Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 31-45, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 31-45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 31-45
Quiritium quoque fossa, haud parvum munimentum a planioribus aditu locis, Anci regis opus est

Ingenti incremento rebus auctis, cum in tanta multitudine hominum, discrimine recte an perperam facti confuso, facinora clandestina fierent, carcer ad terrorem increscentis audaciae media urbe imminens foro aedificatur

Nec urbs tantum hoc rege creuit sed etiam ager finesque

Silua Maesia Veientibus adempta usque ad mare imperium prolatum et in ore Tiberis Ostia urbs condita, salinae circa factae, egregieque rebus bello gestis aedis Iovis Feretri amplificata

[34] Anco regnante Lucumo, vir impiger ac divitiis potens, Romam commigravit cupidine maxime ac spe magni honoris, cuius adipiscendi Tarquiniis -- nam ibi quoque peregrina stirpe oriundus erat -- facultas non fuerat
Anche la fossa dei Quiriti, difesa no trascurabile sul versante più esposto a incursioni dalle pianure, è opera di Anco

Con questi possenti incrementi umani, all'interno di una popolazione così numerosa era divenuto difficile distinguere il bene dal male e di conseguenza il crimine proliferava nell'ombra; quindi, per scoraggiare la crescente illegalità, venne costruito un carcere in pieno centro, a due passi dal foro

Il regno di Anco non significò espansione soltanto per la città, ma anche per la campagna e i dintorni

Il bosco di Mesia, tolto ai Veienti, estese il dominio di Roma fino al mare, e alle foci del Tevere venne fondata Ostia, intorno alla quale furono create delle saline; per celebrare invece i successi militari fece ingrandire il tempio di Giove Feretrio

[34] Durante il regno di Anco, venne ad abitare a Roma Lucumone, personaggio intraprendente ed economicamente molto solido, attirato soprattutto dall'ambizione e dalla speranza di raggiungere posizioni di grande rilievo che non era riuscito a ottenere a Tarquinia (in quanto anche in quella città era uno straniero)
Demarati Corinthii filius erat, qui ob seditiones domo profugus cum Tarquiniis forte consedisset, uxore ibi ducta duos filios genuit

Nomina his Lucumo atque Arruns fuerunt

Lucumo superfuit patri bonorum omnium heres: Arruns prior quam pater moritur uxore gravida relicta

Nec diu manet superstes filio pater; qui cum, ignorans nurum ventrem ferre, immemor in testando nepotis decessisset, puero post aui mortem in nullam sortem bonorum nato ab inopia Egerio inditum nomen

Lucumoni contra, omnium heredi bonorum, cum divitiae iam animos facerent, auxit ducta in matrimonium Tanaquil, summo loco nata et quae haud facile iis in quibus nata erat humiliora sineret ea quo innupsisset
Era figlio di Demarato di Corinto, il quale, fuggito dalla patria a séguito di disordini, si era stabilito per puro caso a Tarquinia e lì aveva preso moglie e messo al mondo due figli

Questi vennero chiamati Arrunte e Lucumone

Lucumone sopravvisse al padre e ne ereditò tutte le sostanze; arrunte morì invece prima del genitore, lasciando la moglie incinta

Demarato non visse molto più a lungo del figlio e, ignorando che la nuora era incinta, morì senza ricordarsi del nipotino nel testamento, il bambino nacque dopo la scomparsa del nonno e, non essendo destinato a ereditare, fu chiamato Egerio in ragione della sua miseranda condizione

In Lucumone, invece, nominato erede universale, la boriosa presupponenza dovuta alle sostanze ricevute aumentò ancora di più quando sposò un'esponente della più altolocata aristocrazia locale, Tanaquil, la quale non poteva ammettere che il suo matrimonio la declassasse dal rango in cui era nata
Spernentibus Etruscis Lucumonem exsule advena ortum, ferre indignitatem non potuit, oblitaque ingenitae erga patriam caritatis dummodo virum honoratum videret, consilium migrandi ab Tarquiniis cepit

Roma est ad id potissima visa: in novo populo, ubi omnis repentina atque ex virtute nobilitas sit, futurum locum forti ac strenuo viro; regnasse Tatium Sabinum, arcessitum in regnum Numam a Curibus, et Ancum Sabina matre ortum nobilemque una imagine Numae esse

Facile persuadet ut cupido honorum et cui Tarquinii materna tantum patria esset

Sublatis itaque rebus amigrant Romam
Gli Etruschi emarginavano Lucumone perché era straniero e figlio di un profugo, la moglie, non potendo tollerare quest'onta, mise da parte l'attaccamento innato per la patria e, pur di vedere onorato il marito, prese la decisione di emigrare da Tarquinia

Roma faceva in tutto al caso suo: in mezzo a gente nuova, dove si diventava nobili in fretta e in base ai meriti, ci sarebbe stato spazio per un uomo coraggioso e intraprendente; a Roma aveva regnato Tazio, un sabino; Numa, per farlo re, lo erano andati a cercare a Cures; Anco era figlio di madre sabina, e tra i ritratti degli antenati poteva vantare soltanto Numa

Non le è quindi difficile convincere un uomo ambizioso e per il quale Tarquinia era solo il luogo di nascita

Così, raccolte tutte le loro cose, partono alla volta di Roma

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40
Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 32; 21 - 40

Ad Ianiculum forte ventum erat; ibi ei carpento sedenti cum uxore aquila suspensis demissa leviter alis pilleum aufert, superque carpentum cum magno clangore volitans rursus velut ministerio divinitus missa capiti apte reponit; inde sublimis abiit

Accepisse id augurium laeta dicitur Tanaquil, perita ut volgo Etrusci caelestium prodigiorum mulier

Excelsa et alta sperare complexa virum iubet: eam alitem ea regione caeli et eius dei nuntiam venisse; circa summum culmen hominis auspicium fecisse; levasse humano superpositum capiti decus ut divinitus eidem redderet

Has spes cogitationesque secum portantes urbem ingressi sunt, domicilioque ibi comparato L Tarquinium Priscum edidere nomen
Quando arrivarono nei pressi del Gianicolo (un puro caso che successe lì), mentre erano seduti nel loro carro, un'aquila planò su di loro con una dolce cabrata e portò via il cappello a Lucumone; poi, volteggiando sopra il carro ed emettendo versi acutissimi, come se stesse compiendo una qualche missione divina, si abbassò di nuovo e glielo rimise perfettamente in testa; quindi sparì nell'alto del cielo

Si racconta che Tanaquil, essendo da buona etrusca una vera esperta di prodigi celesti, accolse con entusiasmo il presagio

Abbracciando il marito lo invita a sperare grandi cose, spiegandogli che quello era il senso dell'uccello, della parte del cielo da cui era arrivato e del dio da cui era stato inviato: segno che era stato tolto un ornamento posto sulla testa di un uomo, perché venisse ricollocato su ordine di un dio

Con in mente queste ottimistiche previsioni, entrarono a Roma e lì trovarono casa e concordarono il nome da spacciare alla gente: Lucio Tarquinio Prisco
Romanis conspicuum eum novitas divitiaeque faciebant; et ipse fortunam benigno adloquio, comitate inuitandi beneficiisque quos poterat sibi conciliando adiuuabat, donec in regiam quoque de eo fama perlata est

Notitiamque eam breui apud regem liberaliter dextereque obeundo officia in familiaris amicitiae adduxerat iura, ut publicis pariter ac priuatis consiliis bello domique interesset et per omnia expertus postremo tutor etiam liberis regis testamento institueretur

[35] Regnavit Ancus annos quattuor et viginti, cuilibet superiorum regum belli pacisque et artibus et gloria par

Iam filii prope puberem aetatem erant

Eo magis Tarquinius instare ut quam primum comitia regi creando fierent

Quibus indictis sub tempus pueros venatum ablegavit
Agli occhi dei Romani faceva colpo per la sua provenienza e per la condizione economica; lui, da par suo, aiutava la buona sorte rendendosi gradito a chiunque potesse grazie ai suoi modi affabili, alla generosa ospitalità e alla munificenza; a tal punto che la stima di cui era fatto oggetto arrivò fino alla reggia

E il re non lo apprezzò per quel che era finché la generosità e l'efficienza dimostrate nei servigi prestati non gli garantirono un posto tra gli amici più intimi, tanto da essere consultato per questioni di carattere pubblico e privato sia in pace che in guerra; e il re, dopo averlo messo alla prova in tutti i modi possibili, nel testamento lo nominò tutore dei propri figli

[35] Anco regnò ventiquattro anni e non fu secondo a nessuno dei suoi predecessori per capacità specifiche e gloria acquisita in campo militare e civile

I suoi figli erano ormai quasi degli uomini adulti

E per questo Tarquinio non perdeva l'occasione di sollecitare l'anticipo dell'assemblea popolare per l'elezione del re

Quando ne fu indetta la convocazione, egli mandò i ragazzi a una battuta di caccia

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 26-30
Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 26-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 05, 26-30

Isque primus et petisse ambitiose regnum et orationem dicitur habuisse ad conciliandos plebis animos compositam: cum se non rem novam petere, quippe qui non primus, quod quisquam indignari mirariue posset, sed tertius Romae peregrinus regnum adfectet; et Tatium non ex peregrino solum sed etiam ex hoste regem factum, et Numam ignarum urbis, non petentem, in regnum ultro accitum: se ex quo sui potens fuerit Romam cum coniuge ac fortunis omnibus commigrasse; maiorem partem aetatis eius qua civilibus officiis fungantur homines, Romae se quam in vetere patria uixisse; domi militiaeque sub haud paenitendo magistro, ipso Anco rege, Romana se iura, Romanos ritus didicisse; obsequio et obseruantia in regem cum omnibus, benignitate erga alios cum rege ipso certasse Pare che Tarquinio fu il primo a impegnarsi in una campagna per il trono e che pronunciò un discorso puntato a conquistare il favore popolare; disse che il suo caso non era privo di precedenti e, per evitare che qualcuno potesse stupirsi e indignarsi, che lui non sarebbe stato il primo bensì il terzo straniero a puntare al trono di Roma; tazio, addirittura, non solo era un re forestiero, ma proveniva da un paese nemico e Numa, pur non conoscendo affatto Roma e non avendo avanzato alcuna candidatura, era stato invitato ad assumere l'incarico; quanto a se stesso, dal giorno in cui era diventato padrone della propria persona, era venuto a stabilirsi a Roma con la moglie e tutto quello che possedeva; e la parte di vita che di solito si dedica all'adempimento dei propri doveri di cittadini, lui l'aveva trascorsa a Roma e non nella sua città natale; quanto alla sfera civile e a quella militare, aveva appreso il diritto e i culti religiosi romani da un maestro assolutamente fuori del comune, cioè il re Anco in persona; il suo ossequio e il suo rispetto per la persona del re non erano inferiori a quelli di nessuno; quanto poi a generosità verso il prossimo, solo il re stesso lo era stato più di lui
Haec eum haud falsa memorantem ingenti consensu populus Romanus regnare iussit

Ergo virum cetera egregium secuta, quam in petendo habuerat, etiam regnantem ambitio est; nec minus regni sui firmandi quam augendae rei publicae memor centum in patres legit qui deinde minorum gentium sunt appellati, factio haud dubia regis cuius beneficio in curiam venerant

Bellum primum cum Latinis gessit et oppidum ibi Apiolas vi cepit; praedaque inde maiore quam quanta belli fama fuerat reuecta ludos opulentius instructiusque quam priores reges fecit

Tum primum circo qui nunc maximus dicitur designatus locus est

Loca divisa patribus equitibusque ubi spectacula sibi quisque facerent; fori appellati; spectavere furcis duodenos ab terra spectacula alta sustinentibus pedes
Il popolo romano, sentendo che non mentiva elencando questi aspetti, lo nominò re con un consenso unanime

Ed egli, una volta sul trono, non tradì tutti i sani principi morali che aveva pubblicizzato quando si era autocandidato; impegnandosi non meno a rinforzare il proprio regno che a consolidare la potenza dello Stato, nomina cento nuovi senatori, noti di lì in poi come di secondo ordine, i quali divennero incrollabili sostenitori del re al cui favore dovevano la loro nomina in senato

La sua prima guerra fu contro i Latini: prese d'assalto la loro città di Apiole e, avendone riportato un bottino superiore a quanto ci si aspettava dalle prime voci, organizzò dei giochi più ricchi ed elaborati di quelli dei predecessori

Fu in questa occasione che venne scelto e delimitato lo spazio per il circo che oggi si chiama Circo Massimo

Divise tra senatori e cavalieri dei lotti di terra perché si costruissero dei palchi da utilizzare durante gli spettacoli; detti palchi ebbero il nome di fori e poggiavano su sostegni sollevati di dodici piedi dal livello del terreno

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 41 - 45
Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 41 - 45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 41 - 45

Ludicrum fuit equi pugilesque ex Etruria maxime acciti

Sollemnes deinde annui mansere ludi, Romani magnique varie appellati

Ab eodem rege et circa forum priuatis aedificanda divisa sunt loca; porticus tabernaeque factae

[36] Muro quoque lapideo circumdare urbem parabat cum Sabinum bellum coeptis intervenit

Adeoque ea subita res fuit ut prius Anienem transirent hostes quam obuiam ire ac prohibere exercitus Romanus posset

Itaque trepidatum Romae est; et primo dubia victoria, magna utrimque caede pugnatum est
La manifestazione ruotò intorno a gare di equitazione e a incontri di pugilato con atleti per la maggior parte etruschi

Da quell'occasione i giochi rimasero uno spettacolo regolarmente allestito ogni anno e a seconda dei casi vennero chiamati Giochi Romani o Grandi Giochi

Fu sempre Tarquinio a dividere tra i privati cittadini appezzamenti di terreno edificabile intorno al foro, i quali vennero utilizzati per la costruzione di portici e negozi

[36] Stava anche preparandosi a dotare Roma di una cerchia muraria in pietra, quando una guerra coi Sabini si sovrappose ai suoi progetti

La cosa fu così improvvisa che i nemici attraversarono l'Aniene prima che l'esercito romano potesse mettersi in marcia e andargli a chiudere il passaggio

A Roma fu subito il panico; sulle prime l'esito dello scontro fu incerto ed entrambe le parti ebbero parecchie perdite
Reductis deinde in castra hostium copiis datoque spatio Romanis ad comparandum de integro bellum, Tarquinius equitem maxime suis deesse viribus ratus ad Ramnes, Titienses, Luceres, quas centurias Romulus scripserat, addere alias constituit suoque insignes relinquere nomine

Id quia inaugurato Romulus fecerat, negare Attus Nauius, inclitus ea tempestate augur, neque mutari neque novum constitui nisi aues addixissent posse

Ex eo ira regi mota; eludensque artem ut ferunt, 'Age dum' inquit, 'diuine tu, inaugura fierine possit quod nunc ego mente concipio'

Cum ille augurio rem expertus profecto futuram dixisset, 'Atqui hoc animo agitaui' inquit, 'te novacula cotem discissurum
Poi il nemico rientrò nell'accampamento, dando così ai Romani la possibilità di riorganizzarsi da capo per la guerra; Tarquinio pensava che le sue truppe avessero particolari carenze nei reparti di cavalleria e per questo, alle centurie dei Ramnensi, dei Tiziensi e dei Luceri che erano state arruolate da Romolo, egli stabilì di aggiungerne altre cui sarebbe rimasto legato il suo nome

Romolo però aveva agito soltanto dopo un'opportuna consultazione augurale e Atto Navio, famoso augure di quegli anni, disse che non si potevano apportare modifiche o introdurre innovazioni nella struttura dell'esercito senza l'approvazione degli uccelli

Il re reagì stizzito e, per ridicolizzarne la presunta scienza, disse: Avanti, visto che sei un veggente, chiedi un po' ai tuoi uccelli se si può mettere in pratica quello a cui sto pensando in questo momento

E quando Atto, dopo aver consultato il volo degli uccelli, disse che la cosa si sarebbe avverata di sicuro, il re ribatté: Ben fatto, il problema è che io stavo pensando che tu riuscissi a tagliare in due una pietra con un rasoio

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 23 - 44
Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 23 - 44

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 45; 23 - 44

Cape haec et perage quod aues tuae fieri posse portendunt'

Tum illum haud cunctanter discidisse cotem ferunt

Statua Atti capite uelato, quo in loco res acta est in comitio in gradibus ipsis ad laevam curiae fuit, cotem quoque eodem loco sitam fuisse memorant ut esset ad posteros miraculi eius monumentum

Auguriis certe sacerdotioque augurum tantus honos accessit ut nihil belli domique postea nisi auspicato gereretur, concilia populi, exercitus vocati, summa rerum, ubi aues non admisissent, dirimerentur

Neque tum Tarquinius de equitum centuriis quicquam mutavit; numero alterum tantum adiecit, ut mille et octingenti equites in tribus centuriis essent
Prendi i due oggetti e vedi di fare quello che secondo i tuoi uccelli è possibile

Pare che a quel punto l'augure, senza un attimo di esitazione, tagliò in due la pietra

C'era una statua di Atto in piedi a capo velato nel luogo del miracolo, in pieno comizio e proprio sulle scale che portano alla parte sinistra della curia; dicono che anche la pietra fu collocata nello stesso punto per ricordare il prodigio ai posteri

Sta di fatto che gli auguri e la loro professione acquistarono in séguito un tale prestigio, che tanto in pace quanto in guerra non si prese più nessuna iniziativa senza prima aver tratto gli auspici: assemblee popolari, chiamate alle armi, pratiche di estrema importanza, tutto veniva rimandato se non si aveva l'approvazione degli uccelli

Così nemmeno Tarquinio apportò delle modifiche alla procedura nel caso presente delle centurie di cavalleria: raddoppiò il loro numero di effettivi in maniera tale da avere milleottocento cavalieri distribuiti in tre centurie

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 31 - 35
Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 31 - 35

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 31 - 35

Livio, Ab urbe condita: Libro 31; 45 - 47
Livio, Ab urbe condita: Libro 31; 45 - 47

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 31; 45 - 47

Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 41 - 45
Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 41 - 45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 41 - 45

Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 15 - 30

Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 16-20

Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 11 - 14

Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 55 - 60

Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 11-15

Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 01-10