Campanis in familias singulas decreta facta quae non operae pretium est omnia enumerare: aliorum bona publicanda, ipsos liberosque eorum et coniuges uendendas, extra filias quae enupsissent priusquam in populi Romani potestatem uenirent: alios in uincula condendos ac de iis posterius consulendum: aliorum Campanorum summam etiam census distinxerunt publicanda necne bona essent: pecua captiua praeter equos et mancipia praeter puberes uirilis sexus et omnia quae solo non continerentur restituenda censuerunt dominis | Riguardo ai nobili campani, famiglia per famiglia, si presero delle decisioni che non mette conto di enumerare; fu deliberato che i loro beni fossero confiscati, che i cittadini stessi, i loro figli e le loro mogli fossero venduti come schiavi, eccettuate le figlie che si fossero sposate fuori di Capua, prima che la città venisse in potere dei Romani; altri si dovevano incarcerare in attesa di prendere più tardi dei provvedimenti a loro riguardo; degli altri Campani, si calcolò la somma delle sostanze di ciascuno, per decidere se i loro beni dovessero o no essere confiscati; deliberarono di restituire ai padroni il bestiame preso, tranne i cavalli e gli schiavi e tranne i maschi adulti e tutti i beni mobili |
Campanos omnes Atellanos Calatinos Sabatinos, extra quam qui eorum aut ipsi aut parentes eorum apud hostes essent, liberos esse iusserunt, ita ut nemo eorum ciuis Romanus aut Latini nominis esset, neue quis eorum qui Capuae fuisset dum portae clausae essent in urbe agroue Campano intra certam diem maneret; locus ubi habitarent trans Tiberim qui non contingeret Tiberim daretur: qui nec Capuae nec in urbe Campana quae a populo Romano defecisset per bellum fuissent, eos cis Lirim amnem Romam uersus, qui ad Romanos transissent priusquam Capuam Hannibal ueniret, cis Uolturnum emouendos censuerunt, ne quis eorum propius mare quindecim milibus passuum agrum aedificiumue haberet | Decisero, inoltre, che fossero liberi tutti i Campani, gli Atellani, i Calatini, i Sabatini, eccettuati coloro che, o essi stessi o i loro padri, si trovassero presso il nemico, a condizione, tuttavia, che nessuno di loro fosse cittadino romano o di stirpe latina; deliberarono ancora che nessuno di coloro che erano stati a Capua mentre la città era in guerra coi Romani, rimanesse né in città né nel territoi rio campano oltre un giorno fissato; a loro sarebbe stato assegnato per abitarvi un luogo al di là del Tevere, che però non toccasse il Tevere; stabilirono, inoltre, che coloro che durante la guerra non fossero stati né in Capua né in una città della Campania che si fosse ribellata al popolo romano, si dovessero trasferire a nord del fiume Liri verso Roma; coloro, invece, che erano passati ai Romani prima che Annibale venisse a Capua, si dovevano trasportare al di qua del Volturno; nessuno di loro, tuttavia, avrebbe potuto avere campi e case a meno di quindici miglia dal mare |
qui eorum trans Tiberim emoti essent, ne ipsi posteriue eorum uspiam pararent haberentue nisi in Ueiente Sutrino Nepesinoue agro, dum ne cui maior quam quinquaginta iugerum agri modus esset senatorum omnium quique magistratus Capuae Atellae Calatiae gessissent bona uenire Capuae iusserunt: libera corpora quae uenum dari placuerat Romam mitti ac Romae uenire signa statuas aeneas quae capta de hostibus dicerentur, quae eorum sacra ac profana essent ad pontificum collegium reiecerunt ob haec decreta maestiores aliquanto quam Romam uenerant Campanos dimiserunt; nec iam Q Fului saeuitiam in sese, sed iniquitatem deum atque exsecrabilem fortunam suam incusabant (35) Dimissis Siculis Campanisque dilectus habitus |
Fu deciso, inoltre, che quelli che erano stati trasferiti al di là del Tevere non acquistassero e non possedessero né loro stessi né i loro discendenti alcun terreno se non nel territorio di Veio, di Sutri e di Nepete, a condizione poi che la superficie del campo non superasse i cinquanta iugeri Il senato ordinò altresì che le proprietà di tutti i senatori e di coloro che avevano esercitato magistrature a Capua, Atella e Calazia, fossero vendute in Capua e che tutti gli uomini liberi che dovevano essere messi in vendita, fossero mandati a Roma e qui venduti Le immagini e le statue di bronzo, che si diceva fossero state prese al nemico, furono consegnate al collegio dei pontefici perché questi stabilissero quali fossero sacre e quali profane A causa di tali deliberazioni del senato, i Campani ritornarono a Capua molto più tristi di quanto fossero al loro arrivo a Roma; tuttavia, non se la prendevano già con la crudeltà di Q Fulvio contro di loro, ma contro la malevolenza degli dei e l'implacabilità della sorte 35 Congedati i Siciliani ed i Campani, si fecero le leve |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 01-10
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 22; 01-10
scripto deinde exercitu de remigum supplemento agi coeptum; in quam rem cum neque hominum satis nec ex qua pararentur stipendiumque acciperent pecuniae quicquam ea tempestate in publico esset, edixerunt consules ut priuatim ex censu ordinibusque, sicut antea, remiges darent cum stipendio cibariisque dierum triginta ad id edictum tantus fremitus hominum, tanta indignatio fuit ut magis dux quam materia seditioni deesset: secundum Siculos Campanosque plebem Romanam perdendam lacerandamque sibi consules sumpsisse per tot annos tributo exhaustos nihil reliqui praeter terram nudam ac uastam habere |
Reclutato l'esercito si cominciò a trattare dell'arruolamento suppletivo dei rematori; tuttavia, poiché a questo scopo non vi erano uomini a sufficienza, né, in quel momento, nelle casse dello stato vi era abbastanza denaro per procurarsi i rematori e stipendiarli, i consoli decretarono che i cittadini privati, in proporzione alle loro sostanze e secondo le classi, come si era fatto un'altra volta, fornissero i rematori con lo stipendio e il vettovagliamento per trenta giorni Questa imposizione fece nascere fra i cittadini un'agitazione ed uno sdegno così grandi che, allo scoppio di una ribellione più che la causa mancò un capo; la gente protestava dicendo che i consoli, dopo Siciliani e Campani, avevano intrapreso a mandare in rovina e a tormentare crudelmente anche il popolo di Roma Impoveriti dal contributo straordinario pagato per tanti anni, ai Romani non rimaneva altro che la terra spoglia e devastata |
tecta hostes incendisse, seruos agri cultores rem publicam abduxisse, nunc ad militiam paruo aere emendo, nunc remiges imperando; si quid cui argenti aerisue fuerit, stipendio remigum et tributis annuis ablatum se ut dent quod non habeant nulla ui nullo imperio cogi posse bona sua uenderent; in corpora quae reliqua essent saeuirent; ne unde redimantur quidem quicquam superesse haec non in occulto, sed propalam in foro atque oculis ipsorum consulum ingens turba circumfusi fremebant; nec eos sedare consules nunc castigando, nunc consolando poterant spatium deinde iis tridui se dare ad cogitandum dixerunt; quo ipsi ad rem inspiciendam et expediendam usi sunt |
I nemici avevano incendiato le case; lo stato, a sua volta, aveva portato via gli schiavi coltivatori dei campi, ora comprandoli per il servizio militare a basso prezzo, ora esigendoli come rematori; se v'era qualcuno che possedeva ancora un po' di moneta d'argento o di bronzo, questa gli era stata portata via dalla paga dei rematori e dal contributo annuale Nessuna forza, nessun decreto poteva costringere a dare quello che non avevano Vendessero pure i loro beni, incrudelissero pure contro i loro corpi, che erano ciò che a loro rimaneva; ad essi non restava più nulla neppure per pagare il prezzo del riscatto Queste proteste si levavano da un'immensa folla, non in segreto, ma apertamente nel Foro sotto lo sguardo degli stessi consoli, che non potevano calmarla né con minacce né con benevoli accenti Concedettero al popolo tre giorni perché riflettesse sulla situazione; i consoli stessi impiegarono quel tempo per esaminare la questione e cercare di risolverla |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 01 - 12
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 03; 01 - 12
senatum postero die habuerunt de remigum supplemento; ubi cum multa disseruissent cur aequa plebis recusatio esset, uerterunt orationem eo ut dicerent priuatis id seu aequum seu iniquum onus iniungendum esse; nam unde, cum pecunia in aerario non esset, paraturos nauales socios quomodo autem sine classibus aut Siciliam obtineri aut Italia Philippum arceri posse aut tuta Italiae litora esse (36) Cum in hac difficultate rerum consilium haereret ac prope torpor quidam occupasset hominum mentes, tum Laeuinus consul: magistratus senatui et senatum populo, sicut honore praestet, ita ad omnia quae dura atque aspera essent subeunda ducem debere esse |
Il giorno dopo, il senato tenne una riunione per trattare del supplemento dei rematori; per quanto si facessero molte discussioni nelle quali si riconobbe giustificata l'opposizione del popolo, pure il parere dei senatori si orientò verso la necessità di imporre ai privati cittadini quel tributo, equo od iniquo che fosse: infatti, con che mezzi avrebbero potuto provvedere gli equipaggi essendo vuote le casse dello stato In che modo poi senza navi si sarebbe potuto conservare la Sicilia, tener lontano dall'Italia Filippo e proteggere il litoraleitalico 36 poiché ogni decisione sembrava come incagliata in queste difficoltà e quasi un torpore pareva essersi impadronito dell'animo dei senatori, allora il console Levino dichiarò che, come i magistrati erano superiori in autorità al senato, e questo al popolo, così dovevano essere di guida gli uni agli altri nel sopportare tutti i sacrifici per quanto duri e penosi |
si quid iniungere inferiori uelis, id prius in te ac tuos si ipse iuris statueris, facilius omnes obedientes habeas; nec impensa grauis est, cum ex ea plus quam pro uirili parte sibi quemque capere principum uident itaque si classes habere atque ornare uolumus populum Romanum, priuatos sine recusatione remiges dare, nobismet ipsis primum imperemus |
Se quel dovere che tu vuoi imporre ad un inferiore lo imponi a te per primo e ai tuoi, troverai tutti più facilmente obbedienti; la spesa per i cittadini non diventa gravosa, quando essi vedono che ciascuno dei principali cittadini se ne assume una parte maggiore di quanto gli spetti Pertanto, se vogliamo che il popolo romano possegga e fornisca dei necessario le flotte e che i privati provvedano agli equipaggi senza rifiutarsi, a noi per primi dobbiamo imporre un tributo |
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 28; 17 - 19
aurum argentum aes signatum omne senatores crastino die in publicum conferamus, ita ut anulos sibi quisque et coniugi et liberis, et filio bullam et quibus uxor filiaeue sunt singulas uncias pondo auri relinquant: argenti qui curuli sella sederunt equi ornamenta et libras pondo, ut salinum patellamque deorum causa habere possint: ceteri senatores libram argenti tantum: aeris signati quina milia in singulos patres familiae relinquamus: ceterum omne aurum argentum aes signatum ad triumuiros mensarios extemplo deferamus nullo ante senatus consulto facto, ut uoluntaria conlatio et certamen adiuuandae rei publicae excitet ad aemulandum animos primum equestris ordinis, dein reliquae plebis hanc unam uiam multa inter nos conlocuti consules inuenimus; ingredimini dis bene iuuantibus |
Noi senatori domani stesso dovremo portare all'erario l'oro, l'argento e tutto quanto il denaro, in modo che non rimanga a ciascuno di noi per la sposa e per i figli che un solo anello, al figlio un medaglione e a quelli che hanno moglie e figlie un'oncia' d'oro per ciascuno; coloro che hanno esercitato cariche curuli Possono conservare gli ornamenti d'argento del cavallo e tante libbre d'argento quante bastano per la saliera e il piatto per i sacrifici agli dei; agli altri senatori sarà lasciata solo una libbra d'argento; per il resto tutto l'oro, l'argento, il denaro lo dobbiamo consegnare subito ai triumviri tesorieri senza una particolare deliberazione del senato, perché il contributo volontario e la gara nell'aiutare lo stato stimolino all'emulazione prima i cavalieri, poi il resto del popolo Dopo aver molto discusso tra noi consoli, questa è la sola strada che abbiamo trovato; mettetevi per quella con l'aiuto degli dei |
res publica incolumis et priuatas res facile saluas praestat: publica prodendo tua nequiquam serues in haec tanto animo consensum est ut gratiae ultro consulibus agerentur senatu inde misso pro se quisque aurum argentum et aes in publicum conferunt, tanto certamine iniecto ut prima aut inter primos nomina sua uellent in publicis tabulis esse ut nec triumuiri accipiundo nec scribae referundo sufficerent hunc consensum senatus equester ordo est secutus, equestris ordinis plebs ita sine edicto, sine coercitione magistratus nec remige in supplementum nec stipendio res publica eguit; paratisque omnibus ad bellum consules in prouincias profecti sunt |
La salvezza dello stato è nello stesso tempo la salvezza delle fortune private; se tradirai gli interessi pubblici, tenterai invano di salvare gli interessi Privati A questa proposta tutti consentirono con tale ardore, che spontaneamente ringraziarono i consoli Sciolto quindi il senato, ciascuno, secondo le sue sostanze, portò all'erario l'oro, l'argento, il denaro, facendo sorgere una gara così vivace che ciascuno voleva che il suo nome fosse segnato nei pubblici registri o come primo o tra i primi, tanto che non bastarono né i triumviri per ricevere i doni né gli scrivani per registrare i nomi L'ordine dei cavalieri assecondò l'unanime consenso del senato e il popolo seguì l'esempio dei cavalieri Così, senza decreti, senza alcuna coercizione dei magistrati, la repubblica né mancò di rematori supplementari, né di denaro per pagare gli equipaggi; concluso ogni preparativo di guerra, i consoli partirono per le province |
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 05 - 06
(37) Neque aliud tempus belli fuit quo Carthaginienses Romanique pariter uariis casibus immixti magis in ancipiti spe ac metu fuerint nam Romanis et in prouinciis hinc in Hispania aduersae res, hinc prosperae in Sicilia luctum et laetitiam miscuerant, et in Italia cum Tarentum amissum damno et dolori, tum arx cum praesidio retenta praeter spem gaudio fuit, et terrorem subitum pauoremque urbis Romae obsessae et oppugnatae Capua post dies paucos capta in laetitiam uertit transmarinae quoque res quadam uice pensatae: Philippus hostis tempore haud satis opportuno factus, Aetoli noui adsciti socii Attalusque Asiae rex, iam uelut despondente fortuna Romanis imperium orientis |
37 Non vi fu altro momento della guerra nel quale Cartaginesi e Romani, essendo parimenti mescolate le varie vicende, si trovarono maggiormente in dubbio tra speranza e timore Infatti, per i Romani nelle province, da un lato a causa delle sconfitte nella Spagna, dall'altro per il felice esito delle operazioni in Sicilia, vi fu un alternarsi di lutti e di gioie; in Italia, poi, la perdita di Taranto provocò danno e dolore, ma laver conservato la fortezza col presidio contro ogni speranza fu causa di soddisfazione, limprovviso sgomento ed il terrore che Roma fosse assediata ed assalita dopo pochi giorni sparì per dar luogo alla gioia per la presa di Capua Anche le vicende belliche d'oltre mare erano state come pareggiate da una certa alternativa degli eventi: Filippo, infatti, divenne allora nemico di Roma in un momento tutt'altro che opportuno, mentre si accoglievano come nuovi alleati gli Etoli ed Attalo, re dell'Asia, quasi la fortuna già promettesse aiRomani l'impero d'oriente |