Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 04, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 04

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 14-15 Parte 04
Aliqua vel casu vel exercitatione exibunt recta, sed non erit in manu regula ad quam exigantur, cui credat recta esse quae fecit

Non promittet se talem in perpetuum qui bonus casu est

Deinde praestabunt tibi fortasse praecepta ut quod oportet faciat, non praestabunt ut quemadmodum oportet; si hoc non praestant, ad virtutem non perducunt

Faciet quod oportet monitus, concedo; sed id parum est, quoniam quidem non in facto laus est sed in eo quemadmodum fiat

Quid est cena sumptuosa flagitiosius et equestrem censum consumente

quid tam dignum censoria nota, si quis, ut isti ganeones loquuntur, sibi hoc et genio suo praestet

et deciens tamen sestertio aditiales cenae frugalissimis viris constiterunt Mullum ingentis formae -- quare autem non pondus adicio et aliquorum gulam inrito
O per caso, o a forza di provare, certe cose avranno buon esito, ma egli non stringerà in pugno lo strumento che gli consente una verifica, in base a cui possa ritenere giusto quello che ha fatto

Uno buono per caso non garantisce di conservarsi così eternamente

Inoltre i precetti potranno forse metterlo in grado di compiere il proprio dovere, ma non gli indicheranno il modo; e se non lo indicano, non conducono certo alla virtù

Se ammonito, farà il suo dovere, te lo concedo; ma è poco, perché lodevole non è l'azione, ma il come si verifica

Che cosa c'è di più scandaloso che mangiarsi un patrimonio da rango equestre in una cena sontuosa

Che cosa merita maggiore censura se uno, come blaterano questi dissoluti, fa una tale concessione a sé e al suo estro

E tuttavia, uomini frugalissimi, all'entrata in carica, hanno offerto pranzi da un milione di sesterzi Lo stesso fatto è riprovevole se è una concessione alla gola; ma non lo si può criticare se è per una carica; non è lusso, ma una spesa dovuta alle consuetudini
quattuor pondo et selibram fuisse aiebant -- Tiberius Caesar missum sibi cum in macellum deferri et venire iussisset, 'amici,' inquit 'omnia me fallunt nisi istum mullum aut Apicius emerit aut P Octavius'

Ultra spem illi coniectura processit: liciti sunt, vicit Octavius et ingentem consecutus est inter suos gloriam, cum quinque sestertiis emisset piscem quem Caesar vendiderat, ne Apicius quidem emerat

Numerare tantum Octavio fuit turpe, non illi qui emerat ut Tiberio mitteret, quamquam illum quoque reprenderim: admiratus est rem qua putavit Caesarem dignum

Amico aliquis aegro adsidet: probamus

At hoc hereditatis causa facit: vultur est, cadaver expectat

Eadem aut turpia sunt aut honesta: refert quare aut quemadmodum fiant
A Tiberio fu inviata una triglia di dimensioni gigantesche - e perché non specificare il peso e solleticare la golosità di qualcuno - dicevano che pesasse quattro libbre e mezza Egli diede ordine che fosse portata al mercato e messa in vendita, dicendo: Amici, se non mi sbaglio, questa triglia la comprerà o Apicio o P Ottavio

Ma si andò al di là delle sue previsioni: misero il pesce all'asta, vinse Ottavio e si ricoprì di grande gloria tra i suoi: aveva acquistato per cinquemila sesterzi la triglia venduta da Cesare, che neppure Apicio aveva comprato

Pagare una somma simile fu una vergogna per Ottavio, non per chi aveva acquistato la triglia con l'intenzione di mandarla a Tiberio; per quanto, secondo me, anche costui va criticato: l'ha giudicata straordinaria e ne ha considerato degno l'imperatore

Uno assiste l'amico ammalato: bravo

Ma lo fa per ereditare: è un avvoltoio, aspetta il cadavere

Le stesse azioni possono essere oneste o disoneste: quello che conta è il perché o il modo in cui sono fatte
Omnia autem honeste fient si honesto nos addixerimus idque unum in rebus humanis bonum iudicarimus quaeque ex eo sunt; cetera in diem bona sunt

Ergo infigi debet persuasio ad totam pertinens vitam: hoc est quod decretum voco

Qualis haec persuasio fuerit, talia erunt quae agentur, quae cogitabuntur; qualia autem haec fuerint, talis vita erit

In particulas suasisse totum ordinanti parum est

Brutus in eo libro quem peri kathekontos inscripsit dat multa praecepta et parentibus et liberis et fratribus: haec nemo faciet quemadmodum debet nisi habuerit quo referat

Proponamus oportet finem summi boni ad quem nitamur, ad quem omne factum nostrum dictumque respiciat; veluti navigantibus ad aliquod sidus derigendus est cursus

Vita sine proposito vaga est; quod si utique proponendum est, incipiunt necessaria esse decreta
Ma saranno sempre oneste se ci consacreremo all'onestà e vedremo in essa e in quello che ne trae origine l'unico bene dell'uomo; gli altri sono beni temporanei

Dobbiamo, perciò metterci bene in testa questa convinzione - io la chiamo principio - che riguarda tutta la vita

A tale convinzione le nostre azioni, i nostri pensieri si uniformeranno e la nostra vita a sua volta si uniformerà ad essi

I consigli particolari sono poca cosa per chi vuole dare un ordine all'intera esistenza

Bruto nel libro intitolato dà una ricca precettistica per i genitori, i figli, i fratelli: ma nessuno la seguirà come deve, se non avrà un punto di riferimento

Dobbiamo proporci come fine il sommo bene, tendervi con ogni sforzo e guardare ad esso per tutte le nostre azioni e le nostre parole, così come i marinai devono dirigere la rotta secondo una stella

Se manca un traguardo, la vita è un girovagare; E se questo traguardo bisogna senz'altro proporselo, cominciano a essere necessari i princìp

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Illud, ut puto, concedes, nihil esse turpius dubio et incerto ac timide pedem referente

Hoc in omnibus rebus accidet nobis nisi eximuntur quae reprendunt animos et detinent et ire conarique totos vetant

Quomodo sint dii colendi solet praecipi

Accendere aliquem lucernas sabbatis prohibeamus, quoniam nec lumine dii egent et ne homines quidem delectantur fuligine

Vetemus salutationibus matutinis fungi et foribus adsidere templorum: humana ambitio istis officiis capitur, deum colit qui novit

Vetemus lintea et strigiles Iovi ferre et speculum tenere Iunoni: non quaerit ministros deus

Quidni

ipse humano generi ministrat, ubique et omnibus praesto est
Sarai d'accordo, penso, che niente è più riprovevole di un uomo che, pieno di dubbi, di incertezze, di paure, ritorna sui suoi passi

E questo ci capiterà in ogni circostanza se non togliamo di mezzo tutto ciò che trattiene e lega il nostro animo e gli impedisce di avanzare e di lottare con tutto se stesso

Tra le norme più diffuse ci sono quelle che riguardano il culto degli dèi

Ebbene: si proibisca di accendere lumi il sabato: gli dèi non hanno bisogno di luce e per gli uomini il fumo delle lucerne non è piacevole

Si vieti l'adempimento dei saluti mattutini e lo stare seduti alle porte dei templi: solo l'ambizione umana è conquistata da omaggi come questi; onorare dio è conoscerlo

Si vieti che vengano portati a Giove drappi di tela e strìgili e che si regga lo specchio a Giunone: dio non cerca servitori

Perché no

lui stesso a servire gli uomini, è a disposizione dovunque e di tutti
Audiat licet quem modum servare in sacrificiis debeat, quam procul resilire a molestis superstitionibus, numquam satis profectum erit nisi qualem debet deum mente conceperit, omnia habentem, omnia tribuentem, beneficum gratis

Quae causa est dis bene faciendi

natura

Errat si quis illos putat nocere nolle: non possunt

Nec accipere iniuriam queunt nec facere; laedere etenim laedique coniunctum est

Summa illa ac pulcherrima omnium natura quos periculo exemit ne periculosos quidem fecit

Primus est deorum cultus deos credere; deinde reddere illis maiestatem suam, reddere bonitatem sine qua nulla maiestas est; scire illos esse qui praesident mundo, qui universa vi sua temperant, qui humani generis tutelam gerunt interdum incuriosi singulorum
Anche se uno apprende quali norme deve rispettare nei sacrifici, come debba abbandonare le superstizioni dannose, non avrà mai fatto progressi sufficienti se non ha una giusta concezione di dio, che tutto possiede, tutto offre, ed è benefico senza pretendere una contropartita

Che cosa spinge gli dèi a fare il bene

La loro natura

un errore credere che non vogliono fare del male; non possono farlo

E non possono né subire, né arrecare offese; offendere ed essere offesi sono cose strettamente unite

La loro natura superiore e più bella di ogni altra li ha sottratti ai pericoli e li ha resi anche non pericolosi per gli altri

Primo atto di venerazione verso gli dèi è credere in loro; poi riconoscerne la maestà e riconoscerne la bontà senza la quale non c'è maestà; sapere che sono loro a governare il mondo, a regolare tutto con la loro forza, a esercitare la tutela dell'umanità, trascurando a volte i singoli individui

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Hi nec dant malum nec habent; ceterum castigant quosdam et coercent et inrogant poenas et aliquando specie boni puniunt

Vis deos propitiare

bonus esto

Satis illos coluit quisquis imitatus est

Ecce altera quaestio, quomodo hominibus sit utendum

Quid agimus

quae damus praecepta

Ut parcamus sanguini humano

quantulum est ei non nocere cui debeas prodesse

Magna scilicet laus est si homo mansuetus homini est

Praecipiemus ut naufrago manum porrigat, erranti viam monstret, cum esuriente panem suum dividat

Quare omnia quae praestanda ac vitanda sunt dicam cum possim breviter hanc illi formulam humani offici tradere

omne hoc quod vides, quo divina atque humana conclusa sunt, unum est; membra sumus corporis magni
Gli dèi non fanno e non subiscono il male; ma riprendono certi uomini, li tengono a freno, li castigano e talora infliggono una punizione sotto l'apparenza di un bene

Vuoi propiziarti gli dèi

Sii buono

Imitarli è un atto di venerazione sufficiente

Ecco un altro problema: come ci si deve comportare con gli uomini

Che facciamo

Che insegnamenti diamo

Di non versare sangue umano

davvero poco non fare del male al prossimo cui si dovrebbe fare del bene

proprio un grande merito per un uomo essere mite con un altro uomo

Insegneremo a porgere la mano al naufrago, a mostrare la strada a chi l'ha perduta, a dividere il pane con chi ha fame

Perché elencare tutte le azioni da compiere e da evitare quando posso insegnare questa breve formula che comprende tutti i doveri dell'uomo

tutto ciò che vedi e che racchiude l'umano e il divino, è un tutt'unico; noi siamo le membra di un grande corpo
Natura nos cognatos edidit, cum ex isdem et in eadem gigneret; haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit

Illa aequum iustumque composuit; ex illius constitutione miserius est nocere quam laedi; ex illius imperio paratae sint iuvandis manus

Ille versus et in pectore et in ore sit: homo sum, humani nihil a me alienum puto

Habeamus in commune: in commune nati sumus

Societas nostra lapidum fornicationi simillima est, quae, casura nisi in vicem obstarent, hoc ipso sustinetur

Post deos hominesque dispiciamus quomodo rebus sit utendum

In supervacuum praecepta iactabimus nisi illud praecesserit, qualem de quacumque re habere debeamus opinionem, de paupertate, de divitiis, de gloria, de ignominia, de patria, de exilio

Aestimemus singula fama remota et quaeramus quid sint, non quid vocentur

Ad virtutes transeamus
La natura ci ha generato fratelli, poiché ci ha creato dalla stessa materia e indirizzati alla stessa meta; ci ha infuso un amore reciproco e ci ha fatti socievoli

Ha stabilito l'equità e la giustizia; in base alle sue norme, chi fa del male è più sventurato di chi il male lo riceve; per suo comando le mani siano sempre pronte ad aiutare

Medita e ripeti spesso questo verso: Sono un uomo, e niente di ciò che è umano lo giudico a me estraneo

Mettiamo tutto in comune: siamo nati per una vita in comune

La nostra società è molto simile a una vòlta di pietre: cadrebbe se esse non si sostenessero a vicenda, ed è proprio questo che la sorregge

Dopo gli dèi e gli uomini vediamo come dobbiamo valerci delle cose

Le norme che predichiamo sono inutili, se prima non avremo l'esatta opinione su tutto, sulla povertà, la ricchezza, la gloria, il disonore, la patria, l'esilio

Valutiamo queste cose una per una, tralasciando l'opinione generale, e cerchiamo la loro essenza, non il loro nome

Passiamo ora alle virtù

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Praecipiet aliquis ut prudentiam magni aestimemus, ut fortitudinem conplectamur, iustitiam, si fieri potest, propius etiam quam ceteras nobis adplicemus; sed nil aget si ignoramus quid sit virtus, una sit an plures, separatae an innexae, an qui unam habet et ceteras habeat, quo inter se differant

Non est necesse fabro de fabrica quaerere quod eius initium, quis usus sit, non magis quam pantomimo de arte saltandi: omnes istae artes se sciunt, nihil deest; non enim ad totam pertinent vitam

Virtus et aliorum scientia est et sui; discendum de ipsa est ut ipsa discatur

Actio recta non erit nisi recta fuerit voluntas; ab hac enim est actio

Rursus voluntas non erit recta nisi habitus animi rectus fuerit; ab hoc enim est voluntas
Qualcuno ci raccomanderà di stimare molto la prudenza, di abbracciare la fortezza, di stringerci, se possibile, alla giustizia più che alle altre virtù' ma non arriverà a nessun risultato se noi ignoriamo cos'è la virtù, se è una o più di una, se sono separate o collegate, se chi ne ha una, possiede anche le altre, in che cosa differiscano tra loro

L'artigiano non ha bisogno di chiedere notizie sul suo mestiere, quando è cominciato, quale ne sia l'uso, come non ne ha bisogno il pantomimo sull'arte della danza: tutte queste arti conoscono se stesse, non manca nulla, perché non riguardano la totalità della vita

La virtù è conoscenza delle altre cose e di sé; per apprenderla bisogna studiarla a fondo

Un'azione non sarà onesta, se onesta non sarà la volontà, da cui l'azione deriva

E d'altra parte, la volontà non sarà onesta, se non sarà onesta la disposizione di spirito da cui la volontà deriva
Habitus porro animi non erit in optimo nisi totius vitae leges perceperit et quid de quoque iudicandum sit exegerit, nisi res ad verum redegerit

Non contingit tranquillitas nisi inmutabile certumque iudicium adeptis: ceteri decidunt subinde et reponuntur et inter missa adpetitaque alternis fluctuantur

Causa his quae iactationis est

quod nihil liquet incertissimo regimine utentibus, fama

Si vis eadem semper velle, vera oportet velis

Ad verum sine decretis non pervenitur: continent vitam

Bona et mala, honesta et turpia, iusta et iniusta, pia et impia, virtutes ususque virtutum, rerum commodarum possessio, existimatio ac dignitas, valetudo, vires, forma, sagacitas sensuum haec omnia aestimatorem desiderant

Scire liceat quanti quidque in censum deferendum sit
A sua volta, la disposizione di spirito non sarà la migliore se non avrà appreso le leggi dell'intera esistenza e non avrà ricercato che giudizio si debba esprimere su ogni fatto, se non avrà ricondotto le cose alla verità

La serenità la può avere solo chi si è formato un giudizio sicuro e incrollabile: Tutti gli altri cadono più volte, si rimettono in piedi e ondeggiano alternativamente tra rinunce e desideri

Qual è il motivo di questa loro instabilità

Che niente è chiaro per chi si basa sul criterio più incerto: l'opinione pubblica

Se vuoi avere una volontà costante, devi volere sempre la verità

Ma alla verità non si arriva senza princìp filosofici: essi comprendono tutta la vita

Il bene e il male, l'onestà e la disonestà, la giustizia e l'ingiustizia, la pietà e l'empietà, la virtù e l'esercizio delle virtù, il possesso di comodità materiali, la stima e la dignità, la salute, le forze, la bellezza, l'acutezza dei sensi - tutte queste cose hanno bisogno di uno che ne faccia una stima esatta

Dobbiamo sapere quanto ciascuna vada valutata

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Falleris enim et pluris quaedam quam sunt putas, adeoque falleris ut quae maxima inter nos habentur divitiae, gratia, potentia sestertio nummo aestimanda sint

Hoc nescies nisi constitutionem ipsam qua ista inter se aestimantur inspexeris

Quemadmodum folia per se virere non possunt, ramum desiderant cui inhaereant, ex quo trahant sucum, sic ista praecepta, si sola sunt, marcent; infigi volunt sectae

Praeterea non intellegunt hi qui decreta tollunt eo ipso confirmari illa quo tolluntur

Quid enim dicunt

praeceptis vitam satis explicari, supervacua esse decreta sapientiae [id est dogmata]
Difatti ci inganniamo e certe cose le stimiamo più del loro valore; anzi ci inganniamo al punto da apprezzare moltissimo cose che non valgono un soldo: la ricchezza, il favore della massa, la potenza

Ma il giusto valore non lo potrai conoscere se non esaminerai la base fondamentale per cui queste cose vengono stimate in rapporto tra loro

Le foglie non possono germogliare da sé, hanno bisogno di stare attaccate a un ramo da cui trarre la linfa; analogamente questi precetti, da soli, marciscono; richiedono di essere strettamente legati a una dottrina filosofica

Inoltre, quei filosofi che eliminano i princìp, non capiscono che questi trovano conferma proprio nel motivo per cui vengono eliminati

Che cosa sostengono costoro

Che per vivere, i precetti sono sufficienti e che i princìp della saggezza sono superflui

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