Latino: dall'autore Seneca, opera De Clementia parte 01; 17-20
| Quis huic audeat struere aliquod periculum | E chi oserà preparargli qualche pericolo |
| Quis ab hoc non, si possit, fortunam quoque avertere velit, sub quo iustitia, pax, pudicitia, securitas, dignitas florent, sub quo opulenta civitas copia bonorum omnium abundat | Chi, se potesse, vorrebbe stornare anche la sorte a quello sotto il quale fioriscono giustizia, pace, pudore, sicurezza, dignità, sotto il quale una città ricca abbonda di grosse quantità di tutti i beni |
| Nec alio animo rectorem suum intuetur, quam si di immortales potestatem visendi sui faciant, intueamur venerantes colentesque | E non guarda al suo re con animo diverso da quello con cui guarderemo, veneranti e onoranti, gli dei immortali, se ci dessero il potere di vederli |
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| [9] Quid autem | [9] E che ancora |
| Non proximum illis locum tenet is, qui se ex deorum natura gerit, beneficus ac largus et in melius potens | Non tiene un posto vicino a quelli chi si comporta secondo la natura degli dei, benefico e generoso e potente nel far cose buone |
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| Hoc adfectare, hoc imitari decet, maximum ita haberi, ut optimus simul habeare | Questo bisogna emulare, questo imitare, questo considerare importantissimo per essere contemporaneamente considerato ottimo |
| [XX] [1] A duabus causis punire princeps solet, si aut se vindicat aut alium | XX] [1] Per due motivi il principe è solito punire, per vendicare sè o un altro |
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| Prius de ea parte disseram, quae ipsum contingit; difficilius est enim moderari, ubi dolori debetur ultio, quam ubi exemplo | Parlerò prima di quella parte che tocca lui stesso; è più difficile infatti moderarsi dove la vendetta sia dovuta al dolore piuttosto che dove sia dovuta dallessere di esempio |
| [2] Supervacuum est hoc loco admonere, ne facile credat, ut verum excutiat, ut innocentiae faveat et, ut appareat, non minorem agi rem periclitantis quam iudicis sciat; hoc enim ad iustitiam, non ad clementiam pertinet; nunc illum hortamur, ut manifeste laesus animum in potestate habeat et poenam, si tuto poterit, donet, si minus, temperet longeque sit in suis quam in alienis iniuriis exorabilior | [2] E superfluo esortare a questa cosa, a non credere facilmente, a ricercare il vero, a favorire linnocenza e a sapere che la causa di chi è in pericolo non è considerata minore di quella di chi accusa, qualora appaia; questo infatti riguarda la giustizia, non la clemenza; ora lo esortiamo affinché un animo chiaramente ferito abbia in suo potere e annulli la pena, se potrà farlo in maniera sicura, altrimenti, la mitighi e sia di molto più mite nelle offese sue che non in quelle altrui |
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| [3] Nam quemadmodum non est magni animi, qui de alieno liberalis est, sed ille, qui, quod alteri donat, sibi detrahit, ita clementem vocabo non in alieno dolore facilem, sed eum, qui, cum suis stimulis exagitetur, non prosilit, qui intellegit magni animi esse iniurias in summa potentia pati nec quicquam esse gloriosius principe impune laeso | [3] Infatti, come non è di grande animo quello che è generoso sulle cose di un altro, ma quello che toglie a sé ciò che dà agli altri, così chiamerò clemente non uno buono nel dolore altrui, ma chi, essendo ferito nei suoi sentimenti, non lo ascolta, chi capisce che è di un animo nobile sopportare ingiurie nel pieno della potenza e che fiero che non ci sia nessuna cosa, essendo stato il sovrano leso impunemente |
