Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 17-18 (parte 01), pag 2

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 17-18 (parte 01)

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 17-18 (parte 01)

Illi enim perquos ista corpora efficiuntur iure aut officio cohaerent, natura diductiet singuli sunt

Quid est quod etiamnunc praedicere velim

nullum bonumputamus esse quod ex distantibus constat; uno enim spiritu unum bonum contineriac regi debet, unum esse unius boni principale

Hoc si quando desideraverisper se probatur: interim ponendum fuit, quia in nos nostra tela mittuntur

Dicitis inquit nullum bonum ex distantibus esse; claritas autemista bonorum virorum secunda opinio est

Nam quomodo fama non est uniussermo nec infamia unius mala existimatio, sic nec claritas uni bono placuisse;consentire in hoc plures insignes et spectabiles viri debent, ut claritassit

Haec autem ex iudiciis plurium efficitur, id est distantium; ergonon est bonum
Gli individui componenti questi organismi sono uniti per legge o per funzioni analoghe, ma distinti pernatura e a se stanti

Ancora una premessa

secondo noi non c'è bene formato da elementi separati tra loro; un bene deve essere racchiuso e retto da un solo principio, unica deve essere la sua essenza

Questo principio, se un giorno vorrai, si dimostra da sé; intanto ho dovuto premetterlo perché ci rivolgono contro le nostre stesse armi

Voi dite che non c'è bene formato da elementi separati tra loro; ma, ribattono, la gloria di un uomo nasce dall'opinione favorevole di persone virtuose

Come la fama non è data dalle parole di un unico individuo e l'infamia dalla cattiva opinione di uno solo, così la gloria non la dà l'approvazione di una sola persona virtuosa, ma ci vuole il consenso di molti uomini insigni e ragguardevoli perché si formi

La gloria, però risulta dal parere di più persone, cioè di elementi distinti; quindi non è un bene
Claritas inquit laus est a bonis bono reddita; laus oratio,vox est aliquid significans; vox est autem, licet virorum sit bonorum,non bonum

Nec enim quidquid vir bonus facit bonum est; nam et plauditet sibilat, sed nec plausum quisquam nec sibilum, licet omnia eius admireturet laudet, bonum dicit, non magis quam sternumentum aut tussim

Ergo claritasbonum non est

Ad summam dicite nobis utrum laudantis an laudati bonum sit:si laudati bonum esse dicitis, tam ridiculam rem facitis quam si adfirmetismeum esse quod alius bene valeat

Sed laudare dignos honesta actio est;ita laudantis bonum est cuius actio est, non nostrum qui laudamur: atquihoc quaerebatur

Respondebo nunc singulis cursim

Primum an sit aliquod ex distantibusbonum etiamnunc quaeritur et pars utraque sententias habet
La gloria, continuano, è la lode tributata da uomini virtuosi a un uomo virtuoso; la lode è un'espressione, una frase che indica qualcosa; euna frase, anche se pronunciata da uomini virtuosi, non è un bene

Non tutto quello che fa un uomo virtuoso è un bene; egli applaude e fischia, ma, anche se ogni suo gesto è degno di ammirazione e di lode, un applausoo un fischio, come uno starnuto o un colpo di tosse, nessuno può definirli un bene

Quindi, la gloria non è un bene

Insomma, diteci se la gloria è un bene di chi loda o di chi è lodato: se dite che è un bene di chi è lodato, fate un'affermazione ridicola, come se diceste che è un bene mio la salute di un altro

Ma lodare chi ne è degno è un'azione virtuosa; perciò è un bene di chi loda, cioè di chi compie l'azione, non nostro, che siamo lodati: e questo è l'oggetto della nostra indagine

Risponderò ora rapidamente a ciascun problema

Prima di tutto ci si chiede se un bene possa derivare da elementi separati e su questo punto i pareri sono discordi
Deinde claritasdesiderat multa suffragia

potest et unius boni viri iudicio esse contenta:nos bonus bonos iudicat

Quid ergo

inquit et fama erit unius hominisexistimatio et infamia unius malignus sermo

Gloriam quoque inquit latiusfusam intellego; consensum enim multorum exigit

Diversa horum condicioest et illius

Quare

quia si de me bene vir bonus sentit, eodem loco sumquo si omnes boni idem sentirent; omnes enim, si me cognoverint, idem sentient

Par illis idemque iudicium est, aeque vero inficiscitur

Dissidere nonpossunt; ita pro eo est ac si omnes idem sentiant, quia aliud sentire nonpossunt

Ad gloriam aut famam non est satis unius opinio

Illic idempotest una sententia quod omnium, quia omnium, si perrogetur, una erit:hic diversa dissimilium iudicia sunt
Inoltre, la gloria ha bisogno del consenso di molti

sufficiente anche il giudizio di una sola persona virtuosa: un uomo virtuoso può giudicare della nostra virtù

Ma come

si ribatte, la fama deriverà dalla stima e l'infamia dalla maldicenza di un solo individuo

Anche la gloria noi la intendiamo ampiamente diffusa, continuano, poiché richiede il consenso di molti

Si tratta di due condizioni diverse

Perché

Perché se un uomo virtuoso mi giudica bene, per me è come se così mi giudicassero tutti gli uomini virtuosi; tutti, infatti, se mi conoscessero, mi giudicherebbero allo stesso modo

Il loro giudizio è uguale e identico, perché ha un'unica impronta: la verità

Non possono discordare; e dunque è come se tutti fossero del medesimo parere, poiché non possono pensarla diversamente

Per la gloria, invece, o per la fama, non basta l'opinione di una sola persona

Nel caso di prima un solo parere vale quanto quello di tutti, perché, se si domandasse a tutti, uno per uno, unica sarebbe la risposta: nel secondo caso sono diversi i giudizi, poiché sono diverse le persone

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Difficiles adsensus, dubia omniainvenies, levia, suspecta

Putas tu posse unam omnium esse sententiam

non est unius una sententia

Illic placet verum, veritatis una vis, unafacies est: apud hos falsa sunt quibus adsentiuntur

Numquam autem falsisconstantia est; variantur et dissident

Sed laus inquit nihil aliud quam vox est, vox autem bonum nonest

Cum dicunt claritatem esse laudem bonorum a bonis redditam, non advocem referunt sed ad sententiam

Licet enim vir bonus taceat sed aliquemiudicet dignum laude esse, laudatus est

Praeterea aliud est laus,aliud laudatio, haec et vocem exigit; itaque nemo dicit laudem funebremsed laudationem, cuius officium oratione constat

Cum dicimus aliquem laudedignum, non verba illi benigna hominum sed iudicia promittimus
Troverai difficilmente approvazione e sempre dubbi, leggerezza, sospetti

Credi che tutti possano esprimere un parere unico

Ma se nemmeno una sola persona ha un parere unico

Gli uomini virtuosi amano la verità e la verità ha una sola forza, una sola faccia: gli altri invece dànno il loro assenso a false opinioni

E il falso è incostante; varia e discorda

Ma la lode, dicono, è solo una frase, e una frase non è un bene

Quando affermano che la gloria è una lode tributata a uomini virtuosi da uomini virtuosi, non si riferiscono alle parole, ma al giudizio espresso

Anche se un uomo virtuoso tace, ma giudica uno degno di lode, quest'uomo viene lodato

Inoltre, una cosa è la lode, un'altra il lodare: quest'ultimo richiede anche la parola; perciò nessuno dice lode funebre, ma orazione funebre, poiché è un ufficio che si basa sulla parola

Quando definiamo qualcuno meritevole di lode, non gli promettiamo parole benevoli, ma giudizi benevoli
Ergo lausetiam taciti est bene sentientis ac bonum virum apud se laudantis

Deinde, ut dixi, ad animum refertur laus, non ad verba, quae conceptamlaudem egerunt et in notitiam plurium emittunt

Laudat qui laudandum esseiudicat

Cum tragicus ille apud nos ait magnificum esse laudari a laudatoviro, laude digno ait

Et cum aeque antiquus poeta ait laus alit artis, non laudationem dicit, quae corrumpit artes; nihil enim aeque et eloquentiamet omne aliud studium auribus deditum vitiavit quam popularis adsensio

Fama vocem utique desiderat, claritas potest etiam citra vocem contingerecontenta iudicio; plena est non tantum inter tacentis sed etiam inter reclamantis

Quid intersit inter claritatem et gloriam dicam: gloria multorum iudicisconstat, claritas bonorum
Dunque, è lode anche quella di chi tace, ma giudica positivamente e loda un uomo virtuoso dentro di sé

E poi, come ho detto, la lode interessa l'animo, non le parole, che fanno da tramite e la rendono nota a più persone

Se uno ritiene dovuta una lode, già loda

Quando quel famoso poeta tragico latino dice che è splendido essere lodato da un uomo lodato, intende dire da un uomo degno di lode

E quando quell'altro poeta altrettanto antico dice che la lode alimenta le arti, non intende il lodare, che in realtà corrompe le arti; niente ha guastato tanto l'eloquenza e ogni altra arte rivolta alle orecchie quanto il consenso popolare

La fama ha bisogno in ogni caso della voce; la gloria, invece, può formarsi anche indipendentemente dalla voce, basta un giudizio positivo; anzi non le tolgono nulla non solo il silenzio, ma persino le proteste

Ecco la differenza tra gloria e celebrità: la celebrità si fonda sul giudizio di molti, la gloria su quello delle persone virtuose

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Cuius inquit bonum est claritas, id est laus bono a bonis reddita

utrum laudati an laudantis

Utriusque

Meum, qui laudor; quia natura meamantem omnium genuit, et bene fecisse gaudeo et gratos me invenisse virtutuminterpretes laetor

Hoc plurium bonum est quod grati sunt, sed et meum;ita enim animo compositus sum ut aliorum bonum meum iudicem, utique eorumquibus ipse sum boni causa

Est istud laudantium bonum; virtute enimgeritur; omnis autem virtutis actio bonum est

Hoc contingere illis nonpotuisset nisi ego talis essem

Itaque utriusque bonum est merito laudari,tam mehercules quam bene iudicasse iudicantis bonum est et eius secundumquem iudicatum est

Numquid dubitas quin iustitia et habentis bonum sitet autem sit eius cui debitum solvit

Merentem laudare iustitia est; ergoutriusque bonum est
La gloria, chiedono, cioè la lode tributata a un uomo virtuoso da uomini virtuosi

è un bene di chi è lodato o di chi loda

Di entrambi

Mio, che vengo lodato; e poiché la natura mi ha generato incline ad amare tutti, godo di aver fatto del bene e mi rallegro di aver trovato grati interpreti delle virtù

Questo essere grati è un bene di molti, ma è anche mio; la mia disposizione d'animo è tale che giudico mio un bene di altri, soprattutto di coloro a cui sono causa di bene

La gloria è un bene anche di chi loda: è un atto della virtù e ogni azione virtuosa è un bene

Ma questo bene non sarebbe toccato loro, se io non fossi quale sono

Perciò una lode meritata è un bene di entrambi, come esprimere un giustogiudizio è un bene di chi giudica e di colui a vantaggio del quale si è pronunciato il giudizio

Dubiti forse che la giustizia sia un bene e perchi la esercita e per colui al quale essa paga un debito

Lodare chi lo merita è una forma di giustizia; dunque, è un bene di entrambi
Cavillatoribus istis abunde responderimus

Sed non debet hoc nobisesse propositum, arguta disserere et philosophiam in has angustias ex suamaiestate detrahere: quanto satius est ire aperta via et recta quam sibiipsum flexus disponere quos cum magna molestia debeas relegere

Neque enimquicquam aliud istae disputationes sunt quam inter se perite captantiumlusus

Dic potius quam naturale sit in immensum mentem suam extendere

Magna et generosa res est humanus animus; nullos sibi poni nisi communeset cum deo terminos patitur
A questi cavillatori abbiamo risposto abbondantemente

Ma il nostro proposito non deve essere di fare sottili discussioni e di abbassare la filosofia dalla sua altezza a questi ristretti limiti: quanto è meglio avanzare per una via aperta e diritta, invece che costruirsi da sé untragitto tortuoso da ripercorrere con grave disagio

Queste dispute non sono altro che passatempi di persone che cercano abilmente di sorprendersi a vicenda

Dimmi piuttosto come è conforme alla natura dispiegare la mente nell'immensità dell'universo

L'anima dell'uomo è una cosa grande e nobile; non sopporta che le siano posti altri limiti se non quelli comuni anche agli dèi

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Primum humilem non accipit patriam, Ephesumaut Alexandriam aut si quod est etiamnunc frequentius accolis laetiusvetectis solum: patria est illi quodcumque suprema et universa circuitu suocingit, hoc omne convexum intra quod iacent maria cum terris, intra quodaer humanis divina secernens etiam coniungit, in quo disposita tot numinain actus suos excubant

Deinde artam aetatem sibi dari non sinit: omnes inquit anni mei sunt; nullum saeculum magnis ingeniis clusum est,nullum non cogitationi pervium tempus

Cum venerit dies ille qui mixtumhoc divini humanique secernat, corpus hic ubi inveni relinquam, ipse mediis reddam

Nec nunc sine illis sum, sed gravi terrenoque detineor

Per has mortalis aevi moras illi meliori vitae longiorique proluditur
Prima di tutto non accetta un'umile patria, sia essa Efeso o Alessandria o qualunque altra terra anche più popolosa e più ricca di case: la sua patria è quella che cinge l'intero universo nel suo cerchio, è tutta la volta celeste entro cui giacciono mari e terre, entro cui l'atmosfera distingue e insieme congiunge l'umano e il divino, in cui sono distribuite tante divinità che attendono vigili all'adempimento delle proprie funzioni

Inoltre l'anima non lascia che le venga assegnata un'esistenza angusta: Tutti gli anni, afferma, sono miei; nessun'epoca è preclusa ai grandi spiriti, ogni tempo è aperto al pensiero

Quando arriverà quel giorno che separa questo miscuglio di umano e di divino, lascerò il mio corpo qui dove l'ho trovato, e tornerò tra gli dèi

Non che ora ne sia completamente separata, ma mi trattiene il grave peso terreno

Queste tappe della vita mortale sono una preparazione a quell'altra vita migliore e più lunga
Quemadmodum decem mensibus tenet nos maternus uterus et praeparat non sibised illi loco in quem videmur emitti iam idonei spiritum trahere et inaperto durare, sic per hoc spatium quod ab infantia patet in senectutemin alium maturescimus partum

Alia origo nos expectat, alius rerum status

Nondum caelum nisi ex intervallo pati possumus

Proinde intrepidushoram illam decretoriam prospice: non est animo suprema, sed corpori

Quidquidcirca te iacet rerum tamquam hospitalis loci sarcinas specta: transeundumest

Excutit redeuntem natura sicut intrantem

Non licet plus efferrequam intuleris, immo etiam ex eo quod ad vitam adtulisti pars magna ponendaest: detrahetur tibi haec circumiecta, novissimum velamentum tui, cutis;detrahetur caro et suffusus sanguis discurrensque per totum; detrahenturossa nervique, firmamenta fluidorum ac labentium
L'utero materno ci ospita per nove mesi e ci prepara non per sé, ma per quel luogo in cui veniamo alla luce già capaci di respirare e di resistere all'aria aperta; allo stesso modo in questo periodo che dall'infanzia si estende alla vecchiaia maturiamo per un altro parto

Ci aspetta un'altra nascita, un altro stato di cose

Noi non possiamo ancora sostenere la vista del cielo, se non a distanza

Perciò guarda intrepido a quell'ora decisiva: è l'ultima, ma per il corpo, non per l'anima

Guarda tutto ciò che ti sta intorno come le suppellettili di una residenza provvisoria: bisogna passare oltre

La natura spoglia chi se ne va, come chi entra

Non possiamo portar via più di quanto avevamo nascendo, anzi bisogna lasciare gran parte anche di ciò che abbiamo portato per vivere: ti sarà tolto questo involucro esterno che ti avvolge, la pelle; ti sarà tolta la carne e il sangue che scorre per l'intero organismo; ti saranno tolte le ossa e i nervi, che sostengono gli elementi liquidi e molli

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Dies iste quem tamquamextremum reformidas aeterni natalis est

Depone onus: quid cunctaris, tamquamnon prius quoque relicto in quo latebas corpore exieris

Haeres, reluctaris:tum quoque magno nisu matris expulsus es

Gemis, ploras: et hoc ipsum flerenascentis est, sed tunc debebat ignosci: rudis et inperitus omnium veneras

Ex maternorum viscerum calido mollique fomento emissum adflavit aura liberior,deinde offendit durae manus tactus, tenerque adhuc et nullius rei gnarusobstipuisti inter ignota: nunc tibi non est novum separari ab eo cuiusante pars fueris; aequo animo membra iam supervacua dimitte et istuc corpusinhabitatum diu pone

Scindetur, obruetur, abolebitur: quid contristaris

ita solet fieri: pereunt semper velamenta nascentium

Quid ista sic diligisquasi tua
Questo giorno che temi come ultimo è il primo dell'eternità

Deponi il peso della materia: perché resisti Anche allora non sei venuto alla luce lasciando il corpo in cui eri celato

Ti aggrappi, opponi resistenza: anche allora tua madre ti ha espulso con un grande sforzo

Gemi, implori: anche questo pianto è proprio di un neonato, ma allora meritavi il perdono: eri venuto al mondo inesperto e ignaro

Uscito dal caldo e morbido rifugio delle viscere materne, ti ha toccato il soffio dell'aria libera, poi hai sentito il contatto di una rozza mano, e ancòra tenero e del tutto inconsapevole sei rimasto attonito di fronte a una realtà sconosciuta ora invece non è per te una cosa nuova essere separato da un corpo di cui prima facevi parte; abbandona serenamente queste membra ormai inutili e lascia questo corpo a lungo abitato

Sarà lacerato, sepolto, si consumerà: perché ti affliggi

così: va sempre perduto l'involucro che avvolge chi nasce

Perché ami questo corpo come se fosse tuo

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