[LVI] [237] Quod vero impudentiam admiratus es eorum patronorum, qui aut, cum parva nescirent, magna profiterentur aut ea, quae maxima essent in iure civili, tractare auderent in causis, cum ea nescirent numquamque didicissent, utriusque rei facilis est et prompta defensio Nam neque illud est mirandum, qui, quibus verbis coemptio fiat, nesciat, eundem eius mulieris, quae coemptionem fecerit, causam posse defendere; nec, si parvi navigi et magni eadem est in gubernando scientia, idcirco qui, quibus verbis erctum cieri oporteat, nesciat, idem erciscundae familiae causam agere non possit [238] Nam, quod maximas centumviralis causas in iure positas protulisti, quae tandem earum causa fuit, quae ab homine eloquenti iuris imperito non ornatissime potuerit dici |
[LVI] [237] Poiché tu ti sei stupito della sfacciataggine degli avvocati, che o hanno grandi pretese, pur cononoscendo poco, o che osano affrontare nello svolgimento della causa importantissime questioni di diritto civile, senza conoscerle e senza averle mai studiate, la spiegazione di questi due fatti è facile ed agevole Infatti non cè da meravigliarsi che un avvocato, che ignori con quale formula si faccia il matrimonio per compera, difenda una causa di una donna, che si sia unita in matrimonio con tale formula; e se larte di guidare una piccola nave non differisce da quella di guidare una nave grossa, non per questo chi ignora con quale formula si faccia una divisione di eredità deve essere incapace di trattare una causa riguardante una divisione di eredità [238] Tu hai affermato che le più importanti cause, che vengono dibattute davanti al tribunale dei centumviri, sono fondate su questioni di diritto: ebbene, quale tra queste cause è stata tale da non poter essere trattata splendidamente da un valente oratore, sprovvisto di nozioni di diritto |
Quibus quidem in causis omnibus, sicut in ipsa M' Curi, quae abs te nuper est dicta, et in C Hostili Mancini controversia atque in eo puero, qui ex altera natus erat uxore, non remisso nuntio superiori, fuit inter peritissimos homines summa de iure dissensio: [239] quaero igitur, quid adiuverit oratorem in his causis iuris scientia, cum hic iuris consultus superior fuerit discessurus, qui esset non suo artificio, sed alieno, hoc est, non iuris scientia, sed eloquentia, sustentatus | Veramente in tutte queste cause, persino in quella di Manio Curio, che è stata trattata da te recentemente, e nella questione di C Ostilio Mancino, e a proposito di quel figlio, che era nato da una seconda moglie, quando la prima non aveva ancora ricevuto la comunicazione ufficiale del divorzio, cè stato tra i più valenti giureconsulti un fortissimo contrasto in materia di diritto:[239] ora io chiedo, quale aiuto in questa causa avrebbe potuto dare la scienza del diritto allavvocato, dal momento che tra i giureconsulti sarebbe stato vincitore proprio colui che avesse trovato un sostegno non nella sua disciplina, ma in una disciplina a lui estranea, vale a dire non nella scienza del diritto ma nelleloquenza |
Equidem hoc saepe audivi: cum aedilitatem P Crassus peteret eumque maior natu et iam consularis Ser Galba adsectaretur, quod Crassi filiam Gaio filio suo despondisset, accessisse ad Crassum consulendi causa quendam rusticanum, qui cum Crassum seduxisset atque ad eum rettulisset responsumque ab eo verum magis quam ad suam rem accommodatum abstulisset, ut eum tristem Galba vidit, nomine appellavit quaesivitque, qua de re ad Crassum rettulisset; ex quo ut audivit commotumque ut vidit hominem, [240] "suspenso" inquit "animo et occupato Crassum tibi respondisse video," deinde ipsum Crassum manu prehendit et "heus tu," inquit "quid tibi in mentem venit ita respondere | Ho sentito spesso raccontare che quando P Crasso cercava voti per ledilità, accompagnato da Servio Galba, che era più anziano di lui ed ex-console (infatti la figlia di Crasso era fidanzata con Gaio, figlio di Galba), gli si avvicinò un giorno un contadino, per chiedergli un consiglio, e questo avendolo tirato in disparte, gli espose il suo caso e avendo dato Crasso la sua risposta, più conforme alla verità che agli interessi del postulante, ma quando lo vide triste, Galba chiamò il contadino per nome e gli domandò che cosa avesse chiesto a Crasso; appena seppe da questo di che si trattava e avendo visto luomo preoccupato, [240] Mi accorgo , disse, che Crasso ti ha risposto con animo preoccupato e distratto , poi prese Crasso per la mano e gli disse: Ehi, Che ti salta in mente di rispondere così |
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Cicerone, De Oratore: Libro 01; 01-05
Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 01-05
" Tum ille fidenter homo peritissimus confirmare ita se rem habere, ut respondisset, nec dubium esse posse; Galba autem adludens varie et copiose multas similitudines adferre multaque pro aequitate contra ius dicere; atque illum, cum disserendo par esse non posset - quamquam fuit Crassus in numero disertorum, sed par Galbae nullo modo - ad auctores confugisse et id, quod ipse diceret, et in P Muci fratris sui libris et in Sex Aeli commentariis scriptum protulisse ac tamen concessisse Galbae disputationem sibi probabilem et prope veram videri [LVII] [241] Ac tamen, quae causae sunt eius modi, ut de earum iure dubium esse non possit, omnino in iudicium vocari non solent Num quis eo testamento, quod paterfamilias ante fecit quam ei filius natus esset, hereditatem petit |
Allora Crasso con sicurezza, da quelluomo dottissimo che era, lo assicurò che le cose stavano proprio comegli aveva detto, e che non ci poteva essere alcun dubbio; Galba si mise a scherzare e a motteggiare, citò molti casi analoghi, tirò fuori molte argomentazioni in difesa dellequità contro il puro diritto: e allora Crasso, non potendo tenergli testa nella discussione (infatti pur essendo un uomo eloquente, non poteva in alcun modo reggere il confronto con Galba), fece ricorso ai testi di diritto, affermando che ciò che egli diceva si trovava scritto nei libri di suo fratello P Mucio e nei Gommentari di Sesto Elio,tuttavia però dovette riconoscere che lopinione di Galba, gli sembrava accettabile e quasi vera [LVII] [241] Daltra parte, quando una causa non presenta alcun dubbio di natura giuridica, di solito non si fa neppure Chi chiederebbe uneredità sulla base di un testamento, fatto da un padre cli famiglia, prima che gli sia nato un figlio |
Nemo; quia constat agnascendo rumpi testamentum; ergo in hoc genere iuris iudicia nulla sunt: licet igitur impune oratori omnem hanc partem iuris non controversi ignorare, quae pars sine dubio multo maxima est; [242] in eo autem iure, quod ambigitur inter peritissimos, non est difficile oratori eius partis, quamcumque defendet, auctorem aliquem invenire; a quo cum amentatas hastas acceperit, ipse eas oratoris lacertis viribusque torquebit Nisi vero - bona venia huius optimi viri dixerim - Scaevolae tu libellis aut praeceptis soceri tui causam M' Curi defendisti, non adripuisti patrocinium aequitatis et defensionem testamentorum ac voluntatis mortuorum |
Nessuno, perché tutti sanno che la nascita del figlio comporta la rottura del testamento; quindi non si fanno processi sulla base di simili questioni di diritto: dunque loratore può, senza suo danno, ignorare tutta questa parte del diritto, che non presenta motivi di contrasto: parte che indubbiamente è di gran lunga la maggiore;[242] per quelle questioni di diritto, che sono motivo di discussione tra i più valenti giureconsulti, non è difficile per loratore trovare, per quelle tesi che egli dovrà sostenere, un appoggio in qualche autorevole studioso: i giavellotti che egli riceverà da costui, li lancerà con i suoi forti muscoli di oratore A meno che tu non sostenga lasciatemelo dire con buona pace di questottimo uomo che difendesti la causa di Manio Curio nutrito dei trattati di Scevola e degli insegnamenti di tuo suocero, e che non assumesti il patrocinio dellequità, la difesa dei testamenti e della volontà deì morti |
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Cicerone, De Oratore: Libro 01; 06-10
Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 06-10
[243] Ac mea quidem sententia - frequens enim te audivi atque adfui - multo maiorem partem sententiarum sale tuo et lepore et politissimis facetiis pellexisti, cum et illud nimium acumen inluderes et admirarere ingenium Scaevolae qui excogitasset nasci prius oportere quam emori; cumque multa conligeres et ex legibus et ex senatus consultis et ex vita ac sermone communi non modo acute sed etiam ridicule ac facete, ubi si verba, non rem sequeremur, confici nihil posset: itaque hilaritatis plenum iudicium ac laetitiae fuit; in quo quid tibi iuris civilis exercitatio profuerit, non intellego; dicendi vis egregia, summa festivitate et venustate coniuncta, profuit | [243] E secondo il mio parere io fui presente a parecchie sedute del processo e udii i tuoi discorsi , la maggior parte dei voti dei giudici li ottenesti col tuo umorismo, con la tua amabilità, con le tue finissime arguzie, prendendoti gioco del profondo acume e ammirando lingegno di Scevola, che aveva fatto la grande scoperta che è necessario nascere prima di morire, e citando molti esempi dalle leggi, dai senatoconsulti e dalla vita e dai discorsi di tutti i giorni, non solo con acutezza, ma anche con tono scherzoso e pieno di brio: esempi che non avrebbero nessun significato, se noi badassimo alle parole anziché al pensiero: perciò il processo si svolse sotto linsegna dellallegria e del buonumore;non capisco in cosa ti abbia giovato la tua lunga pratica di diritto civile, mentre ti giovò certamente la tua grande abilità oratoria, unita a un finissimo senso di arguzia e amabilità |
[244] Ipse ille Mucius paterni iuris defensor et quasi patrimoni propugnator sui, quid in illa causa, cum contra te diceret, attulit, quod de iure civili depromptum videretur Quam legem recitavit Quid patefecit dicendo, quod fuisset imperitis occultius Nempe eius omnis oratio versata est in eo, ut scriptum plurimum valere oportere defenderet, at in hoc genere pueri apud magistros exercentur omnes, cum in eius modi causis alias scriptum, alias aequitatem defendere docentur |
[244] Lo stesso Mucio, difensore della paterna scienza del diritto e, per dir così, campione del proprio patrimonio parlando in quella causa contro di te, che argomenti vi portò che si potessero considerare derivati dalla scienza del diritto Quale legge citò Quale mistero, che fosse veramente incomprensibile per i profani, svelò con le sue parole La verità è che tutto il suo discorso mirò a questo, cioè a dimostrare che il documento scritto deve avere la massima autorità, ma questo è un genere di esercitazioni, su cui si addestrano tutti i ragazzi, quando nelle cause di questa specie vengono ammaestrati a sostenere ora le ragioni della legge scritta, ora quelle dell equità |
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Cicerone, De Oratore: Libro 03; 16-20
Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 03; 16-20
[245] Et, credo, in illa militis causa, si tu aut heredem aut militem defendisses, ad Hostilianas te actiones, non ad tuam vim et oratoriam facultatem contulisses: tu vero, vel si testamentum defenderes, sic ageres, ut omne omnium testamentorum ius in eo iudicio positum videretur, vel si causam ageres militis, patrem eius, ut soles, dicendo a mortuis excitasses; statuisses ante oculos; complexus esset filium flensque eum centum viris commendasset; lapides me hercule omnis flere ac lamentari coegisses, ut totum illud UTI LINGUA NUNCUPASSIT non in XII tabulis, quas tu omnibus bibliothecis anteponis, sed in magistri carmine scriptum videretur | [245] E, credo, se in quella famosa causa del soldato tu avessi difeso lerede o il soldato, penso che ti saresti attaccato alle formule giuridiche Ostilìane e non alla forza della tua arte oratoria: tu in verità, se avessi difeso un testamento, avresti parlato in modo da far credere che tutti i processi di tutti i testamenti dipendessero da quel giudizio; se avessi trattato la causa del soldato, avresti, come sei solito fare, evocato dagli Inferi con la tua parola il di lui padre, lavresti piantato davanti a noi, questi avrebbe abbracciato il figlio e piangendo lavrebbe raccomandato ai Centumviri; avresti insomma costretto perfino i sassi a piangere e a lamentarsi, così che tutta quella famosa formula Come la lingua lavrà pronunziato sarebbe sembrata appartenere non alle XII Tavole, che tu anteponi ai trattati di tutte le biblioteche, ma alle formulette giuridiche dettate da un maestro di retorica |
[LVIII] [246] Nam quod inertiam accusas adulescentium, qui istam artem primum facillimam non ediscant, [quae] quam sit facilis, illi viderint, qui eius artis adrogantia, quasi difficillima sit, ita subnixi ambulant, deinde etiam tu ipse videris, qui eam artem facilem esse dicis, quam concedis adhuc artem omnino non esse, sed aliquando, si quis aliam artem didicerit, ut hanc artem efficere possit, tum esse illam artem futuram; deinde, quod sit plena delectationis; in quo tibi remittunt omnes istam voluptatem et ea se carere patiuntur; nec quisquam est eorum, qui, si iam sit ediscendum sibi aliquid, non Teucrum Pacuvi malit quam Manilianas Venalium vendendorum leges ediscere; [247] tum autem quod amore patriae censes nos nostrorum maiorum inventa nosse debere, non vides veteres leges aut ipsas sua vetustate consenuisse aut novis legibus esse sublatas | [LVIII] [246] Poiché tu accusi i giovani di pigrizia, perché non si applicano allo studio del diritto civile che, secondo te, è facilissimo, quanto sia facile, lo dicano coloro che passeggiano gonfi di presunzione, perché sono convinti di conoscere una disciplina difficilissima, e dillo pure tu stesso, che da una parte sostieni che tale scienza è facile, dallaltra affermi che ancora non si può parlare veramente di una scienza, ma se poi un giorno qualcuno avrà imparato unaltra scienza, tale da rendere questa una scienza, allora si potrà parlare sul serio di scienza; (hai detto pure )che esso è motivo di grande godimento; tutti lasciano a te questo godimento e ne fanno volentieri a meno, e non cè nessuno che, dovendo imparare a memoria qualcosa, non preferisca il Teucro di Pacuvio alle formule giuridiche di Manilio, riguardanti i contratti di vendita;[247] poi secondo te, noi abbiamo il dovere di conoscere per carità di patria, ciò che con la loro intelligenza hanno creato i nostri antenati: ma non vedi che le vecchie leggi o sono andate in disuso da sé stesse, per la loro vecchiaia, state soppiantate da nuove leggi |
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Cicerone, De Oratore: Libro 01; 21-25
Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 21-25
Quod vero viros bonos iure civili fieri putas, quia legibus et praemia proposita sint virtutibus et supplicia vitiis, equidem putabam virtutem hominibus, si modo tradi ratione possit, instituendo et persuadendo, non minis et vi ac metu tradi Nam ipsum quidem illud etiam sine cognitione iuris, quam sit bellum cavere malum, scire possumus [248] De me autem ipso, cui uni tu concedis, ut sine ulla iuris scientia tamen causis satis facere possim, tibi hoc, Crasse, respondeo, neque me umquam ius civile didicisse neque tamen in eis causis, quas in iure possem defendere, umquam istam scientiam desiderasse; aliud est enim esse artificem cuiusdam generis atque artis, aliud in communi vita et vulgari hominum consuetudine nec hebetem nec rudem |
Inoltre poichè tu pensi che il diritto civile rende gli uomini buoni, perché per legge sono assegnati premi ai virtuosi e pene ai viziosi, io veramente credevo che la virtù, ammesso che essa possa essere insegnata con un vero metodo, può essere insegnata solo con leducazione e la persuasione econ le minacce, la violenza o la paura Infatti, anche senza la conoscenza del diritto civile, noi possiamo comprendere quanto sia bello fuggire il male [248) In quanto poi a me stesso, a cui solo tu concedi il privilegio di trattare bene una causa senza alcuna nozione di diritto, ecco che cosa posso dirti, o Crasso: io non ho mai studiato codesto tuo diritto civile e non ho mai sentito la mancanza di tale scienza in quelle cause che ho potuto difendere in tribunale; infatti una cosa è essere un competente in un determinato campo o in unarte, e unaltra non essere del tutto chiuso e sordo rispetto ai comuni casi della vita e alle normali relazioni degli uomini |