Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 38-42

Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 38-42

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 38-42
Iam omnibus locis ceditur, nequiquam Sempronio consule obiurgante atque hortante

Nihil nec imperium nec maiestas valebat, dataque mox terga hostibus forent, ni Sex Tempanius, decurio equitum, labante iam re praesenti animo subvenisset

Qui cum magna voce exclamasset ut equites, qui saluam rem publicam vellent esse, ex equis desilirent, omnium turmarum equitibus velut ad consulis imperium motis, nisi haec inquit, parmata cohors sistit impetum hostium, actum de imperio est

Sequimini pro vexillo cuspidem meam; ostendite Romanis Volscisque neque equitibus vobis ullos equites nec peditibus esse pedites pares

Cum clamore comprobata adhortatio esset, uadit alte cuspidem gerens

Quacumque incedunt, vi viam faciunt; eo se inferunt obiectis parmis, ubi suorum plurimum laborem vident
Ormai si cede da ogni parte; inutili sono i rimproveri e gli incitamenti del console Sempronio

A nulla servivano il potere e l'autorità, e presto i suoi uomini avrebbero volto le spalle ai nemici, se Sesto Tempanio, un decurione di cavalleria, non fosse intervenuto con grande prontezza di spirito quando ormai la situazione stava per precipitare

Dopo aver urlato ai cavalieri di scendere da cavallo, se volevano salvare la repubblica - e i cavalieri di tutti gli squadroni avevano obbedito come a un comando del console -, egli aggiunse: Se questa coorte armata di piccoli scudi non riesce a frenare l'impeto dei nemici, è la fine della nostra supremazia

Seguite la punta della mia lancia come se fosse un vessillo; mostrate a Volsci e Romani che non c'è cavalleria che possa starvi a pari quando siete in sella, né fanteria quando vi trasformate in fanti

Siccome al suo incitamento seguì un urlo di approvazione, Tempanio avanza reggendo alta la punta della lancia

Dovunque passano, si fanno breccia con la forza; proteggendosi con gli scudi, accorrono dove vedono i compagni in maggiore difficoltà
Restituitur omnibus locis pugna, in quae eos impetus tulit; nec dubium erat quin, si tam pauci simul obire omnia possent, terga daturi hostes fuerint

Et cum iam parte nulla sustinerentur, dat signum Volscus imperator, ut parmatis, novae cohorti hostium, locus detur donec impetu inlati ab suis excludantur

Quod ubi est factum, interclusi equites nec perrumpere eadem qua transierant posse, ibi maxime confertis hostibus qua viam fecerant, et consul legionesque Romanae cum quod tegumen modo omnis exercitus fuerat nusquam viderent, ne tot fortissimos viros interclusos opprimeret hostis, tendunt in quemcumque casum
Le sorti della battaglia si risollevano in tutti i punti dove il loro slancio li trascina; e se quel pugno di uomini avesse potuto buttarsi dovunque simultaneamente, non c'era dubbio che i nemici si sarebbero dati alla fuga

Quando ormai da nessuna parte si poteva resistere al loro attacco, il comandante dei Volsci ordina di lasciar libero il passo a quella singolare coorte di nemici armati di scudi leggeri finché, trascinata dal suo impeto, non si trovasse tagliata fuori dai compagni

Allorché l'ordine venne eseguito, i cavalieri, intrappolati, non riuscirono più a sfondare là dove erano passati, perché i nemici erano andati a serrarsi proprio nel punto dove i cavalieri avevano fatto breccia; così, quando il console e le legioni romane non videro più gli uomini che poco prima avevano protetto l'intero esercito, tentarono il tutto per tutto per evitare che il nemico annientasse, dopo averli intrappolati, tanti valorosi soldati
diversi Volsci hinc consulem ac legiones sustinere, altera fronte instare Tempanio atque equitibus; qui cum saepe conati nequissent perrumpere ad suos, tumulo quodam occupato in orbem se tutabantur, nequaquam inulti

Nec pugnae finis ante noctem fuit

Consul quoque nusquam remisso certamine dum quicquam superfuit lucis hostem tenuit

Nox incertos diremit; tantusque ab imprudentia euentus utraque castra tenuit pauor ut relictis sauciis et magna parte impedimentorum ambo pro victis exercitus se in montes proximos reciperent

Tumulus tamen circumsessus ultra mediam noctem est; quo cum circumsedentibus nuntiatum esset castra deserta esse, victos rati suos et ipsi, qua quemque in tenebris pauor tulit, fugerunt

Tempanius metu insidiarum suos ad lucem tenuit
I Volsci, divisi in due fronti, da una parte tenevano testa al console e alle legioni e dall'altra incalzavano Tempanio e i suoi cavalieri; questi ultimi, nonostante i ripetuti tentativi, non erano riusciti ad aprirsi un varco verso i compagni, e, occupata un'altura, si difendevano disposti in cerchio, non senza ribattere colpo su colpo

La battaglia durò fino al calar della notte

Anche il console continuò a impegnare il nemico in uno scontro senza soste finché rimase un barlume di luce

La notte separò i contendenti quando la battaglia era ancora incerta; l'impossibilità di prevederne l'esito provocò in entrambi gli accampamenti un tale terrore che tutti e due gli eserciti, dopo aver abbandonato i feriti e gran parte dei bagagli, ripararono, come se fossero stati vinti, sulle alture vicine

Tuttavia la collina fu assediata fino oltre la mezzanotte; ma quando agli assedianti arrivò notizia che il loro accampamento era stato abbandonato, pensando che i compagni fossero stati vinti, fuggirono anch'essi nelle tenebre, ognuno dove lo portava la paura

Tempanio, temendo un'imboscata, tenne fermi i suoi fino all'alba

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Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 01- 03
Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 01- 03

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 01- 03

Digressus deinde ipse cum paucis speculatum, cum ab sauciis hostibus sciscitando comperisset castra Volscorum deserta esse

Laetus ab tumulo suos devocat et in castra Romana penetrat

Ubi cum vasta desertaque omnia atque eandem quam apud hostes foeditatem invenisset, priusquam Volscos cognitus error reduceret, quibus poterat sauciis ductis secum, ignarus quam regionem consul petisset, ad urbem proximis itineribus pergit

Iam eo fama pugnae adversae castrorumque desertorum perlata erat, et ante omnia deplorati erant equites non privato magis quam publico luctu

Fabiusque consul terrore urbi quoque iniecto stationem ante portas agebat, cum equites procul visi non sine terrore ab dubiis quinam essent
Poi, sceso in ricognizione con pochi uomini, informandosi presso alcuni nemici feriti, venne a sapere che l'accampamento dei Volsci era stato abbandonato

Felice per questa notizia, gridò ai suoi uomini di scendere dalla collina ed entrò nel campo romano

Ma avendo qui trovato tutto deserto, abbandonato e nella stessa desolazione dell'accampamento nemico, prima che i Volsci, rendendosi conto dell'errore, tornassero indietro, prese con sé i feriti che gli era possibile trasportare e, ignorando in che direzione fosse andato il console, si avviò per la strada più breve verso la città

Là era già arrivata notizia della sconfitta e dell'abbandono dell'accampamento e, più di ogni altra cosa, era stata accolta con manifestazioni di lutto pubblico e privato la perdita dei cavalieri

Il console Fabio, siccome anche a Roma regnava la paura, stava di guardia alle porte; quando in lontananza furono avvistati i cavalieri, ci fu un momento di panico perché non si sapeva chi fossero
Mox cogniti tantam ex metu laetitiam fecere, ut clamor urbem peruaderet gratulantium saluos victoresque redisse equites, et ex maestis paulo ante domibus quae conclamauerant suos, procurreretur in vias, pauidaeque matres ac coniuges, oblitae prae gaudio decoris, obviam agmini occurrerent, in suos quaeque simul corpore atque animo, vix prae gaudio compotes, effusae

Tribunis plebi qui M Postumio et T Quinctio diem dixerant, quod ad Veios eorum opera male pugnatum esset, occasio visa est per recens odium Semproni consulis renouandae in eos invidiae
Ma appena furono riconosciuti, trasformarono la paura in una gioia così grande che la città tutta si riempì delle grida di chi esultava per il ritorno dei cavalieri salvi e vittoriosi; e dalle case che poco prima in lutto avevano pianto la morte dei loro, la gente si riversò per le strade; le madri e le mogli trepidanti, dimentiche per la gioia del loro decoro, corsero incontro allo squadrone e si abbandonarono, con l'anima e col corpo, nelle braccia dei congiunti, riuscendo a stento a controllarsi per la felicità

I tribuni della plebe, che avevano citato in giudizio Marco Postumio e Tito Quinzio ritenendoli responsabili della sconfitta subita presso Veio, colsero al volo l'occasione del recente risentimento nei confronti di Sempronio per rinfocolare l'odio della gente verso di loro

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Livio, Ab urbe condita: Libro 44; 21 - 33

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 44; 21 - 33

Itaque advocata contione cum proditam Veiis rem publicam esse ab ducibus, proditum deinde, quia illis impune fuerit, in Volscis ab consule exercitum, traditos ad caedem fortissimos equites, deserta foede castra vociferati essent

C Iunius, unus ex tribunis, Tempanium equitem vocari iussit coramque ei Sex Tempani inquit, quaero de te arbitrerisne C Sempronium consulem aut in tempore pugnam inisse aut firmasse subsidiis aciem aut ullo boni consulis functum officio; et tune ipse, victis legionibus Romanis, tuo consilio equitem ad pedes deduxeris restituerisque pugnam

Excluso deinde ab acie nostra tibi atque equitibus num aut consul ipse subuenerit aut miserit praesidium
Così, convocata l'assemblea, andavano proclamando che a Veio la repubblica era stata tradita dai suoi generali e che in séguito, visto che i generali non erano stati puniti, anche il console aveva tradito l'esercito, impegnato a combattere coi Volsci, mentre gli eroici cavalieri erano stati esposti al massacro e l'accampamento vergognosamente abbandonato

Allora Gaio Giunio ordinò di far chiamare il cavaliere Tempanio e, una volta avutolo di fronte, gli disse: Sesto Tempanio, io ti chiedo se pensi che il console Sempronio sia entrato in battaglia al momento opportuno, se abbia rinsaldato il suo schieramento con le riserve, e se abbia in qualche modo adempiuto ai doveri di un buon console; se sei stato proprio tu che, quando le legioni romane erano ormai vinte, di tua iniziativa hai appiedato i cavalieri e risollevato le sorti della battaglia

E poi, quando tu e i tuoi cavalieri siete rimasti tagliati fuori dal resto delle nostre truppe, se il console è intervenuto di persona in vostro aiuto o se ha mandato rinforzi
Postero denique die ecquid praesidii usquam habueris, an tu cohorsque in castra vestra virtute perruperitis; ecquem in castris consulem, ecquem exercitum inueneritis an deserta castra, relictos saucios milites

Haec pro virtute tua fideque, qua una hoc bello res publica stetit, dicenda tibi sunt hodie; denique ubi C Sempronius, ubi legiones nostrae sint; desertus sis an deserueris consulem exercitumque; victi denique simus an vicerimus

Adversus haec Tempani oratio incompta fuisse dicitur, ceterum militariter grauis, non suis uana laudibus, non crimine alieno laeta: quanta prudentia rei bellicae in C Sempronio esset, non militis de imperatore existimationem esse, sed populi Romani fuisse, cum eum comitiis consulem legeret
E ancora, se il giorno successivo hai infine ricevuto qualche soccorso, o se tu e la tua coorte vi siete aperti la strada verso il campo solo con il vostro valore; e se nell'accampamento avete trovato traccia del console e dell'esercito, o soltanto soldati feriti abbandonati in mezzo alla desolazione

Oggi devi dire queste cose, in nome del tuo coraggio e della tua lealtà grazie ai quali soltanto in questa guerra la repubblica non è crollata; devi dire dove si trovano adesso Gaio Sempronio e le nostre legioni, se sei stato abbandonato o se tu hai abbandonato il console e l'esercito; e infine se siamo vinti o vincitori

In risposta, si racconta, il discorso di Tempanio fu senza fronzoli e serio, alla maniera dei militari; senza vane lodi per sé, né compiacimento per le altrui colpe; per quanto riguardava la perizia bellica di Gaio Sempronio, disse che non spettava certo a un soldato esprimere un giudizio su un generale, ma era spettato al popolo romano quando nei comizi lo aveva scelto come console

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 41 - 43

Itaque ne ab se imperatoria consilia neu consulares artes exquirerent, quae pensitanda quoque magnis animis atque ingeniis essent; sed quod viderit referre posse

Vidisse autem se priusquam ab acie intercluderetur consulem in prima acie pugnantem, adhortantem, inter signa Romana telaque hostium versantem

Postea se a conspectu suorum ablatum ex strepitu tamen et clamore sensisse usque ad noctem extractum certamen; nec ad tumulum quem ipse tenuerat prae multitudine hostium credere perrumpi potuisse

Exercitus ubi esset se nescire; arbitrari, velut ipse in re trepida loci praesidio se suosque sit tutatus, sic consulem seruandi exercitus causa loca tutiora castris cepisse
Perciò non era a lui che si doveva chiedere un giudizio sui piani di un comandante o sulle astuzie di un console, cose queste che avrebbero richiesto una profonda riflessione anche da parte di persone di grande cuore e intelligenza; ma poteva riferire quello che aveva visto

Prima di rimanere isolato dal resto delle truppe, aveva visto il console combattere in prima linea, incoraggiare i suoi e aggirarsi tra le insegne romane e i dardi nemici

In séguito, tagliato fuori dalla vista dei suoi, dallo strepito e dalle urla aveva capito che la battaglia era durata fino al calar della notte, e riteneva che, data la gran quantità di nemici, non fosse stato possibile sfondare in direzione della collina dove lui si era attestato

Ignorava dove si trovasse l'esercito; ma come nel momento critico lui e i compagni erano andati a mettersi al riparo sfruttando le difese naturali della posizione, supponeva che anche il console, per salvare l'esercito, fosse andato ad accamparsi in un luogo più sicuro
Nec Volscorum meliores res esse credere quam populi Romani; fortunam noctemque omnia erroris mutui implesse

Precantemque deinde ne se fessum labore ac volneribus tenerent, cum ingenti laude non virtutis magis quam moderationis dimissum

Cum haec agerentur, iam consul via Labicana ad fanum Quietis erat

Eo missa plaustra iumentaque alia ab urbe exercitum adfectum proelio ac via nocturna excepere

Paulo post in urbem est ingressus consul, non ab se magis enixe amovens culpam quam Tempanium meritis laudibus ferens

Maestae civitati ab re male gesta et iratae ducibus M Postumius reus obiectus, qui tribunus militum pro consule ad Veios fuerat, decem milibus aeris grauis damnatur
A suo parere i Volsci non versavano in condizioni migliori di quelle dei Romani; l'oscurità e le circostanze avevano tratto in errore entrambi gli eserciti

E avendo infine pregato che non lo trattenessero più a lungo, stremato com'era dalla fatica e dalle ferite, fu congedato con grandi elogi, non solo per il coraggio, ma anche per la moderazione

Nel frattempo il console era già arrivato al tempio della Quiete sulla via Labicana

E lì dalla città furono inviati carri e bestie da soma per riportare indietro l'esercito sfibrato dalla battaglia e dalla marcia notturna

Poco dopo il console entrò in città e si affrettò a ricoprire Tempanio di meritate lodi più che a discolpare se stesso

Mentre la città era in angustie per l'insuccesso e sdegnata nei confronti dei comandanti, Marco Postumio, che a Veio era stato tribuno militare con potere consolare, fu offerto come imputato e condannato al pagamento di diecimila assi pesanti

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T Quinctium collegam eius, quia et in Volscis consul auspicio dictatoris Postumi Tuberti et ad Fidenas legatus dictatoris alterius Mam Aemili res prospere gesserat, totam culpam eius temporis in praedamnatum collegam transferentem omnes tribus absolverunt

Profuisse ei Cincinnati patris memoria dicitur, venerabilis viri, et exactae iam aetatis Capitolinus Quinctius, suppliciter orans ne se, breui reliquo vitae spatio, tam tristem nuntium ferre ad Cincinnatum paterentur

Plebs tribunos plebi absentes Sex Tempanium M Asellium Ti Antistium Ti Spurillium fecit, quos et pro centurionibus sibi praefecerant Tempanio auctore equites

Senatus cum odio Semproni consulare nomen offenderet, tribunos militum consulari potestate creari iussit
Il suo collega Tito Quinzio, che era uscito vincitore sia contro i Volsci come console sotto il comando del dittatore Postumio Tuberto, sia contro Fidene come luogotenente dell'altro dittatore Mamerco Emilio, riversando sul collega già condannato tutta la responsabilità di quella giornata, fu assolto da tutte le tribù

Si dice che gli siano stati di aiuto il ricordo del padre Cincinnato, uomo degno di grande rispetto, e Quinzio Capitolino, allora già molto avanti negli anni, il quale supplicava di evitare che proprio a lui, che aveva poco da vivere, toccasse riferire a Cincinnato una notizia così triste

Il popolo elesse tribuni della plebe, nonostante fossero assenti, Sesto Tempanio, Marco Asellio, Tiberio Antistio e Spurio Pullio, che i cavalieri, su proposta di Tempanio, avevano scelto come centurioni

Il senato, rendendosi conto che il risentimento nei confronti di Sempronio aveva reso detestabile il nome di console, decretò che si eleggessero dei tribuni militari con potere consolare

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