Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 31-45, pag 5

Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 31-45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 31-45
Ad eam multitudinem urbs quoque amplificanda visa est

Addit duos colles, Quirinalem Viminalemque; Viminalem inde deinceps auget Esquiliis; ibique ipse, ut loco dignitas fieret, habitat; aggere et fossis et muro circumdat urbem; ita pomerium profert

Pomerium verbi vim solam intuentes postmoerium interpretantur esse; est autem magis circamoerium, locus quem in condendis urbibus quondam Etrusci qua murum ducturi erant certis circa terminis inaugurato consecrabant, ut neque interiore parte aedificia moenibus continuarentur, quae nunc volgo etiam coniungunt, et extrinsecus puri aliquid ab humano cultu pateret soli
Con una popolazione simile, un ampliamento di Roma era inevitabile

Così Servio aggiunge altri due colli, il Quirinale e il Viminale, amplia l'Esquilino e, per dargli lustro, vi si trasferisce lui stesso; dota Roma di un terrapieno, un fossato e una cerchia muraria, estendendo così i limiti del pomerio

Quanto poi a questa parola, chi non va più in là dell'etimologia, la interpreta come il tratto oltre le mura; il senso è invece un altro: significa il tratto intorno alle mura, cioè quello spazio che anticamente gli Etruschi, all'atto di fondare una città, delimitavano in modo rigoroso per poi costruirvi le mura e quindi consacravano con cerimonie augurali; e questo perché all'interno di esso non ci fossero contatti tra edifici e mura (cosa che oggi è invece d'uso comune), e all'esterno rimanesse una striscia di terra non utilizzabile dall'uomo
Hoc spatium quod neque habitari neque arari fas erat, non magis quod post murum esset quam quod murus post id, pomerium Romani appellarunt; et in urbis incremento semper quantum moenia processura erant tantum termini hi consecrati proferebantur

[45] Aucta civitate magnitudine urbis, formatis omnibus domi et ad belli et ad pacis usus, ne semper armis opes adquirerentur, consilio augere imperium conatus est, simul et aliquod addere urbi decus

Iam tum erat inclitum Dianae Ephesiae fanum; id communiter a civitatibus Asiae factum fama ferebat

Eum consensum deosque consociatos laudare mire Seruius inter proceres Latinorum, cum quibus publice priuatimque hospitia amicitiasque de industria iunxerat
Questo spazio, caratterizzato dal divieto assoluto di costruire e di coltivare, fu chiamato pomerio dai Romani sia perché si trova al di là del muro sia perché il muro si trova al di là di esso; e ogni qual volta Roma conosceva degli ampliamenti urbanistici, questi limiti consacrati subivano sempre le stesse modifiche delle mura

[45] Dopo aver incrementato il prestigio di Roma aumentandone la superficie, dopo aver dotato i suoi sudditi di un'organizzazione ugualmente funzionale nella sfera civile e in quella militare, Servio, non volendo sempre ricorrere alle armi per accrescere la propria potenza, decise di farlo seguendo la strada della diplomazia, in maniera tale da conferire ancora più lustro alla città

Il tempio di Diana a Efeso era già allora parecchio rinomato e la tradizione voleva fosse stato costruito con la cooperazione delle città dell'Asia

Servio, parlando di fronte ai nobili latini, coi quali aveva in progetto di stringere relazioni di amicizia e ospitalità tanto sul piano ufficioso che su quello ufficiale, disse mirabilia di una simile intesa e di una simile condivisione di culto
Saepe iterando eadem perpulit tandem, ut Romae fanum Dianae populi Latini cum populo Romano facerent

Ea erat confessio caput rerum Romam esse, de quo totiens armis certatum fuerat

Id quamquam omissum iam ex omnium cura Latinorum ob rem totiens infeliciter temptatam armis videbatur, uni se ex Sabinis fors dare visa est priuato consilio imperii reciperandi

Bos in Sabinis nata cuidam patri familiae dicitur miranda magnitudine ac specie; fixa per multas aetates cornua in uestibulo templi Dianae monumentum ei fuere miraculo
Tornò così spesso sull'argomento che, alla fine, Romani e Latini edificarono insieme a Roma un tempio in onore di Diana

La questione se Roma fosse o meno la capitale dei dintorni - problema questo che così tante volte era stato motivo di scontri armati - ebbe quindi una soluzione di tacito consenso

Anche se i Latini avevano ormai smesso di occuparsi del contenzioso per i ripetuti scacchi subiti in guerra, tuttavia a uno dei Sabini sembrò offrirsi un'opportunità fortuita per riottenere, grazie a un'iniziativa individuale, la supremazia perduta

Pare che in una fattoria in terra sabina fosse nata una giovenca di bellezza e dimensioni assolutamente fuori del comune; un tale spettacolo della natura che le corna furono appese nell'atrio del tempio di Diana dove sono rimaste per intere generazioni a testimonianza dell'evento

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Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 31 - 35

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 31 - 35

Habita, ut erat, res prodigii loco est, et cecinere uates cuius civitatis eam civis Dianae immolasset, ibi fore imperium; idque carmen pervenerat ad antistitem fani Dianae Sabinusque ut prima apta dies sacrificio visa est, bovem Romam actam deducit ad fanum Dianae et ante aram statuit

Ibi antistes Romanus, cum eum magnitudo victimae celebrata fama movisset, memor responsi Sabinum ita adloquitur: 'Quidnam tu, hospes, paras

'inquit, 'inceste sacrificium Dianae facere

Quin tu ante uiuo perfunderis flumine

infima valle praefluit Tiberis'

Religione tactus hospes, qui omnia, ut prodigio responderet euentus, cuperet rite facta, extemplo descendit ad Tiberim; interea Romanus immolat Dianae bovem

Id mire gratum regi atque civitati fuit

Si gridò al miracolo (in quanto era un miracolo); gli indovini vaticinarono che chi l'avesse immolata a Diana avrebbe automaticamente garantito la supremazia alla sua città di appartenenza e la profezia arrivò alle orecchie del sacerdote preposto al tempio di Diana; il primo giorno che parve propizio per il sacrificio, il sabino portò a Roma l'animale e lo piazzò davanti all'altare

Lì, il sacerdote romano, colpito dalle dimensioni di quella vittima che tanto aveva fatto parlare, ricordandosi della profezia, disse al sabino: “Straniero, cosa credi di fare”

Vorrai mica tu, impuro come sei, fare un sacrificio a Diana

Perché non cominci con un bagno di purificazione nell'acqua corrente

Qui in fondo alla valle scorre il Tevere

Lo straniero, preso dallo scrupolo e volendo seguire il rituale canonico per mandare a effetto il prodigio, scese di corsa al Tevere; nel frattempo il romano immola a Diana la giovenca

Egli si conquistò la gratitudine del re e del popolo tutto

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