Sed ab iis partibus, quae sunt honestatis, quem ad modum officia ducerentur, satis eitum videtur Eorum autem ipsorum, quae honesta sunt, potest incidere saepe contentio et comparatio, de duobus honestis utrum honestius, qui locus a Panaetio est praetermissus Nam cum omnis honestas manet a partibus quattuor, quarum una sit cognitionis, altera communitatis, tertia magnanimitatis, quarta moderationis, haec in deligendo officio saepe inter se comparentur necesse est |
Mi pare d'aver spiegato a sufficienza in che modo i doveri derivino da quelle virtu' che compongono l'onesto Ma puo' spesso accadere che, anche quelle azioni che sono oneste vengano in conflitto o a confronto tra di loro: di due azioni oneste, qual e' la piu' onesta; Questione che Panezio tralascio' completamente Invero, poiche' l'onesta' scaturisce tutta da quattro fonti, delle quali la prima consiste nell'amore del sapere, la seconda nel sentimento dell'umana fratellanza, la terza nella fortezza, la quarta nella temperanza, ne viene di necessita' che queste virtu', nella scelta del dovere, vengano spesso a confronto tra di loro |
Placet igitur aptiora esse naturae ea officia, quae ex communitate, quam ea, quae ex cognitione ducantur, idque hoc argumento confirmari potest, quod, si contigerit ea vita sapienti, ut omnium rerum affluentibus copiis (quamvis) omnia, quae cognitione digna sint, summo otio secum ipse consideret et contempletur, tamen si solitudo tanta sit, ut hominem videre non possit, excedat e vita | Ora appunto io credo che siano piu' conformi alla natura quei doveri che derivano dal sentimento della socialita' che non quelli che derivano dalla sapienza; e lo si puo' comprovare con quest'argomento, che, se il sapiente avesse in sorte una vita tale che, affluendogli in grande abbondanza ogni bene, potesse meditare e contemplare tra se' in santa pace le piu' alte e nobili verita', tuttavia, se la solitudine fosse cosi' grande da non veder mai faccia d'uomo, finirebbe col rinunziare alla vita |
Princepsque omnium virtutum illa sapientia, quam sophian Graeci vocant--prudentiam enim, quam Graeci phronesin dicunt, aliam quandam intellegimus, quae est rerum expetendarum fugiendarumque scientia; illa autem sapientia, quam principem dixi, rerum est divinarum et humanarum scientia, in qua continetur deorum et hominum communitas et societas inter ipsos; ea si maxima est, ut est, certe necesse est, quod a communitate ducatur officium, id esse maximum Etenim cognitio contemplatioque (naturae) manca quodam modo atque inchoata sit, si nulla actio rerum consequatur Ea autem actio in hominum commodis tuendis maxime cernitur; pertinet igitur ad societatem generis humani; ergo haec cognitioni anteponenda est Atque id optimus quisque re ipsa ostendit et iudicat |
Poi, quella sapienza, signora di tutte le virtu', che i Greci chiamano sofi a da non confondersi con la prudenza, che i Greci chiamano fro'nhsij e che io definirei la conoscenza di cio' che si deve cercare o fuggire); quella sapienza, dunque, che ho chiamato signora, altro non e' che la scienza delle cose divine e umane e in se' comprende gli scambievoli rapporti tra gli de'i e gli uomini e le relazioni degli uomini tra di loro; ora, se questa virtu' e', com'e' senza dubbio, la maggiore fra tutte, ne viene di necessita' che il dovere, che dall'umana convivenza deriva, e' fra tutti il maggiore E invero la conoscenza e la contemplazione dell'universo e', in certo qual modo, manchevole e imperfetta se nessun'azione pratica la segue Ma l'azione pratica si esplica soprattutto nella difesa dei beni comuni a tutti gli uomini; riguarda, dunque, la convivenza del genere umano; l'azione, pertanto, e' da anteporre alla scienza E appunto gli uomini migliori lo dimostrano col giudizio e coi fatti |
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Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 03 - Parte 01
Quis enim est tam cupidus in perspicienda cognoscendaque rerum natura, ut, si ei tractanti contemplantique res cognitione dignissimas subito sit allatum periculum discrimenque patriae, cui subvenire opitularique possit, non illa omnia relinquat atque abiciat, etiamsi dinumerare se stellas aut metiri mundi magnitudinem posse arbitretur atque hoc idem in parentis, in amici re aut periculo fecerit Quibus rebus intellegitur, studiis officiisque scientiae praeponenda esse officia iustitiae, quae pertinent ad hominum utilitatem, qua nihil homini esse debet antiquius Atque illi ipsi, quorum studia vitaque omnis in rerum cognitione versata est, tamen ab augendis hominum utilitatibus et commodis non recesserunt |
Chi e' cosi' appassionato per lo studio e per la conoscenza dell'universo, che se, mentre e' tutto intento a contemplare altissime verita', gli giunge tutt'a un tratto notizia che e' in estremo pericolo la sua patria, alla quale egli puo' recar pronto e valido soccorso, non abbandoni all'istante ogni cosa, anche se si riprometta di poter contare le stelle ad una ad una o misurar la grandezza del mondo E altrettanto farebbe se si trovasse nel bisogno o nel pericolo il padre o l'amico Da tutto cio' si comprende che agli studi e ai doveri della scienza si devono anteporre i doveri della giustizia, i quali hanno per fine la fratellanza umana, che deve essere il supremo ideale dell'uomo Diro' di piu': perfino coloro che dedicarono tutti i loro studi e tutta la loro vita al sapere, non rinunziarono pero' a promuovere la prosperita' e la felicita' degli uomini |
Nam et erudierunt multos, quo meliores cives utilioresque rebus suis publicis essent, ut Thebanum Epaminondam Lysis Pythagoreus, Syracosium Dionem Plato multique multos, nosque ipsi, quicquid ad rem publicam attulimus, si modo aliquid attulimus, a doctoribus atque doctrina instructi ad eam et ornati accessimus Neque solum vivi atque praesentes studiosos discendi erudiunt atque docent, sed hoc idem etiam post mortem monumentis litterarum assequuntur |
In verita', essi educarono molti a essere migliori cittadini e piu' utili alla loro patria, come appunto fece il pitagorico Liside col tebano Epaminonda; come fece Platone col siracusano Dioneo cosi' molti altri con molti altri; e anch'io, quel po' di bene che ho fatto alla mia patria, se pure ne ho fatto, lo si deve all'essere io entrato nella vita pubblica ammaestrato dai filosofi e ben dotato di dottrina E questi uomini, non solo finche' sono vivi e presenti, istruiscono e ammaestrano gli spiriti avidi di sapere, ma anche dopo morti ottengono il medesimo effetto con le loro immortali scritture |
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Nec enim locus ullus est praetermissus ab iis, qui ad leges, qui ad mores, qui ad disciplinam rei publicae pertineret, ut otium suum ad nostrum negotium contulisse videantur : Ita illi ipsi doctrinae studiis et sapientiae dediti ad hominum utilitatem suam intelligentiam prudentiamque potissimum conferunt; ob eamque etiam causam eloqui copiose, modo prudenter, melius est quam vel acutissime sine eloquentia cogitare, quod cogitatio in se ipsa vertitur, eloquentia complectitur eos, quibuscum communitate iuncti sumus Atque ut apium examina non fingendorum favorum causa congregantur, sed cum congregabilia natura sint, fingunt favos, sic homines, ac multo etiam magis, natura congregati adhibent agendi cogitandique sollertiam |
Essi non tralasciarono alcun argomento che riguardasse le leggi, la morale, il buon governo dello Stato, cosi' che puo' dirsi che consacrarono i loro studi privati al bene della nostra vita pubblica; cosi' anche quei sapienti, dediti agli studi scientifici e filosofici, recano principalmente al bene comune il contributo del loro ingegno e della loro saggezza: e per la stessa ragione, anche l'eloquenza, purche' illuminata dal pensiero, vale piu' di una speculazione quanto mai acuta, ma incapace di esprimersi; perche' la speculazione si chiude in se stessa, mentre l'eloquenza abbraccia tutti coloro che un comune vincolo unisce e affratella Anzi, come le api non si raccolgono in sciami per costruir favi, ma costruiscono favi perche' sono naturalmente socievoli, cosi', e tanto piu', gli uomini, appunto perche' uniti in societa' per naturale istinto, mettono in comune la loro capacita' di operare e di pensare |
Itaque, nisi ea virtus, quae constat ex hominibus tuendis, id est ex societate generis humani, attingat cognitionem rerum, solivaga cognitio et ieiuna videatur, itemque magnitudo animi remota communitate coniunctioneque humana feritas sit quaedam et immanitas Ita fit, ut vincat cognitionis studium consociatio hominum atque communitas Nec verum est quod dicitur a quibusdam propter necessitatem vitae, quod ea, quae natura desideraret, consequi sine aliis atque efficere non possemus, idcirco initam esse cum hominibus communitatem et societatem; quodsi omnia nobis, quae ad victum cultumque pertinent, quasi virgula divina, ut aiunt, suppeditarentur, tum optimo quisque ingenio negotiis omnibus omissis totum se in cognitione et scientia collocaret Non est ita : Nam et solitudinem fugeret et socium studii quaereret, tum docere, tum discere vellet, tum audire, tum dicere |
Percio', se quella virtu' che consiste nella tutela degli uomini, cioe' nell'alleanza del genere umano, non informasse la conoscenza, la conoscenza parrebbe una solitaria e povera cosa; (e cosi' la fortezza, disgiunta dalla fratellanza umana, non sarebbe altro che crudelta' e ferocia) Onde avviene che il sentimento della fratellanza umana sia superiore all'amore del sapere E non e' vero quel che dicono certi filosofi: La societa' umana ha avuto origine dalle necessita' della vita, perche' noi, senza l'aiuto degli altri, non potremmo ne' ottenere ne' provvedere quel che la natura richiede; e se, come suol dirsi, una bacchetta magica ci procurasse tutte quelle cose che servono ai bisogni e agli agi della vita, ogni uomo di piu' felice ingegno lascerebbe da parte ogni altro affare per dedicarsi tutto alla speculazione e alla scienza Ma no, non e' cosi': costui fuggirebbe la solitudine e si cercherebbe un compagno di studi; vorrebbe insegnare e imparare, vorrebbe ascoltare e parlare |
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Ergo omne officium, quod ad coniunctionem hominum et ad societatem tuendam valet, anteponendum est illi officio, quod cognitione et scientia continetur Illud forsitan quaerendum sit, num haec communitas, quae maxime est apta naturae ea sit etiam moderationi modestiaeque semper anteponendo non placet sunt enim quaedam partim ita foeda, partim ita flagitiosa, ut ea ne conservandae quidem patriae causa sapiens facturus sit Ea Posidonius collegit permulta, sed ita taetra quaedam, ita obscena, ut dictu quoque videantur turpia Haec igitur non suscipiet rei publicae causa, ne res publica quidem pro se suscipi volet Sed hoc commodius se res habet, quod non potest accidere tempus, ut intersit rei publicae quicquam illorum facere sapientem |
Ogni dovere, dunque, che valga a preservare la societa' e la fratellanza degli uomini si deve anteporre a quel dovere che e' inerente all'attivita' del pensiero;ora, ci si potrebbe domandare: questo sentimento di fratellanza, che piu' d'ogni altro e' conforme alla natura umana, e' anche da anteporsi sempre alla moderazione e alla temperanza Io rispondo di no Ci sono certe azioni cosi' infami, cosi' criminose che un uomo saggio non si sognerebbe mai di commettere neppure per salvare la propria patria Posidonio ne raccolse moltissimi esempi, ma alcuni cosi' sconci, cosi' osceni che paion turpi anche solo a dirsi Di questi, dunque, l'uomo saggio non si aggravera' la coscienza neppure per amor di patria; e del resto nemmeno la patria vorra' che uno si disonori per amor suo Ma, per fortuna, la cosa e' tanto piu' agevole in quanto e' del tutto improbabile che l'interesse dello Stato esiga un tale sacrificio dal sapiente |
Quare hoc quidem effectum sit, in officiis deligendis id genus officiorum excellere, quod teneatur hominum societate (Etenim cognitionem prudentiamque sequetur considerata actio; ita fit, ut agere considerate pluris sit quam cogitare prudenter) Atque haec quidem hactenus Patefactus enim locus est ipse, ut non difficile sit in exquirendo officio quid cuique sit praeponendum videre In ipsa autem communitate sunt gradus officiorum, ex quibus quid cuique praestet intellegi possit, ut prima diis immortalibus, secunda patriae, tertia parentibus, deinceps gradatim reliquis debeantur Quibus ex rebus breviter disputatis intellegi potest non solum id homines solere dubitare, honestumne an turpe sit, sed etiam duobus propositis honestis utrum honestius sit Hic locus a Panaetio est, ut supra dixi, praetermissus Sed iam ad reliqua pergamus |
Resti percio' ben fermo questo principio: nella scelta dei doveri, prevalga quella specie di doveri che e' connaturato con la societa' umana (E razionale sara' quell'azione che seguira' conoscenza e saggezza; solo cosi' avverra' che l'agire con riflessione valga piu' dell'accorto pensiero) Ma di cio' basta Il punto essenziale e' chiarito, si' che non e' difficile, indagando la legge morale, vedere la gerarchia dei doveri Ma anche nell'ambito della convivenza umana c'e' una gradazione di doveri, dalla quale si puo' comprendere la loro rispettiva preminenza; cosi', i primi doveri sono verso gli de'i immortali, i secondi verso la patria, i terzi verso i genitori, e gli altri, gradatamente verso gli altri Da questa breve discussione, si deduce come gli uomini ordinariamente si pongano non soltanto il problema se un'azione sia onesta o disonesta, ma anche, quale delle due sia piu' onesta, una volta messi di fronte a due azioni oneste Questione che, come ho detto in precedenza, fu trascurata da Panezio Ma ormai e' tempo di passare ad altri argomenti |