Maximus ille medicorum et huius scientiae conditor feminis nec capillos defluere dixit nec pedes laborare: atqui et capillis destituuntur et pedibus aegrae sunt Non mutata feminarum natura sed victa est; nam cum virorum licentiam aequaverint, corporum quoque virilium incommoda aequarunt Non minus pervigilant, non minus potant, et oleo et mero viros provocant; aeque invitis ingesta visceribus per os reddunt et vinum omne vomitu remetiuntur; aeque nivem rodunt, solacium stomachi aestuantis Libidine vero ne maribus quidem cedunt: pati natae di illas deaeque male perdant adeo perversum commentae genus inpudicitiae viros ineunt Quid ergo mirandum est maximum medicorum ac naturae peritissimum in mendacio prendi, cum tot feminae podagricae calvaeque sint |
Il più grande medico, il fondatore della medicina, affermò che le donne non perdono i capelli e non soffrono di gotta: e invece, i capelli li perdono e hanno la gotta La loro natura non è cambiata: è stata vinta; hanno uguagliato gli uomini in dissolutezza, e li hanno uguagliati pure nelle malattie Passano le notti vegliando come loro, bevono come loro, con loro gareggiano nella lotta e nel vino; vomitano anch'esse i cibi ingurgitati contro voglia e rigettano tutto il vino; anch'esse rosicchiano pezzi di ghiaccio per dar sollievo allo stomaco in fiamme Nella libidine poi non sono da meno dei maschi: destinate per natura a un ruolo passivo che gli dèi le fulminino, hanno escogitato un genere così perverso di impudicizia da montare gli uomini Non c'è, dunque, da meravigliarsi se il più grande medico, profondo conoscitore della natura, è stato smentito e tante donne sono calve e malate di gotta |
Beneficium sexus sui vitiis perdiderunt et, quia feminam exuerant, damnatae sunt morbis virilibus Antiqui medici nesciebant dare cibum saepius et vino fulcire venas cadentis, nesciebant sanguinem mittere et diutinam aegrotationem balneo sudoribusque laxare, nesciebant crurum vinculo brachiorumque latentem vim et in medio sedentem ad extrema revocare Non erat necesse circumspicere multa auxiliorum genera, cum essent periculorum paucissima Nunc vero quam longe processerunt mala valetudinis Has usuras voluptatium pendimus ultra modum fasque concupitarum Innumerabiles esse morbos non miraberis: cocos numera Cessat omne studium et liberalia professi sine ulla frequentia desertis angulis praesident; in rhetorum ac philosophorum scholis solitudo est: at quam celebres culinae sunt, quanta circa nepotum focos se iuventus premit |
Per i vizi hanno perso i vantaggi del loro sesso; si sono spogliate della natura femminile e così sono state condannate alle malattie proprie degli uomini I medici di una volta ignoravano l'uso di somministrare agli ammalati il cibo con più frequenza e di sostenere col vino una deficienza circolatoria, non conoscevano il salasso e la possibilità di alleviare le malattie croniche con bagni e sudorazioni, non sapevano far affiorare un male nascosto e interno legando braccia e gambe Non occorreva cercare molte specie di presid: i pericoli erano pochissimi Ma ora, che passi da gigante hanno fatto le malattie questo il prezzo che paghiamo per i piaceri agognati oltre i giusti limiti Non stupirti che i malati siano così numerosi: conta i cuochi Non si studia più e i professori di discipline liberali stanno in aule deserte senza anima viva; le scuole dei retori e dei filosofi sono abbandonate: ma che folla c'è nelle cucine Quanti giovani si ammassano intorno al focolare degli scialacquatori |
Transeo puerorum infelicium greges quos post transacta convivia aliae cubiculi contumeliae expectant; transeo agmina exoletorum per nationes coloresque discripta ut eadem omnibus levitas sit, eadem primae mensura lanuginis, eadem species capillorum, ne quis cui rectior est coma crispulis misceatur; transeo pistorum turbam, transeo ministratorum per quos signo dato ad inferendam cenam discurritur Di boni, quantum hominum unus venter exercet Quid tu illos boletos, voluptarium venenum, nihil occulti operis iudicas facere, etiam si praesentanei non fuerunt Quid tu illam aestivam nivem non putas callum iocineribus obducere Quid illa ostrea, inertissimam carnem caeno saginatam, nihil existimas limosae gravitatis inferre Quid illud sociorum garum, pretiosam malorum piscium saniem, non credis urere salsa tabe praecordia |
E taccio della massa di quei poveri ragazzi che dopo il banchetto sono vittime di altri oltraggi nelle camere; taccio delle schiere di amasi divisi per nazionalità e colore in modo che abbiano tutti la stessa levigatezza, la stessa prima lanuggine, lo stesso tipo di capelli: chi li ha lisci non va mescolato a chi li ha ricci; taccio della torma di fornai e di servi, che, a un ordine, corrono a mettere in tavola Buon dio, a quanti uomini dà da fare un solo ventre Ma come Credi che quei funghi, voluttuoso veleno, non abbiano un effetto nascosto, anche se non istantaneo Non pensi che quel ghiaccio d'estate produca un indurimento del fegato E che le ostriche, carne inerte ingrassata nella melma, trasmettano la loro limacciosa pesantezza E quella salsa che viene dalle province, preziosa poltiglia di pesci guasti, non credi che bruci le viscere col suo piccante marciume |
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Quid illa purulenta et quae tantum non ex ipso igne in os transferuntur iudicas sine noxa in ipsis visceribus extingui Quam foedi itaque pestilentesque ructus sunt, quantum fastidium sui exhalantibus crapulam veterem scias putrescere sumpta, non concoqui Memini fuisse quondam in sermone nobilem patinam in quam quidquid apud lautos solet diem ducere properans in damnum suum popina congesserat: veneriae spondylique et ostrea eatenus circumcisa qua eduntur intervenientibus distinguebantur echini totam destructique sine ullis ossibus mulli constraverant Piget esse iam singula: coguntur in unum sapores In cena fit quod fieri debebat in ventre: expecto iam ut manducata ponantur Quantulo autem hoc minus est, testas excerpere atque ossa et dentium opera cocum fungi |
E quella carne purulenta che passa dal fuoco alla bocca secondo te si raffredda nello stomaco senza provocare danni Eruttano in maniera disgustosa e pestilenziale; che nausea di se stessi provano a mandar fuori i miasmi della crapula del giorno prima Il cibo non lo assimilano: marcisce Ricordo che mi è stato raccontato di un piatto famoso in cui il taverniere aveva ammassato, affrettando la sua rovina, tutte quelle vivande che nelle case dei signori vengono servite nel corso di una giornata: conchiglie di Venere, spondili e ostriche tagliate fin dove si possono mangiare, divise e intervallate da tordi ; ricci e triglie fatte a pezzi senza lische, ricoprivano interamente il piatto Ormai non piace più gustare vivande singole: si mescolano sapori diversi Durante il pranzo avviene quello che dovrebbe avvenire nello stomaco: ormai mi aspetto che vengano serviti cibi già masticati E non ci manca molto: si tolgono gusci e ossa e il cuoco svolge la funzione dei denti |
'Gravest luxuriari per singula: omnia semel et in eundem saporem versa ponantur Quare ego ad unam rem manum porrigam plura veniant simul, multorum ferculorum ornamenta coeant et cohaereant Sciant protinus hi qui iactationem ex istis peti et gloriam aiebant non ostendi ista sed conscientiae dari Pariter sint quae disponi solent, uno iure perfusa; nihil intersit; ostrea, echini, spondyli, mulli perturbati concoctique ponantur ' Non esset confusior vomentium cibus Quomodo ista perplexa sunt, sic ex istis non singulares morbi nascuntur sed inexplicabiles, diversi, multiformes, adversus quos et medicina armare se coepit multis generibus, multis observationibus Idem tibi de philosophia dico Fuit aliquando simplicior inter minora peccantis et levi quoque cura remediabiles: adversus tantam morum eversionem omnia conanda sunt |
scomodo far baldoria assaporando le vivande una per una: mettiamo tutto insieme a formare un sapore unico Perché mettere mano a un solo piatto Ne vengano serviti molti simultaneamente, si uniscano e si mescolino portate diverse e raffinate Chi affermava che tutto ciò si fa per ostentazione e desiderio di notorietà sappia che queste vivande non sono messe in mostra, ma presentate al giudizio di ognuno Quei cibi che di solito si servono separatamente vengano uniti, immersi nello stesso intingolo; non ci siano distinzioni; ostriche, ricci, spondili, triglie siano messi in tavola cotti insieme e mescolati Il cibo che si vomita non potrebbe essere più mescolato Le malattie che nascono da piatti così confusi sono complesse, oscure, diverse, multiformi, e per combatterle la medicina ha cominciato a munirsi di svariati metodi e ricette Lo stesso ti dico della filosofia Un tempo, quando le colpe erano meno gravi e vi si poteva porre facilmente rimedio, era più semplice: ma di fronte a un tale sfacelo morale, bisogna tentare di tutto |
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Et utinam sic denique lues ista vincatur Non privatim solum sed publice furimus Homicidia conpescimus et singulas caedes: quid bella et occisarum gentium gloriosum scelus Non avaritia, non crudelitas modum novit Et ista quamdiu furtim et a singulis fiunt minus noxia minusque monstrosa sunt: ex senatus consultis plebisque scitis saeva exercentur et publice iubentur vetata privatim Quae clam commissa capite luerent, tum quia paludati fecere laudamus Non pudet homines, mitissimum genus, gaudere sanguine alterno et bella gerere gerendaque liberis tradere, cum inter se etiam mutis ac feris pax sit Adversus tam potentem explicitumque late furorem operosior philosophia facta est et tantum sibi virium sumpsit quantum iis adversus quae parabatur accesserat |
E volesse il cielo che questa peste fosse infine debellata La nostra follia interessa la vita privata e anche quella pubblica Reprimiamo gli omicidi, gli assassini di singoli individui: ma che dire delle guerre e dello sterminio di intere popolazioni, delitti di cui ci si vanta L'avarizia, la crudeltà non conoscono misura E finché rimangono nascoste, opera di singole persone, sono meno nocive e meno abominevoli Ma le atrocità vengono sancite dai decreti del senato e del popolo e si comanda in nome dello stato quello che è proibito in privato Quei delitti che, compiuti di nascosto, verrebbero puniti con la pena di morte, noi li approviamo perché li hanno commessi degli alti ufficiali Gli uomini, che pure sono una razza mitissima, non si vergognano di godere delle reciproche stragi, di fare guerre e di lasciarle in eredità ai figli perché le portino avanti, mentre anche le bestie e le fiere non combattono tra loro Contro un furore così potente e diffuso la filosofia è diventata più attiva e più forte in proporzione alla forza dei mali che doveva combattere |
Expeditum erat obiurgare indulgentis mero et petentis delicatiorem cibum, non erat animus ad frugalitatem magna vi reducendus a qua paullum discesserat: nunc manibus rapidis opus est, nunc arte magistra Voluptas ex omni quaeritur Nullum intra se manet vitium: in avaritiam luxuria praeceps est Honesti oblivio invasit; nihil turpest cuius placet pretium Homo, sacra res homini, iam per lusum ac iocum occiditur et quem erudiri ad inferenda accipiendaque vulnera nefas erat, is iam nudus inermisque producitur satisque spectaculi ex homine mors est In hac ergo morum perversitate desideratur solito vehementius aliquid quod mala inveterata discutiat: decretis agendum est ut revellatur penitus falsorum recepta persuasio His si adiunxerimus praecepta, consolationes, adhortationes, poterunt valere: per se inefficaces sunt |
Era facile, in passato, rimproverare gli uomini che indulgevano al vino e ricercavano cibi più raffinati, non serviva una grande forza per riportarli alla frugalità: non se ne erano allontanati molto ora ci vuole mano rapida e grande maestria Dovunque si cerca il piacere nessun vizio rimane dentro i suoi confini: il lusso precipita nell'avidità L'onestà è dimenticata; non consideriamo ignobile niente di quello che ci alletta L'uomo, creatura sacra all'uomo, viene ormai ucciso per divertimento e per gioco, e mentre prima era considerato un misfatto insegnare a un individuo a ferire e a essere ferito, ora lo si spinge fuori nudo e inerme, e la morte di un uomo è uno spettacolo che soddisfa Di fronte a una tale depravazione si sente il bisogno di una forza più vigorosa del comune, che dissipi questi mali inveterati: bisogna agire in base ai princìp della filosofia per sradicare del tutto le nostre false convizioni E se ai princìp uniremo precetti, consolazioni, esortazioni, essi avranno efficacia: da soli non bastano |
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Si volumus habere obligatos et malis quibus iam tenentur avellere, discant quid malum, quid bonum sit, sciant omnia praeter virtutem mutare nomen, modo mala fieri, modo bona Quemadmodum primum militiae vinculum est religio et signorum amor et deserendi nefas, tunc deinde facile cetera exiguntur mandanturque iusiurandum adactis, ita in iis quos velis ad beatam vitam perducere prima fundamenta iacienda sunt et insinuanda virtus Huius quadam superstitione teneantur, hanc ament; cum hac vivere velint, sine hac nolint 'Quid ergo non quidam sine institutione subtili evaserunt probi magnosque profectus adsecuti sunt dum nudis tantum praeceptis obsequuntur ' Fateor, sed felix illis ingenium fuit et salutaria in transitu rapuit |
Se vogliamo vincolare gli uomini al bene e strapparli ai vizi che li legano, imparino che cosa è il bene e che cosa il male, sappiano che ogni cosa, tranne la virtù, cambia nome e diventa un po' un bene, un po' un male Come il primo vincolo di un soldato è la lealtà giurata, l'amore per la bandiera e il considerare la diserzione un delitto, e quando ha prestato giuramento, gli altri obblighi li si può esigere e comandarglieli facilmente; così in quegli uomini che vuoi condurre alla felicità bisogna gettare le prime fondamenta del bene e insinuare la virtù Ne abbiano quasi una fanatica venerazione, la amino; vogliano vivere con lei, e senza di lei morire Ma come Individui sprovvisti di un'educazione accurata non sono diventati uomini onesti e hanno conseguito dei risultati notevoli semplicemente adeguandosi a una pura precettistica D'accordo, ma avevano un ingegno fertile e gli insegnamenti utili li hanno carpiti al volo |
Nam ut dii immortales nullam didicere virtutem cum omni editi et pars naturae eorum est bonos esse, ita quidam ex hominibus egregiam sortiti indolem in ea quae tradi solent perveniunt sine longo magisterio et honesta conplexi sunt cum primum audiere; unde ista tam rapacia virtutis ingenia vel ex se fertilia At illis aut hebetibus et obtusis aut mala consuetudine obsessis diu robigo animorum effricanda est Ceterum, ut illos in bonum pronos citius educit ad summa, et hos inbecilliores adiuvabit malisque opinionibus extrahet qui illis philosophiae placita tradiderit; quae quam sint necessaria sic licet videas Quaedam insident nobis quae nos ad alia pigros, ad alia temerarios faciunt; nec haec audacia reprimi potest nec illa inertia suscitari nisi causae eorum eximuntur, falsa admiratio et falsa formido |
Gli dèi immortali non hanno bisogno di imparare le virtù, le possiedono tutte innate e fa parte della loro natura essere buoni; così ci sono degli uomini dotati dalla fortuna di qualità straordinarie, che arrivano senza un lungo apprendistato a quei concetti che di solito vengono insegnati, e abbracciano i princìp onesti appena ne sentono parlare; di qui queste menti così pronte a ghermire la virtù, fertili anche di per se stesse Le nature deboli e ottuse, invece, oppure assediate dalle cattive abitudini, bisogna ripulirle dalla ruggine spirituale Del resto se uno insegna i princìp filosofici, come riesce a condurre più rapidamente ai vertici del bene chi vi è incline, così aiuterà anche i più deboli, strappandoli ai pregiudizi sbagliati; e di come siano necessari questi princìp te ne puoi rendere conto Ci sono forze in noi che ci rendono pigri per certe cose, temerari per altre; è un'audacia che non può essere contenuta, un'indolenza che non si può scuotere, se non ne sopprimi le cause, e cioè il terrore o l'ammirazione infondati |
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Haec nos quamdiu possident, dicas licet 'hoc patri praestare debes, hoc liberis, hoc amicis, hoc hospitibus': temptantem avaritia retinebit Sciet pro patria pugnandum esse, dissuadebit timor; sciet pro amicis desudandum esse ad extremum usque sudorem, sed deliciae vetabunt; sciet in uxore gravissimum esse genus iniuriae paelicem, sed illum libido in contraria inpinget Nihil ergo proderit dare praecepta nisi prius amoveris obstatura praeceptis, non magis quam proderit arma in conspectu posuisse propiusque admovisse nisi usurae manus expediuntur Ut ad praecepta quae damus possit animus ire, solvendus est Putemus aliquem facere quod oportet: non faciet adsidue, non faciet aequaliter; nesciet enim quare faciat |
Finché ne siamo preda, puoi ben dire: Questo lo devi al padre, questo ai figli, questo agli amici, questo agli ospiti; anche se uno ci prova, lo bloccherà l'avarizia Saprà che bisogna battersi per la patria, ma la paura lo distoglierà; saprà che per gli amici bisogna sudare fino all'ultima goccia, ma glielo vieteranno i piaceri; saprà che è un gravissimo affronto per la moglie avere un amante, ma la lussuria lo spingerà ad agire contro virtù Indicare delle norme non servirà a niente, se prima non togli di mezzo gli ostacoli a queste norme llo stesso modo che aver messo sotto gli occhi e a disposizione di una persona delle armi non servirà a niente se non gli sleghi le mani per usarle Perché l'animo possa indirizzarsi agli insegnamenti che gli offriamo, bisogna liberarlo Supponiamo che qualcuno faccia quanto è necessario: non lo farà in modo né costante, né uniforme; ignora, difatti, perché lo faccia |