Cicerone, Filippiche: 02; 41-46

Cicerone, Filippiche: 02; 41-46

Latino: dall'autore Cicerone, opera Filippiche parte 02; 41-46
[41] At quam multos dies in ea villa turpissime es perbacchatus

Ab hora tertia bibebatur, ludebatur, vomebatur

O tecta ipsa misera, 'quam dispari domino' (quamquam quo modo iste dominus)

- sed tamen quam ab dispari tenebantur

Studiorum enim suorum M Varro voluit illud, non libidinum deversorium

Quae in illa villa antea dicebantur, quae cogitabantur, quae litteris mandabantur

Iura populi Romani, monimenta maiorum, omnis sapientiae ratio omnisque doctrinae

At vero te inquilino (non enim domino) personabant omnia vocibus ebriorum, natabant pavimenta vino, madebant parietes ingenui pueri cum meritoriis, scorta inter matres familias versabantur

Casino salutatum veniebant, Aquino, Interamna; admissus est nemo
[41] E per quanti giorni in quella villa ti abbando¬nasti alle più impudenti gozzoviglie

Dalle otto del mattino si cominciava a bere avidamente, a giocare, a vomitare

O casa proprio sventurata, ‘da un padrone quanto diverso’ (sennonché, come chiamare costui padrone)

ad ogni modo, da una persona quanto diversa era occupata

Perchè un ritiro per i suoi studi, non già per le sfrenatezze, volle farne M Varrone

Che conversazioni si tenevano prima in quella villa, in quali meditazioni era occupata la mente, che opere si scri¬vevano

Opere di diritto, di antichità romane, di filosofia e di ogni altro ramo del sapere

Quando invece eri tu che la occupavi (non già da pro¬prietario), risuonava dovunque il rumoreggiare degli ubriachi, i pavimenti erano inondati e le pareti bagnate di vino, giovani di buona famiglia erano mescolati con meretrici e madri di famiglia con prostitute

Da Cassino, Equino e Interamna giungevano delegazioni per offrirti i loro omaggi, ma nessuno venne ricevuto
Iure id quidem; in homine enim turpissimo obsolefiebant dignitatis insignia

Cum inde Romam proficiscens ad Aquinum accederet, ob viam ei processit, ut est frequens municipium, magna sane multitudo

At iste operta lectica latus per oppidum est ut mortuus

Stulte Aquinates; sed tamen in via habitabant

Quid Anagnini

Qui cum essent devii, descenderunt, ut istum, tamquam si esset, consul salutarent

Incredibile dictu sed cum vinus inter omnis constabat neminem esse resalutatum, praesertim cum duos secum Anagninos haberet, Mustelam et Laconem, quorum alter gladiorum est princeps, alter poculorum
E davvero a ragione; perché le insegne dell'al¬tissima carica si svilivano in quella sozzura di uomo

Quando poi ritornando a Roma giunse nei pressi di Aquino, dato che quel municipio è assai popoloso, gli si fece incontro una grandissima moltitudine di gente

Costui però attraversò tutto il paese in lettiga chiusa, come un morto

Certamente stolto il comportamento degli Aquinati, ma almeno abitavano proprio lungo la strada maestra

Che dire invece degli abitanti di Anagni

Costoro, pur non trovandosi il loro paese sulla via, scesero per rendere omaggio a costui, come se si trattasse davvero di un console

È incredibile ciò che dirò eppure era risaputo tra tutte le popolazioni dei dintorni che a nessun indirizzo d'omaggio aveva dato un cenno di risposta; e pensare che aveva con lui due cittadini di Anagni, Mustela e Lacone, fomentatore degli sgherri il primo, degli ubriaconi il secondo
Quid ego illas istius minas contumeliasque commemorem, quibus invectus est in Sidicinos, vexavit Puteolanos, quod C Cassium et Brutos patronos adoptassent

Magno quidem studio, iudicio, benivolentia, caritate, non ut te et Basilum vi et armis et alios vestri similes, quos clientis nemo habere velit, non modo illorum cliens esse

[42] Interea dum tu abes, qui dies ille conlegae tui fuit, cum illud, quod venerari solebas, bustum in foro evertit

Qua re tibi nuntiata, ut constabat inter eos, qui una fuerunt, concidisti

Quid evenerit postea nescio; metum credo valuisse et arma; conlegam quidem de caelo detraxisti effecistique non tu quidem etiam nunc, ut similis tui, sed certe ut dissimilis esset sui
E che bisogno c'è che io vi ricordi le minacce e gli insulti con cui si scaraventò contro gli abitanti di Sidicino e calpestò quelli di Pozzuoli perché si erano scelti come patroni delle loro città Gaio Cassio e i Bruti

E invero furono indotti alla scelta da vivo zelo, da un meditato giu¬dizio, da un sentimento di devozione e di affetto, non già sotto la violenta minaccia delle armi, come avviene quando scelgono te e Basilo e altri della vostra stessa risma, che nessuno vorrebbe avere non solo come patroni, ma nemmeno come clienti

[42] Intanto, durante la tua assenza, che giorno di gloria per il tuo collega fu quello in cui fece abbattere nel foro quella colonna che era l'oggetto costante della tua vene¬razione

A questa notizia ti venne un accidente: una cosa nota tra chi stava insieme con te

Cosa accadde successi¬vamente non lo so proprio; forse presero il sopravvento il timore e la minaccia delle armi; certo si è che sei riuscito a trarre giù dal cielo il tuo collega e a farlo, se non proprio uguale a te, almeno finora, certamente diverso da quel che era prima

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Cicerone, Filippiche: 02; 01-05
Cicerone, Filippiche: 02; 01-05

Latino: dall'autore Cicerone, opera Filippiche parte 02; 01-05

Qui vero inde reditus Romam, quae perturbatio totius urbis

Memineramus Cinnam nimis potentem, Sullam postea dominantem, modo Caesarem regnantem videramus

Erant fortasse gladii, sed absconditi nec ita multi

Ista vero quae et quanta barbaria est

Agmine quadrato cum gladiis secuntur, scutorum lecticas portari videmus

Atque his quidem iam inveteratis, patres conscripti, consuetudine obduruimus; Kalendis Iuniis cum in senatum, ut erat constitutum, venire vellemus, metu perterriti repente diffugimus

At iste, qui senatu non egeret, neque desideravit quemquam et potius discessu nostro laetatus est statimque illa mirabilia facinora effecit
Che fu poi il tuo ritorno a Roma, che scompiglio in tutta la città

Era ancora impressa nella nostra memoria l'eccessiva potenza di Cinna e, successivamente, la tirannide di Sulla; avevamo ancora davanti agli occhi il recente dispo¬tismo di Cesare

Delle spade allora c'erano, forse, ma ben nascoste e comunque non numerose

Codesto, invece, che malvagio agire da barbaro che è

Si fa seguire da un reparto armato in formazione di battaglia e passano davanti ai nostri occhi lettighe piene di scudi

E questi, senatori, sono dei mali ormai consolidati, ai quali l'abitudine ci ha fatto fare il callo; quando il 10 giugno avevamo l'intenzione di partecipare alla prefissata seduta del senato, il panico ci ha fatti all'improv¬viso scappar via tutti, chi a destra chi a sinistra

Costui, però, poiché del senato non sentiva nessun bisogno, non la¬mentò l'assenza di nessuno, anzi si rallegrò del nostro allon¬tanamento e si diede subito a compiere le sue mirabili prodezze
Qui chirographa Caesaris defendisset lucri sui causa, is leges Caesaris, easque praeclaras, ut rem publicam concutere posset, evertit

Numerum annorum provinciis prorogavit, idemque, cum actorum Caesaris defensor esse deberet, et in publicis et in privatis rebus acta Caesaris rescidit

In publicis nihil est lege gravius, in privatis firmissimum est testamentum

Leges alias sine promulgatione sustulit, alias ut tolleret, promulgavit

Testamentum irritum fecit, quod etiam infimis civibus semper optentum est

Signa, tabulas, quas populo Caesar una cum hortis legavit, eas hic partim in hortos Pompei deportavit, partim in villam Scipionis
Proprio lui che, per trarne guadagno, si era fatto sostenitore della validità degli appunti autografi di Cesare, eccolo annul¬lare le leggi di Cesare, e per di più le migliori, per poter far vacillare lo stato fin dalle fondamenta

Ha prolungato la durata del governo delle province, inoltre, proprio lui che doveva essere il difensore degli atti di Cesare, gli atti di Cesare li ha aboliti, tanto nell'ambito del diritto pubblico quanto di quello privato

Nell'ambito del diritto pubblico non c'è nulla che abbia più importanza della legge; in quello del diritto privato, l'istituto più solido è quello del testamento

Quanto alle leggi, alcune le ha abrogate senza consultare il popolo, mentre, per abrogarne altre, ne ha pubblicate delle nuove

Quanto al testamento, ne ha abolito ogni effetto; eppure si tratta di un istituto che viene sempre rispettato perfino dalla gente di misera condizione

Le statue e i quadri che Cesare ha insieme con i suoi giardini lasciati al popolo, costui se li è portati via, parte nei giardini di Pompeo e parte nella villa di Scipione

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Cicerone, Filippiche: 02; 21-25
Cicerone, Filippiche: 02; 21-25

Latino: dall'autore Cicerone, opera Filippiche parte 02; 21-25

[43] Et tu in Caesaris memoria diligens, tu illum amas mortuum

Quem is honorem maiorem consecutus erat, quam ut haberet pulvinar, simulacrum, fastigium, flaminem

Est ergo flamen, ut Iovi, ut Marti, ut Quirino, sic divo Iulio M Antonius

Quid igitur cessas

Cur non inauguraris

Sume diem, vide, qui te inauguret; conlegae sumus; nemo negabit

O detestabilem hominem, sive [eo] quod Caesaris sacerdos es sive quod mortui

Quaero deinceps, num, hodiernus dies qui sit, ignores

Nescis heri quartum in Circo diem ludorum Romanorum fuisse

te autem ipsum ad populum tulisse, ut quintus praeterea dies Caesari tribueretur

Cur non sumus praetextati

cur honorem Caesaris tua lege datum deseri patimur
[43] E tu sei pieno di entusiasmo nei riguardi della memoria di Cesare, tu gli vuoi ancora bene ora che è morto

Quale onore aveva egli ottenuto più grande di quello di avere il sacro guanciale, una statua, il frontone e il flamine

C'è dunque il flamine, come per Giove, Marte e Quirino, per il divino Cesare è M Antonio

Perché dunque indugi

Perché non ti fai con¬sacrare

Fissa il giorno, cerca bene chi possa compiere la cerimonia della tua consacrazione: siamo qui noi colleghi e nessuno ti rifiuterà questo favore

Che uomo spregevole che sei, dal momento che sei sacerdote sia di un tiranno sia di un morto

Ed eccoti un'altra domanda ignori che giorno è oggi

Non sai che ieri era il quarto giorno dei giochi romani che si tengono nel circo

che proprio tu hai presentato una legge al popolo per farne aggiungere un quinto consacrato a Cesare

Perché dunque non indossiamo la toga pretesta

perché sopportiamo che si trascuri di rendere a Cesare un onore che gli compete in virtù della tua legge
an supplicationes addendo diem contaminari passus es, pulvinaria noluisti

Aut undique religionem tolle aut usque quaque conserva

Quaeris, placeatne mihi pulvinar esse, fastigium, flaminem

Mihi vero nihil istorum placet; sed tu, qui acta Caesaris defendis, quid potes dicere, cur alia defendas, alia non cures

Nisi forte vis fateri te omnia quaestu tuo, non illius dignitate metiri

Quid ad haec tandem

expecto enim eloquentiam tuam

Disertissimum cognovi avum tuum, at te etiam apertiorem in dicendo

Ille numquam nudus est contionatus, tuum hominis simplicis pectus vidimus

Respondebisne ad haec aut omnino hiscere audebis
Hai forse accettato la profanazione delle solenni supppliche agli dei con l'aggiunta di un giorno e poi ti sei rifiutato di profanare la cerimonia dei sacri cuscini

O elimina sotto ogni aspetto il culto (di Cesare) od osservalo in ogni sua parte

Tu a tua volta vuoi sa¬pere da me se io approvo che Cesare abbia cuscino sacro, frontone e flamine

A dire il vero, di tutto questo non approvo nulla; piuttosto tu, che sei il difensore degli atti di Cesare, potresti dirci la ragione per cui di alcuni atti prendi le difese, mentre di altri non t'importa niente

A meno che tu non voglia dare per scontato che il tuo criterio di giudizio ha come base il tuo tornaconto, non già il prestigio di Cesare

Quale sarà una buona volta la tua risposta a tutte queste domande

Perché sono in attesa della tua parola forbita

Il tuo avo l'ho cono¬sciuto come un grandissimo oratore, ma te ti conosco ancora più

scoperto nel parlare; perché quello nudo il popolo non l'ar¬ringò mai, mentre il tuo petto di uomo al naturale l'abbiamo visto

Darai una risposta a queste mie domande, o avrai anche soltanto la sfrontatezza di aprire bocca

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Cicerone, Filippiche: 03; 01-05
Cicerone, Filippiche: 03; 01-05

Latino: dall'autore Cicerone, opera Filippiche parte 03; 01-05

Ecquid reperies ex tam longa oratione mea, cui te respondere posse confidas

[44] Sed praeterita omittamus: hunc unum diem, unum, inquam, hodiernum diem, hoc punctum temporis, quo loquor, defende, si potes

Cur armatorum corona senatus saeptus est, cur me tui satellites cum gladiis audiunt, cur valvae Concordiae non patent, cur homines omnium gentium maxime barbaros, Ityraeos, cum sagittis deducis in forum

Praesidii sui causa se facere dicit

Non igitur miliens perire est melius quam in sua civitate sine armatorum praesidio non posse vivere

Sed nullum est istud, mihi crede, praesidium; caritate te et benivolentia civium saeptum oportet esse, non armis

Eripiet et extorquebit tibi ista populus Romanus, utinam salvis nobis
Potrai forse trovare in questo mio discorso, che pure è tanto lungo, un solo punto al quale hai fiducia di poter dare una risposta

[44] Ma il passato lasciamolo da parte; di quest'unico giorno, sì, lo ripeto, della giornata odierna, anzi di questo momento in cui sto parlando fa pure la difesa, se te la senti

Per¬ché il senato è circondato da un cordone di armati, perché i tuoi sgherri mi stanno ascoltando con le spade in pugno, perché le porte del tempio della Concordia non sono aperte, perché introduci nel foro, armati di frecce, gli Iturei di cui non c'è gente che sia più barbara

Adduce motivi di difesa personale

Ma non è mille volte meglio morire, piuttosto che non poter vivere nella propria città senza una scorta armata

Codesta scorta, però, non serve a nulla, credimi pure; è l'amore, è l'affetto dei cittadini che dovrebbe costituire la tua scorta, non già le armi

Codeste armi te le toglierà, te le strap¬perà il popolo romano: e vogliano gli dèi assicurarci la sal¬vezza
Sed quoquo modo nobiscum egeris, dum istis consiliis uteris, non potes, mihi crede, esse diuturnus

Etenim ista tua minime avara coniunx, quam ego sine contumelia describo, nimium diu debet populo Romano tertiam pensionem

Habet populus Romanus, ad quos gubernacula rei publicae deferat; qui ubicumque terrarum sunt, ibi omne est rei publicae praesidium vel potius ipsa res publica, quae se adhuc tantum modo ulta est, nondum reciperavit

Habet quidem certe res publica adulescentis nobilissimos paratos defensores

Quam volent illi cedant otio consulentes, tamen a re publica revocabuntur

Et nomen pacis dulce est et ipsa res salutaris, sed inter pacem et servitutem plurimum interest
Però, comunque ti comporterai con noi, finché persi¬sterai in codesti tuoi metodi, non è certo possibile per te, credimi, farla durare ancora a lungo

Perché tua moglie, che non è affatto avara e che definisco così com'è senza avere affatto l'intenzione di farle torto, già da troppo tempo è in debito verso il popolo romano del versamento del terzo tributo

Il popolo romano non manca di uomini a cui affidare il timone dello stato; in qualunque angolo del mondo costoro si tro¬vino, là è ogni sostegno della repubblica, anzi, per meglio dire, là è la repubblica stessa, che fino ad oggi si è solo vendicata, ma non è ancora riuscita a mettersi totalmente in sesto

Certamente, però, essa dispone di giovani della più votata nobiltà pronti a farsi suoi difensori

Si tengano pure in disparte quanto vogliono pensosi come sono della pubblica pace sarà lo stato a richiamarli

Comunque, la parola pace ha un suono dolce e la pace è di per se stessa fonte di vita, ma tra la pace e la schiavitù c'è una distanza immensa

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Pax est tranquilla libertas, servitus postremum malorum omnium non modo bello, sed morte etiam repellendum

Quodsi se ipsos illi nostri liberatores e conspectu nostro abstulerunt, at exemplum facti reliquerunt

Illi, quod nemo fecerat, fecerunt

Tarquinium Brutus bello est persecutus, qui tum rex fuit, cum esse Romae licebat; Sp

Cassius, Sp

Maelius, M Manlius propter suspicionem regni adpetendi sunt necati; hi primum cum gladiis non in regnum adpetentem, sed in regnantem impetum fecerunt

Quod cum ipsum factum per se praeclarum est atque divinum, tum eitum ad imitandum est, praesertim cum illi eam gloriam consecuti sint, quae vix caelo capi posse videatur
La pace è libertà nella tranquillità, la schiavitù è il peggiore di tutti i mali, che va rigettato non solo ricorrendo alla guerra, ma sacrificando addirittura la vita

E se è vero che i nostri liberatori si sono dovuti allontanare dalla nostra vista, hanno almeno lasciato un esempio glorioso

Facendo ciò che mai nessuno aveva fatto prima

Bruto combatté accanitamente contro Tarquinio, che era a Roma re quando monarchica era la forma istituzionale dello stato; Sp

Cassio, Sp

Melio e M Manlio furono giusti¬ziati perché sospettati di desiderare il trono; costoro invece sono stati i primi ad assalire col ferro in pugno non già un aspirante al trono, ma uno che di fatto era già re

Un'impresa che non solo è di per se stessa nobilissima e sovrumana, ma che si offre pure come modello da imitare, tanto più che la gloria da essi conquistata è così grande, che è evidente che solo il cielo può appena appena contenerla

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