Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 04

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 04

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 14-15 Parte 04
Petis a me ut id quod in diem suum dixeram debere differri repraesentem et scribam tibi an haec pars philosophiae quam Graeci paraeneticen vocant, nos praeceptivam dicimus, satis sit ad consummandam sapientiam

Scio te in bonam partem accepturum si negavero

Eo magis promitto et verbum publicum perire non patior: 'postea noli rogare quod inpetrare nolueris'

Interdum enim enixe petimus id quod recusaremus si quis offerret

Haec sive levitas est sive vernilitas punienda est promittendi facilitate

Multa videri volumus velle sed nolumus

Recitator historiam ingentem attulit minutissime scriptam, artissime plictam, et magna parte perlecta 'desinam' inquit 'si vultis': adclamatur 'recita, recita' ab iis qui illum ommutescere illic cupiunt
Mi chiedi di trattare sùbito quell'argomento che avevo deciso di rinviare a suo tempo e vuoi che ti scriva se la parte della filosofia che i Greci chiamano parenetica e noi precettistica basta per raggiungere una perfetta saggezza

So che se io rifiutassi, non te l'avresti a male

A maggior ragione mi impegno e mantengo vivo il proverbio: Non domandare una seconda volta quello che non volevi ottenere

A volte domandiamo insistentemente cose che rifiuteremmo se qualcuno ce le offrisse

Che sia leggerezza o servilismo, questo comportamento va punito con un pronto assenso

Vogliamo dare l'impressione di voler sapere molte cose, ma non è così

Un autore portò una volta un enorme volume di storia, scritto a caratteri minutissimi e avvolto molto strettamente; dopo averne letto una gran parte, dice: Se volete, smetto Continua, continua, gridano gli ascoltatori, anche se in realtà vorrebbero che tacesse
Saepe aliud volumus, aliud optamus, et verum ne dis quidem dicimus, sed dii aut non exaudiunt aut miserentur

Ego me omissa misericordia vindicabo et tibi ingentem epistulam inpingam, quam tu si invitus leges, dicito 'ego mihi hoc contraxi', teque inter illos numera quos uxor magno ducta ambitu torquet, inter illos quos divitiae per summum adquisitae sudorem male habent, inter illos quos honores nulla non arte atque opera petiti discruciant, et ceteros malorum suorum compotes

Sed ut omisso principio rem ipsam adgrediar

'beata' inquiunt 'vita constat ex actionibus rectis; ad actiones rectas praecepta perducunt; ergo ad beatam vitam praecepta sufficiunt'

Non semper ad actiones rectas praecepta perducunt, sed cum obsequens ingenium est; aliquando frustra admoventur, si animum opiniones obsident pravae
Spesso vogliamo una cosa e ne chiediamo un'altra e non diciamo la verità neppure agli dèi, ma gli dèi o non ci esaudiscono o hanno compassione di noi Io non avrò pietà e mi vendicherò infliggendoti una lunga lettera

Se la leggerai mal volentieri, di': Me lo sono tirato addosso io questo disastro Fa' conto di essere uno di quegli uomini che hanno sposato una donna dopo averla corteggiata a lungo e adesso lei li tormenta; di quelli che hanno sudato per raggiungere la ricchezza e ora vivono male; di quelli che hanno puntato alle cariche pubbliche con ogni intrigo e con ogni mezzo e ora ne sono torturati, e di tutti gli altri, colpevoli dei propri mali

Ma lasciamo da parte ogni preambolo ed entriamo in argomento

La felicità, sostengono, si basa sull'agire onestamente; alle azioni oneste ci portano i precetti; quindi i precetti bastano per arrivare alla felicità

Non sempre i precetti ci portano ad agire onestamente, ma solo se trovano un carattere docile; a volte è inutile impartirli, se l'animo è ingombro di idee distorte
Deinde etiam si recte faciunt, nesciunt facere se recte

Non potest enim quisquam nisi ab initio formatus et tota ratione compositus omnis exsequi numeros ut sciat quando oporteat et in quantum et cum quo et quemadmodum et quare

Non potest toto animo ad honesta conari, ne constanter quidem aut libenter, sed respiciet, sed haesitabit

'Si honesta' inquit 'actio ex praeceptis venit, ad beatam vitam praecepta abunde sunt: atqui est illud, ergo et hoc

' His respondebimus actiones honestas et praeceptis fieri, non tantum praeceptis

'Si aliae' inquit 'artes contentae sunt praeceptis, contenta erit et sapientia; nam et haec ars vitae est
Inoltre, certi individui, anche se agiscono rettamente, non ne sono consapevoli

Nessuno, a meno che non sia educato dall'inizio e regolato dalla ragione perfetta, può adempiere a tutte le regole per sapere quando è opportuno agire, in che limiti, con chi, come e perché

Non può tendere all'onestà con tutte le sue forze e neppure con costanza o volentieri, ma si volterà indietro e avrà delle esitazioni

Se le azioni oneste sono frutto dei precetti, dicono, questi sono più che sufficienti per arrivare alla felicità: la prima proposizione è vera, quindi, è vera anche la seconda A costoro risponderemo che le azioni oneste sono frutto dei precetti, ma non solo di essi

Se alle altre arti bastano i precetti, essi basteranno anche alla saggezza; anche questa è un'arte, l'arte della vita

Ora, il pilota lo forma chi gli insegna: 'Il timone muovilo così, così ammaina le vele, in questo modo utilizza il vento favorevole, resisti a quello contrario, sfrutta quello variabile e incostante

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Atqui gubernatorem facit ille qui praecipit sic move gubernaculum, sic vela summitte, sic secundo vento utere, sic adverso resiste, sic dubium communemque tibi vindica

Alios quoque artifices praecepta conformant; ergo in hoc idem poterunt artifice vivendi

' Omnes istae artes circa instrumenta vitae occupatae sunt, non circa totam vitam; itaque multa illas inhibent extrinsecus et inpediunt, spes, cupiditas, timor

At haec quae artem vitae professa est nulla re quominus se exerceat vetari potest; discutit enim inpedimenta et iactat obstantia

Vis scire quam dissimilis sit aliarum artium condicio et huius in illis excusatius est voluntate peccare quam casu, in hac maxima culpa est sponte delinquere

Quod dico tale est
' I precetti formano anche gli uomini dediti alle altre arti, pertanto avranno lo stesso effetto su chi si occupa dell'arte del vivere

Tutte queste arti si occupano dei mezzi per vivere, non della vita nella sua interezza; ci sono, perciò molti fattori esterni che le impediscono e le ostacolano: la speranza, la cupidigia, il timore

Ma alla saggezza, che esercita l'arte della vita, niente vieta di mettere in atto se stessa; essa abbatte ogni impedimento e rimuove tutti gli ostacoli

Vuoi sapere quanto è diversa la condizione delle altre arti rispetto alla saggezza

Nelle arti è più giustificabile un errore volontario che uno casuale; nella saggezza la colpa più grave è sbagliare volontariamente

Le cose stanno proprio così
Grammaticus non erubescet soloecismo si sciens fecit, erubescet si nesciens; medicus si deficere aegrum non intellegit, quantum ad artem magis peccat quam si se intellegere dissimulat: at in hac arte vivendi turpior volentium culpa est

Adice nunc quod artes quoque pleraeque -- immo ex omnibus liberalissimae -- habent decreta sua, non tantum praecepta, sicut medicina; itaque alia est Hippocratis secta, alia Asclepiadis, alia Themisonis

Praeterea nulla ars contemplativa sine decretis suis est, quae Graeci vocant dogmata, nobis vel decreta licet appellare vel scita vel placita; quae et in geometria et in astronomia invenies

Philosophia autem et contemplativa est et activa: spectat simul agitque

Erras enim si tibi illam putas tantum terrestres operas promittere: altius spirat
Un erudito non arrossisce di un solecismo se l'ha fatto consapevolmente, ma arrossisce se è un errore inconsapevole; un medico, se non capisce che l'ammalato sta morendo, è professionalmente più colpevole che se finge di non capire; ma in quest'arte della vita, la colpa volontaria è più spregevole

E poi, anche gran parte delle arti - e in particolare quelle più liberali, come, ad esempio, la medicina - hanno, oltre alla precettistica, i loro princìp teorici; perciò le sette di Ippocrate, di Asclepiade, di Temisone sono diverse tra loro

Inoltre, non c'è scienza teoretica che non abbia princìp propri: i Greci li chiamano dogmata, noi decreta, scita o placita e li trovi anche in geometria e in astronomia

La filosofia è teoretica e pratica insieme: osserva e contemporaneamente agisce

Sbagli se pensi che riguardi solo le attività terrene: vive in una sfera più alta

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'Totum' inquit 'mundum scrutor nec me intra contubernium mortale contineo, suadere vobis aut dissuadere contenta: magna me vocant supraque vos posita

Nam tibi de summa caeli ratione deumque disserere incipiam et rerum primordia pandam, unde omnis natura creet res, auctet alatque, quoque eadem rursus natura perempta resolvat, ut ait Lucretius

' Sequitur ergo ut, cum contemplativa sit, habeat decreta sua

Quid quod facienda quoque nemo rite obibit nisi is cui ratio erit tradita qua in quaque re omnis officiorum numeros exsequi possit quos non servabit qui in rem praecepta acceperit, non in omne

Inbecilla sunt per se et, ut ita dicam, sine radice quae partibus dantur

Decreta sunt quae muniant, quae securitatem nostram tranquillitatemque tueantur, quae totam vitam totamque rerum naturam simul contineant
Scruto l'universo intero, afferma, e non mi limito alle relazioni umane, contentandomi di consigliare o dissuadere: mi chiamano problemi grandi, al di sopra di voi

Comincerò a trattare della suprema essenza del cielo e degli dèi e svelerò i primordi dell'universo; da dove la natura crei tutte le cose, le accresca e le alimenti, e in che cosa, annientandole, di nuovo le dissolva,così scrive Lucrezio

Ne consegue che, essendo un'attività teoretica, la filosofia ha princìp propri

E poi, a un lavoro può attendere convenientemente solo chi avrà imparato il metodo per eseguire tutte le funzioni necessarie in ogni circostanza; ma se uno ha ricevuto insegnamenti particolari e non generali, non potrà adempiervi

I precetti particolari sono di per sé inefficaci e, per così dire, senza radici

A premunirci, a tutelare la nostra quiete e tranquillità sono i princìp generali: essi comprendono la vita intera e l'intera natura delle cose
Hoc interest inter decreta philosophiae et praecepta quod inter elementa et membra: haec ex illis dependent, illa et horum causae sunt et omnium

'Antiqua' inquit 'sapientia nihil aliud quam facienda ac vitanda praecepit, et tunc longe meliores erant viri: postquam docti prodierunt, boni desunt; simplex enim illa et aperta virtus in obscuram et sollertem scientiam versa est docemurque disputare, non vivere

' Fuit sine dubio, ut dicitis, vetus illa sapientia cum maxime nascens rudis non minus quam ceterae artes quarum in processu subtilitas crevit

Sed ne opus quidem adhuc erat remediis diligentibus

Nondum in tantum nequitia surrexerat nec tam late se sparserat: poterant vitiis simplicibus obstare remedia simplicia

Nunc necesse est tanto operosiora esse munimenta quanto vehementiora sunt quibus petimur
Tra i princìp della filosofia e i precetti intercorre la stessa differenza che tra gli elementi e le parti di un organismo: queste dipendono dai primi che sono causa di esse e di tutte le cose

L'antica saggezza, obiettano, indicava solo le azioni da compiere e quelle da evitare e a quel tempo gli uomini erano di gran lunga migliori: da quando sono comparsi i dotti, i buoni non ci sono più; quella virtù semplice e chiara si è mutata in una scienza oscura e scaltra: impariamo a discutere, non a vivere

Quell'antica saggezza, soprattutto ai suoi inizi, fu senza dubbio, come dite voi, rozza, come le altre scienze, che nel processo di evoluzione si sono poi affinate

Ma ancòra non c'era il bisogno di studiati rimedi

La malvagità non era ancòra arrivata a tanto, non si era diffusa così ampiamente: i vizi erano semplici e si poteva combatterli con rimedi semplici

Ora le difese devono essere tanto più efficaci quanto più violento è l'attacco

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Medicina quondam paucarum fuit scientia herbarum quibus sisteretur fluens sanguis, vulnera coirent; paulatim deinde in hanc pervenit tam multiplicem varietatem

Nec est mirum tunc illam minus negotii habuisse firmis adhuc solidisque corporibus et facili cibo nec per artem voluptatemque corrupto: qui postquam coepit non ad tollendam sed ad inritandam famem quaeri et inventae sunt mille conditurae quibus aviditas excitaretur, quae desiderantibus alimenta erant onera sunt plenis
La medicina un tempo consisteva nel conoscere poche erbe per far coagulare il sangue e rimarginare le ferite; poi, a poco a poco, è arrivata all'odierna molteplicità di branche

E non c'è da meravigliarsi che avesse meno da fare allora, quando l'organismo dell'uomo era ancora sano e robusto e il vitto semplice e non alterato dagli artifici e dal piacere: in séguito si cominciò a ricercare il cibo non per soddisfare la fame, ma per stuzzicarla, e si sono escogitati mille condimenti per eccitare l'avidità: quelli che erano alimento per un ventre digiuno, sono un peso per un ventre pieno
Inde pallor et nervorum vino madentium tremor et miserabilior ex cruditatibus quam ex fame macies; inde incerti labantium pedes et semper qualis in ipsa ebrietate titubatio; inde in totam cutem umor admissus distentusque venter dum male adsuescit plus capere quam poterat; inde suffusio luridae bilis et decolor vultus tabesque in se putrescentium et retorridi digiti articulis obrigescentibus nervorumque sine sensu iacentium torpor aut palpitatio corporum sine intermissione vibrantium

Quid capitis vertigines dicam

quid oculorum auriumque tormenta et cerebri exaestuantis verminationes et omnia per quae exoneramur internis ulceribus adfecta

Innumerabilia praeterea febrium genera, aliarum impetu saevientium, aliarum tenui peste repentium, aliarum cum horrore et multa membrorum quassatione venientium

Quid alios referam innumerabiles morbos, supplicia luxuriae
Da qui il pallore e il tremito nervoso degli alcolizzati e la magrezza dovuta alle indigestioni, più miserevole di quella per fame; da qui l'incedere incerto e malfermo e il barcollare continuo, come in piena ubriachezza; il sudore a rivoli su tutta la pelle, il ventre rigonfio per la cattiva abitudine di ingurgitare oltre misura; e poi l'itterizia, il volto pallido, il decomporsi degli organi che si putrefanno, le dita rinsecchite per l'irrigidimento delle articolazioni, il torpore dei nervi divenuti insensibili o il loro tremito continuo

E che dire dei capogiri

Dei dolori lancinanti agli occhi e alle orecchie, delle fitte del cervello in fiamme, delle ulcere agli intestini

E ancòra, degli innumerevoli tipi di febbre, alcune violente, altre insinuanti e subdole, altre che si manifestano con brividi e forte tremore

Ma perché elencare le numerosissime malattie, con cui si paga la dissolutezza

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Immunes erant ab istis malis qui nondum se delicis solverant, qui sibi imperabant, sibi ministrabant

Corpora opere ac vero labore durabant, aut cursu defatigati aut venatu aut tellure versanda; excipiebat illos cibus qui nisi esurientibus placere non posset

Itaque nihil opus erat tam magna medicorum supellectile nec tot ferramentis atque puxidibus

Simplex erat ex causa simplici valetudo: multos morbos multa fericula fecerunt

Vide quantum rerum per unam gulam transiturarum permisceat luxuria, terrarum marisque vastatrix

Necesse est itaque inter se tam diversa dissideant et hausta male digerantur aliis alio nitentibus

Nec mirum quod inconstans variusque ex discordi cibo morbus est et illa ex contrariis naturae partibus in eundem conpulsa redundant

Inde tam novo aegrotamus genere quam vivimus
Erano immuni da questi mali quegli uomini che non si erano ancòra snervati nei piaceri, che comandavano e servivano se stessi

Irrobustivano il fisico con il lavoro e la fatica vera, stancandosi con la corsa, con la caccia, o arando la terra; e li attendeva un cibo che poteva piacere solo a degli affamati

Perciò non avevano bisogno di tanti arnesi medici, di tanti ferri e vasetti

Le malattie erano semplici e originate da cause semplici: la molteplicità delle portate ha provocato la molteplicità delle malattie

Vedi come la dissolutezza, devastando terra e mare, mescoli una quantità di cose che passano attraverso la gola di uno solo

Perciò sostanze tanto diverse sono necessariamente in contrasto fra loro e, ingoiate, non vengono digerite bene, perché hanno effetti opposti

E non c'è da stupirsi che cibi dissimili causino malattie dal decorso vario e mutevole e che alimenti di natura contraria, cacciati nello stesso ventre, siano rigettati

Perciò le nostre malattie sono nuove, come nuovo è il nostro genere di vita

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