[41] At quam multos dies in ea villa turpissime es perbacchatus Ab hora tertia bibebatur, ludebatur, vomebatur O tecta ipsa misera, 'quam dispari domino' (quamquam quo modo iste dominus) - sed tamen quam ab dispari tenebantur Studiorum enim suorum M Varro voluit illud, non libidinum deversorium Quae in illa villa antea dicebantur, quae cogitabantur, quae litteris mandabantur Iura populi Romani, monimenta maiorum, omnis sapientiae ratio omnisque doctrinae At vero te inquilino (non enim domino) personabant omnia vocibus ebriorum, natabant pavimenta vino, madebant parietes ingenui pueri cum meritoriis, scorta inter matres familias versabantur Casino salutatum veniebant, Aquino, Interamna; admissus est nemo |
[41] E per quanti giorni in quella villa ti abbando¬nasti alle più impudenti gozzoviglie Dalle otto del mattino si cominciava a bere avidamente, a giocare, a vomitare O casa proprio sventurata, da un padrone quanto diverso (sennonché, come chiamare costui padrone) ad ogni modo, da una persona quanto diversa era occupata Perchè un ritiro per i suoi studi, non già per le sfrenatezze, volle farne M Varrone Che conversazioni si tenevano prima in quella villa, in quali meditazioni era occupata la mente, che opere si scri¬vevano Opere di diritto, di antichità romane, di filosofia e di ogni altro ramo del sapere Quando invece eri tu che la occupavi (non già da pro¬prietario), risuonava dovunque il rumoreggiare degli ubriachi, i pavimenti erano inondati e le pareti bagnate di vino, giovani di buona famiglia erano mescolati con meretrici e madri di famiglia con prostitute Da Cassino, Equino e Interamna giungevano delegazioni per offrirti i loro omaggi, ma nessuno venne ricevuto |
Iure id quidem; in homine enim turpissimo obsolefiebant dignitatis insignia Cum inde Romam proficiscens ad Aquinum accederet, ob viam ei processit, ut est frequens municipium, magna sane multitudo At iste operta lectica latus per oppidum est ut mortuus Stulte Aquinates; sed tamen in via habitabant Quid Anagnini Qui cum essent devii, descenderunt, ut istum, tamquam si esset, consul salutarent Incredibile dictu sed cum vinus inter omnis constabat neminem esse resalutatum, praesertim cum duos secum Anagninos haberet, Mustelam et Laconem, quorum alter gladiorum est princeps, alter poculorum |
E davvero a ragione; perché le insegne dell'al¬tissima carica si svilivano in quella sozzura di uomo Quando poi ritornando a Roma giunse nei pressi di Aquino, dato che quel municipio è assai popoloso, gli si fece incontro una grandissima moltitudine di gente Costui però attraversò tutto il paese in lettiga chiusa, come un morto Certamente stolto il comportamento degli Aquinati, ma almeno abitavano proprio lungo la strada maestra Che dire invece degli abitanti di Anagni Costoro, pur non trovandosi il loro paese sulla via, scesero per rendere omaggio a costui, come se si trattasse davvero di un console È incredibile ciò che dirò eppure era risaputo tra tutte le popolazioni dei dintorni che a nessun indirizzo d'omaggio aveva dato un cenno di risposta; e pensare che aveva con lui due cittadini di Anagni, Mustela e Lacone, fomentatore degli sgherri il primo, degli ubriaconi il secondo |
Quid ego illas istius minas contumeliasque commemorem, quibus invectus est in Sidicinos, vexavit Puteolanos, quod C Cassium et Brutos patronos adoptassent Magno quidem studio, iudicio, benivolentia, caritate, non ut te et Basilum vi et armis et alios vestri similes, quos clientis nemo habere velit, non modo illorum cliens esse [42] Interea dum tu abes, qui dies ille conlegae tui fuit, cum illud, quod venerari solebas, bustum in foro evertit Qua re tibi nuntiata, ut constabat inter eos, qui una fuerunt, concidisti Quid evenerit postea nescio; metum credo valuisse et arma; conlegam quidem de caelo detraxisti effecistique non tu quidem etiam nunc, ut similis tui, sed certe ut dissimilis esset sui |
E che bisogno c'è che io vi ricordi le minacce e gli insulti con cui si scaraventò contro gli abitanti di Sidicino e calpestò quelli di Pozzuoli perché si erano scelti come patroni delle loro città Gaio Cassio e i Bruti E invero furono indotti alla scelta da vivo zelo, da un meditato giu¬dizio, da un sentimento di devozione e di affetto, non già sotto la violenta minaccia delle armi, come avviene quando scelgono te e Basilo e altri della vostra stessa risma, che nessuno vorrebbe avere non solo come patroni, ma nemmeno come clienti [42] Intanto, durante la tua assenza, che giorno di gloria per il tuo collega fu quello in cui fece abbattere nel foro quella colonna che era l'oggetto costante della tua vene¬razione A questa notizia ti venne un accidente: una cosa nota tra chi stava insieme con te Cosa accadde successi¬vamente non lo so proprio; forse presero il sopravvento il timore e la minaccia delle armi; certo si è che sei riuscito a trarre giù dal cielo il tuo collega e a farlo, se non proprio uguale a te, almeno finora, certamente diverso da quel che era prima |
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Qui vero inde reditus Romam, quae perturbatio totius urbis Memineramus Cinnam nimis potentem, Sullam postea dominantem, modo Caesarem regnantem videramus Erant fortasse gladii, sed absconditi nec ita multi Ista vero quae et quanta barbaria est Agmine quadrato cum gladiis secuntur, scutorum lecticas portari videmus Atque his quidem iam inveteratis, patres conscripti, consuetudine obduruimus; Kalendis Iuniis cum in senatum, ut erat constitutum, venire vellemus, metu perterriti repente diffugimus At iste, qui senatu non egeret, neque desideravit quemquam et potius discessu nostro laetatus est statimque illa mirabilia facinora effecit |
Che fu poi il tuo ritorno a Roma, che scompiglio in tutta la città Era ancora impressa nella nostra memoria l'eccessiva potenza di Cinna e, successivamente, la tirannide di Sulla; avevamo ancora davanti agli occhi il recente dispo¬tismo di Cesare Delle spade allora c'erano, forse, ma ben nascoste e comunque non numerose Codesto, invece, che malvagio agire da barbaro che è Si fa seguire da un reparto armato in formazione di battaglia e passano davanti ai nostri occhi lettighe piene di scudi E questi, senatori, sono dei mali ormai consolidati, ai quali l'abitudine ci ha fatto fare il callo; quando il 10 giugno avevamo l'intenzione di partecipare alla prefissata seduta del senato, il panico ci ha fatti all'improv¬viso scappar via tutti, chi a destra chi a sinistra Costui, però, poiché del senato non sentiva nessun bisogno, non la¬mentò l'assenza di nessuno, anzi si rallegrò del nostro allon¬tanamento e si diede subito a compiere le sue mirabili prodezze |
Qui chirographa Caesaris defendisset lucri sui causa, is leges Caesaris, easque praeclaras, ut rem publicam concutere posset, evertit Numerum annorum provinciis prorogavit, idemque, cum actorum Caesaris defensor esse deberet, et in publicis et in privatis rebus acta Caesaris rescidit In publicis nihil est lege gravius, in privatis firmissimum est testamentum Leges alias sine promulgatione sustulit, alias ut tolleret, promulgavit Testamentum irritum fecit, quod etiam infimis civibus semper optentum est Signa, tabulas, quas populo Caesar una cum hortis legavit, eas hic partim in hortos Pompei deportavit, partim in villam Scipionis |
Proprio lui che, per trarne guadagno, si era fatto sostenitore della validità degli appunti autografi di Cesare, eccolo annul¬lare le leggi di Cesare, e per di più le migliori, per poter far vacillare lo stato fin dalle fondamenta Ha prolungato la durata del governo delle province, inoltre, proprio lui che doveva essere il difensore degli atti di Cesare, gli atti di Cesare li ha aboliti, tanto nell'ambito del diritto pubblico quanto di quello privato Nell'ambito del diritto pubblico non c'è nulla che abbia più importanza della legge; in quello del diritto privato, l'istituto più solido è quello del testamento Quanto alle leggi, alcune le ha abrogate senza consultare il popolo, mentre, per abrogarne altre, ne ha pubblicate delle nuove Quanto al testamento, ne ha abolito ogni effetto; eppure si tratta di un istituto che viene sempre rispettato perfino dalla gente di misera condizione Le statue e i quadri che Cesare ha insieme con i suoi giardini lasciati al popolo, costui se li è portati via, parte nei giardini di Pompeo e parte nella villa di Scipione |
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[43] Et tu in Caesaris memoria diligens, tu illum amas mortuum Quem is honorem maiorem consecutus erat, quam ut haberet pulvinar, simulacrum, fastigium, flaminem Est ergo flamen, ut Iovi, ut Marti, ut Quirino, sic divo Iulio M Antonius Quid igitur cessas Cur non inauguraris Sume diem, vide, qui te inauguret; conlegae sumus; nemo negabit O detestabilem hominem, sive [eo] quod Caesaris sacerdos es sive quod mortui Quaero deinceps, num, hodiernus dies qui sit, ignores Nescis heri quartum in Circo diem ludorum Romanorum fuisse te autem ipsum ad populum tulisse, ut quintus praeterea dies Caesari tribueretur Cur non sumus praetextati cur honorem Caesaris tua lege datum deseri patimur |
[43] E tu sei pieno di entusiasmo nei riguardi della memoria di Cesare, tu gli vuoi ancora bene ora che è morto Quale onore aveva egli ottenuto più grande di quello di avere il sacro guanciale, una statua, il frontone e il flamine C'è dunque il flamine, come per Giove, Marte e Quirino, per il divino Cesare è M Antonio Perché dunque indugi Perché non ti fai con¬sacrare Fissa il giorno, cerca bene chi possa compiere la cerimonia della tua consacrazione: siamo qui noi colleghi e nessuno ti rifiuterà questo favore Che uomo spregevole che sei, dal momento che sei sacerdote sia di un tiranno sia di un morto Ed eccoti un'altra domanda ignori che giorno è oggi Non sai che ieri era il quarto giorno dei giochi romani che si tengono nel circo che proprio tu hai presentato una legge al popolo per farne aggiungere un quinto consacrato a Cesare Perché dunque non indossiamo la toga pretesta perché sopportiamo che si trascuri di rendere a Cesare un onore che gli compete in virtù della tua legge |
an supplicationes addendo diem contaminari passus es, pulvinaria noluisti Aut undique religionem tolle aut usque quaque conserva Quaeris, placeatne mihi pulvinar esse, fastigium, flaminem Mihi vero nihil istorum placet; sed tu, qui acta Caesaris defendis, quid potes dicere, cur alia defendas, alia non cures Nisi forte vis fateri te omnia quaestu tuo, non illius dignitate metiri Quid ad haec tandem expecto enim eloquentiam tuam Disertissimum cognovi avum tuum, at te etiam apertiorem in dicendo Ille numquam nudus est contionatus, tuum hominis simplicis pectus vidimus Respondebisne ad haec aut omnino hiscere audebis |
Hai forse accettato la profanazione delle solenni supppliche agli dei con l'aggiunta di un giorno e poi ti sei rifiutato di profanare la cerimonia dei sacri cuscini O elimina sotto ogni aspetto il culto (di Cesare) od osservalo in ogni sua parte Tu a tua volta vuoi sa¬pere da me se io approvo che Cesare abbia cuscino sacro, frontone e flamine A dire il vero, di tutto questo non approvo nulla; piuttosto tu, che sei il difensore degli atti di Cesare, potresti dirci la ragione per cui di alcuni atti prendi le difese, mentre di altri non t'importa niente A meno che tu non voglia dare per scontato che il tuo criterio di giudizio ha come base il tuo tornaconto, non già il prestigio di Cesare Quale sarà una buona volta la tua risposta a tutte queste domande Perché sono in attesa della tua parola forbita Il tuo avo l'ho cono¬sciuto come un grandissimo oratore, ma te ti conosco ancora più scoperto nel parlare; perché quello nudo il popolo non l'ar¬ringò mai, mentre il tuo petto di uomo al naturale l'abbiamo visto Darai una risposta a queste mie domande, o avrai anche soltanto la sfrontatezza di aprire bocca |
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Ecquid reperies ex tam longa oratione mea, cui te respondere posse confidas [44] Sed praeterita omittamus: hunc unum diem, unum, inquam, hodiernum diem, hoc punctum temporis, quo loquor, defende, si potes Cur armatorum corona senatus saeptus est, cur me tui satellites cum gladiis audiunt, cur valvae Concordiae non patent, cur homines omnium gentium maxime barbaros, Ityraeos, cum sagittis deducis in forum Praesidii sui causa se facere dicit Non igitur miliens perire est melius quam in sua civitate sine armatorum praesidio non posse vivere Sed nullum est istud, mihi crede, praesidium; caritate te et benivolentia civium saeptum oportet esse, non armis Eripiet et extorquebit tibi ista populus Romanus, utinam salvis nobis |
Potrai forse trovare in questo mio discorso, che pure è tanto lungo, un solo punto al quale hai fiducia di poter dare una risposta [44] Ma il passato lasciamolo da parte; di quest'unico giorno, sì, lo ripeto, della giornata odierna, anzi di questo momento in cui sto parlando fa pure la difesa, se te la senti Per¬ché il senato è circondato da un cordone di armati, perché i tuoi sgherri mi stanno ascoltando con le spade in pugno, perché le porte del tempio della Concordia non sono aperte, perché introduci nel foro, armati di frecce, gli Iturei di cui non c'è gente che sia più barbara Adduce motivi di difesa personale Ma non è mille volte meglio morire, piuttosto che non poter vivere nella propria città senza una scorta armata Codesta scorta, però, non serve a nulla, credimi pure; è l'amore, è l'affetto dei cittadini che dovrebbe costituire la tua scorta, non già le armi Codeste armi te le toglierà, te le strap¬perà il popolo romano: e vogliano gli dèi assicurarci la sal¬vezza |
Sed quoquo modo nobiscum egeris, dum istis consiliis uteris, non potes, mihi crede, esse diuturnus Etenim ista tua minime avara coniunx, quam ego sine contumelia describo, nimium diu debet populo Romano tertiam pensionem Habet populus Romanus, ad quos gubernacula rei publicae deferat; qui ubicumque terrarum sunt, ibi omne est rei publicae praesidium vel potius ipsa res publica, quae se adhuc tantum modo ulta est, nondum reciperavit Habet quidem certe res publica adulescentis nobilissimos paratos defensores Quam volent illi cedant otio consulentes, tamen a re publica revocabuntur Et nomen pacis dulce est et ipsa res salutaris, sed inter pacem et servitutem plurimum interest |
Però, comunque ti comporterai con noi, finché persi¬sterai in codesti tuoi metodi, non è certo possibile per te, credimi, farla durare ancora a lungo Perché tua moglie, che non è affatto avara e che definisco così com'è senza avere affatto l'intenzione di farle torto, già da troppo tempo è in debito verso il popolo romano del versamento del terzo tributo Il popolo romano non manca di uomini a cui affidare il timone dello stato; in qualunque angolo del mondo costoro si tro¬vino, là è ogni sostegno della repubblica, anzi, per meglio dire, là è la repubblica stessa, che fino ad oggi si è solo vendicata, ma non è ancora riuscita a mettersi totalmente in sesto Certamente, però, essa dispone di giovani della più votata nobiltà pronti a farsi suoi difensori Si tengano pure in disparte quanto vogliono pensosi come sono della pubblica pace sarà lo stato a richiamarli Comunque, la parola pace ha un suono dolce e la pace è di per se stessa fonte di vita, ma tra la pace e la schiavitù c'è una distanza immensa |
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Pax est tranquilla libertas, servitus postremum malorum omnium non modo bello, sed morte etiam repellendum Quodsi se ipsos illi nostri liberatores e conspectu nostro abstulerunt, at exemplum facti reliquerunt Illi, quod nemo fecerat, fecerunt Tarquinium Brutus bello est persecutus, qui tum rex fuit, cum esse Romae licebat; Sp Cassius, Sp Maelius, M Manlius propter suspicionem regni adpetendi sunt necati; hi primum cum gladiis non in regnum adpetentem, sed in regnantem impetum fecerunt Quod cum ipsum factum per se praeclarum est atque divinum, tum eitum ad imitandum est, praesertim cum illi eam gloriam consecuti sint, quae vix caelo capi posse videatur |
La pace è libertà nella tranquillità, la schiavitù è il peggiore di tutti i mali, che va rigettato non solo ricorrendo alla guerra, ma sacrificando addirittura la vita E se è vero che i nostri liberatori si sono dovuti allontanare dalla nostra vista, hanno almeno lasciato un esempio glorioso Facendo ciò che mai nessuno aveva fatto prima Bruto combatté accanitamente contro Tarquinio, che era a Roma re quando monarchica era la forma istituzionale dello stato; Sp Cassio, Sp Melio e M Manlio furono giusti¬ziati perché sospettati di desiderare il trono; costoro invece sono stati i primi ad assalire col ferro in pugno non già un aspirante al trono, ma uno che di fatto era già re Un'impresa che non solo è di per se stessa nobilissima e sovrumana, ma che si offre pure come modello da imitare, tanto più che la gloria da essi conquistata è così grande, che è evidente che solo il cielo può appena appena contenerla |