Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 09-10 Parte 02, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 09-10 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 09-10 Parte 02
Maiorem noctis partem in convivio exigebat; usque in horam sextam fere dormiebat: hoc eius erat matutinum

Officium tamen suum, quo tutela urbis continebatur, diligentissime administravit

Huic et divus Augustus dedit secreta mandata, cum illum praeponeret Thraciae, quam perdomuit, et Tiberius proficiscens in Campaniam, cum multa in urbe et suspecta relinqueret et invisa

Puto, quia bene illi cesserat Pisonis ebrietas, postea Cossum fecit urbis praefectum, virum gravem, moderatum, sed mersum vino et madentem, adeo ut ex senatu aliquando, in quem e convivio venerat, oppressus inexcitabili somno tolleretur

Huic tamen Tiberius multa sua manu scripsit quae committenda ne ministris quidem suis iudicabat: nullum Cosso aut privatum secretum aut publicum elapsum est
Passava la maggior parte della notte banchettando; dormiva quasi fino a mezzogiorno; questa era la sua alba

E tuttavia adempì con grande diligenza ai suoi còmpiti che riguardavano la difesa della città

Anche l'imperatore Augusto gli diede incarichi segreti, quando gli affidò il comando della Tracia, che egli riuscì a domare, e lo stesso fece Tiberio che partì per la Campania, lasciando in città una situazione pericolosa e ostile

Secondo me, poiché Pisone, nonostante la sua ubriachezza, gli aveva reso un buon servizio, in sèguito nominò prefetto della città Cosso, uomo serio, moderato, ma dedito al bere e avvinazzato al punto che una volta, sopraffatto da un sonno profondo, fu portato via di peso dal senato, dove si era recato dopo un banchetto

E tuttavia Tiberio gli scrisse di suo pugno molte cose che giudicava di non poter confidare neppure ai suoi ministri: ma Cosso non si lasciò sfuggire nessun segreto su questioni private o pubbliche
Itaque declamationes istas de medio removeamus: 'non est animus in sua potestate ebrietate devinctus: quemadmodum musto dolia ipsa rumpuntur et omne quod in imo iacet in summam partem vis caloris eiectat, sic vino exaestuante quidquid in imo iacet abditum effertur et prodit in medium

Onerati mero quemadmodum non continent cibum vino redundante, ita ne secretum quidem; quod suum alienumque est pariter effundunt

' Sed quamvis hoc soleat accidere, ita et illud solet, ut cum iis quos sciamus libentius bibere de rebus necessariis deliberemus; falsum ergo est hoc quod patrocinii loco ponitur, ei qui soleat ebrius fieri non dari tacitum
Facciamo, perciò piazza pulita di tutte queste vuotaggini: Se uno è schiavo dell'ubriachezza non è padrone di sé: il mosto fermentando fa scoppiare anche le botti e la forza del calore rigetta in alto la feccia del fondo, così il vino ribolle dentro di noi e porta fuori, rivelandolo a tutti, ogni più intimo segreto

Chi è gonfio di vino non riesce a trattenere il cibo poiché il vino trabocca, allo stesso modo non trattiene neppure i segreti; mette fuori i suoi e quelli degli altri

Ma nonostante le cose vadano in genere così, accade anche che su questioni importanti ci consigliamo con persone notoriamente dedite al bere; è, dunque, falsa l'affermazione fatta per difendere Zenone che a un ubriacone non si confida un segreto
Quanto satius est aperte accusare ebrietatem et vitia eius exponere, quae etiam tolerabilis homo vitaverit, nedum perfectus ac sapiens, cui satis est sitim extinguere, qui, etiam si quando hortata est hilaritas aliena causa producta longius, tamen citra ebrietatem resistit

Nam de illo videbimus, an sapientis animus nimio vino turbetur et faciat ebriis solita: interim, si hoc colligere vis, virum bonum non debere ebrium fieri, cur syllogismis agis

Dic quam turpe sit plus sibi ingerere quam capiat et stomachi sui non nosse mensuram, quam multa ebrii faciant quibus sobrii erubescant, nihil aliud esse ebrietatem quam voluntariam insaniam

Extende in plures dies illum ebrii habitum: numquid de furore dubitabis

nunc quoque non est minor sed brevior
Quanto sarebbe meglio accusare apertamente l'ubriachezza e metterne in luce i vizi: anche un uomo normale dovrebbe evitarli, e a maggior ragione l'uomo compiutamente saggio; a lui basta togliersi la sete e anche se a volte è spinto a bere da un'allegria che si protrae non per sua volontà, si ferma prima di ubriacarsi

Vedremo in seguito se il bere eccessivo turba l'animo del saggio e se lo porta ad agire come gli ubriachi: intanto se vuoi arrivare alla conclusione che un uomo onesto non deve ubriacarsi, perché vai avanti a forza di sillogismi

Di' piuttosto come è vergognoso ingoiare più di quanto si può contenere, e non conoscere la capienza del proprio stomaco, quanti spropositi che fanno arrossire le persone sobrie commettono gli ubriachi: l'ubriachezza non è altro che una pazzia volontaria

Il comportamento di un ubriaco prolungalo per diversi giorni: dubiterai che si tratti di pazzia

Anche l'ubriachezza momentanea è la stessa cosa, solo più breve

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 16
Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 16

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 16

Refer Alexandri Macedonis exemplum, qui Clitum carissimum sibi ac fidelissimum inter epulas transfodit et intellecto facinore mori voluit, certe debuit

Omne vitium ebrietas et incendit et detegit, obstantem malis conatibus verecundiam removet; plures enim pudore peccandi quam bona voluntate prohibitis abstinent

Ubi possedit animum nimia vis vini, quidquid mali latebat emergit

Non facit ebrietas vitia sed protrahit: tunc libidinosus ne cubiculum quidem expectat, sed cupiditatibus suis quantum petierunt sine dilatione permittit; tunc inpudicus morbum profitetur ac publicat; tunc petulans non linguam, non manum continet

Crescit insolenti superbia, crudelitas saevo, malignitas livido; omne vitium laxatur et prodit
Fai l'esempio di Alessandro Magno: durante un banchetto trafisse Clito, il suo più caro e fedele amico; quando si rese conto del suo delitto, voleva morire e certo avrebbe dovuto farlo

L'ubriachezza esaspera e mette a nudo tutti i vizi, cancella il pudore che fa da freno ai cattivi impulsi; è la vergogna di fare il male più che la buona volontà a distogliere la maggior parte degli uomini da azioni illecite

Quando l'animo è in preda all'effetto violento del vino, tutta la malvagità nascosta emerge

L'ubriachezza non origina i vizi, ma li mette in luce: è allora che l'uomo libidinoso non aspetta nemmeno di entrare in camera da letto, ma soddisfa subito le sue voglie; che l'impudico rivela apertamente i suoi istinti morbosi; che l'insolente non tiene più a freno la lingua e le mani

Cresce la superbia dell'arrogante, la crudeltà del violento, la malevolenza dell'invidioso; ogni vizio viene fuori ingigantito
Adice illam ignorationem sui, dubia et parum explanata verba, incertos oculos, gradum errantem, vertiginem capitis, tecta ipsa mobilia velut aliquo turbine circumagente totam domum, stomachi tormenta cum effervescit merum ac viscera ipsa distendit

Tunc tamen utcumque tolerabile est, dum illi vis sua est: quid cum somno vitiatur et quae ebrietas fuit cruditas facta est

Cogita quas clades ediderit publica ebrietas: haec acerrimas gentes bellicosasque hostibus tradidit, haec multorum annorum pertinaci bello defensa moenia patefecit, haec contumacissimos et iugum recusantes in alienum egit arbitrium, haec invictos acie mero domuit
C'è, inoltre, uno stato di incoscienza, un modo di esprimersi incerto e confuso, lo sguardo velato, il passo incerto, i giramenti di testa, l'ondeggiare del tetto come se un vortice facesse girare tutta la casa, il mal di stomaco, quando il vino fermenta e gonfia le viscere

E tuttavia è in qualche modo tollerabile, quando manifesta il suo effetto naturale: ma che dire quando il vino è guastato dal sonno e l'ubriachezza diventa indigestione

Pensa quali sventure ha generato l'ubriachezza di un popolo: ha consegnato ai nemici genti fiere e bellicose, ha aperto un varco in mura difese per molti anni con una lotta ostinata, ha assoggettato al dominio straniero popoli superbi e insofferenti di ogni dominazione, grazie al vino ha domato uomini invincibili in guerra

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 03-04 Parte 03

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 03-04 Parte 03

Alexandrum, cuius modo feci mentionem, tot itinera, tot proelia, tot hiemes per quas victa temporum locorumque difficultate transierat, tot flumina ex ignoto cadentia, tot maria tutum dimiserunt: intemperantia bibendi et ille Herculaneus ac fatalis scyphus condidit

Quae gloria est capere multum

cum penes te palma fuerit et propinationes tuas strati somno ac vomitantes recusaverint, cum superstes toti convivio fueris, cum omnes viceris virtute magnifica et nemo vini tam capax fuerit, vinceris a dolio

M Antonium, magnum virum et ingeni nobilis, quae alia res perdidit et in externos mores ac vitia non Romana traiecit quam ebrietas nec minor vino Cleopatrae amor
Alessandro, che ho nominato or ora, superò senza pericolo tante marce, tante battaglie, inverni trascorsi vincendo le avverse condizioni climatiche e ambientali, tanti fiumi dalle sorgenti ignote, tanti mari: ma l'intemperanza nel bere e quella fatale coppa di Ercole lo mandarono sotto terra

Che gloria ci può essere nel reggere bene grandi quantità di vino

Quando avrai nelle tue mani la palma della vittoria e i commensali vinti dal sonno, vomitando, rifiuteranno i tuoi inviti a bere, quando sarai l'unico superstite dell'intero banchetto, quando avrai stroncato tutti con questa magnifica prova di valore e nessuno sarà stato in grado di bere tanto vino, sarai vinto da una botte

M Antonio, grande uomo e di nobile ingegno, che altro lo mandò in rovina e lo trascinò ad abitudini straniere e a vizi sconosciuti ai Romani, se non l'ubriachezza e l'amore per Cleopatra, non meno funesto del vino
Haec illum res hostem rei publicae, haec hostibus suis inparem reddidit; haec crudelem fecit, cum capita principum civitatis cenanti referrentur, cum inter apparatissimas epulas luxusque regales ora ac manus proscriptorum recognosceret, cum vino gravis sitiret tamen sanguinem

Intolerabile erat quod ebrius fiebat cum haec faceret: quanto intolerabilius quod haec in ipsa ebrietate faciebat

Fere vinolentiam crudelitas sequitur; vitiatur enim exasperaturque sanitas mentis

Quemadmodum difficilesque faciunt diutini morbi et ad minimam rabidos offensionem, ita ebrietates continuae efferant animos; nam cum saepe apud se non sint, consuetudo insaniae durat et vitia vino concepta etiam sine illo valent

Dic ergo quare sapiens non debeat ebrius fieri; deformitatem rei et inportunitatem ostende rebus, non verbis
Questo lo rese nemico della patria e inferiore ai suoi nemici; questo lo rese crudele: gli venivano portate, mentre cenava, le teste dei notabili della città e riconosceva il volto e le mani dei proscritti sedendo a tavole riccamente imbandite, tra un lusso regale, e gonfio di vino aveva ancora sete di sangue

Era intollerabile che si ubriacasse mentre commetteva queste atrocità: ma quanto più intollerabile ancora che le commettesse mentre era ubriaco

Il vizio del bere porta di solito alla crudeltà; un animo sano viene corrotto e inasprito

Le lunghe malattie rendono gli uomini intrattabili, irritabili e furiosi per ogni più piccola offesa: così un continuo stato di ubriachezza abbrutisce gli animi; poiché gli ubriachi sono spesso fuori di sé, questo stato di demenza diventa costante e i vizi derivanti dal vino perdurano anche senza i suoi effetti

Spiega, allora, perché il saggio non deve ubriacarsi; mostra a fatti, non a parole, l'infamia e la brutalità di questo vizio

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Quod facillimum est, proba istas quae voluptates vocantur, ubi transcenderunt modum, poenas esse

Nam si illud argumentaberis, sapientem multo vino non inebriari et retinere rectum tenorem etiam si temulentus sit, licet colligas nec veneno poto moriturum nec sopore sumpto dormiturum nec elleboro accepto quidquid in visceribus haerebit eiecturum deiecturumque

Sed si temptantur pedes, lingua non constat, quid est quare illum existimes in parte sobrium esse, in parte ebrium

Vale

Prova, ti sarà facilissimo, che i cosiddetti piaceri, quando passano la misura, diventano sofferenze

Se cercherai di dimostrare con cavilli che il saggio non si ubriaca anche bevendo molto vino e può condurre una vita onesta anche se è un ubriacone, potrai concludere che non morirà se beve un veleno, non dormirà se ingerisce un sonnifero, e non vomiterà quello che ha nello stomaco, se prenderà l'elleboro

Ma se i piedi sono incerti, se la lingua balbetta, come puoi ritenerlo in parte sobrio e in parte ubriaco

Stammi bene

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