Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 38-42, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 38-42

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 38-42
Creati sunt L Manlius Capitolinus Q Antonius Merenda L Papirius Mugillanus

Principio statim anni L Hortensius tribunus plebis C Sempronio, consuli anni prioris, diem dixit

Quem cum quattuor collegae inspectante populo Romano orarent ne imperatorem suum innoxium, in quo nihil praeter fortunam reprehendi posset, vexaret, aegre Hortensius pati, temptationem eam credens esse perseuerantiae suae, nec precibus tribunorum, quae in speciem modo iactentur, sed auxilio confidere reum

Itaque modo ad eum conuersus, ubi illi patricii spiritus, ubi subnixus et fidens innocentiae animus esset quaerebat; sub tribunicia umbra consularem virum delituisse; modo ad collegas: Vos autem, si reum perago, quid acturi estis

an erepturi ius populo et euersuri tribuniciam potestatem
Furono nominati Lucio Manlio Capitolino, Quinto Antonio Merenda e Lucio Papirio Mugillano

All'inizio dell'anno, il tribuno della plebe Lucio Ortensio citò in giudizio Gaio Sempronio, che era stato console l'anno prima

Quattro colleghi lo implorarono di fronte a tutto il popolo romano di non infierire sul loro incolpevole comandante, al quale non si poteva imputare nulla eccetto la cattiva sorte; Ortensio si irritò, pensando che volessero mettere alla prova la sua fermezza e che l'imputato confidasse non tanto nelle suppliche dei tribuni, ostentate soltanto per salvare le apparenze, quanto piuttosto nel loro appoggio legale

E così, rivolgendosi a Sempronio, gli chiedeva dove fosse il famoso orgoglio dei patrizi e dove l'animo sicuro e convinto della propria innocenza: un ex-console si rifugiava sotto la protezione dei tribuni; e rivolgendosi ai colleghi: Quanto a voi, che cosa intendete fare se io proseguo nell'accusa fino alla condanna

Volete privare il popolo dei suoi diritti o distruggere il potere dei tribuni
Cum illi et de Sempronio et de omnibus summam populi Romani potestatem esse dicerent, nec se iudicium populi tollere aut velle aut posse, sed si preces suae pro imperatore, qui sibi parentis esset loco, non valuissent, se vestem cum eo mutaturos, tum Hortensius Non videbit inquit, plebs Romana sordidatos tribunos suos

C Sempronium nihil moror, quando hoc est in imperio consecutus ut tam carus esset militibus

Nec pietas quattuor tribunorum quam Hortensi tam placabile ad iustas preces ingenium pariter plebi patribusque gratius fuit

Non diutius fortuna Aequis indulsit, qui ambiguam victoriam Volscorum pro sua amplexi fuerant

Ma essi ribatterono che il giudizio su Sempronio e su chiunque altro spettava all'autorità assoluta del popolo romano, e che essi non volevano e non potevano sopprimere il giudizio del popolo; ma se le preghiere in favore del comandante, che per loro era come un padre, non fossero servite, avrebbero indossato con lui la veste da supplici; allora Ortensio disse: La plebe romana non vedrà i suoi tribuni in gramaglie

Ritiro la mia accusa contro Gaio Sempronio, visto che mentre comandava è riuscito a farsi amare così tanto dai suoi soldati

La compassione dei quattro tribuni non fu per la plebe e per i senatori meno gradita dell'arrendevolezza di Ortensio di fronte a giuste richieste

La buona sorte cessò di arridere agli Equi, che avevano salutato come propria la dubbia vittoria conseguita dai Volsci

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