Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 04; 11-20, pag 3

Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 04; 11-20

Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 04; 11-20
[16] Sed singulis perturbationibus partes eiusdem generis plures subiciuntur, ut a e g r i t u d i n i invidentia - utendum est enim docendi causa verbo minus usitato, quoniam invidia non in eo qui invidet solum dicitur, sed etiam in eo cui invidetur-, aemulatio, obtrectatio, misericordia, angor, luctus, maeror, aerumna, dolor, lamentatio, sollicitudo, molestia, adflictatio, desperatio, et si quae sunt de genere eodem [16] Ma molte parti di quel tipo sono soggette ai singoli turbamenti, come alla tristezza linvidenza (bisogna usare infatti per insegnare una parola poco usato, poiché non si dice invidia solo nei confronti di chi invidia, ma anche in quelli di chi è invidiato) lemulazione, la gelosia, la pena, il dolore, il lutto, la tristezza, il dolore, lo spasimo, il lamento, lansia, il fastidio, il pianto, la disperazione, e se ce ne sono altre di questo tipo
Sub m e t u m autem subiecta sunt pigritia, pudor, terror, timor, pavor, exanimatio, conturbatio, formido, v o l u p t a t i malevolentia laetans malo alieno, delectatio, iactatio et similia, l u b i d i n i ira, excandescentia, odium, inimicitia, discordia, indigentia, desiderium et cetera eius modi Sotto la paura sono assoggettate invece, la pigrizia, la vergogna, il terrore, il timore, la avidità, la svenevolezza, il turbamento, lansia, sotto il piacere la malevolenza che si rallegra di un male estraneo, il diletto, la tracotanza e cose simili, sotto la libidine, lira, lincandescenza, lodio, linimicizia, la discordia, la povertà, il desiderio e altre cose di questo tipo
[VIII] [17] Haec autem definiunt hoc modo: invidentiam esse dicunt a e g r i t u d i n e m susceptam propter alterius res secundas, quae nihil noceant invidenti [VIII] [17] Definiscono queste cose a questo modo: dicono che linvidenza sia una tristezza causata per la prosperità di un altro che non nuoccia in nulla a chi invidia

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 05; 01-10

(Nam si qui doleat eius rebus secundis a quo ipse laedatur, non recte dicatur invidere, ut si Hectori Agamemno; qui autem, cui alterius commoda nihil noceant, tamen eum doleat is frui, is invideat profecto (infatti se qualcuno si duole delle fortune di quello da cui lui stesso sia leso, non si dice a ragioni che invidi, come se Agamennone provasse invidia per Ettore; invece quello a cui non nuocciano in niente i vantaggi di un altro e tuttavia si ne rammarichi che quello ne goda, questo di sicuro invidia)
) Aemulatio autem dupliciter illa quidem dicitur, ut et in laude et in vitio nomen hoc sit; nam et imitatio virtutis aemulatio dicitur - sed ea nihil hoc loco utimur; est enim laudis-, et est aemulatio aegritudo, si eo quod concupierit alius potiatur, ipse careat In due modi è invece definita quella famosa emulazione, come se ci sia un nome sia nella lode sia nel vizio; infatti limitazione si chiama sia emulazione di virtù (ma questa non ci serve a questo punto; infatti è motivo di lode) ed è anche una tristezza se un altro si appropria di quello che ha desiderato e lui stesso ne sia privo

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 04; 31-40

Obtrectatio autem est, ea quam intellegi zhlotupi an volo, aegritudo ex eo, quod alter quoque potiatur eo quod ipse concupiverit La gelosia è quella cosa che voglio sia considerata la zelotypian, una malattia che deriva dal fatto che anche un altro si appropri di ciò che lui stesso abbia desiderato
[18] Misericordia est aegritudo ex miseria alterius iniuria laborantis (nemo enim parricidae aut proditoris supplicio cordia commovetur); angor aegritudo premens, luctus aegritudo ex eius qui carus fuerit interitu acerbo, maeror aegritudo flebilis, aerumna aegritudo laboriosa, dolor aegritudo crucians, lamentatio aegritudo cum eiulatu, sollicitudo aegritudo cum cogitatione, molestia aegritudo permanens, adflictatio aegritudo cum vexatione corporis, desperatio aegritudo sine ulla rerum expectatione meliorum [18] La misericordia è una tristezza derivante dalla miseria di uno che soffre per il torto di un altro (infatti nessuno è commosso nel cuore dal supplizio di un parricida o di un traditore); langoscia una tristezza che schiaccia, il lutto, una tristezza derivata dalla morte acerba di uno che fu caro, la mestizia una tristezza flebile, la preoccupazione una tristezza faticosa, il dolore una tristezza sofferente, la lamentela una tristezza con urla, la preoccupazione una tristezza con pensiero, la molestia una tristezza permanente, lafflizione una tristezza con stanchezza del corpo, la disperazione una tristezza senza alcuna aspettativa di cose migliori

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[19] Quae autem subiecta sunt sub m e t u m, ea sic definiunt: pigritiam metum consequentis laboris, terrorem metum concutientem, ex quo fit ut pudorem rubor, terrorem pallor et tremor et dentium crepitus consequatur, timorem metum mali adpropinquantis, pavorem metum mentem loco moventem, ex quo illud Enni: 'Tum pavor sapientiam omnem mi exanimato expectorat', exanimationem metum subsequentem et quasi comitem pavoris, conturbationem metum excutientem cogitata, formidinem metum permanentem [19]Le cose che sono soggette alla paura, le definiscono così: la pigrizia è una paura di una fatica conseguente, il terrore una paura che scuote, da coi accade il rossore consegua alla vergogna, il pallore e il tremore e il battito dei denti conseguano al terrore, il timore è la paura di un male che si avvicina, la paura un timore che muove la mente al luogo, da cui deriva quel famoso verso di Ennio: Allora la paura sputa fuori ogni sapienza a me privo di vita, laccasciamento è un timore che segue ed è quasi compagno della paura, il turbamento è una paura che scuote cose già riflettute, lapprensione è un timore permanente
[IX ] [20] V o l u p t a t i s autem partes hoc modo describunt, ut malevolentia sit voluptas ex malo alterius sine emolumento suo, delectatio voluptas suavitate auditus animum deleniens; et qualis est haec aurium, tales sunt oculorum et tactionum et odorationum et saporum, quae sunt omnes unius generis ad perfundendum animum tamquam inliquefactae voluptates, iactatio est voluptas gestiens et se efferens insolentius [IX ] [20] Le ripartizioni del piacere invece le descrivono a questo modo, così che la malevolenza sia il piacere derivato da un male altrui senza guadagno proprio, il diletto un piacere che fiacca lanimo con il piacere di sentire; e come questa è del piacere, così ci sono degli occhi e delle mani e degli odori e dei sapori che sono tutte volontà come non solidificate di uno stesso genere per fiaccare lanimo, la arroganza è il piacere che si muove e si rapporta in maniera piuttosto insolente

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