[31] Ibi permisso [ut] seu dicere prius seu audire mallet, ita coepit tyrannus: 'si ipse per me, T Quincti vosque qui adestis, causam excogitare cur mihi aut indixissetis bellum aut inferretis possem, tacitus eventum fortunae meae expectassem: nunc imperare animo nequivi quin, priusquam perirem, cur periturus essem scirem Et hercules, si tales essetis quales esse Carthaginienses fama est, apud quos nihil societatis fides sancti haberet, in me quoque vobis quid faceretis minus pensi esse non mirarer Nunc cum vos intueor, Romanos esse video, qui rerum divinarum foedera, humanarum fidem socialem sanctissimam habeatis; cum me ipse respexi, eum esse spero cui et publice, sicut ceteris Lacedaemoniis, vobiscum vetustissimum foedus sit et meo nomine privatim amicitia ac societas, nuper Philippi bello renovata |
[31] Qui si lasciò scegliere al tiranno se parlare per primo o ascoltare, ed egli comininciò : Se io avessi potuto, o Tito Quinzio e voi che siete qui, immaginare d me uni otivo per cui mi doveste dichiarare o muovere guerra, vrei atteso senza dir nulla il compiersi della mia sorte;ma non sono riuscito ad impedirmi di voler sapere, prima di morire, perché dovessi morire E, per Ercole, se voi foste quali dicono siano i Cartaginesi, presso i quali non: è alcun rispetto per la santità delle alleanze, non mi meraviglierei che il vostro comportamento presso di me fosse privo di scrupoli Ma quando vi guardo vedo che voi siete quei Romani che ritenete sacrosanti i patti con gli dèi ugualmente sacrosanto il rispetto delle alleanze con gli uomini; quando guardo me stesso spero di essere quello i col quale, insieme a tutti gli Spartani, avete sia un antichissimo patto sia una personale amicizia e alleanza recentemente rinnovata nella guerra contro Filippo |
At enim ego eam violavi et everti, quod Argivorum civitatem teneo Quomodo hoc tuear Re an tempore Res mihi duplicem defensionem praebet; nam et ipsis vocantibus ac tradentibus urbem eam accepi, non occupavi, et accepi urbem cum Philippi partium non in vestra societate esset Tempus autem eo me liberat quod, cum iam Argos haberem, societas mihi vobiscum convenit et ut vobis mitterem ad bellum auxilia, non ut Argis praesidium deducerem pepigistis At hercule in ea controversia quae de Argis est superior sum et aequitate rei, quod non vestram urbem sed hostium, quod volentem non vi coactam accepi, et vestra confessione, quod in condicionibus societatis Argos mihi reliquistis |
Ma certo io ho violato tale alleanza e la ho distrutta, per il fatto di occupare la città degli Argivi Come difendermi da questa accusa Con il fatto in sé o con le circostanze di tempo Il fatto mi offre una duplice linea di difesa: ho ricevuto quella città, non lho occupata, e gli stessi cittadini mi hanno chiamato e me lhanno consegnata, e poi ho ricevuto la città quando era dalla parte di Filippo, non vostra alleata Le circostanze di tempo mi scagionano per il fatto che io ero già in possesso cli Argo quando conclusi lalleanza con voi; e voi poneste come condizione che io vi mandassi aiuti per la guerra, non che ritirassi la guarnigione da Argo Ma allora per Ercole dalla discussione su Argo io esco vittorioso sia per la giustizia del mio atto, dato che ho ricevuto una città che non era vostra ma dei nemici, che mi si è consegnata volontariamente, non costretta a forza, sia per vostra ammissione, perché nel patto di alleanza mi avete lasciato Argo |
Ceterum nomen tyranni et facta me premunt, quod servos ad libertatem voco, quod in agros inopem plebem deduco De nomine hoc respondere possum me, qualiscumque sum, eundem esse qui fui cum tu ipse mecum, T Quincti, societatem pepigisti Tum me regem appellari a vobis memini: nunc tyrannum vocari video Itaque si ego nomen imperii mutassem, mihi meae inconstantiae, cum vos mutetis, vobis vestrae reddenda ratio est Quod ad multitudinem servis liberandis auctam et egentibus divisum agrum attinet, possum quidem et in hoc me iure temporis tutari: iam feceram haec, qualiacumque sunt, cum societatem mecum pepigistis et auxilia in bello adversus Philippum accepistis; sed si nunc ea fecissem, non dico quid in eo vos laesissem aut vestram amicitiam violassem |
Ho però contro di me il nome di tiranno e le mie azioni, perché chiamo i servi a libertà, perché mando la plebe indigente a colonizzare le campagne Quanto al nome posso rispondere questo, che io, in qualunque modo mi si voglia giudicare, sono tale quale ero quando proprio tu, Tito Quinzio, concludesti lalleanza con me Mi ricordo che allora mi chiamavate re: ora vedo che sono diventato tiranno Perciò se avessi cambiato io la denomi, nazione del mio potere, dovrei rendere ragione della mia coerenza; poiché invece siete voi a cambiare, dovete rendere ragione voi della vostra Per quel che riguarda laumento della popolazione in conseguenza della liberazione degli schiavi e la distribuzione delle terre ai bisognosi, posso anche in questo difendermi, con la successione cronologica:questi provvedimenti, in qualunque modo li giudichiate,li avevo già presi quando concludeste lalleanza con me ericeveste i miei aiuti nella guerra contro Filippo; ma se li avessi presi ora, non direi In che cosa vi ho danneggiato oppure ho violato la vostra amicizia |
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02 ; 11 - 24
Sed illud, me more atque instituto maiorum fecisse Nolite ad vestras leges atque instituta exigere ea quae Lacedaemone fiunt Nihil comparare singula necesse est Vos a censu equitem, a censu peditem legitis et paucos excellere opibus, plebem subiectam esse illis vultis: noster legum lator non in paucorum manu rem publicam esse voluit, quem vos senatum appellatis, nec excellere unum aut alterum ordinem in civitate, sed per aequationem fortunae ac dignitatis fore credidit ut multi essent qui arma pro patria ferrent Pluribus me ipse egisse quam pro patria sermonis brevitate fateor; et breviter peroratum esse potuit nihil me, postquam vobiscum institui amicitiam, cur eius vos paeniteret commisisse |
Ma invece direi di avere agito secondo la nostra tradizione Non giudicate gli avvenimenti di Sparta secondo le vostre leggi e le vostre usanze Non è affatto necessario paragonarle punto per punto Voi scegliete in base al censo cavalieri efanti e volete che pochi eccellano per la loro potenza e che la plebe sia loro soggetta; il nostro legislatore non ha voluto che la cosa pubblica fosse in mano di pochi, quelli che voi chiamate senato, né che luno o laltro ordine prevalesse nello stato, ma ha pensato che eguagliando fortune e onori molti avrebbero preso le armi in difesa della patria Ammetto di aver parlato troppo a lungo per la nostra tradizionale brevità; avrei potuto dire in breve che da quando conclusi lalleanza con voi non ho fatto nulla per cui doveste pentirvene |
[32] Ad haec imperator Romanus: 'amicitia et societas nobis nulla tecum sed cum Pelope, rege Lacedaemoniorum iusto ac legitimo, facta est, cuius ius tyranni quoque qui postea per vim tenuerunt Lacedaemone imperium, quia nos bella nunc Punica, nunc Gallica, nunc alia ex aliis occupaverant, usurparunt, sicut tu quoque hoc Macedonico bello fecisti Nam quid minus conveniret quam eos qui pro libertate Graeciae adversus Philippum gereremus bellum cum tyranno instituere amicitiam Et tyranno quam qui unquam fuit saevissimo et violentissimo in suos Nobis vero, etiamsi Argos nec cepisses per fraudem nec teneres, liberantibus omnem Graeciam Lacedaemon quoque vindicanda in antiquam libertatem erat atque in leges suas, quarum modo tamquam aemulus Lycurgi mentionem fecisti |
[32] A queste parole il comandante romano rispose: Noi non abbiamo concluso alcuna alleanza con te, ma invece con Pelope, il sovrano legittimo di Sparta, il cui buon diritto fu usurpato dai tiranni che poi tennero con la forza il governo di Sparta perché noi eravamo occupati ora nella guerra contro Cartagine ora in quella contro i Galli ora in altre contro altri popoli, e così hai fatto tu pure adesso, durante questa guerra contro la Macedonia Che cosa ci sarebbe difatti di meno conveniente se noi, dopo aver combattuto contro Filippo per la libertà della Grecia, stringessimo amicizia con un tiranno E col tiranno più crudele e violento contro i suoi che sia mai esistito In verità anche se tu non avessi preso con linganno e non tenessi Argo noi, liberatori di tutta la Grecia, dovevamo restituire anche Sparta allantica libertà e a quelle sue leggi che poco fa, quasi emulo di Licurgo, tu hai ricordato |
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An ut ab Iaso et Bargyliis praesidia Philippi deducantur curae erit nobis, Argos et Lacedaemonem, duas clarissimas urbes, lumina quondam Graeciae, sub pedibus tuis relinquemus quae titulum nobis liberatae Graeciae servientes deforment At enim cum Philippo Argivi senserunt Remittimus hoc tibi ne nostram vicem irascaris Satis compertum habemus duorum aut summum trium in ea re, non civitatis culpam esse, tam hercule quam in te tuoque praesidio accersendo accipiendoque in arcem nihil esse publico consilio actum Thessalos et Phocenses et Locrenses consensu omnium scimus partium Philippi fuisse, tamen cum cetera liberavimus Graecia: quid tandem censes in Argivis, qui insontes publici consilii sint, facturos |
0 forse noi dovremo preoccuparci di far ritirare la guarnigione di Filippo da laso e da Bargiie e lasciare sotto i tuoi piedi Argo e Sparta, due famosissime città, un tempo luce e spien ment dore della Grecia, perché la loro schiavitù offuschi la nostra fama di liberatori deila Grecia Ma tu dici che gli Argivi erano daccordo con Filippo Noi ti dispensiamo dallo sdegnarti in nostra vece Abbiamo chiarito a sufficienza che la colpa, in quella faccenda, fu di due o tre persone al massimo, non dellintera cittadinanza, così come, per Ercole, nel chiamare e far entrare nella rocca te e la tua guarnigione non intervenne affatto una decisione pubblica Sappiamo che per unanime decisione Tessali, Focesi e Locresi si schie tate rarono dalla parte di Filippo, e tuttavia li abbiamo resi liberi col resto della Grecia: che cosa pensi infine faremo nei confronti degli Argivi che, per quanto concerne le decisioni pubbliche, sono senza colpa |
Servorum ad libertatem vocatorum et egentibus hominibus agri divisi crimina tibi obici dicebas, non quidem nec ipsa mediocria; sed quid ista sunt prae iis quae a te tuisque cotidie alia super alia facinora eduntur Exhibe liberam contionem vel Argis vel Lacedaemone, si audire iuvat vera dominationis impotentissimae crimina Ut alia omnia vetustiora omittam, quam caedem Argis Pythagoras iste, gener tuus, paene in oculis meis edidit Quam tu ipse, cum iam prope in finibus Lacedaemoniorum essem Agedum, quos in contione comprehensos omnibus audientibus civibus tuis te in custodia habiturum esse pronuntiasti, iube vinctos produci: miseri parentes quos falso lugent vivere sciant At enim, ut iam ita sint haec, quid ad vos, Romani Hoc tu dicas liberantibus Graeciam |
Dicevi che ti si ascriveva a colpa laver chiamato degli schiavi a libertà e laver diviso i campi tra uomini bisognosi, colpe in realtà non certo lievi; ma che cosa sono queste in confronto a quei delitti che ogni giorno, uno dopo laltro, vengono commessi da te e dai tuoi Facci vedere una libera assemblea ad Argo o a Sparta se vuoi conoscere i veri delitti del tuo dominio privo di qualsiasi moderazione Per tralasciare gli altri più antichi, quale strage non ha compiuto in Argo codesto Pitagora, tuo genero, quasi sotto i miei occhi Quale non hai compiuto tu stesso, quando ero ormai al confine del territorio spartano Orsù, quegli uomini fatti prigionieri durante lassemblea che tu affermasti avresti tenuto in carcere, falli venire in catene: gli infelici genitori che a torto li piangono sappiano che sono vivi Ma forse dirai: Ammesso che le cose stiano come voi affermate, che importa a voi, o Romani Questo tu vorresti dire ai liberatori della Grecia |
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Hoc iis qui ut liberare possent mare traiecerunt, terra marique gesserunt bellum Vos tamen inquis vestramque amicitiam ac societatem proprie non violavi Quotiens vis te id arguam fecisse Sed nolo pluribus: summam rem complectar Quibus igitur rebus amicitia violatur Nempe his maxime duabus, si socios meos pro hostibus habeas, si cum hostibus te coniungas |
Questo a coloro che per poterla libe rar passarono il mare e per mare e per terra guerreggiarono A voi però dirai e alla vostra amicizia non ho recato alcuna offesa Quante volte vuoi che ti dimostri che lo hai fatto Ma non voglio dilungarmi: mi terrò allessenziale In quali modi si può violare unamicizia Evidentemente nei due seguenti, soprattutto: considerare nemici i miei alleati, oppure unirti ai miei nemici |
Utrumque a te factum est; nam et Messenen, uno atque eodem iure foederis quo et Lacedaemonem in amicitiam nostram acceptam, socius ipse sociam nobis urbem vi atque armis cepisti et cum Philippo, hoste nostro, non societatem solum sed, si diis placet, adfinitatem etiam per Philoclen praefectum eius pepigisti et, -ut- bellum adversus nos gerens, mare circa Maleum infestum navibus piraticis fecisti et plures prope cives Romanos quam Philippus cepisti atque occidisti, tutiorque Macedoniae ora quam promunturium Maleae commeatus ad exercitus nostros portantibus navibus fuit Proinde parce, sis, fidem ac iura societatis iactare et omissa populari oratione tamquam tyrannus et hostis loquere |
Tu hai fatto una e laltra cosa; difatti tu, nostro alleato, hai conquistato con la forza delle armi una città nostra alleata, Messene, ammessa nella nostra amicizia allo stesso titolo e con lo stesso patto che Sparta, e con Filippo, nostro nemico, hai pattuito non solo unalleanza, ma anche, in nome degli dèi, un legame di famiglia per mezzo di Filocle, suo prefetto e inoltre, con veri e propri atti di guerra, dopo avere infestato di navi pirate il mare intorno a Malea, hai catturato e ucciso quasi più cittadini romani di quanti non abbia fatto Filippo, tanto che per le navi che portavano i rifornimenti ai nostri eserciti le coste della Macedonia erano più sicure del capo Malea Perciò smettila, per favore, di sbandierare la tua lealtà e i patti di alleanza, lascia in disparte i discorsi demagogici e parla da tiranno e da nemico |
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[33] Sub haec Aristaenus nunc monere Nabim, nunc etiam orare ut dum liceret, dum occasio esset, sibi ac fortunis suis consuleret; referre deinde nominatim tyrannos civitatium finitimarum coepit, qui deposito imperio restitutaque libertate suis non tutam modo sed etiam honoratam inter cives senectutem egissent His dictis in vicem auditisque nox prope diremit conloquium Postero die Nabis Argis se cedere ac deducere praesidium, quando ita Romanis placeret, et captivos et perfugas redditurum dixit; aliud si quid postularent, scriptum ut ederent petiit, ut deliberare cum amicis posset Ita et tyranno tempus datum ad consultandum est et Quinctius sociorum etiam principibus adhibitis habuit consilium |
[33] Dopo queste parole Aristeno si mise ora ad ammonire Nabide, ora anche a scongiurarlo di preoccuparsì di sé e della sua sorte finché gli era consentito, finché ne aveva lopportunità;cominciò poi ad elencare con i loro nomi i tiranni delle città vicine che dopo avere deposto i loro poteri e restituito la libertà ai cittadini avevano trascorso tra di loro una vecchiaia non solo sicura ma anche onorata Mentre così, a turno, parlavano e ascoltavano, limminenza della notte fece interrompere il colloquio Il giorno seguente Nabide disse che avrebbe lasciato Argo e ne avrebbe ritirato il presidio, se così piaceva ai Romani, e avrebbe restituito i prigionieri e i disertori; pregò che altre eventuali richieste gliele presentassero per iscritto perché potesse discuterne con gli amici Così venne concesso al tiranno del tempo per le consultazioni e Quinzio dal canto suo tenne consiglio con lintervento anche dei capi alleati |