Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 07-08 Parte 01, pag 5

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 07-08 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 07-08 Parte 01
Et ut quod volo exprimam breviter, materia boni aliquando contra naturam est bonum numquam, quoniam bonum sine ratione nullum est, sequitur autem ratio naturam

'Quid est ergo ratio

' Naturae imitatio

'Quod est summum hominis bonum

' Ex naturae voluntate se gerere

'Non est' inquit 'dubium quin felicior pax sit numquam lacessita quam multo reparata sanguine

Non est dubium' inquit 'quin felicior res sit inconcussa valetudo quam ex gravibus morbis et extrema minitantibus in tutum vi quadam et patientia educta

Eodem modo non erit dubium quin maius bonum sit gaudium quam obnixus animus ad perpetiendos cruciatus vulnerum aut ignium

' Minime; illa enim quae fortuita sunt plurimum discriminis recipiunt; aestimantur enim utilitate sumentium

Bonorum unum propositum est consentire naturae; hoc contingere]in omnibus par est
E, per dirla in breve, la materia del bene è talvolta contro natura, il bene mai, poiché non esiste nessun bene senza ragione e la ragione segue la natura

Che cos'è, dunque, la ragione

l'imitazione della natura

Qual è il sommo bene dell'uomo

Comportarsi secondo natura

Senza dubbio, si afferma, una pace stabile è più prospera di una riconquistata a prezzo di molto sangue

Senza dubbio una salute di ferro è più prospera di una riacquistata a forza e con tenacia, scampando a malattie gravi e al pericolo di morte

Analogamente la gioia è senza dubbio un bene maggiore che un animo saldo nel sopportare i tormenti delle ferite o del fuoco

Niente affatto: i beni fortuiti sono molto differenti tra loro poiché vengono valutati in base all'utilità che ne ricava chi se ne serve

I veri beni, invece, hanno un unico scopo: essere in sintonia con la natura; e questo è uguale in tutti
Cum alicuius in senatu sententiam sequimur, non potest dici: ille magis assentitur quam ille

Ab omnibus in eandem sententiam itur

Idem de virtutibus dico: omnes naturae assentiuntur

Idem de bonis dico: omnia naturae assentiuntur Alter adulescens decessit, alter senex, aliquis protinus infans, cui nihil amplius contigit quam prospicere vitam: omnes hi aeque fuere mortales, etiam si mors aliorum longius vitam passa est procedere, aliorum in medio flore praecidit, aliorum interrupit ipsa principia

Alius inter cenandum solutus est; alterius continuata mors somno est; aliquem concubitus exstinxit

His oppone ferro transfossos aut exanimatos serpentium morsu aut fractos ruina aut per longam nervorum contractionem extortos minutatim

Aliquorum melior dici, aliquorum peior potest exitus: mors quidem omnium par est

Per quae veniunt diversa sunt; in id quod desinunt unum est
Quando in senato aderiamo alla proposta di qualcuno, non possiamo dire Tizio è più d'accordo di Caio

L'assenso è unanime

Per le virtù è lo stesso: tutte concordano con la natura

Uno è morto giovane, un altro vecchio, un altro ancora bambino e ha potuto solo affacciarsi alla vita: tutti costoro erano ugualmente mortali, anche se la morte ha concesso che la vita di alcuni fosse più lunga, mentre ha reciso nel suo fiorire o addirittura all'inizio quella d'altri

C'è chi è morto mentre cenava; chi è passato dal sonno alla morte; chi è morto facendo l'amore; A questi aggiungi le persone trafitte da una spada o uccise dal morso di serpenti o maciullate dal crollo di una casa o paralizzate a poco a poco da una lunga contrazione dei nervi

La fine di alcuni possiamo definirla migliore, peggiore quella di altri: ma la morte è uguale per tutti

Le vie sono diverse, la fine unica

Non c'è morte maggiore o minore; si comporta sempre nello stesso modo con tutti: mette fine alla vita
Mors nulla maior aut minor est; habet enim eundem in omnibus modum, finisse vitam

Idem tibi de bonis dico: hoc bonum inter meras voluptates, hoc est inter tristia et acerba; illud fortunae indulgentiam rexit, hoc violentiam domuit: utrumque aeque bonum est, quamvis illud plana et molli via ierit, hoc aspera

Idem enim finis omnium est: bona sunt, laudanda sunt, virtutem rationemque comitantur; virtus aequat inter se quidquid agnoscit

Nec est quare hoc inter nostra placita mireris: apud Epicurum duo bona sunt, ex quibus summum illud beatumque componitur, ut corpus sine dolore sit, animus sine perturbatione

Haec bona non crescunt si plena sunt: quo enim crescet quod plenum est

Dolore corpus caret: quid ad hanc accedere indolentiam potest
Lo stesso è per i beni: un bene si manifesta nei puri piaceri, un altro in circostanze tristi e difficili; l'uno ha governato la benevolenza della sorte, l'altro ne ha domato la violenza: entrambi sono ugualmente beni, benché il primo abbia percorso una via piana e agevole, il secondo una via irta di difficoltà

Il fine di tutti i beni è unico: sono beni, sono lodevoli, si accompagnano alla virtù e alla ragione; la virtù uguaglia tutto ciò che riconosce

Non devi ammirare questo concetto come se appartenesse alla scuola stoica: secondo Epicuro i beni che formano la felicità suprema sono due: un corpo senza dolore e un'anima serena

Questi beni, se sono completi, non si accrescono: come potrebbe accrescersi una cosa completa

Il corpo non soffre: che cosa si può aggiungere a questa assenza di dolore

L'anima è imperturbabile e serena: che cosa si può aggiungere a questa serenità
Animus constat sibi et placidus est: quid accedere ad hanc tranquillitatem potest

Quemadmodum serenitas caeli non recipit maiorem adhuc claritatem in sincerissimum nitorem repurgata, sic hominis corpus animumque curantis et bonum suum ex utroque nectentis perfectus est status, et summam voti sui invenit si nec aestus animo est nec dolor corpori

Si qua extra blandimenta contingunt, non augent summum bonum, sed, ut ita dicam, condiunt et oblectant; absolutum enim illud humanae naturae bonum corporis et animi pace contentum est

Dabo apud Epicurum tibi etiam nunc simillimam huic nostrae divisionem bonorum
Il cielo quando è sereno e chiaro di un purissimo splendore non può diventare ancora più limpido; allo stesso modo la condizione dell'uomo che cura corpo e anima e costruisce su entrambi il suo bene è perfetta ed egli vede esaudito il più grande dei suoi desideri se l'anima è serena e il corpo non soffre

Gli allettamenti che arrivano dall'esterno non accrescono il sommo bene, ma lo rendono, per così dire, più gustoso e gradevole: il bene assoluto dell'uomo consiste nella pace dell'anima e del corpo

Ti esporrò ora una divisione che Epicuro fa dei beni: è molto simile alla nostra

Secondo lui ci sono beni che vorrebbe gli toccassero, come un corpo tranquillo, libero da ogni fastidio e un'anima serena che goda di contemplare i suoi beni; ce ne sono altri che non vorrebbe gli capitassero, nondimeno li loda e li apprezza, come quello di cui parlavo prima: la sopportazione di malattie e di dolori atroci, ed Epicuro la dimostrò nel giorno estremo della sua vita, il più felice
Alia enim sunt apud illum quae malit contingere sibi, ut corporis quietem ab omni incommodo liberam et animi remissionem bonorum suorum contemplatione gaudentis; alia sunt quae, quamvis nolit accidere, nihilominus laudat et comprobat, tamquam illam quam paulo ante dicebam malae valetudinis et dolorum gravissimorum perpessionem, in qua Epicurus fuit illo summo ac fortunatissimo die suo

Ait enim se vesicae et exulcerati ventris tormenta tolerare ulteriorem doloris accessionem non recipientia, esse nihilominus sibi illum beatum diem

Beatum autem diem agere nisi qui est in summo bono non potest

Ergo et apud Epicurum sunt haec bona, quae malles non experiri, sed, quia ita res tulit, et amplexanda et laudanda et exaequanda summis sunt

Non potest dici hoc non esse par maximis bonum quod beatae vitae clausulam imposuit, cui Epicurus extrema voce gratias egit

Permitte mihi, Lucili virorum optime, aliquid audacius dicere: si ulla bona maiora esse aliis possent, haec ego quae tristia videntur mollibus illis et delicatis praetulissem, haec maiora dixissem
Alla vescica e al ventre ulcerato lo tormentavano dolori che non avrebbero potuto essere più forti e tuttavia sosteneva che quello era per lui un giorno felice

Ma solo chi possiede il sommo bene può vivere un giorno felice

Quindi, anche secondo Epicuro, ci sono beni che sarebbe preferibile non sperimentare, ma che, se si presenta la necessità, si devono abbracciare, apprezzare e giudicare uguali a quelli maggiori

Questo bene che pose fine a una vita felice è senza dubbio uguale ai beni maggiori ed Epicuro lo ringraziò con le sue ultime parole

Lascia, mio ottimo Lucilio, che io esprima un concetto un po' azzardato: se certi beni potessero essere maggiori di altri, a quelli piacevoli e dolci io preferirei quelli che appaiono dolorosi, li definirei migliori

Ha più valore superare le difficoltà che moderare le gioie
Maius est enim difficilia perfringere quam laeta moderari

Eadem ratione fit, scio, ut aliquis felicitatem bene et ut calamitatem fortiter ferat

Aeque esse fortis potest qui pro vallo securus excubuit nullis hostibus castra temptantibus et qui succisis poplitibus in genua se excepit nec arma dimisit: 'macte virtute esto' sanguinulentis et ex acie redeuntibus dicitur

Itaque haec magis laudaverim bona exercitata et fortia et cum fortuna rixata

Ego dubitem quin magis laudem truncam illam et retorridam manum Mucii quam cuiuslibet fortissimi salvam

Stetit hostium flammarumque contemptor et manum suam in hostili foculo destillantem perspectavit, donec Porsina cuius poenae favebat gloriae invidit et ignem invito eripi iussit
Per la stessa ragione accade, lo so bene, che alcuni accolgano con moderazione la prosperità e con fermezza le disgrazie

Può essere ugualmente prode il soldato che tranquillo ha fatto la guardia all'accampamento senza che ci fosse nessun attacco da parte dei nemici e quello che, colpito alle gambe, si è retto sulle ginocchia e non ha abbandonato le armi; ma: Gloria a voi

si grida ai soldati che tornano insanguinati dalle battaglie

Perciò oserei apprezzare maggiormente quei beni sottoposti a dure prove e che esigono coraggio, in lotta con la fortuna

Dovrei esitare a lodare la mano mutilata, bruciata dal fuoco di Muzio Scevola più di quella intatta di un uomo valorosissimo

Stette immobile disprezzando i nemici e il fuoco, e guardò la propria mano consumarsi sul braciere del nemico, finché Porsenna, che pure ne voleva il supplizio, fu geloso della sua gloria e comandò che gli togliessero il braciere contro la sua volontà
Hoc bonum quidni inter prima numerem tantoque maius putem quam illa secura et intemptata fortunae quanto rarius est hostem amissa manu vicisse quam armata

'Quid ergo

' inquis 'hoc bonum tibi optabis

' Quidni

hoc enim nisi qui potest et optare, non potest facere

An potius optem ut malaxandos articulos exoletis meis porrigam

ut muliercula aut aliquis in mulierculam ex viro versus digitulos meos ducat

Quidni ego feliciorem putem Mucium, quod sic tractavit ignem quasi illam manum tractatori praestitisset

In integrum restituit quidquid erraverat: confecit bellum inermis ac mancus et illa manu trunca reges duos vicit

Vale

Ut a communibus initium faciam, ver aperire se coepit, sed iam inclinatum in aestatem, quo tempore calere debebat, intepuit nec adhuc illi fides est; saepe enim in hiemem revolvitur

Vis scire quam dubium adhuc sit
Questo bene perché non dovrei annoverarlo tra i primi e ritenerlo tanto più grande di quelli che non creano affanni e non sono in contrasto con la fortuna, quanto è più raro vincere il nemico senza una mano che impugnando le armi

Ma allora

mi chiedi, ti augurerai questo bene

Perché no

Può ottenerlo solo l'uomo che può anche desiderarlo

O dovrei piuttosto desiderare di sottoporre il mio corpo al massaggio dei miei amasi

O che una donnetta o un eunuco mi stirasse le dita

Perché non dovrei considerare più fortunato Muzio

Col fuoco si è comportato come se avesse porto la mano al massaggiatore, Rimediò così all'errore commesso: senza armi e monco mise fine alla guerra e con quella mano mutilata vinse due re

Stammi bene

Apro la lettera con un argomento banale: è arrivata la primavera; andiamo incontro all'estate e dovrebbe far caldo; la temperatura, invece, è scesa e non c'è ancora da fidarsi; spesso sembra si ripiombi nell'inverno

Vuoi avere una prova dell'attuale incertezza del tempo
nondum me committo frigidae verae, adhuc rigorem eius infringo

'Hoc est' inquis 'nec calidum nec frigidum pati

' Ita est, mi Lucili: iam aetas mea contenta est suo frigore; vix media regelatur aestate

Itaque maior pars in vestimentis degitur

Ago gratias senectuti quod me lectulo affixit: quidni gratias illi hoc nomine agam

Quidquid debebam nolle, non possum

Cum libellis mihi plurimus sermo est

Si quando intervenerunt epistulae tuae, tecum esse mihi videor et sic afficior animo tamquam tibi non rescribam sed respondeam

Itaque et de hoc quod quaeris, quasi colloquar tecum, quale sit una scrutabimur

Quaeris an omne bonum optabile sit

'Si bonum est' inquis 'fortiter torqueri et magno animo uri et patienter aegrotare, sequitur ut ista optabilia sint; nihil autem video ex istis voto dignum
Non mi arrischio ancora a fare il bagno nell'acqua completamente fredda: ne tempero il rigore

Questo significa, tu dici, non sopportare né il caldo, né il freddo

vero, Lucilio mio: ormai agli anni miei basta il loro freddo; e a stento si sciolgono dal gelo in piena estate

Perciò la maggior parte del tempo la passo sotto le coperte

Ringrazio la vecchiaia che mi costringe a letto: e perché non dovrei ringraziarla per questo

Prima mi costringevo a non fare determinate cose, ora non posso farle

Mi intrattengo soprattutto con i miei libri

Se a volte arrivano lettere tue, mi sembra di stare con te e ho la sensazione di risponderti a voce, non per iscritto

Sonderemo, perciò insieme, quasi parlassi con te, l'argomento su cui mi interroghi

Chiedi se ogni bene è desiderabile

Se è un bene, dici, sopportare con fermezza la tortura, sottoporsi ai tormenti del fuoco con coraggio, tollerare con pazienza le malattie, ne consegue che questi beni siano desiderabili; ma io non ne vedo alcuno desiderabile
Neminem certe adhuc scio eo nomine votum solvisse quod flagellis caesus esset aut podagra distortus aut eculeo longior factus

' Distingue, mi Lucili, ista, et intelleges esse in iis aliquid optandum

Tormenta abesse a me velim; sed si sustinenda fuerint, ut me in illis fortiter, honeste, animose geram optabo

Quidni ego malim non incidere bellum, sed si inciderit, ut vulnera, ut famem et omnia quae bellorum necessitas affert generose feram optabo

Non sum tam demens ut aegrotare cupiam; sed si aegrotandum fuerit, ut nihil intemperanter, nihil effeminate faciam optabo

Ita non incommoda optabilia sunt, sed virtus qua perferuntur incommoda

Quidam ex nostris existimant omnium istorum fortem tolerantiam non esse optabilem, sed ne abominandam quidem, quia voto purum bonum peti debet et tranquillum et extra molestiam positum

Ego dissentio

Quare
E certamente fino a oggi non ho conosciuto nessuno che abbia sciolto un voto per essere stato frustato o storpiato dalla podagra o tirato sul cavalletto

Fa' una precisa distinzione, caro Lucilio, e comprenderai che in essi c'è qualcosa di desiderabile

Io vorrei evitare la tortura, ma se dovrò subirla, desidero comportarmi da forte, con dignità e coraggio

Certo, preferisco che non scoppi la guerra; ma se scoppia, desidero sopportare da valoroso le ferite, la fame e tutti quei disagi inevitabili in guerra

Non sono tanto pazzo da desiderare di ammalarmi, ma se mi ammalo, desidero essere misurato e virile

Così, desiderabili non sono le sofferenze, ma la virtù con cui si sopportano le sofferenze

Certi Stoici ritengono che sopportare da forti tutte queste avversità non è desiderabile, anche se non è neppure da respingere, perché bisogna aspirare al bene puro, sereno e al di fuori di ogni turbamento

Non sono d'accordo

Perché
primum quia fieri non potest ut aliqua res bona quidem sit sed optabilis non sit; deinde si virtus optabilis est, nullum autem sine virtute bonum, et omne bonum optabile est; deinde etiam si tormentorum fortis patientia optabilis est

Etiam nunc interrogo: nempe fortitudo optabilis est

Atqui pericula contemnit et provocat; pulcherrima pars eius maximeque mirabilis illa est, non cedere ignibus, obviam ire vulneribus, interdum tela ne vitare quidem sed pectore excipere

Si fortitudo optabilis est, et tormenta patienter ferre optabile est; hoc enim fortitudinis pars est

Sed separa ista, ut dixi: nihil erit quod tibi faciat errorem

Non enim pati tormenta optabile est, sed pati fortiter: illud opto 'fortiter', quod est virtus

'Quis tamen umquam hoc sibi optavit
Primo: non è possibile che una cosa sia buona, ma non sia desiderabile; secondo: se la virtù è desiderabile, e non esiste bene senza virtù, ne consegue che ogni bene è desiderabile Inoltre, anche se i tormenti non sono desiderabili , desiderabile è la sopportazione coraggiosa dei tormenti

Ora chiedo: non è desiderabile il coraggio

Ebbene esso disprezza, sfida i pericoli; e la sua caratteristica più bella e più straordinaria è non arrendersi al fuoco, andare incontro alle ferite, certe volte non evitare neppure i colpi, ma offrire il petto

Se il coraggio è desiderabile, è desiderabile anche la sopportazione ferma dei tormenti: anch'essa fa parte del coraggio

Ma fai una distinzione, come ho già detto: non puoi sbagliare

Desiderabile non è subire i tormenti, bensì subirli da forte; desidero proprio quel da forte: in esso consiste la virtù

Tuttavia chi mai si è augurato tutto questo
Seneca, De Otio: 01; 05 - 08

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