pollicitus est eo quod nemo e familia restaurando sufficeret, manente tamen nomine Pompei

simul laudibus Seianum extulit tamquam labore vigilantiaque eius tanta vis unum intra damnum stetisset; et censuere patres effigiem Seiano quae apud theatrum Pompei locaretur

neque multo post Caesar, cum Iunium Blaesum pro consule Africae triumphi insignibus attolleret, dare id se dixit honori Seiani, cuius ille avunculus erat

ac tamen res Blaesi dignae decore tali fuere
Non era ancora caduta in disuso la pratica della munificenza a vantaggio dello stato; né Augusto aveva impedito a Tauro, a Filippo e a Balbo di destinare le spoglie di guerra e le loro sovrabbondanti ricchezze ad abbellire la città, con loro gloria presso i posteri

Forte di quell'esempio, Lepido allora, pur con la modestia dei suoi mezzi, fece rivivere l'avito splendore

Quanto al teatro di Pompeo, distrutto da un incendio fortuito, Cesare ne promise la ricostruzione a proprie spese, poiché nessuno della famiglia di Pompeo disponeva dei mezzi necessari, e assicurò comunque il mantenimento al teatro del nome di Pompeo

E ne approfittò per elogiare Seiano, quasi che alla sua previdente efficienza si dovesse se la furia spaventosa dell'incendio aveva prodotto quel solo danno; E i senatori gli votarono una statua da porsi nel teatro di Pompeo

Poco più tardi, nel concedere il trionfo a Giunio Bleso, proconsole d'Africa, Tiberio dichiarò di conferirglielo per rendere onore a Seiano, di cui quello era zio

Peraltro Bleso s'era meritato, con la sua condotta, tale riconoscimento
[73] Nam Tacfarinas, quamquam saepius depulsus, reparatis per intima Africae auxiliis huc adrogantiae venerat ut legatos ad Tiberium mitteret sedemque ultro sibi atque exercitui suo postularet aut bellum inexplicabile minitaretur

non alias magis sua populique Romani contumelia indoluisse Caesarem ferunt quam quod desertor et praedo hostium more ageret

ne Spartaco quidem post tot consularium exercituum cladis inultam Italiam urenti, quamquam Sertorii atque Mithridatis ingentibus bellis labaret res publica, datum ut pacto in fidem acciperetur; nedum pulcherrimo populi Romani fastigio latro Tacfarinas pace et concessione agrorum redimeretur

dat negotium Blaeso ceteros quidem ad spem proliceret arma sine noxa ponendi, ipsius autem ducis quoquo modo poteretur
73 Infatti Tacfarinate, benché più volte respinto, ricostruite le sue forze con aiuti raccolti all'interno dell'Africa, era giunto a un tale livello di arroganza da inviare dei messi a Tiberio, pretendendo un territorio per sé e per il suo esercito, e minacciando, in caso contrario, una guerra interminabile

Raccontano che mai, in altra occasione, Tiberio abbia patito l'offesa recata a sé e al popolo romano come allora che un disertore e un predone si spacciava per nemico

Neppure a Spartaco, al tempo della sua devastazione incontrastata dell'Italia, dopo la distruzione di tanti eserciti consolari, era stato concesso di trattare la resa, sebbene lo stato faticasse a reggere le spaventose guerre di Sertorio e di Mitridate: impossibile, dunque, pensare che, nel momento di massimo splendore per il popolo romano, un brigante come Tacfarinate potesse riscattarsi con la pace e la concessione di territori

Incarica Bleso di allettare gli altri banditi con la speranza dell'impunità, se deponevano le armi, e di mettere le mani sul loro capo a qualsiasi costo

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et recepti ea venia plerique

mox adversum artes Tacfarinatis haud dissimili modo belligeratum

[74] Nam quia ille robore exercitus impar, furandi melior, pluris per globos incursaret eluderetque et insidias simul temptaret, tres incessus, totidem agmina parantur

ex quis Cornelius Scipio legatus praefuit qua praedatio in Leptitanos et suffugia Garamantum; alio latere, ne Cirtensium pagi impune traherentur, propriam manum Blaesus filius duxit: medio cum delectis, castella et munitiones idoneis locis imponens, dux ipse arta et infensa hostibus cuncta fecerat, quia, quoquo inclinarent, pars aliqua militis Romani in ore, in latere et saepe a tergo erat; multique eo modo caesi aut circumventi
I più furono conquistati da quel perdono

Per contrastare la tattica di Tacfarinate, si organizzò una analoga guerriglia

74 Tacfarinate, contando su un esercito inferiore per consistenza militare, ma più efficiente nei colpi di mano, attaccava con bande sparse e sfuggiva al contatto nemico, per poi organizzare subito imboscate; perciò, vengono disposte tre direttrici d'attacco e altrettanti contingenti

Di questi uno, al comando del legato Cornelio Scipione, operava nella zona in cui i nemici compivano incursioni contro gli abitanti di Leptis, per poi rifugiarsi presso i Garamanti; sul fianco opposto, il figlio di Bleso aveva reparti ai propri ordini per impedire l'impunito saccheggio dei villaggi attorno a Cirta; Al centro, con truppe scelte, dislocando piazzeforti e ridotte in luoghi strategici, il comandante aveva molto limitato e rese scarsamente sicure tutte quante le zone d'operazione dei nemici, perché, ovunque essi puntassero, ci fossero sempre reparti romani, di fronte, sui fianchi e, spesso, alle spalle; e così molti furono uccisi o circondati
tunc tripertitum exercitum pluris in manus dispergit praeponitque centuriones virtutis expertae

nec, ut mos fuerat, acta aestate retrahit copias aut in hibernaculis veteris provinciae componit, sed ut in limine belli dispositis castellis per expeditos et solitudinum gnaros mutantem mapalia Tacfarinatem proturbabat, donec fratre eius capto regressus est, properantius tamen quam ex utilitate sociorum, relictis per quos resurgeret bellum

sed Tiberius pro confecto interpretatus id quoque Blaeso tribuit ut imperator a legionibus salutaretur, prisco erga duces honore qui bene gesta re publica gaudio et impetu victoris exercitus conclamabantur; erantque plures simul imperatores nec super ceterorum aequalitatem
A questo punto, l'esercito, già tripartito, viene suddiviso da Bleso in numerosi manipoli, affidati a centurioni di provato valore

E, diversamente dalla solita prassi, non ritirò le sue truppe alla fine dell'estate, per dislocarle nei quartieri invernali della vecchia provincia, ma, quasi entrasse allora in guerra, organizzato un sistema di piazzeforti, servendosi di soldati armati alla leggera e pratici del deserto, ricacciava progressivamente indietro Tacfarinate, costretto a mutare sempre gli attendamenti, finché, catturatone il fratello, Bleso ripiegò; ma troppo presto per il bisogno di sicurezza degli alleati, perché erano rimasti uomini capaci di ridar fiato al conflitto

Tiberio peraltro considerò la guerra come conclusa e attribuì a Bleso anche l'onore di essere salutato imperator dalle sue legioni, antico onore riservato ai comandanti che, per i loro meriti verso lo stato, venivano acclamati in questo modo dall'esercito vittorioso, in preda alla gioia e all'entusiasmo; Potevano esserci contemporaneamente più imperatores, pur restando su un piano di parità con gli altri cittadini

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concessit quibusdam et Augustus id vocabulum ac tunc Tiberius Blaeso postremum

[75] Obiere eo anno viri inlustres Asinius Saloninus, Marco Agrippa et Pollione Asinio avis, fratre Druso insignis Caesarique progener destinatus, et Capito Ateius, de quo memoravi, principem in civitate locum studiis civilibus adsecutus, sed avo centurione Sullano, patre praetorio

consulatum ei adceleraverat Augustus ut Labeonem Antistium isdem artibus praecellentem dignatione eius magistratus antiret

namque illa aetas duo pacis decora simul tulit: sed Labeo incorrupta libertate et ob id fama celebratior, Capitonis obsequium dominantibus magis probabatur
Anche Augusto concesse questo titolo ad alcuni, e Tiberio lo concesse a Bleso, in quell'occasione, per l'ultima volta

75 Morirono, in quell'anno, personaggi illustri come Asinio Salonino, nipote di Marco Agrippa e di Asinio Pollione, noto quale fratello di Druso e promesso sposo a una nipote di Tiberio, e come Ateio Capitone, di cui ho già fatto cenno, che aveva raggiunto a Roma la posizione di maggior autorità tra gli studiosi del diritto, benché avesse per nonno un centurione di Silla e il padre fosse stato solo pretore

Augusto gli aveva reso più rapida la carriera al consolato, in modo che, col prestigio di quella carica, potesse prevalere su Antistio Labeone, eccellente anche lui nello stesso campo

Quell'età aveva infatti generato, nello stesso tempo, questi due benemeriti ingegni di pace: Ma Labeone, dall'incorrotto senso della libertà, ebbe fama più alta, La deferenza di Capitone verso chi comanda, lo rese loro più accettabile
illi quod praeturam intra stetit commendatio ex iniuria, huic quod consulatum adeptus est odium ex invidia oriebatur

[76] Et Iunia sexagesimo quarto post Philippensem aciem anno supremum diem explevit, Catone avunculo genita, C Cassii uxor, M Bruti soror

testamentum eius multo apud vulgum rumore fuit, quia in magnis opibus cum ferme cunctos proceres cum honore nominavisset Caesarem omisit

quod civiliter acceptum neque prohibuit quo minus laudatione pro rostris ceterisque sollemnibus funus cohonestaretur

viginti clarissimarum familiarum imagines antelatae sunt, Manlii, Quinctii aliaque eiusdem nobilitatis nomina

sed praefulgebant Cassius atque Brutus eo ipso quod effigies eorum non visebantur

Labeone, proprio perché non andò oltre la pretura, derivò, da questo torto, pubblica stima; nei confronti dell'altro, per aver egli avuto il consolato, nascevano, dall'invidia, delle ostilità

76 Sessantaquattro anni dopo la battaglia di Filippi venne a morte Giunia, nipote di Catone, moglie di Gaio Cassio e sorella di Marco Bruto

Il suo testamento suscitò molti commenti tra la gente, perché, pur avendo nominato eredi delle sue grandi ricchezze, citandole con parole di stima, quasi tutte le personalità più importanti, non fece cenno a Tiberio

Questi reagì con sensibilità democratica e non si oppose a che il funerale di Giunia fosse onorato con l'elogio funebre dai rostri e con tutti i riti tradizionali

Precedevano il feretro i ritratti di venti nobilissime famiglie, i Manlii, i Quinzii ed altri nomi di pari nobiltà

Ma su tutti splendevano le figure di Cassio e di Bruto, proprio perché le loro immagini non comparivano

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