Livio, Ab urbe condita: Libro 26; 31-40, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 26; 31-40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 26; 31-40
Carthaginienses quoque Capuae amissae Tarentum captum aequabant, et ut ad moenia urbis Romanae nullo prohibente se peruenisse in gloria ponebant, ita pigebat inriti incepti, pudebatque adeo se spretos ut sedentibus ipsis ad Romana moenia alia porta exercitus Romanus in Hispaniam duceretur

ipsae quoque Hispaniae quo propius spem uenerant tantis duobus ducibus exercitibusque caesis debellatum ibi ac pulsos inde Romanos esse, eo plus ab L Marcio tumultuario duce ad uanum et inritum uictoriam redactam esse indignationis praebebant

ita aequante fortuna suspensa omnia utrisque erant, integra spe, integro metu, uelut illo tempore primum bellum inciperent
Anche i Cartaginesi contrapponevano alla perdita di Capua la presa di Taranto e, se ascrivevano a loro gloria l'essere giunti fin sotto le mura di Roma senza che alcuno lo impedisse, tuttavia sentivano il rammarico della vana impresa e la vergogna di essere stati disprezzati al punto che, mentre essi stavano sotto le mura di Roma, per un'altra porta un esercito romano prendeva la via per la Spagna

Anche la stessa Spagna, quando più i Cartaginesi avevano sperato di concludere la guerra e di cacciarne i Romani dopo aver fatto strage di due così grandi generali' e dei loro eserciti, proprio allora offriva ad essi un più grande motivo di indignazione, perché la loro vittoria era stata resa vana ed inutile per opera di un generale improvvisato, L Marcio

Così, per l'azione equilibratrice della fortuna, da ambedue le parti restavano intatte le speranze ed intatto il timore, come se in quel momento dovessero incominciare per la prima volta la guerra
(38) Hannibalem ante omnia angebat quod Capua pertinacius oppugnata ab Romanis quam defensa ab se multorum Italiae populorum animos auerterat, quos neque omnes tenere praesidiis nisi uellet in multas paruasque partes carpere exercitum quod minime tum expediebat poterat, nec deductis praesidiis spei liberam uel obnoxiam timori sociorum relinquere fidem

praeceps in auaritiam et crudelitatem animus ad spolianda quae tueri nequibat, ut uastata hosti relinquerentur, inclinauit

id foedum consilium cum incepto tum etiam exitu fuit

neque enim indigna patientium modo abalienabantur animi, sed ceterorum etiam; quippe ad plures exemplum quam pertinebat; nec consul Romanus temptandis urbibus sicunde spes aliqua se ostendisset deerat
38 Annibale era soprattutto angosciato dal fatto che Capua, assalita dai Romani più ostinatamente di quanto egli non l'avesse difesa aveva allontanato da lui l'animo di molte popolazioni dellItalia che egli non poteva tenere tutte con guarnigioni, se non voleva frantumare lesercito in molte piccole parti, cosa che non era affatto opportuna; d'altra parte, ritirando i presidi, avrebbe lasciato la fedeltà degli alleati, o aperta alla speranza, o soggetta al timore

L'animo suo, inclinato alla cupidigia ed alla crudeltà, si volse piuttosto a saccheggiare quelle città che non poteva difendere per abbandonare ai nemici solo luoghi devastati

Questo proposito, come fu turpe all'inizio, così apparve funesto per le sue conseguenze

Infatti Annibale si alienava in tal modo, non solo l'animo di coloro che dovevano sopportare tale indegnità, ma anche quello degli altri, poiché l'esempio coinvolgeva un numero maggiore di popoli che non la rovina; il console romano, a sua volta, non tralasciava ogni tentativo per guadagnarsi le città, se da qualche parte s'affacciava una concreta speranza
Salapiae principes erant Dasius et Blattius, Dasius Hannibali amicus; Blattius quantum ex tuto poterat rem Romanam fouebat et per occultos nuntios spem proditionis fecerat Marcello; sed sine adiutore Dasio res transigi non poterat

multum ac diu cunctatus, et tum quoque magis inopia consilii potioris quam spe effectus, Dasium appellabat; at ille, cum ab re auersus, tum aemulo potentatus inimicus, rem Hannibali aperit

arcessito utroque Hannibal cum pro tribunali quaedam ageret mox de Blattio cogniturus, starentque summoto populo accusator et reus, Blattius de proditione Dasium appellat

enimuero ille, uelut in manifesta re, exclamat sub oculis Hannibalis secum de proditione agi
Capi di Salapia erano Dasio e Blattio; Dasio era amico di Annibale, Blattio, invece, per quanto gli era possibile senza pericolo, favoriva l'alleanza romana e per mezzo di emissari segreti aveva dato a Marcello la speranza di poter tramare un tradimento; tuttavia, la cosa non poteva essere condotta ad effetto senza l'aiuto di Dasio

Battio, dopo aver molto e a lungo tergiversato, anche per mancanza di un miglior disegno, più che per la sicura speranza di una riuscita del piano, avvicinò Dasio, costui, sia perché fosse contrario alla cosa, sia perché nemico di colui che gli era rivale in potenza, svelò il piano ad Annibale

Mentre, chiamati dinanzi a sé l'uno e l'altro, Annibale sulla tribuna trattava altre faccende, per esaminare subito dopo il caso di Blattio, e accusatore ed accusato se ne stavano isolati dal popolo, Blattio cercò di spingere Dasio alla diserzione

Costui, invece, si mise a gridare che sotto gli occhi di Annibale si trattava con lui di tradimento

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Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 01-10
Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 01-10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 22; 01-10

Hannibali atque eis qui aderant quo audacior res erat, minus similis ueri uisa est: aemulationem profecto atque odium esse, et id crimen adferri quod, quia testem habere non posset, liberius fingenti esset

ita inde dimissi sunt

nec Blattius ante abstitit tam audaci incepto quam idem obtundendo, docendoque quam ea res ipsis patriaeque salutaris esset, peruicit ut praesidium Punicum quingenti autem Numidae erant Salapiaque traderetur Marcello

nec sine caede multa tradi potuit

longe fortissimi equitum toto Punico exercitu erant

itaque, quamquam improuisa res fuit nec usus equorum in urbe erat, tamen armis inter tumultum captis et eruptionem temptauerunt et, cum euadere nequirent, pugnantes ad ultimum occubuerunt, nec plus quinquaginta ex his in potestatem hostium uiui uenerunt
Ad Annibale ed ai presenti, quanto più la cosa era temeraria, tanto meno apparve verosimile; senza dubbio solo per rivalità e per odio si metteva innanzi questa accusa poiché non poteva avere testimoni, era troppo lasciata allarbitrio di chil'inventava

Così Blattio e Dasio furono licenziati

Blattio non rinunciò ad un piano così audace e, insistendo sulla cosa e dimostrando quanto essa fosse vantaggiosa a loro ed alla patria, ebbe alla fine ragione ed ottenne che il presidio cartaginese, che era di cinquecento Numidi, e Salapia fossero consegnati a Marcello

La resa, tuttavia, non poté avvenire senza strage

I Numidi erano i cavalieri più valorosi di tutto l'esercito cartaginese

Pertanto, benché la resa fosse stata improvvisa e non vi fosse possibilità di servirsi dei cavalli nelle vie della città, tuttavia i Numidi in mezzo alla confusione afferrarono le armi e tentarono una sortita; non potendo, pertanto, uscire, morirono quasi tutti combattendo fino all'ultimo, mentre non più di cinquanta caddero vivi nelle mani dei nemici
plusque aliquanto damni haec ala equitum amissa Hannibali quam Salapia fuit; nec deinde unquam Poenus, quo longe plurimum ualuerat, equitatu superior fuit

(39) Per idem tempus cum in arce Tarentina uix inopia tolerabilis esset, spem omnem praesidium quod ibi erat Romanum praefectusque praesidii atque arcis M Liuius in commeatibus ab Sicilia missis habebant, qui ut tuto praeterueherentur oram Italiae, classis uiginti ferme nauium Regii stabat

praeerat classi commeatibusque D Quinctius, obscuro genere ortus, ceterum multis fortibus factis militari gloria inlustris
La perdita di questo squadrone di cavalleria fu per Annibale molto più grave della perdita di Salapia; né in seguito Annibale ebbe più quella superiorità della cavalleria, in virtù della quale era stato di gran lunga il più forte

39 Verso quel tempo, poiché nella rocca di Taranto la carestia era divenuta intollerabile, il presidio romano ed il capo del presidio e della fortezza, M Livio,' avevano riposto ogni speranza nei rifornimenti mandati dalla Sicilia e, perché le navi-trasporto potessero costeggiare con sicurezza il litorale italico, per proteggere la navigazione era pronta a Reggio una flotta di circa venti navi

A capo della flotta e del carico stava D Quinzio, nato da oscura famiglia, ma ricco di gloria militare per molti atti di valore

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Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 01 - 12

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 03; 01 - 12

primo quinque naues, quarum maximae duae triremes, a Marcello ei traditae erant (habuit): postea rem impigre saepe gerenti tres additae quinqueremes: postremo ipse a sociis Reginisque et a Uelia et a Paesto debitas ex foedere exigendo classem uiginti nauium, sicut ante dictum est, efficit

huic ab Regio profectae classi Democrates cum pari nauium Tarentinarum numero quindecim milia ferme ab urbe ad Sapriportem obuius fuit

uelis tum forte improuidus futuri certaminis Romanus ueniebat; sed circa Crotonem Sybarimque suppleuerat remigio naues, instructamque et armatam egregie pro magnitudine nauium classem habebat; et tum forte sub idem tempus et uenti uis omnis cecidit et hostes in conspectu fuere ut ad componenda armamenta expediendumque remigem ac militem ad imminens certamen satis temporis esset
Egli ebbe dapprima il comando di cinque navi, le più grandi delle quali, due triremi, gli erano state consegnate da Marcello; più tardi, poiché spesso aveva condotto le imprese con molta solerzia, furono aggiunte tre quinqueremi; alla fine egli stesso, reclamando dagli alleati di Reggio, di Velia e di Pesto altre navi che erano dovute secondo il trattato, mise insieme, come abbiam detto, una flotta di venti navi

A questa flotta partita da Reggio, a quindici miglia da Taranto presso Sapriporte, venne incontro Democrate con egual numero di navi tarentine

II Romano veniva a vele spiegate non prevedendo lo scontro che sarebbe avvenuto; ma nei pressi di Crotone e di Sibari aveva rifornito le navi di rematori, disponendo così di una flotta molto bene allestita ed armata in proporzione alla grandezza delle navi; mentre cadeva la forza del vento, in quello stesso momento apparvero i nemici, in modo che D Quinzio ebbe abbastanza tempo per ammainare le vele e preparare rematori e soldati allo scontro imminente
raro alias tantis animis iustae concurrerunt classes, quippe cum in maioris discrimen rei quam ipsae erant pugnarent, Tarentini ut reciperata urbe ab Romanis post centesimum prope annum, arcem etiam liberarent, spe commeatus quoque hostibus si nauali proelio possessionem maris ademissent interclusuros, Romani ut retenta possessione arcis ostenderent non ui ac uirtute, sed proditione ac furto Tarentum amissum

itaque ex utraque parte signo dato cum rostris concurrissent neque retro nauem inhiberent nec dirimi ab se hostem paterentur quam quis indeptus nauem erat ferrea iniecta manu, ita conserebant ex propinquo pugnam ut non missilibus tantum, sed gladiis etiam prope conlato pede gereretur res
Raramente altre flotte regolari si fronteggiarono con tanta violenza, poiché queste combattevano per decidere una contesa la cui importanza superava di molto il valore delle flotte stesse; i Tarentini, infatti, che dopo quasi cento anni avevano ripresa la città ai Romani, per liberare anche la rocca speravano di poter impedire il vettovagliamento del presidio romano, togliendo ai Romani con una battaglia navale il dominio del mare; i Romani, da parte loro, volevano conservare il possesso della fortezza per dimostrare che Taranto era stata perduta non per la forza e il valore dei nemici, ma con l'inganno e con la frode

Pertanto, dato il segnale da ambedue le parti, le navi cozzarono l'una contro l'altra coi rostri; nessuna nave si tirava indietro, né lasciava che il nemico si scostasse dai suoi fianchi, ma, lanciato una specie di artiglio di ferro contro quella nave che qualcuno riusciva a raggiungere, combattevano a distanza ravvicinata, in modo che non si servivano soltanto dei proiettili, ma colpivano anche con le spade, quasi piede contro piede

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 28; 17 - 19

prorae inter se iunctae haerebant, puppes alieno remigio circumagebantur; ita in arto stipatae erant naues ut uix ullum telum in mari uanum intercideret; frontibus uelut pedestris acies urgebant peruiaeque naues pugnantibus erant

insignis tamen inter ceteras pugna fuit duarum quae primae agminum concurrerant inter se

in Romana naue ipse Quinctius erat, in Tarentina Nico cui Perconi fuit cognomen, non publico modo sed priuato etiam odio inuisus atque infestus Romanis quod eius factionis erat quae Tarentum Hannibali prodiderat

hic Quinctium simul pugnantem hortantemque suos, incautum hasta transfigit
Le prore congiunte saldamente con gli arpioni erano attaccate le une alle altre le poppe erano fatte girare dai rematori delle navi nemiche; così le navi erano stipate in uno spazio talmente ristretto, che a stento qualche dardo cadeva tra una nave e l'altra senza colpire; le schiere si urtavano di fronte come in una battaglia terrestre, mentre le tolde delle navi erano aperte al passaggio dei combattenti

da segnalare, tuttavia, fra gli altri l'episodio di due navi che, prime delle due squadre, si erano scontrate fra loro

Sulla nave romana vi era lo stesso Quinzio, su quella tarentina Nicone; soprannominato Percone, odioso ed ostile ai Romani, non solo per inimicizia pubblica ma anche privata, perché apparteneva a quella fazione che aveva consegnato Taranto ad Annibale

Costui trafisse con l'asta Quinzio mentre era distratto perché stava incitando i suoi alla battaglia
ille ut praeceps cum armis procidit ante proram, uictor Tarentinus in turbatam duce amisso nauem impigre transgressus cum summouisset hostes et prora iam Tarentinorum esset, puppim male conglobati tuerentur Romani, repente et alia a puppe triremis hostium apparuit; ita in medio circumuenta Romana nauis capitur

hinc ceteris terror iniectus uti praetoriam nauem captam uidere, fugientesque passim aliae in alto mersae, aliae in terram remis abreptae mox praedae fuere Thurinis Metapontinisque

ex onerariis quae cum commeatu sequebantur, perpaucae in potestatem hostium uenere; aliae ad incertos uentos hinc atque illinc obliqua transferentes uela, in altum euectae sunt

nequaquam pari fortuna per eos dies Tarenti res gesta
Quinzio cadde in avanti a capofitto con le armi, dinanzi alla prora; il vincitore tarentino, passato prontamente sulla nave disorientata per la perdita del capitano, aveva ricacciato i nemici e già i Tarentini avevano occupato la prora; i Romani, ammassati a poppa, stentavano a difenderla, quando da poppa apparve un'altra trireme nemica; la nave romana, serrata in mezzo, venne presa

Quando gli altri videro catturata la nave del comandante, furono invasi da grande terrore, altre navi che qua e là fuggivano furono affondate in alto mare; altre trascinate a forza di remi verso terra furono presto preda degli abitanti di Turii e di Metaponto

Delle navi da carico che seguivano coi rifornimenti, pochissime vennero in potere del nemico, altre governando la navigazione col serpeggiare qua e là agli incerti venti, furono tratte verso l'alto mare

In quei giorni i combattimenti a Taranto ebbero una sorte ben diversa

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nam ad quattuor milia hominum frumentatum egressa cum in agris passim uagarentur, Liuius qui arci praesidioque Romano praeerat, intentus in omnes occasiones gerendae rei, C Persium impigrum uirum cum duobus milibus et quingentis armatorum ex arce emisit, qui uage effusos per agros palatosque adortus cum diu passim cecidisset, paucos ex multis, trepida fuga incidentes semiapertis portarum foribus, in urbem compulit neque multum afuit quin urbs eodem impetu caperetur

ita aequatae res ad Tarentum, Romanis uictoribus terra, Carthaginiensibus mari

frumenti spes, quae in oculis fuerat, utrosque frustrata pariter
Infatti, mentre circa quattromila Tarentini erano usciti a foraggiare e vagavano qua e là per i campi, Livio che comandava la rocca e il presidio romano, attento a cogliere ogni occasione per combattere, mandò fuori della fortezza con duemilacinquecento soldati C Persio, uomo energico, il quale assalì i Tarentini sparsi qua e là e sbandati per i campi e, dopo averne a lungo fatto strage, di molti che erano ne ricacciò nella città pochi che con fuga affannosa si precipitavano verso le porte semiaperte; poco mancò che in quell'assalto impetuoso anche la città fosse presa

Così presso Taranto la sorte dei combattenti fu pari: i Romani vinsero per terra, i Cartaginesi per mare

Le speranze di un vettovagliamento che sembrava sottomano, furono deluse e per gli uni e per gli altri

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