Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 36, Paragrafi 25-66

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 36, Paragrafi 25-66

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 36, Paragrafi 25-66

[25] Scopae laus cum his certat

is fecit Venerem et Pothon, qui Samothrace sanctissimis caerimoniis coluntur, item Apollinem Palatinum, Vestam sedentem laudatam in Servilianis hortis duosque campteras circa eam, quorum pares in Asini monimentis sunt, ubi et canophoros eiusdem

[26] sed in maxima dignatione delubro Cn

Domitii in circo Flaminio Neptunus ipse et Thetis atque Achilles, Nereides supra delphinos et cete aut hippocampos sedentes, item Tritones chorusque Phorci et pistrices ac multa alia marina, omnia eiusdem manu, praeclarum opus, etiam si totius vitae fuisset

nunc vero praeter supra dicta quaeque nescimus Mars etiamnum est sedens colossiaeus eiusdem manu in templo Bruti Callaeci apud circum eundem, praeterea Venus in eodem loco nuda, Praxiteliam illam antecedens et quemcumque alium locum nobilitatura
[25] Con questi gareggia il merito di Scopa

Egli fece una Venere e un Desiderio, che sono venerati a Samotracia con cerimonie molto religiose, anche un Apollo Palatino, una vesta che siede ammirata nei giardini servili ani e due colonnine intorno a lei, le cui copie sono negli edifici di Asinio, dove anche un suo portatore di canestro

[26] Ma nella massima ammirazione nel tempio di G

Domizio nel circo Flaminio un Nettuno stesso e Teti e Achille, Nereidi che siedono sopra delfini e cetacei o ippocampi, anche Tritoni e la schiera di Forco e balene e molti altri esseri marini, tutti per mano dello stesso, opera notevole, anche se fosse stata di tutta una vita

Ora invece tranne quelle sopra citate e quelle che non conosciamo c'è anche per mano dello stesso un Marte colossale che siede nel tempio di Bruto Calleco presso lo stesso circo, inoltre nello stesso luogo una Venere nuda, che supera quella di Prassitele e destinata a nobilitare qualunque altro luogo
[27] Romae quidem multitudo operum et iam obliteratio ac magis officiorum negotiorumque acervi omnes a contemplatione tamen abducunt, quoniam otiosorum et in magno loci silentio talis admiratio est

qua de causa ignoratur artifex eius quoque Veneris, quam Vespasianus imperator in operibus Pacis suae dicavit antiquorum dignam fama

[28] par haesitatio est in templo Apollinis Sosiani, Niobae liberos morientes Scopas an Praxiteles fecerit; item Ianus pater, in suo templo dicatus ab Augusto ex Aegypto advectus, utrius manu sit, iam quidem et auro occultatus

similiter in curia Octaviae quaeritur de Cupidine fulmen tenente; id demum adfirmatur, Alcibiaden esse, principem forma in ea aetate
[27] A Roma poi la quantità di opere e ormai l'oblio e più tutti i cumuli degli incarichi pubblici e degli affari allontanano purtroppo dalla contemplazione, perché tale ammirazione è dei disimpegnati e in un grande silenzio del luogo

Per questo motivo è ignorato anche l'artista di questa Venere, che l'imperatore Vespasiano consacrò negli edifici della sua Pace degna della fama degli antichi

[28] Uguale incertezza c'è sul tempio di Apollo Sosiano, se Scopa o Prassitele abbia fatto i figli morenti di Niobe; anche il padre Giano, nel suo tempio consacrato da Augusto trasportato dall'Egitto, per mano di chi dei due sia, certo ormai anche nascosto dall'oro

Ugualmente nella curia di Ottavia si ricerca sul Cupido che regge il fulmine; infine è confermato questo, essere Alcibiade, il primo per bellezza in quel tempo
[29] multa in eadem schola sine auctoribus placent: Satyri quattuor, ex quibus unus Liberum patrem palla velatum umeris praefert, alter Liberam similiter, tertius ploratum infantis cohibet, quartus cratere alterius sitim sedat, duaeque Aurae velificantes sua veste

nec minor quaestio est in Saeptis, Olympum et Pana, Chironem cum Achille qui fecerint, praesertim cum capitali satisdatione fama iudicet dignos

[30] Scopas habuit eadem aetate Bryaxim et Timotheum et Leocharen, de quibus simul dicendum est, quoniam pariter caelavere Mausoleum

sepulchrum hoc est ab uxore Artemisia factum Mausolo, Cariae regulo, qui obiit olympiadis CVII anno secundo

opus id ut esset inter septem miracula, hi maxime fecere artifices
[29] Molte opere senza autori piacciono nella stessa sala: quattro Satiri, fra cui uno porta sulle spalle il padre Libero coperto con un mantello, un altro ugualmente Libera, il terzo frena il pianto di un bambino, il quarto calma la sete di un altro con una coppa, e due Brezze che fluttuano con la propria veste

Né minore è il quesito chi abbiano fatto nei recinti, Olimpo e Pan, Chirone con Achille, assegnando la fama addirittura alla pena capitale quelli degni della custodia

[30] Scopa tenne in conto nello stesso periodo Briasside e Timoteo e Leocare, di cui bisogna parlare contemporaneamente, perché cesellarono insieme il Mausoleo

Questo è un sepolcro fatto dalla moglie Artemisia per Mausolo, piccolo re della Caria, che morì nel secondo anno della 107° olimpiade

Soprattutto questi artisti crearono quest'opera affinchè fosse fra le sette meraviglie

Maybe you might be interested

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 02, Paragrafi 221-223
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 02, Paragrafi 221-223

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 02, Paragrafi 221-223

patet ab austro et septentrione sexagenos ternos pedes, brevius a frontibus, toto circumitu pedes CCCCXXXX, attollitur in altitudinem XXV cubitis, cingitur columnis XXXVI

pteron vocavere circumitum

[31] ab oriente caelavit Scopas, a septentrione Bryaxis, a meridie Timotheus, ab occasu Leochares, priusque quam peragerent, regina obiit

non tamen recesserunt nisi absoluto, iam id gloriae ipsorum artisque monimentum iudicantes; hodieque certant manus

accessit et quintus artifex

namque supra pteron pyramis altitudinem inferiorem aequat, viginti quattuor gradibus in metae cacumen se contrahens; in summo est quadriga marmorea, quam fecit Pythis

haec adiecta CXXXX pedum altitudine totum opus includit

[32] Timothei manu Diana Romae est in Palatio Apollinis delubro, cui signo caput reposuit Avianius Evander
Si estende da sud e da nord per 63 piedi, più brevemente dalle due fronti, 440 piedi in tutto il perimetro, si eleva in altezza per 25 cubiti, è circondata da 36 colonne

Chiamarono ala il circuito

[31] Scopa cesellò da oriente, Briasside da nord, Timoteo da sud, Leocare da occidente, prima che finissero, la regina morì

Tuttavia non smisero se non a opera ultimata, considerando ormai questo monumento a gloria di se stessi e dell'arte; ed ancora oggi le mani gareggiano

S'aggiunse anche un quinto artista

Infatti sopra l'ala una piramide uguaglia l'altezza inferiore, riducendosi fino alla cima del vertice con ventiquattro gradini; sulla sommità c'è una quadriga di marmo, che fece Piti

Questa aggiunta racchiude tutta l'opera con un'altezza di 140 piedi

[32] Per mano di Timoteo c'è a Roma una Diana nel tempio di Apollo sul Palatino, Avianio Evandrio rimise a questa statua la testa
In magna admiratione est Hercules Menestrati et Hecate Ephesi in templo Dianae post aedem, in cuius contemplatione admonent aeditui parcere oculis; tanta marmoris radiatio est

(Non postferuntur et Charites in propylo Atheniensium, quas Socrates fecit, alius ille quam pictor, idem ut aliqui putant)

nam Myronis illius, qui in aere laudatur, anus ebria est Zmyrnae in primis incluta

[33] Pollio Asinius, ut fuit acris vehementiae, sic quoque spectari monumenta sua voluit

in iis sunt Centauri Nymphas gerentes Arcesilae, Thespiades Cleomenis, Oceanus et Iuppiter Heniochi, Appiades Stephani, Hermerotes Taurisci, non caelatoris illius, sed Tralliani, Iuppiter hospitalis Papyli, Praxitelis discipuli, [34] Zethus et Amphion ac Dirce et taurus vinculumque ex eodem lapide, a Rhodo advecta opera Apollonii et Taurisci
È in grande ammirazione un Ercole di Menestrato e l'Ecate di Efeso nel santuario di Diana dietro il tempio, in contemplazione della quale i custodi del tempio consigliano di stare attenti agli occhi; tanto è il bagliore del marmo

(Non sono posposte anche le Cariti nel propileo degli Ateniesi, che fece Socrate, quello un altro che il pittore, lo stesso come pensano alcuni)

Infatti la vecchia ubriaca di quel Mirone, che è elogiato per il bronzo, a Smirne è inclusa fra le prime

[33] Asinio Pollione, come fu focoso d'irruenza, così anche volle che i suoi monumenti fossero ammirati

Fra essi ci sono i Centauri di Arcesilao che portano le Ninfe, le Tespiadi di Cleomene, Oceano e Giove di Enioco, le Appiadi di Stefano, gli Ermeroti di Taurisco, non di quel cesellatore, ma di quello di Tralli, un Giove ospitale di Papilo, discepolo di Prassitele, [34] Zeto ed Anfione e Dirce e il toro e la fune da una una stessa pietra, opera di Apollonio e Taurisco portata da Rodi

Maybe you might be interested

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 35, Paragrafi 92-104
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 35, Paragrafi 92-104

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 35, Paragrafi 92-104

parentum hi certamen de se fecere, Menecraten videri professi, sed esse naturalem Artemidorum

eodem loco Liber pater Eutychidis laudatur, ad Octaviae vero porticum Apollo Philisci Rhodii in delubro suo, item Latona et Diana et Musae novem et alter Apollo nudus

[35] eum, qui citharam in eodem templo tenet, Timarchides fecit, intra Octaviae vero porticus aedem Iunonis ipsam deam Dionysius et Polycles aliam, Venerem eodem loco Philiscus, cetera signa Praxiteles

iidem Polycles et Dionysius, Timarchidis filii, Iovem, qui est in proxima aede, fecerunt, Pana et Olympum luctantes eodem loco Heliodorus, quod est alterum in terris symplegma nobile, Venerem lavantem sese Daedalsas, stantem Polycharmus
Questi causarono fra loro una disputa dei genitori, poiché dichiararono che Menecrate sembrava esserlo, ma che il genitore naturale era Artemidoro

Nello stesso posto è apprezzato un padre Libero di Eutichidio, invece accanto al portico di Ottavia un Apollo di Filisco di Rodi nel suo tempio, anche Latona e Diana e le nove Muse e un altro Apollo nudo

[35] Timarchide fece quello, che regge la cetra nello stesso tempio, invece dentro i portici di Ottavia nel tempio di Giunone Dionisio la dea stessa e un'altra Policle, Filisco una Venere nello stesso luogo, Prassitele altre statue

Gli stessi Policle e Dionisio, figli di Timarchide, fecero un Giove, che si trova nel tempio vicino, Eliodoro nello stesso luogo Pan e Olimpo che lottano, che è l'altro notevole gruppo nel mondo, Dedalsa una Venere che si lava, Policarmo una che sta in piedi
[36] ex honore apparet, in magna auctoritate habitum Lysiae opus, quod in Palatio super arcum divus Augustus honori Octavi patris sui dicavit in aedicula columnis adornata, id est quadriga currusque et Apollo ac Diana ex uno lapide

in hortis Servilianis reperio laudatos Calamidis Apollinem illius caelatoris, Dercylidis pyctas, Amphistrati Callisthenen historiarum scriptorem

[37] Nec deinde multo plurimum fama est, quorundam claritati in operibus eximiis obstante numero artificum, quoniam nec unus occupat gloriam nec plures pariter nuncupari possunt, sicut in Laocoonte, qui est in Titi imperatoris domo, opus omnibus et picturae et statuariae artis praeferendum

ex uno lapide eum ac liberos draconumque mirabiles nexus de consilii sententia fecere summi artifices Hagesander et Polydorus et Athenodorus Rhodii
[36] Dalla fama risulta, tenuta in grande pregio un'opera di Lisia, che il divino Augusto dedicò sul Palatino sopra l'arco all'onore di suo padre Ottavio in un'edicola ornata di colonne, cioè una quadriga e un carro e Apollo e Diana da uno stesso masso

Nei giardini serviliani trovo apprezzati un Apollo di quel Calamide cesellatore, i pugilatori di Dercilide, di Anfistrato un Callistene scrittore di storie

[37] Né poi è di molto la fama della maggior parte, opponendosi alla notorietà di certuni fra le opere notevoli la quantità degli artisti, perché non uno riceve la gloria né diversi possono ugualmente essere citati, come nel Laocoonte, che è nel palazzo dell'imperatore Tito, opera che è da anteporre a tutte le cose dell'arte sia per la pittura sia per la scultura

Da un solo blocco per decisione di comune accordo i sommi artisti Agesandro e Polidoro e Atenodoro di Rodi fecero lui e i figli e i mirabili intrecci dei serpenti

Maybe you might be interested

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafi 99-109
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafi 99-109

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 28, Paragrafi 99-109

[38] similiter Palatinas domos Caesarum replevere probatissimis signis Craterus cum Pythodoro, Polydeuces cum Hermolao, Pythodorus alias cum Artemone, at singularis Aphrodisius Trallianus

Agrippae Pantheum decoravit Diogenes Atheniensis; in columnis templi eius Caryatides probantur inter pauca operum, sicut in fastigio posita signa, sed propter altitudinem loci minus celebrata

[39] inhonorus est nec in templo ullo Hercules, ad quem Poeni omnibus annis humana sacrificaverant victima, humi stans ante aditum porticus ad nationes

sitae fuere et Thespiades ad aedem Felicitatis, quarum unum amavit eques Romanus Iunius Pisciculus, ut tradit Varro, admirator et Pasitelis, qui et quinque volumina scripsit nobilium operum in toto orbe

[40] natus hic in Graeca Italiae ora et civitate Romana donatus cum iis oppidis, Iovem fecit eboreum in Metelli aede, qua campus petitur
[38] Ugualmente riempirono le case palatine dei Cesari con pregevolissime statue Cratero con Pitodoro, Polideuce con Ermolao, un altro Pitodoro con Artemone, e da solo Afrodisio di Tralli

L'ateniese Diogene decorò il Pantheon di Agrippa; le Cariatidi fra le colonne del suo tempio sono apprezzate fra le poche opere, come le statue poste sul frontone, ma a causa dell'altezza esaltate meno del luogo

[39] Senza onore né è in alcun tempio l'Ercole, davanti a cui i Cartaginesi avevano sacrificato tutti gli anni vittime umane, che sta a terra davanti all'ingresso del portico verso le nazioni

Furono collocate anche le Tespiadi presso il tempio della Felicità, Giunio Pisciculo cavaliere romano amò una di queste, come tramanda Varrone, ammiratore anche Pasitele, che scrisse anche cinque volumi delle opere famose in tutto il mondo

[40] Costui nato sulla costa greca dell'Italia e fornito della cittadinanza romana con queste città, fece un Giove d'avorio nel tempio di Metello, dove si protende il campo
accidit ei cum in navalibus, ubi ferae Africanae erant, per caveam intuens leonem caelaret, ut ex alia cavea panthera erumperet, non levi periculo diligentissimi artificis

fecisse opera complura dicitur; quae fecerit, nominatim non refertur

[41] Arcesilaum quoque magnificat Varro, cuius se marmoream habuisse leaenam aligerosque ludentes cum ea Cupidines, quorum alii religatam tenerent, alii cornu cogerent bibere, alii calciarent soccis, omnes ex uno lapide

idem et a Coponio quattuordecim nationes, quae sunt circa Pompeium, factas auctor est

[42] Invenio et Canachum laudatissimum inter statuarios fecisse marmorea

nec Sauram atque Batrachum obliterari convenit, qui fecere templa Octaviae porticibus inclusa, natione ipsi Lacones
Mentre modellava sulle navi, dove c'erano belve africane, guardando un leone attraverso una gabbia gli capitò, che da un'altra gabbia uscisse una pantera, con non lieve pericolo del diligentissimo artista

Si dice aver fatto diverse opere; quelle che aveva fatto, non si riporta nominalmente

[41] Varrone esalta anche Arcesilao, che lui aveva avuto di costui una leonessa di marmo e Cupidi alati che giocano con essa, alcuni di questi la tenevano legata, altri la costringevano a bere con un corno, altri calzandola con sandali, tutti da uno stesso blocco

Lo stesso testimonia anche che da Coponio furono fatte le quattordici nazioni, che sono intorno al teatro di Pompeo

[42] Trovo che anche Canaco molto apprezzato fra gli scultori aveva fatto statue di marmo

Né conviene che siano dimenticati Sauro e Batraco, che fecero i templi inclusi nei portici di Ottavia, gli stessi Laconi di origine

Maybe you might be interested

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 32, Paragrafi 89-113
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 32, Paragrafi 89-113

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 32, Paragrafi 89-113

quidam et opibus praepotentes fuisse eos putant ac sua inpensa construxisse, inscriptionem sperantes, qua negata hoc tamen alio modo usurpasse

sunt certe etiam nunc in columnarum spiris inscalptae nominum eorum argumento lacerta atque rana

[43] in Iovis aede ex iis pictura cultusque reliquus omnis femineis argumentis constat; erat enim facta Iunoni, sed, cum inferrentur signa, permutasse geruli traduntur, et id religione custoditum, velut ipsis diis sedem ita partitis

ergo et in Iunonis aede cultus est qui Iovis esse debuit

Sunt et in parvolis marmoreis famam consecuti, Myrmecides, cuius quadrigam cum agitatore operuit alis musca, et Callicrates, cuius formicarum pedes atque alia membra pervidere non est
Alcuni ritengono che essi fossero molto potenti per ricchezze e che abbiano costruito a propria spesa, aspettandosi un'epigrafe, negata questa, aver tuttavia ottenuto ciò in un altro modo

Certo anche ora sono scolpite sulle spire delle colonne una lucertola e una rana a prova dei loro nomi

[43] Nel tempio di Giove la pittura e l'addobbo restante di queste cose risulta tutto di elementi femminili, infatti era stato fatto per Giunone, ma, mentre le statue erano trasportate, i portatori sono tramandati averle cambiate, e ciò conservato per culto, come avendo gli stessi dei scelto così la sede

Dunque anche nel tempio di Giunone c'è l'addobbo che dovette essere di Giove

Ci sono anche quelli che hanno raggiunto la fama con piccole sculture di marmo, Mirmecide, di cui una mosca coprì con le ali la quadriga col guidatore, e Callicrate, delle cui formiche non si riesce a vedere i piedi e altre membra

Maybe you might be interested

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 30, Paragrafi 116-133
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 30, Paragrafi 116-133

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 30, Paragrafi 116-133

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 35, Paragrafi 01-71

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Prefazione

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 34, Paragrafi 19-65

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 30, Paragrafi 42-115

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 02, Paragrafi 14-29

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 03, paragrafi 45-103